Attentati di via Ben Yehuda

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Gli attentati di via Ben Yehuda sono una serie di attacchi perpetrati e/o ordinati da arabi palestinesi, alcuni dei quali come attentatori suicidi, contro i civili in via Ben Yehuda, importante arteria stradale nel centro di Gerusalemme, avvenuti dal febbraio 1948 in poi.

1948[modifica | modifica wikitesto]

Attentato di via Ben Yehuda del 1948
attentato
Tipoautobomba
Data22 febbraio 1948
StatoBandiera d'Israele Israele
Coordinate31°46′53.04″N 35°13′03″E / 31.7814°N 35.2175°E31.7814; 35.2175
Conseguenze
Morti58
Feriti123

Il 22 febbraio 1948, tre camion dell'esercito britannico guidati da un'auto blindata guidata da irregolari arabi e disertori britannici esplosero in via Ben Yehuda uccidendo tra i 49 e i 58 civili[1][2] e ferendone 123-200.[3][4][5][6] La bomba potrebbe essere stata concepita per uccidere i membri dei Furmans (scorta del convoglio dei Palmach, forza d'élite dell'Haganah) che alloggiavano negli hotel Atlantic e Amdursky ma che erano partiti per un pattugliamento poco prima.[7] Oltre ai due hotel, l'edificio Vilenchick e la banca Kupat-Milveh furono distrutti.[7] La bomba era stata creata da Fawzi al-Qutb. Il convoglio era guidato da un militante di Gerusalemme, 'Azmi al-Ja'uni, che parlava correntemente l'inglese e poteva spacciarsi per un ufficiale britannico.[4] Due disertori britannici, Eddie Brown, un capitano di polizia che affermava che l'Irgun avesse ucciso suo fratello, e Peter Madison, un caporale dell'esercito, erano stati persuasi ad unirsi all'attacco, anche dalla promessa di sostanziali ricompense finanziarie.[8]

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

La sera successiva venne distribuito un volantino in cui si afferma che l'esplosione era in risposta a un attentato dell'Irgun di tre giorni prima, a Ramla, il 19 febbraio. Fu firmato da Abd al-Qadir, che si assunse la responsabilità dell'operazione.[3][9] Lo stesso Abd al-Qadir, al Cairo il giorno dopo, lasciò una dichiarazione ad Al-Ahram con lo stesso effetto e l'Alto Comando dell'Esercito del Sacro Jihad ribadì la dichiarazione in Palestina.[4] Husayn al-Khalidi, segretario del Supremo Comitato Arabo, deplorò l'atto come "depravazione inadatta allo spirito arabo",[4] e il Comitato stesso, nel tentativo di prendere le distanze dall'incidente, gettò dubbi sull'autenticità delle dichiarazioni pubbliche di Abd al-Qadir.[4]

Nella confusione che ne seguì, i residenti ebrei accusarono immediatamente gli inglesi dell'attacco. L'Irgun avrebbe ordinato ai militanti di sparare a vista a qualsiasi inglese.[10] Alla fine della giornata, otto soldati britannici furono uccisi a colpi di arma da fuoco, mentre un nono fu ucciso mentre era in una clinica ebraica per il trattamento di una ferita.[3] Lehi reagì anche diversi giorni dopo facendo saltare in aria un treno pieno di soldati britannici mentre si allontanava dalla stazione di Rehovot, uccidendone 27.[3]

Il giorno dopo, il 23 febbraio, venne lanciata un'offensiva ebraica con colpi di mortaio contro il quartiere arabo di Musrara, a Gerusalemme, uccidendo sette arabi, compresa un'intera famiglia. Gli arabi credevano che fosse una vendetta per l'attentato a via Ben-Yehuda, sebbene, secondo lo storico israeliano Itamar Radai, all'epoca gli ebrei e le loro istituzioni ufficiali incolpassero solo gli inglesi per l'incidente.[11]

1971[modifica | modifica wikitesto]

8 settembre 1971: una granata fu lanciata all'ingresso del Cafe Alno in via Ben Yehuda. Non esplose e non ci furono feriti.

1974[modifica | modifica wikitesto]

12 dicembre 1974: un ordigno esplosivo esplose in via Ben Yehuda. Tredici persone rimasero ferite.

1975[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Bomba a piazza Zion.

1976[modifica | modifica wikitesto]

Il 9 aprile 1976 un'autobomba fu smantellata in via Ben Yehuda poco prima che esplodesse.

Il 3 maggio 1976, 33 passanti rimasero feriti quando uno scooter con trappole esplosive esplose all'angolo tra Ben Yehuda e Ben HillelStrade. Tra i feriti ci furono il console greco a Gerusalemme e sua moglie.[12]

1979[modifica | modifica wikitesto]

Il 1º gennaio 1979, un'autobomba fu trovata di fronte al Cafe Atara, nel centro commerciale pedonale, e neutralizzata circa mezz'ora prima che esplodesse.

Il 24 marzo 1979, una persona rimase uccisa e 13 ferite quando una carica esplosiva esplose in un bidone della spazzatura in piazza Zion.

1981[modifica | modifica wikitesto]

Il 2 maggio 1981, uno zappatore della polizia fu ferito da una carica esplosiva collocata in un bidone della spazzatura vicino al Cafè Alno.

1984[modifica | modifica wikitesto]

Il 15 agosto 1984 un'autobomba fu scoperta in via Ben Yehuda e disinnescata circa 10 minuti prima che esplodesse. Nel veicolo c'erano circa 12 chilogrammi di esplosivo e 3 chilogrammi di chiodi di ferro.

1997[modifica | modifica wikitesto]

Attentato a via Ben Yehuda del 1997
attentato
Tipoattacco suicida
Data4 settembre 1997
StatoBandiera d'Israele Israele
ResponsabiliHamas
Conseguenze
Morti5 civili e 3 attentatori suicidi

Il 4 settembre 1997, tre attentatori suicidi di Hamas si fecero esplodere simultaneamente nel centro commerciale pedonale, uccidendo 5 israeliani. Il bombardamento fu effettuato da palestinesi del villaggio di Asira al-Shamaliya.[13]

Tre ragazze 14enni furono uccise nell'attacco: Sivann Zarka, Yael Botvin e Smadar Elhanan.[14] Elhanan era la figlia dell'attivista per la pace Nurit Peled-Elhanan e nipote del generale e politico israeliano Mattityahu Peled.

La famiglia di Yael Botvin, cittadino statunitense, intentò una causa negli Stati Uniti contro la Repubblica Islamica dell'Iran.[15]

Un giudizio di 251 milioni di dollari in danni compensativi e punitivi fu assegnato ai parenti degli americani uccisi nell'attacco. C'erano pochi beni del governo iraniano negli Stati Uniti dopo la sentenza. I querelanti minacciarono di sequestrare preziosi manufatti persiani situati nei musei di Chicago e di venderli per i proventi, portando alla crisi del patrimonio persiano di Chicago.

2001[modifica | modifica wikitesto]

Attentato a via Ben Yehuda del 2001
attentato
Tipoattacco suicida ed autobomba
Data1º dicembre 2001
StatoBandiera d'Israele Israele
ResponsabiliHamas
Conseguenze
Morti11 civili e 2 attentatori suicidi
Feriti188

Il 1º dicembre 2001, due attentatori suicidi, nel contesto della Seconda intifada, si fecero esplodere in via Ben Yehuda, seguiti da un'autobomba.[16] Gli attentatori suicidi uccisero undici vittime tra i 15 e i 21 anni,[17] mentre 188 persone rimasero ferite. Hamas rivendicò la responsabilità,[17] affermando che era una rappresaglia per l'uccisione del militante di Hamas Mahmud Abu Hanoud. Un portavoce di Hamas a Gaza dichiarò che questi attacchi non avevano placato la sua sete di vendetta e che avrebbero effettuato ulteriori attentati.[18][19] Furono intentate azioni legali contro Arab Bank, NatWest e Crédit Lyonnais, sostenendo che avrebbero incanalato denaro ad Hamas.[20]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Moshe Naor, Social Mobilization in the Arab/Israeli War of 1948: On the Israeli Home Front, Routledge, 21 agosto 2013, ISBN 978-1-136-77648-9. URL consultato il 12 aprile 2021.
  2. ^ (EN) Peter Chalk, Encyclopedia of Terrorism, ABC-CLIO, 2013, ISBN 978-0-313-30895-6. URL consultato il 12 aprile 2021.
  3. ^ a b c d (EN) Haim Levenberg e Hayyîm Lewenberg, Military Preparations of the Arab Community in Palestine, 1945-1948, Psychology Press, 1993, ISBN 978-0-7146-3439-5. URL consultato il 12 aprile 2021.
  4. ^ a b c d e Itamar Radai, Palestinians in Jerusalem and Jaffa, 1948: A Tale of Two Cities, Routledge, 2016, pp.47-48.
  5. ^ Larry Collins, Dominique Lapierre, 'O Jerusalem,' Granada Books 1982 pp.177-183
  6. ^ Dov Joseph, The faithful city : the siege of Jerusalem, 1948, New York : Simon and Schuster, 1960. URL consultato il 12 aprile 2021.
  7. ^ a b Uri Milstein (1998). History of Israel's War of Independence. III. University Press of America. pp. 109–113.
  8. ^ Collins, Lapierre, Oh Jerusalem, pp. 179-180.
  9. ^ (EN) Itamar Radai, Palestinians in Jerusalem and Jaffa, 1948: A Tale of Two Cities, Routledge, 14 dicembre 2015, ISBN 978-1-317-36806-9. URL consultato il 12 aprile 2021.
  10. ^ Collins, Lapierre, O Jerusalem!, p. 182.
  11. ^ Radai, pag. 51.
  12. ^ A Short History of Terror, su haaretz.com. URL consultato il 12 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 19 maggio 2009).
  13. ^ Democracy Now! | "The Dominion of Death": An Israeli Mother Who Lost Her 13-Year Old Daughter in a Suicidebombing Speaks Out Against Israel, su web.archive.org, 22 novembre 2006. URL consultato il 12 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 22 novembre 2006).
  14. ^ The Bombing, su web.archive.org, 20 ottobre 2009. URL consultato il 12 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 20 ottobre 2009).
  15. ^ The NEFA Foundation - U.S. Legal Cases - Civil, su web.archive.org, 7 novembre 2009. URL consultato il 12 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 7 novembre 2009).
  16. ^ (EN) Noa Baum, A Land Twice Promised: An Israeli Woman's Quest for Peace, Workman Publishing, 7 giugno 2016, ISBN 978-1-944822-09-5. URL consultato il 12 aprile 2021.
  17. ^ a b Suicide bombing at the Ben-Yehuda pedestrian mall in Jerusalem - 1-Dec-2001, su web.archive.org, 18 giugno 2004. URL consultato il 12 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 18 giugno 2004).
  18. ^ (EN) Israeli blunder kills two children, su the Guardian, 11 dicembre 2001. URL consultato il 12 aprile 2021.
  19. ^ (EN) Bombers leave Arafat facing toughest battle, su the Guardian, 3 dicembre 2001. URL consultato il 12 aprile 2021.
  20. ^ (EN) Julia Preston, Hurt by Hamas, Americans Sue Banks in U.S., in The New York Times, 15 aprile 2006. URL consultato il 12 aprile 2021.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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