Leito

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Nella mitologia greca, Leito era il nome di uno dei figli di Alettore,[1] mentre secondo altre leggende i suoi genitori erano Lacrito e Teobula.[2] Secondo altre versioni, egli sarebbe nato da Gea, la Terra,[3] e sarebbe dunque fratello dei Giganti.

Il mito[modifica | modifica wikitesto]

Quando Paride figlio di Priamo re di Troia prese con sé Elena moglie di Menelao, scoppiò una guerra fra la Grecia e i troiani. Fra i tanti eroi che risposero all'appello del fratello di Agamennone vi era Leito. Nel catalogo delle navi, chiamato anche Boiotia lo troviamo a capo dei beoti. Durante la guerra si distinse in più occasioni, ad esempio riuscì a uccidere un avversario forte come Filaco, esortava il proprio esercito quando il timore di non riuscire a vincere la lunga guerra si faceva strada. Leito non aveva paura di sfidare avversari forti come Ettore, anzi fu uno dei pochi a cavarsela in uno scontro con lui venendo ferito alla mano, rimanendo vivo nella confusa battaglia fra Ettore e Idomeneo.

La ferita riportata per mano dell'eroe troiano si rivelò seria per il giovane beota, il quale fu costretto ad abbandonare la guerra contro Troia e a tornare in patria, portando con sé le ceneri di Arcesilao, suo sfortunato compagno, morto per mano di Ettore.[4][5]

Fu l'unico dei condottieri beoti a sopravvivere alla guerra di Troia: Tersandro, Clonio, Protoenore, Arcesilao e Peneleo morirono tutti infatti durante i combattimenti (ma per Virgilio anche Tersandro rimpatriò).

Secondo una tradizione, Leito morì in una circostanza davvero singolare, a causa di un grosso coltello caduto dai rami dell'albero all'ombra del quale egli si era sdraiato per riposare: l'arma si abbatté su di lui, tagliandogli quindi la testa di netto.

Altri pareri[modifica | modifica wikitesto]

Per alcuni autori Leito avrebbe invece fatto parte della generazione precedente a quella dei combattenti di Troia: secondo lo Pseudo-Apollodoro egli partecipò alle imprese degli Argonauti per la conquista del vello d'oro.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Omero, Iliade, libro XVII, verso 602
  2. ^ Igino, Fabula, 97.
  3. ^ Euripide, Ifigenia in Aulide, versi 259-260.
  4. ^ Arcesilao, figlio di Lacrito e Teobula, era anch'egli un capitano beota ma morì per mano di Ettore, durante la battaglia presso le navi greche (Omero, Iliade, libro XV, versi 329-330).
  5. ^ Pausania, libro IX, 39, 3.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  • Omero, Iliade libro II versi 494, libro VI 35, libro XIII 91, libro XVII versi 600-606

Moderna[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]