Echemmone

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Nella mitologia greca, Echemmone è un figlio illegittimo di Priamo, re di Troia, che prese parte all'omonima guerra come difensore della sua città. La sua tragica fine è narrata da vari autori, tra cui Omero nel libro V dell'Iliade.

Il mito[modifica | modifica wikitesto]

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Echemmone era uno dei trentasei figli di Priamo che quest'ultimo generò con una donna diversa dalle sue tre mogli, sebbene non si abbiano notizie sul nome della madre (Pseudo-Apollodoro, Biblioteca, libro III, 12, 5.) Il conflitto che lo vide partecipe fu in realtà causato da un suo fratellastro, Paride, il quale, rapendo Elena, moglie dell'uomo che l'aveva accolto a Sparta, Menelao, aveva commesso una grave offesa che meritava di essere punita dallo stesso Zeus (protettore del vincolo dell'ospitalità).

Morte[modifica | modifica wikitesto]

Nella prima giornata di guerra raccontata nell'Iliade, Echemmone, salito su un cocchio in compagnia del fratello Cromio, cercò di mettere fine alle stragi causate dall'avversario Diomede nell'esercito troiano. L'eroe, intravisti i due fratelli armati, si precipitò su di loro e li gettò uno dopo l'altro nella polvere, finendoli quindi a colpi di spada come un leone che, balzato tra i buoi, li annienta ferocemente spezzando loro il collo. Diomede spogliò poi i loro cadaveri delle armi e affidò i cavalli che trainavano il cocchio ai suoi compagni come bottino di guerra. Una tradizione contrastante, riportata da Ditti Cretese, afferma che Echemmone venne ucciso da Odisseo dopo che i Troiani, demotivati dalla scomparsa del loro invincibile alleato Memnone, si abbandonarono ad una vergognosa fuga.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Omero, Iliade, libro V, versi 159-165.
  • Pseudo-Apollodoro, Biblioteca, libro III, 12, 5.
  • Ditti Cretese, libro IV, 7.
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