Domenico Gnoli (pittore)

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«Sono nato sapendo che sarei stato pittore, perché mio padre, critico d'arte, mi ha sempre presentato la pittura come l'unica cosa accettabile. Mi dirigeva verso la pittura italiana classica, contro cui reagii ben presto, ma non ho potuto dimenticare il sapore e la pratica del Rinascimento[1]»

Domenico Gnoli (Roma, 3 maggio 1933New York, 17 aprile 1970) è stato un pittore, illustratore e scenografo italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nasce a Roma nel 1933, figlio della ceramista Annie de Garrou (1900-1994) e dello storico dell'arte e sovrintendente alle Belle arti dell'Umbria Umberto Gnoli (1878-1947). La sorella Marzia nascerà l'anno successivo. Il nonno paterno è il poeta e storico, suo omonimo, Domenico Gnoli; sorelle del nonno, anche loro poetesse, sono Teresa e Elena Gnoli; lo zio, fratello del padre, è Tommaso (1874 - 1958), critico letterario e germanista.

L’ambiente familiare, molto attento alla cultura, in rapporto diretto e continuo con l'arte e con la sua storia, stimola in lui fin da bambino la passione per il disegno e la pittura. Significativa in tal senso è una lettera illustrata che il padre gli invia quando ha solo 10 anni, contenente vere e proprie lezioni di architettura[2].

Trascorre i suoi primi anni tra Roma e Spoleto.

Le prime mostre e l'incontro con il teatro[modifica | modifica wikitesto]

Insieme alla madre, che intuisce le potenzialità artistiche del figlio, frequenta i corsi di disegno e acquaforte di Carlo Alberto Petrucci[3]. Incoraggiato da Petrucci, nel dicembre 1950, a soli 17 anni, esordisce alla Galleria Cassapanca di Roma dove espone una serie di illustrazioni intitolata Mes Chevaliers. A seguire partecipa alla mostra collettiva di grafica, dal titolo Art graphique italien contemporain, alla Galerie Giroux di Bruxelles (17 marzo – 3 aprile 1951), e alla Seconda mostra di incisione italiana a Sassari dove, nell'agosto del 1952, espone puntesecche e acqueforti[4]. Tra il 1951 e il 1955 il teatro diviene il suo principale ambito di lavoro: si dedica alla creazione di costumi e scenografie, e di locandine e manifesti. Nel 1951 disegna il manifesto per la versione teatrale di Chéri di Colette, regia di André Barsacq, prodotto dalla Compagnia Italiana di Prosa, protagonista Andreina Pagnani. Nel 1952 frequenta un corso di scenografia all'Accademia di Belle Arti di Roma che abbandona quasi subito per unirsi alla compagnia teatrale Capodaglio-Pilotto-Carraro-Miserocchi; a questa breve esperienza d'attore teatrale si aggiunge una piccola parte nel film La fiammata (1952) di Blasetti[5]. Nello stesso periodo realizza scene e costumi per la compagnia teatrale di Vivi Gioi (stagione 1952-53) e per due spettacoli della Compagnia Cesco Baseggio: Il mercante di Venezia, per il Schauspielhaus di Zurigo, e Il re cervo di Carlo Gozzi, i cui disegni saranno esposti alla I Mostra nazionale di arti figurative a Palazzo Collicola di Spoleto nel settembre 1953.

Tra Parigi e Londra[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1953 si trasferisce a Parigi, frequenta l’ambiente della scuola di Parigi e altri artisti "décadents" da lui molto apprezzati, come Ernst Fuchs e Friedensreich Hundertwasser. Jean-Louis Barrault gli affida scene e costumi di La belle au bois dormant di Jules Supervielle; lo spettacolo non andrà mai in scena, ma il grande apprezzamento mostrato da Barrault per i soli bozzetti che Gnoli comunque realizza, avrà positive conseguenze sulla vita del giovane artista: con una lettera di presentazione indirizzata a Laurence Olivier, co-direttore dell'Old Vic, Barrault apre a Gnoli le porte dell'ambiente teatrale londinese. Nel frattempo è invitato a partecipare alla mostra Contemporary Italian Painters alla Sagittarius Gallery di Philadelphia dove espone disegni fantastici d'ispirazione teatrale. All'Old Vic cura scene e costumi di As You Like It, regia di Robert Helpmann ottenendo un grande successo personale[6]. Ma, nonostante la promettente carriera di scenografo e costumista già ben avviata, l'artista percepisce la futilità dell'ambiente e vive con insofferenza il lavoro d'équipe; pertanto decide di abbandonare il mondo teatrale per dedicarsi con maggiore impegno alla pittura[7].

Tra New York e l'Europa[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1955 si trasferisce a New York. Dipinge e sperimenta tempera e sabbia mischiate. Si avvicina alla pittura metafisica subendo l'influenza di Morandi e Carrà.

A Londra nel 1957 espone 24 disegni e 17 dipinti alla Galleria Arthur Jeffress conquistando l'attenzione della critica; nella stessa galleria terrà di nuovo una personale nel 1960. A New York sposa la modella Luisa Gilardenghi che lo introduce alla vita mondana newyorkese: conosce Cecil Beaton e si lascia ispirare dal suo lavoro, "predisponendosi a tagli arditi ed efficaci delle immagini"[8].

La prima personale italiana apre nel 1958 alla Galleria l'Obelisco di Roma. In questo stesso periodo dipinge gli acquerelli per l'edizione Einaudi in inglese de Il barone rampante di Italo Calvino e realizza scenografie e costumi per il John Butler Ballet in scena al Festival dei Due Mondi; tornerà a Spoleto l'anno successivo per partecipare a una mostra in Piazza Duomo.

Affianca alla pittura l'attività di illustratore, sua principale fonte di sostentamento fino alla metà degli anni sessanta. Esegue illustrazioni per riviste americane come Show Magazine, Fortune, Glamour, Holiday Magazine, Life, Horizon, Playboy e Sports Illustrated[8], per cui illustra The Gaudy Games, testo del poeta inglese Robert Graves.

Il successo raggiunto come illustratore favorisce i contatti con la Galleria Paul Bianchini di New York dove nel 1959 inaugura una personale di tele che raffigurano oggetti d'uso quotidiano (sarà ripetuta nel 1960 e nel 1962).

Per il magazine di viaggi Holiday svolge funzioni di disegnatore-reporter che lo portano spesso in giro per il mondo, negli anni in cui la fotografia non ha ancora sostituito l'illustrazione a corredo degli articoli.

Scrive in inglese il testo e disegna 30 tavole a colori per Orestes Or The Art Of Smiling, una storia dai toni onirici raccontata attraverso dialoghi e illustrazioni; il libro, inserito nella letteratura per ragazzi, viene pubblicato alla fine del 1961 (mai lo sarà in italiano) dalla Mondadori, per conto di Simon & Schuster.

A Maiorca[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la separazione dalla moglie, giunge casualmente a Maiorca nell'aprile del 1963; attratto dal clima sempre mite e dalla possibilità di isolamento, decide di stabilirsi a Deià. Vive in uno degli "angoli più belli del mondo", come lui stesso ama definire[9]; nelle vicinanze risiedono altri amici artisti: Mati Klarwein, Esteban Francés, Ernst Fuchs, Arik Brauer, Robert Graves. Convive con Yannick Vu (27 agosto 1942), anche lei pittrice, che sposa nel 1965. Assiste spesso alle corride, spunto per alcuni articoli illustrati da pubblicare sulle riviste, e stringe amicizia con diversi toreri. Rallenta il frenetico susseguirsi degli spostamenti.

Il successo internazionale[modifica | modifica wikitesto]

L'amico Ben Jakober lo introduce nel mondo dei galleristi parigini; nel novembre 1964 la mostra personale alla Galerie André Schoeller, a quel tempo prestigiosa galleria dedita a valorizzare giovani pittori, ottiene grande apprezzamento da parte della critica, un risultato che segna la prima affermazione internazionale di Gnoli pittore. I dodici quadri esposti raffigurano dettagli minuti di oggetti, particolari di vestiario (le trame di un tessuto, una cravatta, una tasca, una scarpa) e di capigliature ingigantiti in tele di grandi dimensioni, dipinti con la sua personale tecnica composta da acrilico e sabbia. Il suo è un modo di dipingere nuovo, che non trova corrispondenza nelle esperienze contemporanee; la materia ottenuta è spessa, densa e non lascia vedere il segno delle pennellate; gli oggetti quotidiani, banali e insignificanti, estrapolati dal loro contesto e riprodotti fedelmente su scala macro, acquistano una grande intensità espressiva, ricca di mistero e vitalità.

Nel 1966 due prestigiosi riconoscimenti arrivano a conferma del suo talento: la Society of American Illustrators lo nomina miglior illustratore dell'anno[10], premio difficilmente conferito ad uno straniero[senza fonte]; inoltre viene invitato al premio Marzotto, manifestazione di respiro internazionale che punta a mettere in mostra artisti già affermati insieme a giovani talenti emergenti italiani.

Dopo il successo di Parigi numerose gallerie reclamano il privilegio di esporre i suoi lavori. I galleristi Jan Krugier di Ginevra e Mario Tazzoli di Torino lo mettono sotto contratto. Seguono mostre personali a Napoli, Roma, Bologna, al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, alla Kestner-Gesellschaft di Hannover, alla quarta edizione di documenta a Kassel.

Nel 1968 collabora di nuovo con Robert Graves per il racconto What is a Monster?, pubblicato dalla rivista letteraria Horizon; le illustrazioni, note come la serie dei Mostri, saranno ospitate alla Biennale di Venezia del 2013[11].

A Roma, nel laboratorio di ceramica della madre, realizza cinque sculture poi fuse in bronzo che richiamano alcuni soggetti della sua pittura. Verranno esposte nel 1969 alla Sidney Janis Gallery di New York, insieme a 40 quadri. Le successive due esposizioni al Suermondt-Ludwig-Museum di Aquisgrana e alla Galerie Schmela di Düsseldorf all'inizio del 1970[4], saranno per lui le ultime.

La malattia[modifica | modifica wikitesto]

All'inizio del 1970 scopre di essere gravemente malato; muore di cancro a New York dopo pochi mesi, a soli 36 anni. Nello stesso anno la salma viene traslata nel piccolo cimitero di Monteluco di Spoleto, località dove la madre possiede un villino sorto su un antico eremo, l'Eremo di San Bonifacio. Entrambi riposano all'ombra del Bosco sacro.

Tomba di Domenico Gnoli a Monteluco

In seguito, sono state organizzate numerose retrospettive in vari musei, gallerie e manifestazioni, tra cui la Biennale di Venezia del 1978, 2003 e 2013[12]. La personale più recente (luglio 2018) è stata organizzata per la seconda volta (la prima nel 2012) a New York alla Luxembourg & Dayan[13], galleria impegnata a far conoscere in America gli artisti europei. La mostra Domenico Gnoli (1933-1970). Disegni per il teatro. 1951-1955, a cura di Michele Drascek e Duccio K. Marignoli, premiata dal Presidente della Repubblica Mattarella[14], è stata presentata nel giugno del 2017 dalla Fondazione Marignoli di Montecorona al Festival dei Due Mondi di Spoleto. La Fondazione Prada di Milano nell'ottobre 2021 gli ha dedicato una ricchissima retrospettiva, uno degli ultimi progetti di Germano Celant[15].

Grazie alla determinazione e alla tenacia della madre, Annie de Garrou, che ha speso i suoi ultimi anni a ricostruire i movimenti, le mostre, le collaborazioni dell'artista in tutto il mondo, e grazie alla vedova Yannick Vu, che ha raccolto con metodo foto e testimonianze, è possibile oggi consultare un ricco e completo archivio che custodisce le opere, gli scritti, le lettere e la corposa bibliografia dell'artista[16].

Domenico Gnoli nei musei[modifica | modifica wikitesto]

In Italia[modifica | modifica wikitesto]

All'estero[modifica | modifica wikitesto]

Libri illustrati[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Lettere e scritti, p. 89.
  2. ^ Soutif, Pezzato p. 8.
  3. ^ Sgarbi. Franco Maria Ricci 1985, p. 28.
  4. ^ a b Soutif, Pezzato.
  5. ^ La fiammata, su comingsoon.it. URL consultato il 2 agosto 2018.
  6. ^ Cf.: Mario Ciriello, Giovane romano conquista l'Old Vic, in Stampa Sera, Roma, 22 marzo 1955.
  7. ^ Sgarbi. Franco Maria Ricci, p. 34.
  8. ^ a b Sgarbi. Franco Maria Ricci, p. 42.
  9. ^ Lettere e scritti, p. 41.
  10. ^ Lettere e scritti, p. 122.
  11. ^ Woman sole in bath tub, su asac.labiennale.org. URL consultato il 14 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 14 agosto 2018).
  12. ^ Domenico Gnoli, opere, su asac.labiennale.org. URL consultato il 14 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 14 agosto 2018).
  13. ^ (EN) Domenico Gnoli: Detail of a Detail. 3 may - 13 july 2018, su luxembourgdayan.com. URL consultato l'11 agosto 2018.
  14. ^ Riconoscimento alla mostra di Domenico Gnoli a Spoleto, su http://www.artslife.com, 28 giugno 2017. URL consultato il 13 agosto 2018.
  15. ^ Domenico Gnoli. 28 Ott 2021 – 27 Feb 2022, su fondazioneprada.org. URL consultato il 13 dicembre 2021.
  16. ^ Sgarbi. Franco Maria Ricci 1985, p. 23.
  17. ^ MSBB-Museo Sa Bassa Blanca, su fundacionjakober.org. URL consultato il 19 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 19 agosto 2018).
  18. ^ Domenico Gnoli, su stedelijk.nl. URL consultato il 13 agosto 2018.
  19. ^ Domenico Gnoli, su mfa.org. URL consultato l'11 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 14 agosto 2018).
  20. ^ Domenico Gnoli, costume design, su collections.vam.ac.uk. URL consultato l'11 agosto 2018.
  21. ^ Domenico Gnoli, su moma.org. URL consultato il 13 agosto 2018.
  22. ^ Domenico Gnoli, su mumok.at. URL consultato il 13 agosto 2018.
  23. ^ Venne selezionato nel 1966 come uno dei cinquanta più bei libri del 1965 dall'American Institute of graphic arts. Cf.: Claudio Zambianchi, Gnoli, Domenico, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 57, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2001.
  24. ^ (EN) Daniel Defoe, Journal of a Plague Year, su georgemacyimagery.wordpress.com, 1968. URL consultato il 3 agosto 2018.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Domenico Gnoli. Catalogo della Mostra tenuta presso la Galleria Galatea a Torino dal 19 novembre al 10 dicembre 1966, Galatea, 1966.
  • (FR) Pierre Rouanet e Jean Goldman, Magritte, Delvaux, Gnoli dans la Collection Claude Spaak, Galerie Arts Contacts, 1972.
  • (FR) Delvaux, Gnoli, Magritte: oeuvres originales. Exposition Galerie Isy Brachot, Bruxelles, 8 novembre - 14 décembre 1974.
  • (EN) Luigi Carluccio, Domenico Gnoli, New York, Overlook Press, 1975, ISBN 978-0-87951-026-8.
  • Domenico Gnoli: antologica. Mostra tenuta a Verona nel 1982-1983, Milano, Electa, 1982.
  • Giovanni Mariotti e Vittorio Sgarbi, I letti insonni di Domenico Gnoli, in FMR, n. 3, Milano, Franco Maria Ricci, 1982.
  • Vittorio Sgarbi, Gnoli, introduzione di Italo Calvino. Postface di Claude Spaak, Milano, Franco Maria Ricci, 1983, ISBN 88-216-0030-0.
  • Vittorio Sgarbi, L'opera grafica di Domenico Gnoli, Ideazione di Annie de Garrou Gnoli, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1985.
  • Bruno Mantura e Mario Quesada, Domenico Gnoli. Catalogo della mostra a Palazzo Racani Arroni, Spoleto, giugno-luglio 1985, Milano, Electa, 1985.
  • Mario Quesada (a cura di), Gnoli, Milano, Electa, 1985, Padiglione d'arte contemporanea, Milano 19 settembre-11 novembre 1985, ISBN 978-88-435-1218-8.
  • Enrica Torelli Landini, Domenico Gnoli o "dell'arte non eloquente", in Bollettino d'arte, n. 35-36, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, gennaio-aprile 1986.
  • Lorenza Trucchi, Gnoli e l'arte del dettaglio (JPG), su www.quadriennalediroma.org, 1º marzo 1987. URL consultato il 17 agosto 2018.
  • Bruno Mantura, Domenico Gnoli, 1933-1970, a cura di Ministero per i beni culturali e ambientali. Galleria nazionale d'arte moderna, De Luca - Arnoldo Mondadori, 1987.
  • (MUL) Domenico Gnoli. Ultimas obras 1963-1969. Fundacion Caja de pensiones, 16 de enero-4 de marzo de 1990, Madrid, Fundacion Caja de pensiones, 1990, ISBN 978-84-7664-248-1.
  • (MUL) Giorgio Soavi e Roberto Tassi, Domenico Gnoli: peintures, dessins, gravures et sculptures, Ginevra, Galerie Jan Krugier, Ditesheim & Cie, 1996.
  • Walter Guadagnini (a cura di), Domenico Gnoli. Catalogo della mostra tenuta a Modena nel 2001, Cinisello Balsamo, Silvana, 2001.
  • Domenico Gnoli, Lettere e scritti, a cura di Walter Guadagnini, Milano, Abscondita, 2004, ISBN 978-88-8416-083-6.
  • Daniel Soutif e Stefano Pezzato, Domenico Gnoli, Prato, Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci, 2004, ISBN 88-85191-24-X.
  • Il pittore dell'assenza - Domenico Gnoli, in FMR, n. 163, Franco Maria Ricci, 2004.
  • (EN) Domenico Gnoli: paintings 1964 - 1969, Luxembourg & Dayan, 2012.
  • (MUL) Quirino Conti, Michele Drascek, Duccio K. Marignoli e Bruno Toscano, Domenico Gnoli: disegni per il teatro/drawings for the theatre: 1951-1955. (Spoleto, 2 Luglio-1 Ottobre 2017), Foligno, Editoriale Umbra, 2017, ISBN 978-88-88802-92-3.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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