Emerson (azienda)

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Emerson
StatoBandiera dell'Italia Italia
Forma societariasocietà per azioni
Fondazione1929 a Firenze
Fondata daAldobrando Saccardi
Chiusura1980 (liquidazione)
Sede principale
  • Firenze (sede operativa e stabilimento)
  • Siena (stabilimento)
Persone chiaveGuido Borghi (presidente e amministratore delegato)
SettoreElettronica, Manifatturiero
Prodottielettronica di consumo
Fatturato£ 57,5 miliardi (1979)
Utile netto- £ 58 milioni (1979)
Dipendenti836 (1979)
Note[1]

Emerson Electronics S.p.A., meglio nota come Emerson, è stata un'azienda italiana produttrice di elettronica di consumo con sede a Firenze.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Dalla Saccardi Radio alla Emerson Electronics (1929-1968)[modifica | modifica wikitesto]

Le origini dell'azienda risalgono al 1929, quando su iniziativa del signor Aldobrando Saccardi fu fondata a Firenze, la ditta individuale Saccardi Radio, con sede in via Porta Rossa 39/r, che iniziò le sue attività come agente esclusivo Radiotelefunken, come concessionario e riparatore di altri marchi (Phonola, Magnadyne, Geloso, etc.) e con la costruzione artigianale di piccole radio a valvole.[2][3]

Nel marzo 1950, nella società del Saccardi fece ingresso un altro socio, il dottor Cesare Campagnano, e trasformata in SICART, avviò una collaborazione con la statunitense Emerson Radio & Phonograph Corp..[4][8][9] SICART, con sede in viale Fratelli Rosselli 61, licenziataria di Emerson e sua distributrice esclusiva per l'Italia, commercializzò apparecchi radiofonici e televisori (assemblati con i telai importati dagli Stati Uniti) con l'omonimo marchio prodotti dalla ditta Fabbriche Riunite Placcato Oro di Casalmaggiore, in provincia di Cremona.[9][10][11][12][13][14] La SICART avrebbe poi ospitato, dagli anni sessanta fino alla sua chiusura, l'assistenza e la vendita Europhon.

Nel 1956, la ditta fu trasformata in società per azioni ed assunse la ragione sociale Emerson Electronics S.p.A..[9] Furono successivamente avviate le attività industriali autonome dalla casa madre americana, con la produzione radio, televisori, giradischi e vari componenti elettronici, che inizialmente era di 60-70 prezzi al giorno, e la sede cambiò più volte fino a localizzarsi in via Bardazzi, nella zona di Novoli.[9] L'azienda ebbe momenti floridi attorno al 1961-63, e nel 1968, acquistò l'uso del marchio Emerson dalla casa americana e affittò l'altro marchio DuMont.[9]

L'epoca Borghi e l'azienda di Siena (1969-1977)[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1969, Campagnano detentore del 49% delle quote di Emerson, cedette le medesime all'imprenditore milanese Giovanni Borghi.[9] Il Borghi, l'anno seguente, nel 1970, rilevò anche le quote possedute da Saccardi, con il quale erano sorti contrasti in merito alla realizzazione di un secondo impianto produttivo.[9][15] Emerson, sotto la proprietà del Borghi crebbe sia in termini economico-finanziari e produttivi, che di addetti, divenendo così una delle principali realtà italiane dell'elettronica: nel 1972 assieme alla Geloso di Milano e alla IREL di Genova, costituì un consorzio denominato Fabbriche Italiane Riunite Elettroniche e Meccaniche (FIREM), con sede nel capoluogo ligure, e presieduto da Borghi.[16] L'anno seguente, nel 1973, il medesimo lasciò la carica di presidente di Emerson per affidarla al figlio Guido.[17]

Notevole fu la crescita del fatturato dell'azienda toscana, che passò dai circa 8 miliardi di lire del 1973 ai quasi 50 miliardi del 1978, in controtendenza rispetto alle altre imprese nazionali del settore, che a cominciare dalla seconda metà degli anni settanta andarono incontro a difficoltà dovute a cali di fatturato e contrazione di quote di mercato.[18] La contrazione delle quote di mercato era principalmente dovuta all'introduzione della televisione a colori avvenuta in Italia in ritardo rispetto agli altri paesi europei, che impediva di poter costruire gli apparecchi predisposti: in tale contesto, Emerson si distinse avviando la produzione dei televisori a colori già nel 1974.[9]

Nel 1977, fu inaugurato il nuovo stabilimento costruito a Siena, in località Isola d'Arbia, un moderno impianto destinato alla produzione dei televisori a colori, presso cui trovarono impiego circa 550 persone, che si aggiungevano alle 130 impiegate nello stabilimento fiorentino.[9]

L'entrata nel capitale della Sanyo e lo stop alla produzione (1978-1980)[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1978, si profilò una crisi finanziaria che si concluse con l'entrata di un nuovo socio, la multinazionale giapponese Sanyo, la quale acquisì il 34% del capitale.[9][19][20] Attraverso questa operazione, Emerson acquisì nuove tecnologie e avviò produzioni integrate con telai Sanyo ed estetica propria, mentre per Sanyo lo scopo era facilitare l'ingresso dei suoi prodotti nel mercato europeo.[9][20] L'ingresso del nuovo socio straniero, portò all'avvio della commercializzazione da parte di Emerson di calcolatori e impianti stereofonici ad alta fedeltà con marchio proprio, prodotti dalla Sanyo e destinati al mercato italiano ed europeo.[9]

La cooperazione tra Emerson e Sanyo fu di breve durata, poiché tra i due soci sorsero molte incomprensioni e tale situazione fece sprofondare l'azienda in una grave crisi: nel 1980, l'azienda toscana accumulò perdite per 5 miliardi di lire, pervenne alla liquidazione alla fine dello stesso anno con tentativo di concordato preventivo per ridurre i debiti ed evitare il fallimento, e poi fu sottoposta ad amministrazione controllata.[9][21][22]

Il marchio Emerson dopo la chiusura (1981-2001)[modifica | modifica wikitesto]

Mentre perdurava la liquidazione e il concordato preventivo, venne costituita la Nuova Emerson S.p.A. che tentò il rilancio, proponendo un'associazione con Indesit e Voxson, e tentando successivamente di entrare nella REL, piano nazionale per la ristrutturazione delle aziende del settore elettronico istituito nel 1982 dal Ministero dell'Industria, da cui fu esclusa.[9][23]

Nel 1985 vi fu l'interesse di un altro colosso giapponese dell'elettronica, la Pioneer, per acquistare marchio e stabilimenti dell'azienda toscana, che non portò però a nulla di concreto.[9][24]

Lo stabilimento di Siena e il marchio Emerson furono rilevati nel 1988 dalla Ultravox Siena, società partecipata tra la milanese Ultravox e la REL.[25][26] Questa azienda è stata attiva fino al 1999, quando dovette chiudere per fallimento, e successivamente lo stabilimento passò ad una newco controllata dalla tedesca Galaxis Holding GmbH che ne proseguì l'attività, la Galaxis Produzione S.p.A., che a sua volta fallirà nel 2001.[27][28]

Informazioni e dati[modifica | modifica wikitesto]

Emerson Electronics S.p.A., azienda con sede legale a Firenze, e due stabilimenti di produzione a Firenze e Siena, produceva televisori a marchio Emerson e commercializzava con il medesimo altri tipi di prodotti, quali videoregistratori, impianti hi-fi e calcolatori.

Nel 1979, l'azienda contava 836 dipendenti nei due stabilimenti, e realizzò un fatturato di 57,5 miliardi di lire ed una perdita d'esercizio di 58 milioni.[1] Nel mercato dei televisori, Emerson era quarta in Italia dopo Philips, Grundig e Telefunken, e la vendita di tali prodotti costituivano il 90% del suo fatturato.[18] Il 20% delle vendite dei televisori avveniva all'estero, gran parte delle quali nella Germania Ovest.[29]

Sponsorizzazioni[modifica | modifica wikitesto]

Emerson è stata sponsor della Pallacanestro Varese nelle stagioni 1978-79 e 1979-80.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Le principali società italiane (1980), R&S-Mediobanca, 1980, pp. 88-89.
  2. ^ ANTICHE DITTE RADIO A FIRENZE, su iw5csj.jimdofree.com. URL consultato il 16 aprile 2021.
  3. ^ Ditta Saccardi Firenze, su carlobramantiradio.it. URL consultato il 16 aprile 2021.
  4. ^ Inserzione pubblicitaria pubblicata da Emerson Electronics S.p.A. sulla rivista Epoca n. 988 del 31 agosto 1969
  5. ^ Annuario industriale della Provincia di Milano, Unione Industriale Fascista della Provincia di Milano, 1933, p. 217.
  6. ^ E. Parente, SICART "La Voce del Mondo" mod. 232 radiofonografo, in Antique Radio Magazine, n. 139, Club Antique Radio Magazine, settembre-ottobre 2017, pp. 10-15.
  7. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, Foglio delle inserzioni n. 20 del 25 gennaio 1936, p. 106
  8. ^ Da non confondere con la SICART (Società Italiana Commercio Apparecchi Radio e di Televisione) di Milano, fondata nel 1931, che commercializzava radioricevitori e radiofonografi con il marchio La Voce del Padrone, fino alla sua messa in liquidazione avvenuta nel 1936.[5][6][7]
  9. ^ a b c d e f g h i j k l m n o Archivio Emerson.
  10. ^ XVIII Mostra nazionale della radio e televisione. Elenco degli espositori in L'Antenna n.9 del settembre 1951, p. V
  11. ^ Inserzione pubblicitaria della Emerson Radio and Television pubblicata sulla rivista L'Antenna n. 12 del dicembre 1949, p. 536
  12. ^ Inserzione pubblicitaria della SICART pubblicata sulla copertina della rivista Radio Industria Televisione n. 177 del settembre 1951
  13. ^ B. Cappello, La fabbrica dell’oro matto, in Preziosa Magazine, 29 aprile 2015. URL consultato il 17 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 17 aprile 2021).
  14. ^ Sentenze e note, in Rivista di diritto industriale, n. 5, Giuffrè, settembre-ottobre 1956, p. 189.
  15. ^ Kompass, vol. 2, Etas, 1971, p. 1473.
  16. ^ G. Migliorino, Nasce la superazienda elettronica, in Corriere della Sera, 17 ottobre 1972, p. 7.
  17. ^ Entra in scena Borghi junior, in Corriere della Sera, 15 dicembre 1973, p. 6.
  18. ^ a b Emerson in quinta marcia, in Selezione di tecnica. Radio TV HiFi Elettronica, n. 3, JCS, marzo 1979, p. 266.
  19. ^ L'Emerson (Borghi) insieme ai giapponesi, in Corriere della Sera, 20 gennaio 1978, p. 27.
  20. ^ a b La Sanyo (giapponese) acquista il 30 per cento della Emerson, in La Stampa, 20 gennaio 1978, p. 16.
  21. ^ G. Mazzuca, Forse Sanyo divorzierà da Emerson dopo solo due anni di «matrimonio», in Corriere della Sera, 16 ottobre 1980, p. 12.
  22. ^ G. Mazzuca, L'Emerson sarà messa in liquidazione, in Corriere della Sera, 22 ottobre 1980, p. 13.
  23. ^ M. Salvatorelli, Nasce in Italia un colosso elettronico, in La Stampa, 21 febbraio 1981, p. 10.
  24. ^ I GIAPPONESI DELLA PIONEER INTERVENGONO PER LA EMERSON, in La Repubblica, 28 luglio 1985, p. 30. URL consultato il 17 aprile 2021.
  25. ^ Nuovo stabilimento a Siena, in L'Unità, 15 gennaio 1988, p. 12.
  26. ^ F. Saulino, DUE MILIARDI A DIPENDENTE PER 'SALVARE' LA EMERSON, in La Repubblica, 6 febbraio 1988, p. 55. URL consultato il 15 aprile 2021.
  27. ^ 1898/1999 ULTRAVOX SIENA SPA, su portalecreditori.it. URL consultato il 14 aprile 2021.
  28. ^ CONTRATTAZIONE PROVINCIALE SETTORE METALMECCANICO (1991-1998), su archivio.movimentooperaio.com.
  29. ^ V. Ravizza, Borghi, l'amico dei giapponesi, in La Stampa, 29 maggio 1980, p. 15.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • R. Delfiol (a cura di), Archivio Emerson (Inventario) (PDF), Firenze, Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana, 2000, nota 1, pp. 3-4.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]