Cassiopeia A

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Cassiopeia A
Resto di supernova
Immagine composita del resto di supernova Cassiopeia A. L'immagine è la sovrapposizione di diverse fotografie che hanno ripreso l'oggetto a diverse lunghezze d'onda: raggi gamma (magenta), raggi X (blu e verde), visibile (giallo), infrarosso (rosso), radio (arancio).
Scoperta
Data1947
Dati osservativi
(epoca J2000.0)
CostellazioneCassiopea
Ascensione retta23h 23m 24,97s[1]
Declinazione+58° 48′ 50″[1]
Distanza11.000[2] a.l.
(3.300 pc)
Dimensione apparente (V)5'
Caratteristiche fisiche
TipoResto di supernova
Tipo di supernovaSupernova di tipo IIb[3]
Galassia di appartenenzaVia Lattea
Dimensioni10 a.l.
(3 pc)
Caratteristiche rilevantiSorgente radio più intensa della volta celeste, se si escludono gli oggetti appartenenti al sistema solare
Altre designazioni
3C 461
Mappa di localizzazione
Cassiopeia A
Categoria di resti di supernova

Coordinate: Carta celeste 23h 23m 24.97s, +58° 48′ 50″

Cassiopeia A (Cas A) è un resto di supernova appartenente alla costellazione di Cassiopea ed è la più brillante radiosorgente extrasolare del cielo a frequenze superiori a 1 GHz. Nel 1980 Cassiopeia A aveva una densità di flusso di 2720±50 Jy alla frequenza di 1 GHz[4], ma da allora questo valore è declinato al ritmo di 0,97±0,04 % all'anno[4]. Nonostante sia molto brillante nelle onde radio, questo resto di supernova è estremamente debole nel visibile, tanto che appare solo nelle fotografie a lunga esposizione. La radiosorgente, identificata nel 1947, è stata una delle prime radiosorgenti discrete ad essere individuata; la controparte ottica è stata invece scoperta nel 1950[5].

La supernova che ha originato Cas A è esplosa circa 11000 anni fa[2][6]. Il materiale in espansione appare coprire dalla prospettiva della Terra circa 10 anni luce. Si pensa che la luce dell'esplosione abbia raggiunto la Terra approssimativamente 300 anni fa, ma non ci sono notizie storiche di un avvistamento di supernova risalenti a quel periodo, probabilmente perché la polvere interstellare ha assorbito buona parte della radiazione visibile prima che raggiungesse la Terra. Un'altra possibile spiegazione è che la stella progenitrice avesse espulso molti dei suoi strati superficiali prima di esplodere e che tali strati abbiano nascosto l'esplosione assorbendo molta della luce emessa durante il collasso. È tuttavia possibile che la stella di sesta magnitudine 3 Cassiopeiae, catalogata da John Flamsteed il 16 agosto 1680, fosse in realtà Cas A[7]. Secondo un altro suggerimento Cas A sarebbe la mitica "stella di mezzogiorno", osservata nel 1630, che avrebbe annunciato la nascita di Carlo II d'Inghilterra, il futuro monarca di Gran Bretagna[8]. In ogni caso, da allora nessuna supernova appartenente alla Via Lattea è stata visibile a occhio nudo dalla Terra.

Espansione[modifica | modifica wikitesto]

Cassiopeia A osservata dal telescopio spaziale Hubble.

Il guscio di gas in espansione ha una temperatura di 30 milioni di K e una velocità di 4000−6000 km/s[2]. Le osservazioni effettuate tramite il telescopio spaziale Hubble hanno permesso di appurare che, contrariamente a quanto si credeva in precedenza, l'espansione non sta avvenendo in modo uniforme perché ci sono degli inviluppi di gas isolati che si stanno muovendo con velocità trasversali di 5.500-14.500 km/s; le velocità più alte corrispondono a due getti che si stanno muovendo in direzioni quasi opposte[2]. Inoltre si è scoperto che materiali aventi composizioni chimiche simili tendono spesso a rimanere insieme durante la fase di espansione[6].

Osservazioni dell'eco della supernova[modifica | modifica wikitesto]

Osservazioni effettuate tramite il telescopio spaziale Spitzer hanno permesso di osservare alle lunghezze d'onda dell'infrarosso l'eco luminosa della supernova, riflessa dai gas circostanti[3]. Lo spettro osservato della eco ha dimostrato che la supernova era di Tipo IIb: essa si è prodotta in seguito al collasso di una stella massiccia, probabilmente una supergigante rossa con un nucleo di elio che aveva perso quasi tutto il suo inviluppo di idrogeno. Si è trattata della prima osservazione di una eco infrarossa di una supernova che non era mai stata osservata direttamente; osservazioni di questo tipo aprono la possibilità di studiare e ricostruire eventi astronomici passati[5].

Fonte di raggi X[modifica | modifica wikitesto]

Benché Cas X-1 (or Cas XR-1), la prima fonte di raggi X scoperta nella costellazione di Cassiopea, non sia stata chiaramente rivelata durante il lancio del razzo-sonda Aerobee del 16 giugno 1964, fu ugualmente considerata una possibile fonte[9]. Cas A fu scansionata durante un altro lancio di un razzo Aerobee il 1º ottobre 1964, ma anche in questo caso non fu rilevato un flusso significativo di raggi X associato a questa posizione[10]. Cas X-1 fu infine rivelata da un ulteriore lancio di un razzo Aerobee effettuato il 25 aprile 1965[11] alle coordinate 23h 21m :, +58° 30′ :[12]. Cas X-1 fu identifica con Cas A nel 1968[13].

Nel 1979 Iosif Šklovskij ipotizzò che al centro di Cas A fosse presente un buco nero[14]. Nel 1999 il telescopio spaziale Chandra individuò una fonte calda puntiforme vicino al centro della nebulosa che è stata identificato come un buco nero o una stella di neutroni[15][16].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Results for Cas A, su SIMBAD Astronomical Database, Centre de données astronomiques de Strasbourg. URL consultato il 24 giugno 2013.
  2. ^ a b c d R. Fesen et al., The Expansion Asymmetry and Age of the Cassiopeia A Supernova Remnant, in The Astrophysical Journal, vol. 645, n. 1, 2006, pp. 283–292, DOI:10.1086/504254. URL consultato il 24 giugno 2013.
  3. ^ a b O. Krause et al., The Cassiopeia A Supernova was of Type IIb, in Science, vol. 320, n. 5880, 2008, pp. 1195–1197, DOI:10.1126/science.1155788. URL consultato il 24 giugno 2013.
  4. ^ a b J. W. M. Baars et al., The Absolute Spectrum of Cas A; An Accurate Flux Density Scale and a Set of Secondary Calibrators, in Astronomy and Astrophysics, vol. 61, 1977, pp. 99-106. URL consultato il 24 giugno 2013.
  5. ^ a b A. C. Fabian, A Blast from the Past, in Science, vol. 320, n. 5880, 2008, pp. 1167-1168, DOI:10.1126/science.1158538. URL consultato il 24 giugno 2013.
  6. ^ a b Dawn Stover, Life In A Bubble, in Popular Science, vol. 269, n. 6, 2006, p. 16.
  7. ^ D.W. Hughes, Did Flamsteed see the Cassiopeia A supernova?, in Nature, vol. 285, n. 5761, 1980, pp. 132–133, DOI:10.1038/285132a0. URL consultato il 24 giugno 2013.
  8. ^ Jennifer Oullette, Did Supernova Herald the Birth of a King?, su news.discovery.com, Discovery.com. URL consultato il 24 giugno 2013 (archiviato dall'url originale il 29 settembre 2012).
  9. ^ S. Bowyer et al., J. L. Steinberg, Observational results of X-ray astronomy, Astronomical Observations from Space Vehicles, Proceedings from Symposium no. 23 tenuto a Liegi, Belgio, 17-20 agosto 1964., International Astronomical Union, 1965, pp. 227–39. URL consultato il 25 giugno 2013.
  10. ^ F. C. Fisher et al., Observations of Cosmic X-rays, in Astrophysical Journal, vol. 143, 1966, pp. 203–17, DOI:10.1086/148491. URL consultato il 25 giugno 2013.
  11. ^ E. T. Byram, T. A. Chubb, H. Friedman, Cosmic X-ray Sources, Galactic and Extragalactic, in Science, vol. 152, n. 3718, aprile 1966, pp. 66–71, DOI:10.1126/science.152.3718.66. URL consultato il 25 giugno 2013.
  12. ^ H. Friedman, E. T. Byram, T. A. Chubb TA, Distribution and Variability of Cosmic X-Ray Sources, in Sci., vol. 156, n. 3773, aprile 1967, pp. 374–8, DOI:10.1126/science.156.3773.374. URL consultato il 25 giugno 2013.
  13. ^ W. R. Webber, X-ray astronomy-1968 vintage, in Proceedings of the Astronomical Society of Australia, vol. 1, 1968, pp. 160-164. URL consultato il 1º luglio 2013.
  14. ^ I. S. Shklovsky, Is Cassiopeia A a black hole?, in Nature, vol. 279, n. 5715, 1979, p. 703, DOI:10.1038/279703a0. URL consultato il 1º luglio 2013.
  15. ^ G. G. Pavlov et al., The Compact Central Object in Cassiopeia A: A Neutron Star with Hot Polar Caps or a Black Hole?, in Astrophysical Journal, vol. 531, n. 1, 2000, pp. L53–L56, DOI:10.1086/312521. URL consultato il 1º luglio 2013.
  16. ^ The many faces of Cassiopeia A, su chandra.harvard.edu, the Smithsonian Astrophysical Observatory. URL consultato il 1º luglio 2013.

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