Roberto Gaja

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Roberto Gaja

Roberto Gaja (Torino, 27 maggio 1912Roma, 31 maggio 1992) è stato un diplomatico italiano, Segretario generale del Ministero degli Esteri dal 1969 al 1975, docente di relazioni internazionali, editorialista di politica estera e scrittore. In occasione del centocinquantenario dell'Unità d'Italia, è stato inserito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ministero per la Pubblica Amministrazione e per l'Innovazione, nella lista dei 150 più illustri funzionari dello Stato[1].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

18 dicembre 1957, Roma, Palazzo Chigi, Giuramento di Pasquale Baldocci, volontario Diplomatico. In piedi a sin. Sottosegretario Alberto Folchi, al centro cons. Antonio Morozzo della Rocca, amb. Roberto Gaja, a destra Pasquale Baldocci

Carriera diplomatica[modifica | modifica wikitesto]

Laureato in giurisprudenza a Torino nel 1932, Gaja entrò nella carriera diplomatica nel 1937, dopo aver militato alcuni anni come ufficiale di cavalleria. Fu vice console a Lucerna, console ad Hannover e console ad Ajaccio. Dopo l'8 settembre 1943, combatté contro i tedeschi, contribuendo alla liberazione dell'isola e guadagnandosi una croce di guerra al valor militare. Rientrato al Ministero degli esteri, che allora aveva sede nelle capitali transitorie di Brindisi, e poi Salerno, collaborò strettamente con Renato Prunas, all'epoca Segretario generale del Ministero degli Esteri. Nel 1946 è stato primo segretario d'ambasciata a Vienna, ove avviò i negoziati per la risoluzione del problema dell'Alto Adige[2]; fu componente della rappresentanza italiana presso il territorio Libero di Trieste (1947-49), poi a Tripoli (1949-52), con l'incarico di prepararvi la costituzione del regno senussita[3]. Consigliere d'ambasciata a Parigi (1952-53); vice direttore del personale a Roma (1956-58); fu Ministro plenipotenziario a Sofia, tra il 1958 e il 1963.

Nel 1959, sulla Rivista di Studi Politici Internazionali di Firenze, con lo pseudonimo di Roberto Guidi, Gaja pubblica il saggio Le conseguenze politiche della bomba atomica, delineando per la prima volta, la sua visione dei rapporti internazionali all'epoca della guerra fredda. Rientrato alla Farnesina nel 1964, con l'incarico di Direttore generale degli Affari Politici, Gaja pubblica, sempre con lo stesso pseudonimo, il libro "Politica estera ed armi nucleari", sviluppando ulteriormente tale problematica.

Nel 1967, Gaja fu uno degli artefici della fondamentale riforma dell'ordinamento del Ministero degli Esteri e della carriera diplomatica, e cioè il D.P.R. 5 gennaio 1967, n.18[3]. Nel 1969 fu il negoziatore per l'Italia del Trattato di non proliferazione nucleare, nel quale – pur senza convinzione, ma in linea con le direttive politiche impartitegli - riuscì a far inserire la cosiddetta “clausola europea”, secondo cui la sicurezza dell'Europa veniva affidata esclusivamente alle armi nucleari americane[3].

Dal novembre del 1969 al giugno del 1975 Roberto Gaja è stato Segretario generale del Ministero degli Esteri, cioè la più alta carica della diplomazia italiana. In tali anni fu tra i promotori di una scuola di formazione per diplomatici, l'odierno Istituto diplomatico “Mario Toscano[3], nell'ambito di cui egli promosse l'importanza di analisi strategiche e di lungo periodo; sul piano politico internazionale, non poté far altro che prendere atto del sostanziale fallimento del Trattato di non proliferazione nucleare, sancito dal test nucleare effettuato dall'India nel 1974 e dal conseguente riarmo pakistano[4].

Roberto Gaja ha concluso la carriera nel 1977, come ambasciatore a Washington.

Background culturale e concezioni della politica estera internazionale[modifica | modifica wikitesto]

Il collocamento a riposo fu per Gaja l'occasione per dedicarsi agli studi storici e alle sue riflessioni sulla politica estera internazionale e i rapporti tra le potenze mondiali. Nel 1978 assume la direzione del trimestrale Affari Esteri, rivista ben nota agli specialisti del settore, che condurrà sino alla sua scomparsa (1992); contemporaneamente collabora con il quotidiano Il Tempo, quale editorialista di politica estera[5], dirige la rivista Affari sociali internazionali ed è docente di “relazioni internazionali”.

Nel 1986, Gaja pubblica Introduzione alla politica estera dell'era nucleare, ove riassume le sue convinzioni sul ruolo dell'Italia nel contesto politico internazionale. Gaja è fermamente convinto che la scelta atlantica dell'Italia, conseguente al ridimensionamento post-bellico dell'Europa, debba essere comunque collegata ad una valorizzazione militare del continente, tale da restituire all'Europa un ruolo attivo per la sua sicurezza collettiva. La rinuncia dell'Europa (o quanto meno degli Stati europei non facenti parte del cosiddetto “club atomico”) al possesso del deterrente nucleare non può essere effettuata – secondo Gaja – senza adeguate contropartite[3].

Due anni dopo (1988), Gaja pubblica un contributo importante sullo studio della diplomazia del regno sardo, dimostrando di possedere, oltre alla capacità diplomatica, anche una preparazione culturale fuor del comune: Il marchese d' Ormea, la biografia dell'onnipotente ministro di due re di Sardegna, per quindici anni agli inizi del '700.

Gaja ha narrato anche le vicende della sua esperienza militare, in Libia negli anni trenta, nel volume: Per un reggimento di dragoni, o della fedeltà (1990), rievocazione storico-letteraria del reggimento Nizza cavalleria, ove aveva militato. Dopo la sua scomparsa, videro la luce Una novella orientale (1994) e, soprattutto, L' Italia nel mondo bipolare: per una storia della politica estera italiana, 1943-1991 (1995). In quest'ultimo volume uscito postumo, Gaja esprime interessanti considerazioni sulle relazioni internazionali conseguenti alla caduta del blocco sovietico e al ruolo ricopribile dall'Italia e dall'Europa nel nuovo sistema. Secondo Gaja, la fine del mondo bipolare, e l'avvio di una “bipolarità zoppa” non può che comportare la fine dell'idea di Europa quale potenza regionale nucleare; lo scenario aperto con la caduta del muro di Berlino, viene inoltre accolto da Gaja con il timore del risorgente nazionalismo e della crescita dell'anarchia internazionale, in un'Europa avviata al federalismo ma - secondo Gaja – restìa a cogliere le opportunità offerte dal dopo-guerra fredda e dalla de-ideologizzazione[3].

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria
Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria
Croce al merito di guerra - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Biografia di Roberto Gaja, su funzionepubblica.gov.it. URL consultato il 27 agosto 2020 (archiviato dall'url originale il 2 agosto 2012).
  2. ^ Corriere della Sera, 2 giugno 1992
  3. ^ a b c d e f Maurizio Serra, Profili di diplomatici. Roberto Gaja, in: Rivista di Studi Politici e Internazionali - N° 301, 1/2009
  4. ^ Cfr.: Leopoldo Nuti, La sfida nucleare. La politica estera italiana e le armi nucleari, Il Mulino, Bologna, 2007
  5. ^ Roberto Gaja, Il punto di vista sovietico, in: Il Tempo, 20 gennaio 1979
  6. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
  7. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Bruno Bottai, Gaja, esemplare cavaliere della diplomazia, in: Il Tempo, Roma, 2 giugno 1992.
  • Roberto Gaja, Discorsi sul mondo oscuro, Torino, Tip. Carlo Accame, 1937.
  • Roberto Gaja (pseudon.: Roberto Guidi), Le conseguenze politiche della bomba atomica, in: Biblioteca della Rivista di studi politici internazionali, serie 2, n. 9, Firenze, 1959.
  • Roberto Gaja (pseudon.: Roberto Guidi), Politica estera ed armi nucleari, Bologna, Cappelli, 1964.
  • Roberto Gaja, Introduzione alla politica estera dell'era nucleare, Roma, Franco Angeli, 1986.
  • Roberto Gaja, Il marchese d'Ormea, Milano, Bompiani, 1988.
  • Roberto Gaja, Per un reggimento di dragoni, o della fedeltà, Cuneo, L’arciere, 1990.
  • Roberto Gaja, Una novella orientale, Palermo, Novecento, 1994.
  • Roberto Gaja, L'Italia nel mondo bipolare: per una storia della politica estera italiana, 1943-1991, Bologna, Il mulino, 1995.
  • Sergio Romano, Ambasciatore gentiluomo, in: La Stampa, Torino, 2 giugno 1992.
  • Mario Toscano, Storia diplomatica della questione dell'Alto Adige, Bari, 1967.
  • Stefano Baldi (a cura di), Un ricordo di Roberto Gaja, Roma, UNAP Press. Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, 2016. URL consultato il 30 dicembre 2020.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Ambasciatore italiano negli Stati Uniti d'America Bandiera degli Stati Uniti Successore
Egidio Ortona 1975 - 1978 Paolo Pansa Cedronio
Predecessore Segretario generale del Ministero degli Affari Esteri Successore
Casto Caruso 1º novembre 1969 - 30 giugno 1975 Raimondo Manzini
Predecessore Ambasciatore italiano in Bulgaria Bandiera della Bulgaria Successore
Filippo Muzi Falconi 1958 - 1963 Orazio Antinori di Castel San Pietro Aquae Ortus
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