Ramiro Ginocchio

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Ramiro Ginocchio
NascitaLa Spezia, 6 marzo 1873
MorteVeliki Hribach, 14 settembre 1916
Cause della mortecaduto in combattimento
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
CorpoRegio corpo truppe coloniali d'Eritrea
Anni di servizio1892 - 1916
GradoTenente colonnello
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
BattaglieBattaglia di Zanzur
Settima battaglia dell'Isonzo
Decorazionivedi qui
dati tratti da Le medaglie d'oro al valor militare dal 1915 al 1916[1]
voci di militari presenti su Wikipedia

Ramiro Ginocchio (La Spezia, 6 marzo 1873Veliki Hribach, 14 settembre 1916) è stato un militare italiano, che già decorato con due medaglie d'argento e una di bronzo al valor militare, cadde in combattimento nel corso della prima guerra mondiale venendo decorato con la medaglia d'oro al valor militare alla memoria, e la promozione postuma a tenente colonnello per meriti di guerra.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a La Spezia il 6 marzo 1873, figlio del cavalier Giuseppe, già Maggior commissario sulle navi della Regia Marina,[2] e di Rosalbina Brenta.[3] Proveniente da una famiglia di tradizioni militari, venne avviato alla stessa carriera, entrando nel settembre 1889 nella Scuola militare di Modena, da cui uscì nel 1892 con il grado di sottotenente, assegnato al 43º Reggimento fanteria.[3]

Nel 1896, dietro sua domanda, viene destinato in Eritrea dove rimane per dieci anni. Curioso delle culture del Corno d'Africa si dedica allo studio della lingua tigrina di cui compila una grammatica.[2] Studia anche e scrive della storia e dei costumi della Regione dei Tigrè.[2]

Rientrato in Patria dopo la promozione a capitano,[2] ritornò in Africa nell'aprile 1909.[3] Assegnato al comando di una compagnia indigena, prese parte alle operazioni di pacificazione delle tribù che erano insorte, venendo decorato[4] con una Medaglia d'argento al valor militare.[3]

Dopo lo scoppio della guerra italo-turca[2] fu mandato in Libia dove, al comando di una compagnia dell'84º Reggimento fanteria, si distinse durante i combattimenti di Zanzur,[2] Adbes Samas e Sidi Bilal, tanto da venire decorato con una seconda Medaglia d'argento al valor militare.[3]
Rientrato in Eritrea nel gennaio 1914 in forza al IV Battaglione eritreo "Toselli", andò nuovamente in Tripolitania dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 24 maggio 1915, in quanto le tribù arabe erano insorte contro il dominio italiano.[3]
Nonostante una grave ferita al femore riportata in un’azione militare nella regione di Sliten, in Libia, che gli valse la concessione della Medaglia di bronzo al valor militare e la promozione a maggiore nel mese di ottobre, chiese di partecipare comunque alle operazioni belliche sul fronte dell'Isonzo.[2]

Rimpatriato, nel giugno 1916 fu assegnato al 73º Reggimento fanteria combattendo sul Carso nel corso della settima battaglia dell'Isonzo.[3]
Cadde gloriosamente a Veliki Hribach (Col Grande) il 14 settembre. Alla sua memoria venne concessa la Medaglia d'oro al valor militare[4] e la promozione a tenente colonnello per merito di guerra.[3]

Alla sua memoria la città della Spezia ha dedicato una piazza del centro storico.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Già proposto per la promozione a scelta per merito di guerra, perché in otto giorni di operazioni sul Carso fu mirabile condottiero del suo battaglione ed esempio preclaro di coraggio e di tenacia. Il 14 settembre, ferito ad un piede nelle prime azioni, soltanto a sera consentì di farsi medicare, rimanendo al suo posto. Dopo il bombardamento per la conquista di forti e muniti trinceramenti nemici, attraversò alla testa del suo battaglione il varco del reticolato, riuscendo a catturare con fulminea irruzione un intero battaglione avversario. Nelle successive giornate di operazioni, ancora in attesa di conseguire la meritata ricompensa della promozione a scelta, benché non ben guarito dalla ferita, fu saggio condottiero del proprio battaglione nelle opere di offesa e di difesa, e il giorno dell‘avanzata generale, sprezzante del pericolo, nella fiducia che il suo slancio avrebbe ottenuto ciò che non erano riuscite ad ottenere numerose artiglierie e bombarle, si gettò alla testa della prima ondata di attacco contro i reticolati e le trincee nemiche ancora intatte, rimanendo fulminato a poca distanza da esse; fulgido esempio delle più elette virtù militari. Veliki Hribach, 14 settembre 1916.[5]»
— Decreto Luogotenenziale del 31 dicembre 1916
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«In terreno sconosciuto e fra le insidie del nemico, condusse vittoriosamente, con audacia e fermezza, la propria compagnia in una difficile impresa, durata circa due giorni e, benché ferito, tenne con esemplare coraggio il comando fino ad operazione compiuta. Fohai Mohamed e Gimoi, 9 e 10 luglio 1909.[4]»
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Con elevato spirito di iniziativa accorreva con due compagnie verso il margine dell'oasi di Zanzur, attaccando alla baionetta il nemico. Primo nella mischia, dava esempio di intrepidezza e valore. Sidi Bilal, 20 settembre 1912. Si comportava valorosamente anche a Zanzur l'8 giugno 1912.[4]»
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Per bella prova data nel dirigere l'azione delle truppe da lui dipendenti nei combattimenti svoltisi tra il 10 e il 14 giugno 1915 all'Uadi Smar nella regione di Amamra. Durante quest'ultimo combattimento fu ferito

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Carolei, Greganti, Modica 1968, p. 264.
  2. ^ a b c d e f g Gruppo Alpini Novi Ligure.
  3. ^ a b c d e f g h Combattenti Liberazione.
  4. ^ a b c d Cav. Uff. Carlo Tacchino, Il valore dei Novesi nella Grande Guerra, In Novitate fascicolo II, n ̊ 6, novembre 1988, pag. 9-10.
  5. ^ Quirinale - scheda - visto 17 settembre 2018

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 1, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
  • Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 2, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
  • Gaetano Carolei, Guido Greganti e Giuseppe Modica, Le medaglie d'oro al valor militare dal 1915 al 1916, Roma, Tipografia regionale, 1968.
  • Alberto Cavaciocchi e Andrea Ungari, Gli italiani in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore s.r.l., 2014.
  • Angelo Del Boca, Gli Italiani in Libia. Tripoli bel suol d'amore. 1860-1922, Bari, Laterza, 1986.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • Ginocchio, Ramiro, su Combattenti Liberazione, t. URL consultato il 17 settembre 2018.
  • Ginocchio, Ramiro (PDF), su Gruppo Alpini Novi Ligure. URL consultato il 17 settembre 2018.