Müşfika Kadın

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Müşfika Kadın
Müşfika Kadın in età avanzata
Kadın
Consorte Imperiale
In carica12 febbraio 1886 –
27 aprile 1909
Nome completoAyşe Hanım Ağır (alla nascita)
Destizer Hanım (1877-1886)
Müşfika Kayısoy (dopo il 1934)
TrattamentoSua Altezza Imperiale
NascitaCaucaso, circa 1872
MorteGazi Osmanpasha Mansions, Istanbul, 18 luglio 1961
SepolturaTürbe imperiale
Luogo di sepolturaCimitero Yayha Efendi, Istanbul
DinastiaAğır (per nascita)
Casa di Osman (per matrimonio)
PadreGazi Şehid Ağır Mahmud Bey
MadreEmine Hanım
Consorte diAbdülhamid II
FigliHamide Ayşe Sultan
ReligioneIslam sunnita

Destizer Müşfika Kadın (turco ottomano: مشفقه قادين, "la compassionevole"; nata Ayşe Ağır; dopo la legge sul cognome del 1934: Müşfika Kayısoy; Caucaso, circa 1872Istanbul, 18 luglio 1961) è stata una consorte del sultano ottomano Abdülhamid II.

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Müşfika Kadın nacque nel 1872 nel Caucaso.[1] Nata Ayşe Hanim,[2] era un membro della nobile famiglia abcasa degli Ağır. Suo padre era Gazi Şehid Ağır Mahmud Bey,[3] e sua madre sua moglie Emine Hanım.[4] Aveva una sorella minore di un anno, Fatma Hanım, e un fratello maggiore di sette anni, Şahin Bey.[5] Mahmud Bey partì volontario per la Guerra russo-turca (1877-1878), affidando sua moglie e i figli alle cure di Hüseyin Vasfi Pasha, un ufficiale dell'arma della zona.[6][7]

La moglie di Hüseyin Vasfi Pasha, Bezminigar Hanım, era la cugina di Mahmud Bey, amica intima di sua moglie e, prima di sposarsi, era stata al servizio della Valide Sultan Pertevniyal Sultan, madre del sultano ottomano Abdülaziz. Per queste ragioni il pasha inviò la famiglia di Mahmud Bey a vivere con sua moglie a Istanbul. A quel tempo Ayşe aveva tre anni, Fatma due e il fratello maggiore dieci. Bezminigar Hanim decise di affidare i tre bambini alle cure di Pertevniyal Sultan, la quale aveva appena perso suo figlio e si distraeva dal dolore occupandosi dei bambini della corte.[7][8]

Seppur con difficoltà, riuscì a convincere Emine Hanim a presentare i figli a corte. Pertevniyal Sultan prese in simpatia le bambine e accettò di farsi carico di loro, affidando Ayşe a Navekyar Kalfa e Fatma a Şevkidide Kalfa, sotto la sorveglianza dell'Hazinedar Şemsicemal Kalfa. Pertevniyal in persona cambiò i loro nomi, secondo la tradizione di palazzo, rinominando Ayşe, Destizer,[3][4] e sua sorella Destiper. La loro madre Emine Hanım e il loro fratello maggiore Şahin Bey rimasero nella casa di Bezminigar Hanım, ma quando arrivò la notizia che Mahmud Bey era stato ucciso in guerra, a dispetto alle preghiere di dissuasione, ritornarono lasciarono Istanbul per tornare nel Caucaso. Dopo questo, non si seppe più niente di loro.[8][9]

Quando Pertevniyal morì nel 1883,[10] e le due bambine furono trasferite al Palazzo di Dolmabahçe.[3][8][11]

Consorte Imperiale[modifica | modifica wikitesto]

Destizer crebbe diventando una donna bellissima, alta e bionda, con grandi occhi blu, e nota per la sua eleganza e raffinatezza. Ad appena quattordici anni fu notata da Abdul Hamid II, che aveva l'abitudine di andare nell'harem dopo le cerimonie dei giorni di festa per ricevere le congratulazioni. Scelta Destizer come consorte, venne in seguito condotta al Palazzo di Yıldız.[8][11]

Copia del Corano in nesih talik fatta da Kazasker Mustafa Izzet Efendi (morto nel 1876) nell'anno 1871, che fu donata dal Sultano Abdul Hamid II a Müşfika Kadın come dono di nozzo, e donato da Müşfika Kadın alla tomba di Abdul Hamid nel 1918

Il matrimonio ebbe luogo il 12 febbraio 1886,[1] e fu eseguito dal Deputato del Nobile Spazzino, Seyid Esad Efendi e assistito dal Sovrintendente delle Partenze, Hacı Mahmud Efendi, dall'Imam di Kağıthane, Ali Efendi e dal Senior Scudiero, Şerafeddin Ağa.[12] Come suo primo regalo, Abdul Hamid le presentò una squisita copia del Corano, che era stato fatto in nesih talik da Kazasker Mustafa Izzet Efendi (morto nel 1876) nel 1871.[13] Lui le diede il nome "Müşfika", che aveva scelto aprendo il Corano a una pagina dove veniva citato Müşfikun,[14] e il rango di "Terza Ikbal", col titolo Müşfika Hanim. In seguito, venne promossa a "Prima Ikbal" e, nel 1909, a "Quarta Kadın", col titolo Müşfika Kadın. Insieme a Pesend Hanım e Saliha Naciye Kadın, fu fra le consorti preferite di Abdülhamid II, e una delle due, con Saliha Naciye, a restare con lui fino alla morte. A Pesand questo non fu concesso, ma alla notizia della sua morte si tagliò i capelli in segno di lutto. Müşfika fu inoltre fra le consorti che il sultano visitò regolarmente fino alla fine del suo regno.[12][15]

Come era stato il caso con le altre consorti di Abdul Hamid, Müşfika ricevette i suoi appartamenti personali, conosciuti come Cancelleria minore. Dilesrar Kalfa, molto conosciuta nel palazzo perché era in servizio dalla fine del regno del Sultano Abdülmecid I e aveva servito il Sultano Abdul Aziz, venne messa a capo del suo personale privato.[16][17]

Abdul Hamid cambiò il nome della sorella di Müşfika, Destiper Hazinedar Hanim in Şükriye Hanım e la diede in sposa ad Halid Pasha, il secondogenito del Capoguardarobiere di Abdul Hamid, Ismet Bey, la cui madre era stata la balia di Abdul Hamid. Nel 1917, cinque mesi prima della morte di Abdul Hamid, Şükriye Hanım morì di tifo. Abdul Hamid era confinato al Palazzo di Beylerbeyi quando fu informato della sua morte, e fu lui che pagò le spese per la sua sepoltura. Fu sepolta nel cimitero a Rumelihisarı.[11][18]

Il 15 novembre 1887,[19][20] un anno dopo il matrimonio, Müşfika diede alla luce la sua unica figlia, Hamide Ayse Sultan, che sarebbe diventata, insieme a Naime Sultan, una delle figlie favorite.[18][21] Abdul Hamid donò un fermaglio a Filürye Kalfa, che gli aveva portato la notizia della nascita della figlia. Ebezade Kamile Hanım, che era stata la levatrice, ricevette trecento lire, e il Dr. Triandafilidis, lo specialista che aveva seguito Müşfika visitandola ogni settimana durante la sua gravidanza ebbe una decorazione.[16][17]

Müşfika (sulla destra) con sua figlia, Ayşe Sultan, and e i suoi nipoti, Sultanzade Ömer Nami Bey e Sultanzade Osman Nami Bey

Prima della nascita di Ayşe, Abdul Hamid aveva ordinato la costruzione di una villa, chiamata "Villa Nuova" nei giardini del Palazzo di Yıldız.[22] Nel 1888, quando Ayşe aveva sette mesi, Abdul Hamid le donò questa villa.[23][24][25]

Il 27 aprile 1909, Abdul Hamid fu deposto, e inviato in esilio in Tessalonica,[26] e Müşfika and Ayşe lo accompagnarono. Ayşe ritornò a Istanbul nel 1910, tuttavia, Müşfika rimase con lui. Ma dopo che Tessalonica cadde in mano greca nel 1912, Abdülhamid e le consorti con lui poterono rientrare a Istanbul, dove il sultano deposto fu confinato al Palazzo di Beylerbeyi. Le uniche consorti che vollero e a cui fu concesso rimanere furono Müşfika e Saliha Naciye [15][27] Fedele a suo marito fino alla fine, si dice che quando Abdülhamid II morì nel 1918, lo fece fra le sue braccia.[12][28]

Vedovanza[modifica | modifica wikitesto]

Müşfika Kadın (seduta al centro) nel 1923, con sua figlia Ayşe, il suo secondo marito e i suoi nipoti. Da sinistra a destra: Ömer, Abdulhamid e Osman. Ömer e Osman nacquero dal primo matrimonio di Ayşe.

Dopo la morte di Abdul Hamid, Müşfika si trasferì al Palazzo di Yıldız.[29] Donò il Corano che Abdul Hamid le aveva regalato al loro matrimonio alla fondazione che si occupava del suo mausoleo e di cui anche lei faceva parte.[16]

Nel 1924 la dinastia ottomana venne esiliata, compresa sua figlia Ayşe.[30] Come membro aggiunto della famiglia imperiale, Müşfika non fu obbligata ad andarsene e scelse di rimanere in Turchia.[1] Prese la nazionalità turca e si trasferì nella casa di Gazi Osmanpaşa in via Serencebey, n. 53.[12] Nel 1934, secondo la Legge sul cognome, adottò il cognome "Kayısoy" riferendosi alla sua discendenza dalla tribù Kayı.[12]

Nel 1936, presentò una petizione al governo turco per la restituzione delle proprietà che Abdülhamid le aveva lasciato e che il governo repubblicano aveva sequestrato.[12] Tuttavia, l'Ufficio Esteri le rispose che il testamento di Abdülhamid non era valido e che le proprietà quindi non le appartenevano.[12] Precedentemente, nel 1925 e nel 1928 rispettivamente, lei e Şevket Mehmet Ali Bey, il banchiere che la rappresentava, avevano affidato lo stesso compito a Sami Günzberg, un conosciuto avvocato turco ebreo, che rappresentava anche altre consorti ottomane rimaste in Turchia, ma senza successo.[13]

Nel 1944, chiese al governo assistenza finanziaria,[31] e nel 1949 il Presidente İsmet İnönü le assegnò una rendita mensile di duecento lire.[32] La rendita era misera, così scrisse all'allora Presidente Adnan Menderes nel 1954, che le assegnò altre cinquanta lire.[32]

Ayşe ritornò a Istanbul nel 1952, dopo la revoca dell'esilio per le principesse, dopo quasi ventotto anni,[30] e scrisse le sue memorie, completandole nel 1955. Larga parte delle sue memorie parla di sua madre, e di come le due vissero insieme dopo il ritorno della principessa in Turchia. Il lavoro, originariamente apparso in formato seriale nella popolare rivista turca Hayat alla fine del 1950, fu pubblicato in edizione rilegata a Istanbul nel 1960, poco dopo la morte della principessa.[1]

Morte[modifica | modifica wikitesto]

Müşfika Kadın morì nella villa di Gazi Osmanpaşa in Serencebey Street 53, di pleurite, il 18 luglio 1961[33]. Sopravvissuta di un anno alla figlia, venne sepolta in uno dei mausolei imperiali nel cimitero Yahya Efendi a Istanbul [1].

Discendenza[modifica | modifica wikitesto]

Da destra a sinistra: Müşfika Kadın, sua figlia Ayşe e i suoi nipoti Osman e Ömer

Da Abdülhamid II, Müşfika Kadın ebbe una figlia:

  • Hamide Ayşe Sultan (15 novembre 1887 - 10 agosto 1960). Sposata due volte, ebbe tre figli e una figlia.

Nella letteratura e nella cultura popolare[modifica | modifica wikitesto]

  • Nella serie tv del 2011 Kirtli Oyunlar, è stata interpretata dall'attrice turca Deniz Gokçer.[34]
  • è un personaggio nel romanzo storico di Ahmet Altan.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Brookes 2010, p. 285
  2. ^ Brookes 2010, p. 144
  3. ^ a b c Sakaoğlu 2008, p. 677
  4. ^ a b Uluçay 2011, p. 248
  5. ^ Günaydın, Günay (2006). Haremin Son Gülleri. Mevsimsiz Yayınları. p. 78. ISBN 978-9-944-98703-5.
  6. ^ Fanny Davis (1986). The Ottoman Lady: A Social History from 1718 to 1918. Greenwood Publishing Group. p. 6. ISBN 978-0-313-24811-5.
  7. ^ a b Osmanoglu 2000, p. 112
  8. ^ a b c d Brookes 2010, p. 145
  9. ^ Osmanoglu 2000, p. 112-113
  10. ^ Akyıldız, Ali (2016). Müsrif, Fakat Hayırsever: Pertevniyal Valide Sultan. pp. 343–344.
  11. ^ a b c Osmanoglu 2000, p. 113
  12. ^ a b c d e f g (EN) Ruth Kark e Seth J. Frantzman, “One of the most spectacular lawsuits ever launched”: Abdülhamid's heirs, his lands and the land case in Palestine, 1908-1950, in New Perspectives on Turkey, vol. 42, 2010/ed, pp. 127–157, DOI:10.1017/S0896634600005604. URL consultato il 30 giugno 2022.
  13. ^ a b 15th ICTA International Congress of Turkish Art, Proceedings. Ministry Of Culture And Tourism, Republic Of Turkey. 2018. pp. 38, 44.
  14. ^ kaoglu 2008, p. 678a
  15. ^ a b Uluçay 2011, p. 249
  16. ^ a b c Brookes 2010, p. 147
  17. ^ a b Osmanoglu 2000, p. 114
  18. ^ a b Brookes 2010, p. 146
  19. ^ Freely, John (July 1, 2001). Inside the Seraglio: Private Lives of the Sultans in Istanbul. Penguin. p. 289.
  20. ^ Bağce, Betül Kübra (2008). II. Abdulhamid kızı Naime Sultan'in Hayati. p. 19.
  21. ^ Sâmiha Ayverdi (2007). Ne idik ne olduk. Kubbealti Publishing. pp. 47–48. ISBN 978-975-6444-37-5.
  22. ^ Brookes 2010, p. 149
  23. ^ Osmanoglu 2000, p. 115
  24. ^ Tansu, Samih Nafiz; Paşa, Celâleddin (1970). Madalyonun Tersi. Gür Kitabevi. p. 31.
  25. ^ My father Sultan Abdülhamid II, su Daily Sabah, 26 febbraio 2014. URL consultato il 30 giugno 2022.
  26. ^ Hall, Richard C. (October 9, 2014). War in the Balkans: An Encyclopedic History from the Fall of the Ottoman Empire to the Breakup of Yugoslavia. ABC-CLIO. pp. 1–2. ISBN 978-1-610-69031-7.
  27. ^ Sakaoglu 2008, p. 679
  28. ^ Yanatma, Servet (2007). The Deaths and Funeral Ceremonies of Ottoman Sultans (From Sultan Mahmud II TO Sultan Mehmed VI Vahideddin). p. 55.
  29. ^ Akyıldız, Ali (2018). Son Dönem Osmanlı Padişahlarının Nikâh Meselesi. p. 701.
  30. ^ a b Brookes 2010, p. 278
  31. ^ Bardakçı, Murat (2008). Son Osmanlılar: Osmanlı Hanedanı'nın Sürgün ve Mira Öyküsü. İnkılâp. pp. 98–99. ISBN 978-9-751-02616-3.
  32. ^ a b Murat Bardakçı - Abdülhamid’in hanımından Menderes’e: ‘Oğlum, geçinemiyorum, beni âciz bırakma!’ - HABERTÜRK, su m.haberturk.com. URL consultato il 1º luglio 2022.
  33. ^ (EN) The Capital Times & The Wisconsin State Journal, July 19, 1961, Page 3 –ARCHIVE.com, su newspaperarchive.com. URL consultato il 1º luglio 2022.
  34. ^ (TR) 5. Murad masondu, su Ensonhaber. URL consultato il 1º luglio 2022.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Brookes, Douglas Scott (2010). The Concubine, the Princess, and the Teacher: Voices from the Ottoman Harem. University of Texas Press. ISBN 978-0-292-78335-5.
  • Kark, Ruth; Frantzman, Seth J, (2010). "One of the most Spectacular Lawsuits ever Launched": Abdulhamid's Heirs, his Lands and the Land Case in Palestine, 1908-1950" New Perspectives on Turkey". 42: 127-157.
  • Osmanologlu, Ayse (2000) Babam Sultan Abdulhamid Mona Kitap Yayinlari. ISBN 978-6-050-81202-2
  • Sakaoğlu, Necdet (2008). Bu mulkun kadin sultanlari: Valide sultanlar, hatunlar, hasekiler, kadinefendiler, sultanefendiler. Oglak Yayincilik. ISBN 978-9-753-29623-6.
  • Uluçay, Mustafa C. (2011). Padisahlarin kadinlari ve kizlari. Ankara: Otuken. ISBN 978-9-754-37840-5

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]