Luca Vitone

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Luca Vitone (Genova, 18 maggio 1964) è un artista italiano, dal 2006 docente di scultura presso la NABA (Nuova Accademia di Belle Arti) di Milano. Vive e lavora a Berlino.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Luca Vitone studia al DAMS di Bologna e nel 1990 si trasferisce a Milano[1], dove inizia un lungo sodalizio con la Galleria Emi Fontana. Durante gli anni Novanta partecipa a importanti collettive nazionali e internazionali e dal 1994 collabora continuativamente con la Galleria Nagel[2], ora Nagel Draxler, a Colonia e Berlino. Nel 2000 espone al P.S.1 di New York e presenta al Palazzo delle Esposizioni di Roma Stundàiu[3], mostra-omaggio alla sua città natale Genova. Al 2006 risale la sua prima retrospettiva itinerante Luca Vitone. Ovunque a casa propria. Überall zu Hause presentata al Casino Luxenbourg, poi nel 2007 all’O.K. Centrum di Linz e infine nel 2008 alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo. Il 2010 è l’anno d’inizio della collaborazione con la Galleria Pinksummer di Genova e nel 2012 tiene due importanti personali: Monocromo Variationen al Museion di Bolzano e Natura morta con paesaggi e strumenti musicali alla Fondazione Brodbeck di Catania[4]. Nel 2013 ritorna alla Biennale di Venezia, dopo una prima partecipazione nel 2003 e il rifiuto del 2011[5], esponendo per l’eternità al Padiglione Italia nella mostra Vice Versa curata da Bartolomeo Pietromarchi[6]. Nel 2019 ha curato una mostra digitale di progetti non realizzati di artisti contemporanei all'interno di MoRE. a museum of refused and unrealised art projects, archivio e museo digitale che conserva anche diversi suoi progetti. Dal 2020 Luca Vitone contribuisce alla rivista e collettivo internazionale d'artisti E il topo.

Attività[modifica | modifica wikitesto]

Temi e opere[modifica | modifica wikitesto]

Il lavoro di Luca Vitone analizza principalmente l’insieme dei meccanismi che legano l’uomo postmoderno, costantemente diviso tra natura e cultura, al suo luogo d’origine e all’ambiente con cui entra in relazione: nelle sue opere, per lo più azioni e installazioni, la memoria personale s’interseca con la storia collettiva e il luogo assume un significato rinnovato perché diventa spazio di un’esperienza antropologica. La cartografia e l’itinerario, la musica, il cibo e il monocromo sono gli strumenti scelti dall’artista per tratteggiare la sua poetica.

La cartografia e l'itinerario[modifica | modifica wikitesto]

La mappa, poiché insieme astratto di segni grafici che non trovano riscontro nella realtà, è per Luca Vitone[7] metafora del rapporto superficiale e inconsistente dell’uomo con il luogo, ormai ridotto a un semplice dato di fatto. In Galleria Pinta[8] del 1988, l’artista riproduce su carta fotocopiata la planimetria in scala 1:1 della Galleria Pinta di Genova e la posa sul pavimento, creando così un’ideale simulazione dello spazio che è reso concreto e reale solo in un secondo tempo dalle impronte dello spettatore che ne testimoniano il suo passaggio. Nel ciclo Carte Atopiche[9] (1988-1992), Vitone cancella i toponimi, riferimento culturale, dalle cartine topografiche eliminando così lo strumento indispensabile per la loro decodificazione. In L’invisibile informa il visibile[10] (1988-2010) le carte geografiche sono montate su plexiglas e installate con la parte stampata verso la parete o il soffitto dello spazio espositivo. Da lontano le opere sembrano monocromi ma man mano che ci si avvicina, s’intravedono le tracce di un territorio che è leggibile a seconda della nostra attenzione e della nostra conoscenza. Lo strumento più adeguato per riappropriarsi dello spazio, per riconoscere e conoscere l’ambiente è, secondo l’artista, l’itinerario. Wide City[11], opera del 1998, è un percorso guidato attraverso i cambiamenti avvenuti nel tessuto urbano milanese in seguito alle varie ondate migratorie. Lo spettatore, su suggerimento dell’artista, può scegliere di visitare le attività straniere stampate sul retro di mappe della città di Milano lasciate in un modello della Torre Velasca, e può così sperimentare all’esterno dello spazio espositivo, la rilevazione artistica di un fenomeno antropologico. Anche Liberi tutti![12], progetto realizzato nel 1996 a Basilea, nel 1997 a Roma e nel 2008 a Carrara, è un itinerario alla scoperta dei luoghi anarchici della città. Vitone identifica, attraverso ricerche d’archivio, i luoghi che nella tre città hanno rappresentato dei punti di riferimento per l’ideale anarchico e li segnala appendendovi la bandiera[13] nera bordata di rosso simbolo dell’anarchia. Un libello, all’interno dello spazio espositivo, riporta tutti gli indirizzi e invita gli spettatori ad andare alla ricerca della storia. Percorso attraverso la storia italiana è invece l’installazione luminosa Souvenir d’Italie (lumières) del 2014, evoluzione di un progetto nato nel 2010 per la personale alla Galleria Michel Rein di Parigi. L’artista, con un’opera piuttosto controversa[14], ripercorre la drammatica vicenda dell’attentato che ha provocato la strage del 2 agosto 1980 alla Stazione di Bologna, ponendo in via Matteotti, sopra il ponte che attraversa i binari della stazione, una sequenza di tre forme simboliche che viste in prospettiva formano il simbolo massonico della Loggia P2.

La musica e il cibo[modifica | modifica wikitesto]

Il cibo e la musica sono per l’artista due elementi della cultura materiale che meglio definiscono l’identità e la memoria di un popolo. Essi hanno il potere di rievocare paesaggi ed esperienze dimenticate legate alla famiglia, all’infanzia, alla terra d’origine, ma allo stesso tempo creano una relazione semplice e diretta tra culture e persone lontane e diverse. Il recupero della memoria privata e soprattutto collettiva fa sì che lo spettatore instauri una relazione più consapevole con il suo luogo d’appartenenza. In Sonorizzare il luogo[15], lavoro ideato nel 1989 e più volte rivisitato, Vitone riflette sull’identità del luogo attraverso la catalogazione e la conservazione di brani musicali tradizionali e regionali, affidati esclusivamente alla comunicazione orale e perciò destinati alla sparizione. Inizialmente la sonorizzazione si riferiva esattamente al luogo in cui era presentata, in seguito l’insieme di canti popolari era accompagnato dalla cartina della zona d’origine. L’opera Lo trauc[16] del 1996, realizzata alla Galleria Esca di Nîmes, dà invece avvio a un ciclo di lavori in cui l’artista agisce come un vero archeologo: scava nel terreno alla ricerca della memoria di un popolo e da quello scavo si diffondono brani musicali appartenenti alla tradizione locale. In Lo trauc dallo scavo proviene una voce che narra una fiaba popolare in occitano; in Feuillies[17], lavoro eseguito nel 1999 a Villa Medici, emergono brani di musica colta dei pensionnaires dell’Accademia di Francia intercalati da canzoni della tradizione popolare laziale; in Hole[18] del 2000 al P.S.1 di New York, risalgono in superficie frammenti di musica del popolo Lenape e stralci di motivi olandesi del XVII secolo. Dal 2000, con Stundàiu, Vitone si dedica anche alla diffusione del trallalero, musica per solo voci della tradizione genovese. Nelle opere dell’artista la musica convive spesso con il cibo. Così in Der unbestimmte Ort del 1994 il banchetto, organizzata dalle signore della comunità rom di Colonia, è accompagnata dalle loro musiche tradizionali suonate dal vivo. Il cibo è invece protagonista in Pratica del luogo[19], 1992-1993, una sorta di happening in cui sono esposte e offerte al pubblico le specialità gastronomiche della regione d’esposizione. Con Prêt à porter[20] del 2004 Vitone si occupa di “cibo di strada”, tramite una mappatura dei luoghi più significativi presenti sul territorio italiano.

Il monocromo[modifica | modifica wikitesto]

Il monocromo non rappresenta per l’artista solo l’occasione di una riflessione sulla pittura e il ritorno allo spazio finito della tela, ma anche lo strumento attraverso il quale un luogo si racconta. Nel 2004 Vitone progetta Finestre, un lavoro costituito da sette grandi acquerelli su carta, realizzati con la polvere raccolta alla Stecca degli Artigiani di Milano, un'ex fabbrica di proprietà comunale. Vitone rivela l’essenza di quello spazio attraverso la sua polvere, un materiale scomodo, labile e allo stesso tempo ineliminabile che trattiene le tracce della memoria e le lega alla storia presente[21]. I monocromi Io Roma[22] del 2005 consistono nell’autoritratto di una città. L’artista espone delle tele bianche di lino in vari punti della città e le lascia in balia degli agenti atmosferici. Così è il luogo, Roma, a parlare di sé, a rappresentarsi, a identificarsi e soprattutto a fare da indice di un tempo inteso sia in senso atmosferico che cronologico. Le ceneri di Milano[23] del 2007, realizzate con la polvere di un termovalorizzatore milanese, ritraggono un luogo attraverso ciò che rimane della nostra quotidianità e della nostra vita. Soggetto di Rogo, il monocromo esposto alla personale al Museion del 2011, è invece il fuoco che brucia all’interno del termovalorizzatore di Bolzano. In quest’occasione Vitone trascende i limiti della tela mediante la pellicola cinematografica: il fuoco è animato, va oltre il supporto materiale. Così come fa per l’eternità[24], l’opera presentata dall’artista alla Biennale di Venezia del 2013. Per l’eternità è un “monocromo” o meglio una scultura olfattiva che non si può né vedere, né toccare, ma solo respirare. La dolorosa vicenda dell’eternit di Casale Monferrato è presentata al pubblico attraverso un profumo al rabarbaro che riempie la stanza e che da dolciastro diventa aspro e amaro, lasciando nello spettatore una sensazione di profondo fastidio fisico[25]. Se per l’eternità è legata a una denuncia sociale, Imperium[26] è la scultura olfattiva che diffonde l’ideologia del potere, all’inizio piacevole e poi sgradevole e nauseante[27]. Come il monocromo di polvere, pur utilizzando il supporto tipico della pittura tradizionale, ne mette in discussione il suo statuto poiché il pigmento pittorico, la polvere, è un agente nocivo per la tela; così la scultura olfattiva mette in dubbio lo statuto della scultura essendo invisibile e non occupando alcuno spazio.

[1][collegamento interrotto]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • Franco La Cecla, Luca Vitone, Non è cosa. Vita affettiva degli oggetti, Milano, Elèuthera, 1998, ISBN 88-85861-92-X.
  • Maria Grazia Tolomeo (a cura di), Luca Vitone. Stundàiu, Roma, Castelvecchi, 2000, ISBN 88-8210-243-2.
  • Luca Vitone, Sound paths, Parigi, Onestar Press, 2002 ISBN 88-8210-243-2.
  • Stefano Chiodi, Una sensibile differenza. Conversazioni con artisti italiani di oggi, Roma, Fazi Editore, 2006 ISBN 88-8112-749-0.
  • Luca Vitone. Ovunque a casa propria. Überall zu Hause. At home everywhere, Bolzano, Folio Verlag, 2006 ISBN 88-86857-73-X.
  • Giorgio Verzotti (a cura di), Luca Vitone. Gli occhi di Segantini, Milano, Skira, 2007, ISBN 978-88-6130-360-7.
  • Luca Vitone. Ultimo viaggio, Roma, Luca Vitone & Nomas Foundation, 2009.
  • Luca Vitone. Presente materiale, Museion, Bolzano, Fondazione Brodbeck, Catania, Mousse Publishing, Milano, 2012, ISBN 978-88-6749-019-6.
  • Bartolomeo Pietromarchi (a cura di), Vice versa, Mousse Publishing, Milano, 2013, pp. 104–111, ISBN 978-88-6749-015-8.
  • Marius Babias, Eva Scharrer e Luca Vitone, Luca Vitone. Imperium, n.b.k, Berlino, 2014; ISBN 978-3-89424-982-3.
  • Heiser Jörg, Berlin 192010, Galleria de' Foscherari, Bologna, 2016.
  • Luca Vitone, Effemeride Prini, Quodlibet, Macerata, 2016, ISBN 978-88-7462-847-6.
  • AA.VV., No, Neon, No cry, Edizioni MAMbo, Bologna, 2022, ISBN 978-88-96296-51-6[28].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Anni novanta un decennio interessante e in consolidamento, in CdT, 18 novembre 2021. URL consultato il 16 gennaio 2024.
  2. ^ La prima mostra di Vitone alla Galleria Nagel risale al 1994. Der unbestimmte Ort raccontava vari aspetti della cultura e delle tradizioni Rom. Nel cortile del palazzo, che ospitava lo spazio espositivo, era apparecchiata la tavola con la cena preparata dalle donne della comunità e un gruppo rom intratteneva, con le musiche tradizionali, i visitatori mentre degustavano i piatti. Situate su due pianerottoli due donne leggevano una le carte e l’altra la mano, mentre in galleria erano esposte le immagini e i documenti che narravano la storia del popolo rom con particolare attenzione allo sterminio perpetrato dai nazisti. Un lavoro, incentrato sull’idea del viaggio migratorio che i rom iniziarono a sostenere dal IX secolo, presentava le date ufficiali del loro arrivo nei vari luoghi europei e i nomi attribuiti loro di volta in volta dalle popolazioni autoctone. Un’altra opera trattava della lingua, un frasario di romanès e tedesco, ed era affiancata da sette immagini raffiguranti mezzi di trasporto tipici. Infine un terzo lavoro trattava delle differenze culturali, focalizzando il punto di vista rom. Un elenco con i nomi dei gruppi più importanti era accostato a una pittura murale, raffigurante la bandiera rom, e a quattro pannelli composti dai ragazzi della comunità con fotografie e scritti sulle problematiche della migrazione e dell’emarginazione in rapporto alla società tedesca contemporanea. L’aspetto interattivo e conviviale della mostra costituiva l’occasione per un processo di recupero della memoria di un popolo e il mezzo per accostarsi alla sua storia. La scelta di rappresentare il popolo rom era un modo per riflettere sui meccanismi che legano l’uomo al luogo: nella cultura rom, infatti, il referente geografico non è prioritario e la condizione di nomade implica l’idea di un luogo che si costruisce all’interno di sé.
  3. ^ Tolomeo, M. G., (a cura di), Luca Vitone. Stundàiu, Roma, Castelvecchi, 2000.
  4. ^ Luca Vitone. Presente Materiale, Museion, Bolzano, Fondazione Brodbeck, Catania, Mousse Publishing, Milano, 2012.
  5. ^ Di Genova, A., La carica di uno, centomila, nessuno …, in "Alias", n. 21, 28 maggio 2011, p. 6; Miliani S., Da Cucchi a Perino & Vele. C'è chi dice «no», in "l'Unità", 26 maggio 2011, pp. 38-39; Heiser J., Es ist etwas faul im Staate Megalomania, in "Frankfurter Allgemeine Zeitung", n. 126, 31. Mai 2011, S. 29.
  6. ^ Pietromarchi, B. (a cura di), "Vice versa", Mousse Publishing, Milano, 2013, pp. 104-111.
  7. ^ L’artista usa la mappa nelle sue varie forme. Ad esempio in Identificazione del luogo (1989-1991) Vitone sceglie di utilizzare il linguaggio amministrativo della mappa catastale, in Carte atopiche (1988-1992) le classiche carte topografiche, in Non siamo mai soli (1994) le mappe d’appartamento.
  8. ^ Perretta, G., Luca Vitone. Galleria Pinta, Galleria Neon Bologna, 1990.
  9. ^ Cascone, R., Si è perduto il rapporto tra l’uomo e il territorio, in "Il Giorno", 3 aprile 1993; De Cecco E., Luca Vitone, in “Flash Art”, a. XXVI, n. 175, maggio 1993, pp. 90-91; Piccoli C., Luca Vitone, in "Juliet", a. XIV, n. 63, giugno 1993, p. 65.
  10. ^ Guidi, C., Inga-Pin, L., Pedrini, E., Potere la lingua, Edizioni Asir, Pontecagnano (SA), 1988, pp. 63-68.
  11. ^ Luca Vitone. Wide City, Comune di Milano-Progetto Giovani, Milano, 1999.
  12. ^ Cherubini, L., Luca Vitone. Topografie, in Christov-Bakargiev C., Pratesi L., Tolomeo M. G., Città Natura, Fratelli Palombi Editori, Roma, 1997, pp. 154-159, 254.
  13. ^ La bandiera è un tema ricorrente nell’opera di Vitone: essa non è più simbolo di rivendicazione politica, militare o territoriale, ma metafora d’individualità e libero nomadismo. Eppur si muove, opera che sintetizza il disegno della bandiera anarchica e di quella rom compare nel 2003 a Stazione Utopia, una delle mostre della 50ª Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia curata da Molly Nesbit, Hans Ulrich Obrist e Rirkrit Tiravanija, e alla mostra Déplacements, curata da Lorence Bossé e Hans Ulrich Obrist all’ARC/Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris. In Nulla da dire solo da essere, progetto presentato nei primi mesi del 2004 alla Galleria Emi Fontana di Milano, le bandiere di Vitone invece parlano. Tra i ventuno vessilli, appesi al soffitto dello spazio espositivo e lasciati fluttuare nel vuoto, ve ne sono di tre tipologie differenti: bandiere nere con bordo rosso, bandiere nere con ruota rossa e bandiere nere con scritte rosse. Queste ultime riportano citazioni tratte da testi di pensatori e artisti amati da Vitone come Piero Manzoni, Eduard Bernstein, Vittorio Foa, Louis Ferdinand Céline, Menachem Mendel, Pëtr Arsinov. Le bandiere riflettono sul rapporto tra l’individuo e la società e pongono l’accento sul tema del movimento e dell’essere in cammino, sia in senso letterale sia metaforico.
  14. ^ Del Prete, F., Luminarie P2, scoppia la polemica: “Togliete quei simboli massonici”, in “Il Resto del carlino”, 17 dicembre 2014; Angelotti M., de Manincor A., Luminarie e P2, le organizzatrici difendono l’allestimento, in “La Repubblica” on line, 22 dicembre 2014; Spezia L., Luca Vitone: “luminarie della P2, ma quale ambiguità, volevo solo ricordare i depistaggi della massoneria deviata”, in “La Repubblica”, 22 dicembre 2014; Alberti F., I simboli della P2 a Bologna sulle luminarie delle feste, in “Il Corriere della Sera”, 22 dicembre 2014, p. 29; Alberti F, Bologna: luminarie natalizie “massoniche e inquietanti”, in “Il Giornale.it”, 22 dicembre 2014.
  15. ^ Magnani, G., L'arte d'avanguardia esisterà solo fino a quando la borghesia vorrà che esista, in Pizzigoni, A., Rossi, F., (a cura di), Ottovolante. Per una collezione d’Arte Contemporanea, Pierluigi Lubrina Editore, Bergamo, 1992, pp. 74-88, 133; On taking a normal situation and retranslating it into overlapping and multiple readings of conditions past and present, Antwerpen, 1993; Luca Vitone. Ovunque a casa propria. Überall zu Hause. At home everywhere, Bolzano, Folio Verlag, 2006.
  16. ^ Pinto, R., Spazi comuni, Esca Papiers Libres, Nîmes, 1996, pp. 10-14.
  17. ^ Bossé, L., Christov-Bakargiev, C.,Obrist, H. H., La Mémoire 99, Académie de France-Villa Médicis, Roma, 1999, pp. 45-46, 291-296, 393.
  18. ^ Christov-Bakargiev, C., Pietromarchi, B., Hole. Luca Vitone, Fondazione Adriano Olivetti-Arte Contemporanea, Roma, 2000.
  19. ^ Umberto Cavenago - Luca Vitone, Galleria Marsilio Margiacchi, Arezzo, 1993, pp. 11-12.
  20. ^ Luca Vitone. Prêt à porter, Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato, 2008.
  21. ^ Vitone realizza un intervento simile a quello della Stecca degli Artigiani, nel 2005 a Palermo a Palazzo Riso, sede del Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia. L’artista raccoglie la polvere dei tre piani dell’edificio e crea tre acquerelli su carta di grandi dimensioni (234,5 x 164,6 x 5 cm): Piano Terra, Piano Nobile e Secondo Piano.
  22. ^ Lauf, C., Luca Vitone at Magazzino Arte Moderna, in "Art in America", may 2006, pp. 198-199; Nastro, S., Luca Vitone, in "Espoarte", n. 39, febbraio-marzo 2006, p. 132.
  23. ^ Bertelè, E., Luca Vitone, in "ArteeCritica", n. 53, dicembre 2007-gennaio 2008, p. 95; Moratto, R., Luca Vitone, in "Tema Celeste", n. 124, novembre-dicembre 2007, p. 116; Scardi, G., Luca Vitone, in "Flash Art", a. XL, n. 266, ottobre-novembre 2007, p.139.
  24. ^ Pietromarchi, B., (a cura di), Vice versa, Mousse Publishing, Milano, 2013, pp. 104-111.
  25. ^ Di Genova, A., Territori dell'immaginario oltre gli incubi del presente, in "Il Manifesto", 29 maggio 2013, p. 11.
  26. ^ Imperium è il lavoro presentato alla Neuer Berliner Kunstverein nel novembre del 2014. Insieme alla scultura olfattiva erano esposti quattro acquerelli di polvere su carta rappresentanti il potere culturale (Räume, Pergamon Museum, Berlin), il potere economico (Räume, Deutsche Bundesbank, Frankfurt/Main), il potere politico (Räume, Deutscher Bundestag, Berlin) e il potere giudiziario (Räume, Bundesgerichtshof, Karlsruhe). Verga F., Conversazione con Luca Vitone. Imperium, n.b.k, Berlino, in "atpdiary.com", 2014.
  27. ^ I profumi di per l’eternità e di Imperium sono stati creati con la collaborazione della profumiera Maria Candida Gentile.
  28. ^ Bologna, MAMbo: mostra NO, NEON, NO CRY. Iniziative di finissage e presentazione volume su storia galleria neon, su Experience. Rivista online di arte e cultura. URL consultato il 22 ottobre 2022.

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