Giuseppe Fabbri

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Giuseppe Fabbri (2° da sinistra) tra Campana e Marinetti - Faenza 1928

Giuseppe Fabbri (Pieve di Cento, 23 luglio 1901Roma, dopo il 1991) è stato un giornalista, pittore e ceramista italiano. Fu un personaggio dalla poliedrica e vasta attività culturale e artistica nei settori del teatro, della pittura e come ceramista di orientamento futurista.

Era cugino dei fratelli Remo (1890-1977) e Francesco Fabbri (1876-1962) entrambi pittori di Pieve di Cento.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Iniziò la carriera giornalistica a Bologna entrando nel 1921 all'«Assalto», allora diretto da Giorgio Pini[1]. Successivamente si trasferì a Milano: nel 1923 scrisse per «L'Illustrazione italiana», fu redattore capo de “I Giovani” e direttore del giornale futurista “L’Antenna”. A Roma nel 1930 fu condirettore della “Quarta Roma” e redattore capo del quotidiano “Ottobre” e corrispondente dalla capitale di un gruppo di quotidiani del nord Italia.

A partire dal 1928 fu promotore di una breve ma intensa stagione creativa di ceramiche futuriste a Faenza. Fabbri effettuò il disegno, affidando la realizzazione a Riccardo Gatti, Mario Ortolani e Anselmo Bucci. La presentazione dei primi risultati avvenne nell'autunno 1928 all'interno di una rassegna locale, dove furono esposte dieci ceramiche disegnate da Dal Monte e dieci da Giacomo Balla. Dopo la mostra il progetto di Fabbri si ampliò, mirando a produrre ceramiche su disegno di molti altri futuristi, nonché ferri battuti e marmi lavorati in stile futurista[2]. Dopo altre mostre, Fabbri riprese il lavoro di giornalista. Si dedico ancora alla ceramica nel secondo dopoguerra[3].

Trasferitosi nella Libia italiana, fu redattore capo del quotidiano «La Cirenaica» di Bengasi (1931-1932) e inviato dei quotidiani «Il Mattino», «Corriere Padano» e «L’Impero».

Nel 1936 fu corrispondente di guerra de “La Tribuna”, in Africa Orientale e quindi della “Gazzetta del Popolo”, vicedirettore del “Corriere dell'Impero”, direttore della rivista “Etiopia” e del settimanale “L'impero illustrato”, corrispondente di guerra della “United Press”, e de “La Sera”, “il Resto del Carlino”, “Il Messaggero” e la “Gazzetta del popolo”.

Nel 1941 cadde prigioniero delle truppe britanniche. Durante i cinque anni di prigionia iniziò a dipingere: fece le predelle e le tavole sacre per le chiese delle missioni cattoliche del Kenya, dell’Uganda e del Tanganica[1].

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Giuseppe Fabbri è stato autore di saggi, romanzi, commedie, canti e poesie.

  • Il trionfo della macchina. Commedia futurista
  • Sarabanda. Lupanare azzurro, Edizioni Upid, Milano 1927
  • Rapsodie africane, E. Bartolozzi, Milano 1933
  • Sarab fonte del deserto, Editrice Coloniale Italiana, Tivoli 1935
  • Canti africani, Edizioni del Babuino, Roma 1951 (prefazione di Vincenzo Cardarelli)
  • Vita segreta di Gesù, Edizioni del Babuino, Roma 1952 (prefazione di Giuseppe Ricciotti)
  • Vita ignota di San Francesco, Bussola, Roma 1957
  • Canti olimpici, Edizioni Bussola, Roma 1960
  • Canti d'Africa, Cardini, Roma 1966 (prefazione di Aldo Palazzeschi)
  • Il leone di Giuda in gabbia, Bussola, Roma 1983
  • La comunità mondiale dopo il tremila. Eventi e personalità del secolo XX, Roma, Serarcangeli, 1988
  • Zaffate di vento, Cultura Duemila, Ragusa 1989

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Francesco Alberto Giunta, Intervista con Giuseppe Fabbri (1990), su literary.it. URL consultato il 5 aprile 2021.
  2. ^ Il progetto fu annunciato sul "Popolo di Romagna" del 19 marzo 1929, ma pare che non abbia avuto un seguito.
  3. ^ Archimagazine Arte Romagna futurista, su archimagazine.com. URL consultato il 5 aprile 2021.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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