Giovanni Agnes

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Giovanni Agnes
NascitaRovescala, 30 novembre 1906
MorteRamghar, 29 ottobre 1941
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegia Marina
Anni di servizio1923 - 1941
GradoCapo cannoniere telemetrista
GuerreSeconda guerra mondiale
BattaglieBattaglia di Capo Spada
Decorazionivedi qui
dati tratti da Le Medaglie d’oro al Valore Militare, volume primo (1929-1941)[1]
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Giovanni Agnes (Rovescala, 30 novembre 1906Ramghar, 29 ottobre 1941) è stato un militare e marinaio italiano insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della seconda guerra mondiale.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

L'incrociatore Bartolomeo Colleoni immobilizzato prima dell'affondamento.

Nacque a Rovescala, provincia di Pavia, il 30 novembre 1906.[2][3] Arruolatosi volontario nella Regia Marina nell'aprile 1923 fu assegnato alla categoria cannonieri telemetristi, e nel dicembre dello stesso anno conseguì la nomina a comune di prima classe.[4] Al termine del Corso si imbarcò su nave da battaglia. Dall'aprile 1928, dopo la frequenza del Corso "I.G.P." e la promozione a secondo capo, imbarcò sull'incrociatore pesante Trieste e nel giugno del 1932, nel grado di capo di terza classe, sull'incrociatore leggero Bartolomeo Colleoni sul quale conseguì poi la promozione a capo di prima classe.[3]

Il 19 giugno 1940 partecipò allo scontro navale avvenuto a circa 6 miglia da Capo Spada (Creta) tra la 2ª Divisione incrociatori (Bartolomeo Colleoni e Giovanni delle Bande Nere), al comando dell'ammiraglio di divisione Ferdinando Casardi ed una formazione navale inglese composta dall'incrociatore leggero Sydney e i cacciatorpediniere Havock, Hyperion, Ilex, Hero, e Hasty.[3] L'incrociatore Bartolomeo Colleoni, venne ripetutamente colpito dal tiro nemico in parti vitali, con incendio a bordo, e rimasto immobilizzato fu successivamente affondato con siluri lanciati dai cacciatorpediniere Hyperion ed Ilex.[3] Egli rimase sempre al suo posto di combattimento, e durante la fase di affondamento dell'unità dopo che era stato dato l'ordine di abbandono nave, rimase a bordo per soccorrere un suo ufficiale rimasto gravemente ferito, traendolo in salvo superando grandissime difficoltà sulla nave oramai in fiamme e riportando dolorose ustioni.[3] Ritornò quindi in plancia, tra le fiamme degli incendi e lo scoppio delle granate, per distruggere le pubblicazioni segrete abbandonate da un ufficiale morente.[3] Travolto in mare con l'unità che, colpita di nuovo, si capovolgeva, fu tratto in salvo dal nemico e poi rinchiuso nel campo di concentramento di Ramghar (India) dove l'anno successivo, nel tentativo di facilitare l'evasione di un gruppo di connazionali, si introdusse in un lungo cunicolo sotterraneo con l'intento di riattivare la circolazione dell'aria, decedendo per asfissia il 29 ottobre 1941.[4]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Capo telemetrista di incrociatore leggero in fase di affondamento, dopo aspro impari combattimento sostenuto contro forze navali preponderanti, mentre l’equipaggio in obbedienza all’ordine impartito abbandonava la nave, incurante del rischio cui si esponeva, e con sereno sprezzo del pericolo, rimaneva a bordo per soccorrere un suo ufficiale gravemente ferito. Trattolo a salvamento, superando ardue difficoltà e riportando dolorosissime ustioni, animato da altissimo senso del dovere, tornava in plancia, tra le fiamme degli incendi e lo scoppio delle granate, per distruggere pubblicazioni segrete abbandonate da un morente. Travolto in mare con l’unità che, nuovamente colpita si capovolgeva inabissandosi, veniva raccolto dall’avversario. Costretto in un campo di prigionia, nel generoso tentativo di facilitare l’evasione di un gruppo di audaci, penetrava, consapevole del gravissimo rischio, in un lungo cunicolo sotterraneo per riattivare la circolazione d’aria, ed immolava nel generoso tentativo la nobile esistenza che tante volte aveva votato al dovere oltre ogni limite. Mirabile esempio di eroica abnegazione e di alte virtù militari. Mare di Candia, 19 luglio 1940; Ramghar, 29 ottobre 1941 .[5]»
— Decreto del Presidente della Repubblica del 15 agosto 1948.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Paolo Alberini e Franco Prosperini, Uomini della Marina, 1861-1946, Roma, Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Marina Militare, 2016, ISBN 978-8-89848-595-6.
  • Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare, Le Medaglie d’oro al Valore Militare, volume primo (1929-1941), Roma, Tipografia regionale, 1965, p. 733.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]