Gianfranco Chiti

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Gianfranco Chiti
NascitaGignese, 6 maggio 1921
MorteRoma, 20 novembre 2004
Luogo di sepolturacimitero di Pesaro
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Bandiera della Repubblica Sociale Italiana Repubblica Sociale Italiana
Bandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
Esercito Nazionale Repubblicano
Esercito Italiano
ArmaFanteria
CorpoGranatieri
Reparto3º Reggimento "Granatieri Guardie"
Anni di servizio1941-1978
GradoGenerale di brigata
GuerreSeconda guerra mondiale
CampagneCampagna italiana di Grecia
BattaglieSeconda battaglia difensiva del Don
Offensiva Ostrogorzk-Rossoš
Comandante diScuola sottufficiali dell'Esercito Italiano
Studi militariRegia Accademia Militare di Modena
voci di militari presenti su Wikipedia

Gianfranco Chiti (Gignese, 6 maggio 1921Roma, 20 novembre 2004) è stato un generale e presbitero italiano.

Ufficiale pluridecorato dei Granatieri, veterano della seconda guerra mondiale, nel dopoguerra ricoprì vari incarichi nell'Esercito Italiano tra cui quello di comandante della Scuola sottufficiali dell'Esercito Italiano di Viterbo. Congedatosi nel 1978 entrò nell'Ordine dei frati Cappuccini venendo ordinato sacerdote nel 1982. Nel corso del 1990 iniziò personalmente la ricostruzione dell'antico convento di San Crispino da Viterbo a Orvieto.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque il 6 maggio 1921 a Gignese (Novara) figlio di Giovanni[1] e Giovanna Battigalli.[2] Compì in tale città i primi studi e, dopo aver frequentato la 5ª ginnasio, il 30 ottobre 1936 entrò nel Collegio Militare[3] di Roma[2] per essere poi ammesso a frequentare l’Accademia Militare di Modena (82º corso “Fede”) il 1º novembre 1939.[2] Uscito dall'Accademia con il grado di sottotenente dell'arma di fanteria il 20 aprile 1941 entrò in servizio presso il 3º Reggimento[4] della 21ª Divisione fanteria "Granatieri di Sardegna" A partire dal 1 gennaio 1942 prese brevemente parte alle operazioni di contrasto[3] alla resistenza jugoslava[5] in Slovenia terminate il 24 aprile.[5] Il 16 giugno 1942[4] partì per la Russia assegnato all'8ª Armata schierata sul fronte orientale. Inquadrato con il grado di tenente, come comandante di compagnia, nel 32º Battaglione anticarro, prese parte alla battaglia di Karkov per la conquista del bacino industriale del Donez.

Nell'autunno 1942 l'alto comando russo studiò una serie di controffensive che culminarono nell'Operazione Piccolo Saturno scatenata l'11 dicembre, che minacciò di travolgere i capisaldi tenuti dalle truppe italo-tedesche attestate sulla riva occidentale del Don. Al comando di un nucleo di cannoni controcarro da 47/32 posto a presidio della grande ansa di Verch Mamon,[6] all'alba del 16 dicembre dovette contrastare un attacco in forze di carri armati - appartenenti alle Divisioni “Guardie” accompagnati dalla fanteria. Distintosi per determinazione e coraggio fu decorato con medaglia di bronzo al valor militare[6] e dalla Wehrmacht con croce di ferro di seconda classe.

Durante la ritirata dell'ARMIR rimase sempre vicino ai pochi superstiti della sua compagnia, riportando un principio di congelamento[3] ad entrambe le gambe.[7] Rientrato in Patria l'armistizio dell'8 settembre 1943 lo colse nel nord Italia. Aderì alla Repubblica Sociale Italiana[4] operando in seno ad una unità di Granatieri e prendendo parte a numerose missioni di contrasto alle formazioni partigiane dirette da Enrico Martini[3] operanti nella zona di Alba. Impedì sempre ai suoi uomini di compiere atrocità,[8] e salvò la vita a numerosi partigiani[9] catturati, circa 200,[3] così come riportato dalla testimonianza di don Bernardino Restagno,[3] aiutante cappellano dei partigiani di Martini. Dopo la fine del conflitto fu rinchiuso nel Campo di concentramento di Coltano[3] insieme a Ezra Pound venendo sottoposto a procedimento di epurazione davanti al Tribunale militare, dal quale uscì completamente scagionato.[3]

Dal 1945 al 1948, in attesa di reimpiego, insegnò matematica presso il Liceo Ginnasio “Giuseppe Calasanzio” degli Scolopi a Campi Salentina, in provincia di Lecce. Il 31 marzo 1948[10] rientrò nelle file del Esercito Italiano assegnato al 1º Reggimento "Granatieri di Sardegna" con il grado di capitano.[11] Dal 1949 al 1954 fu assegnato al Comando Forze Armate della Somalia[12] e, rientrato in Italia il 23 giugno 1954, diresse il Corso di Allievi Ufficiali Somali presso la Scuola di Fanteria di Cesano.[13]

Dal 26 ottobre 1962 al 1967, con il grado di tenente colonnello, ricopre il prestigioso incarico di aiutante in 1.ma del 1º Reggimento Granatieri di Sardegna con stanza a Roma, caserma Antonio Gandin. Sempre nel 1967 fu nominato comandante del 4º Battaglione Meccanizzato e Corazzato del 1º Reggimento “Granatieri di Sardegna” di stanza a Civitavecchia, caserma Ugo De Carolis.[14]. Dal 1969 al maggio 1970 fu vicecomandante della Scuola sottufficiali dell'Esercito Italiano di Viterbo, quindi promosso colonnello, dal giugno 1970 al settembre 1973 fu capo della Segreteria dello Stato maggiore del Comando della Regione Militare Centrale a Roma. Dal 1973 al 1978 fu comandante della Scuola Allievi Sottufficiali dell’Esercito in Viterbo. Il 7 maggio 1978 cessa il servizio permanente nell'Esercito ed è collocato in ausiliaria per raggiunti limiti di età, e il 9 maggio 1979 fu promosso al grado di generale di brigata. Il 30 maggio 1978 era entrato nel convento dei Cappuccini di Rieti[15] e, il 22 ottobre dello stesso anno, indossando l'abito religioso fu ammesso al noviziato. Congedatosi dalla Forze Armate all'età di 58 anni decise di abbracciare definitivamente la vita religiosa, e il 12 settembre 1982[15] fu ordinato sacerdote dal vescovo Francesco Amadio con il nome di padre Gianfranco Maria da Gignese. Nel 1990 prese a ricostruire l'antico convento di San Crispino da Viterbo a Orvieto, che si trovava in stato di abbandono da molti anni, trasformandolo in un luogo di preghiera.[15] Si spense Roma, presso l'Ospedale militare del Celio, il 20 novembre 2004.[16]

La città di Orvieto gli ha intitolato[16] un giardino antistante la locale Caserma "Piave" e una targa.[16]

Culto[modifica | modifica wikitesto]

Nel maggio 2015 è stata aperta la causa di beatificazione.[17] Il 30 marzo 2019, nel Duomo di Orvieto, alle ore 16.00, è stata officiata una cerimonia solenne per la Chiusura del Processo Diocesano della Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio, Fra Gianfranco Maria Chiti da Gignese.

Onori alla Patria

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di un plotone di cannoni da 47/32 attaccato da ingenti forze nemiche, respingeva più volte col tiro preciso dei suoi pezzi le masse avversarie attaccanti, cagionando loro perdite gravissime. Esaurite le munizioni e ricevuto dal proprio comandante di reparto l'ordine di ripiegare con i resti della compagnia su posizione prestabilita e trovata la strada sbarrata da superiori forze avversarie, munite di numerose armi automatiche, si metteva alla testa di un gruppo di animosi, le attaccava decisamente, aprendo la via al proprio reparto e facilitando il movimento delle altre forze che seguivano. Ansa di Verch-Mamon (Fronte russo), mercoledì 16 dicembre 1942.»
Croce al merito di guerra (2) - nastrino per uniforme ordinaria
Croce per anzianità di servizio militare (40 anni) - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria
Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di gran croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Un violinista che fu poi insegnante presso Conservatorio di Pesaro.
  2. ^ a b c Bassetti 2010, p. 15.
  3. ^ a b c d e f g h Conti 2013, p. 13.
  4. ^ a b c Bassetti 2010, p. 16.
  5. ^ a b Bassetti 2010, p. 19.
  6. ^ a b Bassetti 2010, p. 20.
  7. ^ Bassetti 2010, p. 24.
  8. ^ Il suo nome risulta nel “Libro dei Giusti” della sinagoga di Torino per aver salvato numerose famiglie ebree.
  9. ^ Notiziario dei Frati Cappuccini n.2, dicembre 2013, p. 130.
  10. ^ Bassetti 2010, p. 199.
  11. ^ Bassetti 2010, p. 17.
  12. ^ Sbarcato a Mogadiscio il 20 febbraio 1950, prestò servizio dapprima come comandante del Quartier Generale del Comando delle Forze Armate a Mogadiscio, poi come comandante di Compagnia Somala a Gallacaio (Migiurtinia).
  13. ^ Fu anche comandante della Compagnia di Allievi Ufficiali Italiani.
  14. ^ Bassetti 2010, p. 18.
  15. ^ a b c Notiziario dei Frati Cappuccini n.2, dicembre 2013, p. 131.
  16. ^ a b c Alemanno 2015, p. 11.
  17. ^ Padre Chiti generale cappuccino. Aperta la causa di beatificazione, su roma.corriere.it, 8 maggio 2015. URL consultato il 24 maggio 2018.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Periodici[modifica | modifica wikitesto]

  • Alfredo Alemanno, Granatiere e servo di Dio, in UNUCI, n. 1/2, Roma, Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d'Italia, gennaio-febbraio 2015, p. 11.
  • Claudio Conti, Divergenze parallele (PDF), in Il Granatiere, n. 4, Roma, Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna, ottobre-dicembre 2013, p. 12-13.
  • Ricordo di Padre Gianfranco Maria Chiti (PDF), in Notiziario dei Frati Cappuccini, n. 12, Frascati, Conferenza Italiana Ministri provinciali Cappuccini, dicembre 2013, p. 130-131.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN1898155286640387180008 · GND (DE118074389X · WorldCat Identities (ENviaf-1898155286640387180008