Fausto Cossu

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Fausto Cossu
NascitaTempio Pausania, 25 maggio 1914
MortePiacenza, 16 aprile 2005
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Regno d'Italia
Bandiera dell'Italia Italia
Forza armata Regio Esercito
Reali carabinieri
Arma dei Carabinieri
GradoMaggiore
GuerreSeconda guerra mondiale
CampagneCampagna d'Italia
Comandante di1ª divisione Piacenza (Brigate Giustizia e Libertà)
ANPI
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Fausto Cossu (Tempio Pausania, 25 maggio 1914Piacenza, 16 aprile 2005) è stato un carabiniere e partigiano italiano, comandante della 1ª divisione Piacenza delle Brigate Giustizia e Libertà[1].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Fausto Cossu nacque a Tempio Pausania, in Sardegna, il 25 maggio 1914[2]. Entrato nei Carabinieri dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza[3], raggiunse il grado di tenente e nel 1942 prese parte alle operazioni dell'esercito italiano in Jugoslavia. Dopo l'armistizio il tenente Cossu, caduto in mano ai tedeschi, fu deportato a Zagabria e poi a Kaisersteinbruch, in Austria.

Riuscito a fuggire, nel gennaio 1944 raggiunse la località di Alzanese, nel comune di Piozzano, nelle montagne piacentine insieme ad un piccolo gruppo di carabinieri, in prevalenza sardi, organizzando una formazione autonoma della Resistenza che chiamò "Compagnia Carabinieri Patrioti”. Secondo altre testimonianze, invece, l'effettiva nascita della formazione partigiana agli ordini di Cossu avvenne all'inizio del mese di giugno[4][5].

Il 5 giugno 1944 la banda di Cossu fu protagonista dell'esecuzione della condanna a morte, precedentemente deliberata dal consiglio di guerra della formazione[6], di quattro partigiani membri della banda Piccoli, tra i quali Giovanni Molinari, comandante della formazione che prendeva la sua denominazione dal suo nome di battaglia[7] con l'accusa di essersi dati al banditismo e aver compiuto razzie e violenze ai danni della popolazione locale[6]. Per questo fatto Cossu venne denunciato al termine del conflitto da parte di alcuni parenti dei fucilati: nel luglio 1946 il tribunale militare di Torino sancì il proscioglimento di Cossu dalle accuse giudicando la condanna a morte motivata da "ragioni superiori e di interesse generale" e che l'azione di Cossu fosse avvenuta "nei suoi poteri di comandante militare sul campo di battaglia"[7].

Il Grido del Popolo, edizione del 15 agosto 1944 n.1

Grazie alle numerose adesioni, in luglio la formazione divenne brigata e in agosto una divisione formata da sei brigate, inizialmente chiamata "Giustizia e Libertà"[8] e successivamente ribattezzata "Divisione Piacenza", la quale fu la formazione numericamente più forte del Piacentino, arrivando a contare, nell'ottobre 1944 su un totale di circa 4 000 uomini suddivisi in 11 brigate e 3 distaccamenti autonomi[9]. Ne faceva parte, al comando della 3ª brigata, il brigadiere Alberto Araldi, conosciuto con il nome di battaglia di Paolo[9], fucilato dai fascisti nel gennaio del 1945.

Il 7 luglio 1944 entrò a Bobbio, già parzialmente evacuata dalla gran parte dei contingenti tedesco e repubblichino a seguito della conquista partigiana del vicino centro di Coli, con i suoi uomini e con i partigiani della divisione "Cichero": nacque così la Repubblica di Bobbio, che si estendeva su un territorio montuoso particolarmente ampio tra più vallate a cavallo tra le province di Piacenza, Genova e Pavia. Il territorio liberato venne diviso in due porzioni autonome: la zona A sottoposta al controllo delle forze di Cossu e la zona B estesa a sud di San Salvatore, posta sotto la giurisdizione della formazione Cichero guidata da Aldo Gastaldi detto Bisagno[10]. Durante il periodo della Bobbio liberata, la brigata di Cossu si occupò tra le altre cose della stampa del giornale Il grido del popolo[3].

Il 28 aprile 1945 le formazioni di Cossu entrarono a Piacenza, sancendo la definitiva liberazione della città[11], a seguito di ciò gli americani lo decorarono della "Bronze Star". Il 30 aprile 1945 fu nominato questore della città, il primo dopo la liberazione, da parte del Comitato di Liberazione Nazionale, mantenendo la carica fino al 17 maggio seguente, quando fu rimpiazzato dal funzionario di polizia Giuseppe Salazar, inviato a tal proposito dal comando delle forze alleate di Roma[12][13].

Dopo la conclusione del conflitto, congedatosi dall'Arma dei Carabinieri col grado di maggiore e stabilitosi definitivamente a Piacenza[14], svolse la professione di avvocato. Nel 1999 il comune di Piacenza gli assegnò una medaglia d'oro di benemerenza. Per diversi anni fece anche parte del collegio dei probiviri della Banca di Piacenza[13].

Malato già da qualche anno[14], Fausto Cossu morì a Piacenza il 16 aprile 2005[15].

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze italiane[modifica | modifica wikitesto]

Croce al merito di guerra - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa del periodo bellico 1940-43 - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa della guerra di liberazione - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia di benemerenza per i Volontari della Guerra 1940–43 - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia di benemerenza per i Volontari della Guerra 1940–43
Distintivo di Volontario della Libertà - nastrino per uniforme ordinaria

Onorificenze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Bronze Star Medal - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ilari, cap. "I - Nei secoli fedele.".
  2. ^ Chiappini, p. 62.
  3. ^ a b Tonino Mulas, Antifascisti e partigiani sardi (PDF), S. l. : s. n., 2005, pp. 24-25 (archiviato dall'url originale il 29 ottobre 2013).
  4. ^ Chiappini, pp. 62-64.
  5. ^ Meloni, pp. 15-16.
  6. ^ a b Chiappini, pp. 66.
  7. ^ a b Partigiani contro partigiani, pubblicato il documento su Cossu e la banda Piccoli, in PiacenzaSera, 25 maggio 2016. URL consultato il 5 febbraio 2021.
  8. ^ Secchia e Frassati, pp. 770-771.
  9. ^ a b Bartolini e Terrone, p. 158.
  10. ^ Meloni, p. 16.
  11. ^ La liberazione di Piacenza, su carabinieri.it, Arma dei Carabinieri. URL consultato il 22 settembre 2015.
  12. ^ Onofri, p. 160.
  13. ^ a b Claudio Oltremonti, Fausto Cossu, Questore di Piacenza, in Banca Flash, giugno 2015, p. 3. URL consultato il 5 febbraio 2021 (archiviato dall'url originale il 3 ottobre 2015).
  14. ^ a b Giuseppe Pulina, Fausto Cossu, un partigiano dimenticato Lo storico Simone Sechi fa riemergere la figura di un eroico tempiese, in La Nuova Sardegna, 6 gennaio 2002. URL consultato il 5 febbraio 2021 (archiviato dall'url originale il 13 febbraio 2021).
  15. ^ Il «comandante» Cossu e la liberazione di Piacenza (PDF), in L'Unità, 17 aprile 2005, p. 9. URL consultato il 5 febbraio 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Alfonso Bartolini e Alfredo Terrone, I militari nella guerra partigiana in Italia (1943-1945), Roma, Stato Maggiore dell'Esercito - Ufficio storico, 1998.
  • Pietro Chiappini, La Resistenza nelle valli Trebbia, Tidone e Luretta, Piacenza, Casa editrice Vicolo del Pavone.
  • Virgilio Ilari, I Carabinieri, Soldiershop, 2015.
  • Iara Meloni, Le zone libere partigiane in provincia di Piacenza: un primo sguardo d’insieme (PDF), in E-Review Dossier, n. 3, Bologna, 2015. URL consultato il 5 febbraio 2021.
  • Iara Meloni e Giovanni Battista Menzani, Ribelli all'ombra della Pietra, Officine Gutenberg, 2019.
  • Nazario Sauro Onofri, Il Triangolo Rosso: La guerra di liberazione e la sconfitta del fascismo (1943-1947), Sapere 2000 Ediz. Multimediali, 2007, ISBN 978-88-7673-265-2.
  • Pietro Secchia e Filippo Frassati, Storia della Resistenza, II, Editori Riuniti, 1965.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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