Etelvoldo Pascolini

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Etevoldo Pascolini
NascitaSan Costanzo, 8 novembre 1884
MorteTorino, 2 giugno 1956
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
CorpoRegio corpo truppe coloniali della Somalia
GradoGenerale di divisione
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
guerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
CampagneFronte italiano (1915-1918)
Campagna italiana di Grecia
Campagna italiana di Russia
BattaglieSeconda battaglia difensiva del Don
Comandante di156ª Divisione fanteria "Vicenza"
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena
dati tratti da Combattenti Liberazione[1]
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Etelvoldo Pascolini (San Costanzo, 8 novembre 1884Torino, 2 giugno 1956) è stato un generale italiano, veterano della Guerra italo-turca, della prima guerra mondiale e della Guerra d'Etiopia, dove si distinse particolarmente durante le successiva operazioni di grande polizia coloniale che portarono alla cattura di Ras Destà. Durante la seconda guerra mondiale prese parte alla campagna di Grecia, e quindi, come comandante della 156ª Divisione fanteria "Vicenza", alla Campagna italiana di Russia, dove fu catturato dai sovietici il 26 gennaio 1943. Rientrò in Italia il 15 maggio 1950, insieme ai generali Emilio Battisti e Umberto Ricagno. Decorato con la Croce di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia, con una Medaglia d'oro, due d'argento e due di bronzo al valor militare, e insignito dei titoli di Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e di Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia..

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a San Costanzo, in provincia di Pesaro, l'8 novembre 1884,[2] figlio di Augusto e Filomena Alessandri. Si arruolò nel Regio Esercito iniziando a frequentare, come Allievo ufficiale, la Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena, da cui uscì con il grado di sottotenente il 19 settembre 1910, assegnato all'arma di fanteria, in forza al 53º Reggimento fanteria "Umbria".

A partire dall'ottobre 1911 partecipò alla Guerra italo-turca con il 23º Reggimento fanteria "Como", rimanendo in Libia fino al maggio 1913.[1]

Rientrato in Patria, all'atto dell'entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 24 maggio 1915, si trovava in forza presso il 73º Reggimento fanteria "Lombardia".[1] Tenente comandante di una compagnia, rimase gravemente ferito in combattimento a Oslavia nel mese di novembre. Trascorse due anni in convalescenza, e rientrò in servizio attivo dietro sua richiesta come invalido di guerra con il grado di maggiore.[1] Al termine del conflitto risultava decorato di due Medaglie di bronzo al valor militare di cui una successivamente commutata in Medaglia d'argento.

Il 1 febbraio 1927 fu promosso tenente colonnello a scelta, e dal marzo 1932 fu assegnato al Regio corpo truppe coloniali della Somalia, svolgendo numerosi incarichi fino al settembre 1934.[1]

Ritornato in Italia fu assegnato al 63º Reggimento fanteria "Cagliari", ma nell'ottobre 1935 partì per combattere nella Guerra d'Etiopia come comandante del XXVI Battaglione complementi della 26ª Divisione fanteria "Assietta". Promosso colonnello, rimase in Abissinia per completare, come comandante del 1º Reggimento fanteria coloniale, i servizi di grande polizia coloniale contro le formazioni ribelli al comando di Ras Destà. Decorato con due Medaglie d'argento al valor militare, di cui una commutata nella concessione della Croce di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia, fu promosso generale di brigata il 30 giugno 1939 e rientrò in Italia nel gennaio 1940.

Dopo la dichiarazione di guerra a Francia e Gran Bretagna, avvenuta il 10 giugno 1940, ottenne il trasferimento in Albania e, da qui, sempre con sua richiesta, dal novembre 1942, di partire per l'Unione Sovietica.[1] Assegnato prima alle retrovie dell'8ª Armata (ARMIR), dall'8 dicembre seguente ottenne il comando della 156ª Divisione fanteria "Vicenza", in sostituzione del generale di divisione Enrico Broglia, che doveva rientrare in Italia per motivi familiari.[2] Tale Grande Unità aveva compiti di presidio e di occupazione delle retrovie del corpo alpino.

Schierata dietro le linee del Corpo d'armata alpino, il 16 dicembre, a causa della delicata situazione verificatasi sul fronte dell'Armata, la Vicenza si spostò nel settore coperto dal Corpo d'armata alpino, a sud di Pavvlowsk, posizionandosi tra le Divisioni alpine "Tridentina" (generale Luigi Reverberi) e "Cuneense" (generale Umberto Ricagno). Nel gennaio 1943 la sua unità fu travolta dall'Armata rossa durante la Seconda battaglia difensiva del Don, e definitivamente sconfitta nel fatto d'arme di Valujki ed il 26 gennaio seguente, con i pochi superstiti fu catturato dai reparti cosacchi.

Rimase prigioniero in Russia sino al 1950 subendo inenarrabili sofferenze di ogni genere.[N 1] Rientrò in Patria solo il 15 maggio dello stesso anno,[N 2] apparendo sulla copertina della Domenica del Corriere del 28 dello stesso mese.[3] Promosso generale di divisione, fu collocato in congedo nel gennaio 1951, e il 2 giugno dello stesso anno, durante una solenne cerimonia a Torino, fu il figlio Stefano, tenente di vascello nella Marina Militare[N 3], ad appuntare sul suo petto la Medaglia d'oro al valor militare a vivente. Si spense a Torino il 2 giugno 1956.[1]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
— Regio Decreto 4 ottobre 1938[4]
Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Valoroso combattente di tre guerre, benché mutilato ed assegnato al ruolo riassunti per i servizi in Patria, partecipava volontariamente alla guerra sul fronte russo e, in uno dei momenti più critici della campagna, accettava con gioia e, anzi, sollecitava l’onore e la responsabilità di comandare una Divisione. Assunto il comando di una G.U., costituita per il solo presidio di territori nemici occupati, dovette condurla in linea. Sopperendo con grande energia e somma perizia alle deficienze organiche e di armamento di essa, affrontava l’impari lotta; durante i tragici eventi della ritirata dal Don riusciva varie volte a spezzare l’accerchiamento, ponendosi animosamente e ripetutamente alla testa dei propri reparti. Circondato e sopraffatto da schiacciante superiorità avversaria, sopportava infine lunghissimo periodo di prigionia con animo forte, virile, con dignità di soldato e di italiano. Magnifico esempio di dedizione al dovere, di fedeltà alle leggi dell’onore militare e di amore di Patria. Fronte del Don. Prigionia in Russia, novembre 1942 - giugno 1950.[5]»
— Decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 1951[6]
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«In diversi aspri combattimenti quali prese parte come comandante di un battaglione, seppe guidare la propria truppa con fermezza, perizia e valore, dando col suo contegno mirabile esempio di sprezzo del pericolo agli inferiori, e rimanendo all'ultimo gravemente ferito. Alto Sabotino, 28-29 ottobre-Oslavia, 2, 3, 13 novembre 1915
— Decreto Luogotenenziale 26 giugno 1919
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di un raggruppamento di battaglioni libici, già distintosi sul fronte dell'Harrar e chiamato a cooperare con le forze del Governo dei Galla e Sidama nella decisiva battaglia di Chevena ed Arbagoma contro le superstiti forze del ribelle Ras Destà, conduceva la sua agguerrita colonna, attraverso ripetuti aspri scontri alla conquista di uno dei capisaldi nemici e contribuiva, col magnifico apporto di efficace cooperazione tattica e di spiccato valore personale, all'annientamento delle forze ribelli ed al nostro vittorioso successo. Chevena-Arbagoma, 18-21 gennaio 1937
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di colonna, con due successivi aspri combattimenti volutamente impegnati contro una formazione ribelle da lui ricercata, superiore in forze, armata modernamente e comandata da capi di gran nome, debellava l'avversario. Presente col suo posto di comando dove maggiore era il pericolo, era costante esempio anche nei momenti più critici dell'aspra lotta, di serena fermezza, di calma e di sprezzo del pericolo, infondendo in tutti col suo contegno, la sicura fede nel successo. Hulé, 31 gennaio 1937-beggi, 2 febbraio 1937
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Incurante del pericolo e sotto l'intenso fuoco nemico di artiglieria e mitragliatrici, primo fra tutti attraversava un lungo tratto di terreno scoperto per raccogliere un soldato gravemente ferito, trasportandolo in posto sicuro. Peuma, settembre 1915
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«In diversi combattimenti teneva con perizia il comando del battaglione dando col proprio contegno, bell'esempio ai suoi dipendenti. Rimaneva gravemente ferito. Oslavia, 13 novembre 1915
Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
— Regio Decreto 27 ottobre 1938[7]
Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
— Regio Decreto 22 dicembre 1941[8]
avanzamento per merito di guerra - nastrino per uniforme ordinaria
avanzamento per merito di guerra
«Volontario della guerra italo turca, valoroso combattente ferito e decorato della grande guerra, volontario nell'impresa Imperiale, ha portato nelle tre guerra largo contributo di fede, di coraggio, di chiare virtù militari. In un ciclo operativo in A.O.I., dava prova di alta capacità di comando e di valore personale, cercando e sgominando le formazioni ribelli di ras Destà attraverso più combattimenti contro forze spesso superiori ed agguerrite. Nelle operazioni di polizia del Goggiam, quantunque già transitato nel ruolo degli ufficiali mutilati riassunti in servizio sedentario, chiedeva ed otteneva il comando di una brigata coloniale che perfettamente addestrava e conduceva alla vittoria, dando nuove prove di eminenti virtù guerriere. Arbagoma, 18 gennaio 1937; Chevenà, 20 gennaio 1937; Hulè, 31 gennaio 1937; Beggi (Iebanò), 2 febbraio 1937; Ueghè, 22 febbraio 1937; Tamamò, 2 marzo 1937; Gurè, 5 marzo 1937; Faguttà, 25, 26, 27 marzo 1938; Samsì, 30 maggio 1938
— Regio Decreto 16 giugno 1939[9]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Durante la prigionia si prese cura di una bambina tedesca presente nel campo di concentramento, figlia di un ufficiale tedesco morto in prigionia insieme alla moglie e rimasta orfana di entrambi i genitori.
  2. ^ Insieme a lui rientrarono anche i generali Umberto Ricagno, già comandante della "Julia", e Emilio Battisti, e trenta militi delle SS di origine altoatesina.
  3. ^ Anche lui decorato di Medaglia d'oro al valor militare a vivente.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g Combattenti Liberazione.
  2. ^ a b Generals.
  3. ^ Divisione Vicenza.
  4. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
  5. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
  6. ^ Registrato alla Corte dei Conti il 9 febbraio 1951, Esercito Registro 7, foglio 309.
  7. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.140 del 16 giugno 1939, pag.10.
  8. ^ Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.243 del 15 ottobre 1942, pag.16.
  9. ^ Bollettino Ufficiale 30 agosto 1939, dispensa 50ª, registrato alla Corte dei Conti addì 14 agosto 1939, registro n.27, foglio 353.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 1, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
  • Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 2, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
  • Alberto Cavaciocchi, Gli italiani in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore s.r.l., 2014.
  • Giulio Milani, I naufraghi del Don. Gli italiani sul fronte russo, 1942-1943, Bari, Laterza, 2017, ISBN 978-8-85813-026-1.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]