Collezione di Giovanni Francesco Serra

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Stemma della famiglia Serra sul portico del palazzo di Napoli

La collezione di Giovanni Francesco Serra è stata una collezione d'arte sviluppatasi a Milano nel Seicento, nata ed appartenuta al marchese e nobile genovese.

Dopo la morte dell'uomo, avvenuta nel 1656, la collezione fu trasferita dai figli eredi a Napoli. Nel 1664 viene in parte smembrata con la vendita di quaranta pezzi, di cui un blocco di diciotto tele particolarmente rilevante per qualità fu comperato per le raccolte reali di Filippo IV di Spagna dal viceré Gaspar Bracamonte y Guzmán, III conte di Peñaranda ed è oggi al Prado di Madrid.

Una buona parte della collezione fu smembrata ancora nella metà dell'Ottocento, mentre un'altra si è trasmessa agli eredi della famiglia Serra, frazionata tra i vari rami di Cassano, Gerace e Terranova.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Seicento[modifica | modifica wikitesto]

Il marchese Giovanni Francesco Serra[modifica | modifica wikitesto]

Incisione del Ritratto di Giovanni Francesco Serra di Francesco Cairo

Giovanni Francesco Serra era un militare e nobile genovese al servizio della corona spagnola. Trasferitosi in terra iberica già adolescente, intraprende la sua carriera politica e militare con particolare successo.[1] Nel 1622 il cugino Giovanni Battista (tutore con cui era cresciuto il marchese alla morte del padre nel 1616) acquista dai Sanseverino il feudo di Cassano allo Ionio, in Calabria; qualche mese dopo Giovanni Francesco diviene ambasciatore ordinario a Madrid.[1]

Tra il 1625 e il 1627 il marchese è di nuovo in Italia in azione militare contro le truppe franco piemontesi di Carlo Emanuele di Savoia. Negli anni '30 del secolo è saltuariamente segnalato nei territori del Regno di Napoli, in particolare nel feudo di Cassano, dove si sposerà con Maria Giovannetta Doria, figlia del duca di Tursi.

La collezione milanese[modifica | modifica wikitesto]

Annibale Carracci, Venere, Adone e Cupido (Museo del Prado, Madrid)

Dal novembre del 1635 l'uomo è di nuovo a Milano.[2] Proprio nella città lombarda il nobile dà avvio alla sua raccolta personale, dove, stando alle parole di qualche decennio dopo dell'oratoriano padre Sebastiano Resta e ancor prima da Francesco Scannelli, sono registrati i suoi beni.[1] La collezione non appare come un lascito di altri esponenti della famiglia, ma piuttosto sembra prendere avvio con Giovanni Francesco stesso, che tra i suoi soggiorni a Madrid, a Milano e a Napoli, dov'è in contatto con illustri collezionisti del tempo (rispettivamente con il conte di Olivares, il marchese di Leganés e il conte di Monterrey) trae la passione per l'arte.[3][4]

La sua raccolta si compone di opere prevalentemente di ritrattistica e a soggetto sacro, stilisticamente di scuola classicista del Cinquecento veneto , ma anche a soggetto mitologico di scuola bolognese, o opere del Seicento lombardo.[4] Anche per il tipo di vita del marchese, dedito alle armi e sempre in movimento tra un campo di battaglia e un altro, si può dedurre che, eccezion fatta per i ritratti, le opere siano pressoché esclusivamente comperate sul mercato anziché commissionate direttamente.[5]

Lorenzo Lotto, Ritratto di Marsilio Cassotti e della sua sposa Faustina (Museo del Prado, Madrid)

A cavallo tra gli anni '30 e '40 il Serra è attivo militarmente in Piemonte, dove intraprende diverse azioni militari contro i Francesi. Per tutte le imprese compiute in campo di battaglia, Filippo IV lo premia nominandolo Maestro di Campo Generale dell'esercito in Lombardia.[6]

Durante una battaglia a Cremona nel 1648 il marchese fu gravemente ferito a una gamba e dovette ripararsi a Milano dove passò un periodo di convalescenza; in questo frangente fu ricevuto il pittore Francesco Cairo che lo ritrasse in almeno due redazioni certe, entrambe in armatura e con bastone, una per la collezione dello stesso Giovanni Francesco e oggi rimasta agli eredi a Roma del X duca di Cassano, Francesco Serra, nota tramite un'incisione del 1689 di Jacopo Coppa decorata con stemma e un cartiglio recante i titoli e le cariche, l'altra rimasta in mano al pittore e comparsa negli anni Duemila nel mercato d'arte.[7]

Nel 1652 il marchese Serra abbandona Milano per rientrare in Spagna, dove riceve la carica di Governatore delle Armi di Milano.[8] Qui intraprende azioni militari in Catalogna, sempre contro i Francesi.

La morte del marchese e il trasferimento della collezione a Napoli (1656)[modifica | modifica wikitesto]

Poco prima di rientrare nuovamente a Milano per esercitare il ruolo di Governatore delle Armi cui fu investito anni prima, il marchese viene coinvolto in uno scontro navale con le flotte turche.[9] Nel 1656 muore quindi lungo le coste di Maiorca, pertanto la sua collezione (di cui rimane ignota la quantità precisa di pezzi che la compongono) che intanto aveva raccolto, viene ereditata dai figli Teresa, Giuseppe e Francesco.[9]

Il re Filippo IV in segno di riconoscenza verso il valore militare cui ha prestato Giovanni Francesco, nomina il figlio Giuseppe Gentiluomo di Camera, assegna una pensione a Francesco e una dote a Teresa.[9] I tre fratelli trasferiscono, qualche anno dopo la morte del padre, la collezione d'arte a Napoli, nello storico palazzo Serra di Cassano di Pizzofalcone, dove questi vivranno abitualmente.[9]

Il lotto di acquisto del viceré conte di Peñaranda (1664)[modifica | modifica wikitesto]

Parmigianino, Ritratto di Pier Maria Rossi di San Secondo (Museo del Prado, Madrid)

Nonostante i titoli e i successi economici, nel 1664 gli eredi, nella figura del primogenito Giuseppe, per fronteggiare le ingenti spese di successione mettono in vendita una parte della collezione di Giovanni Francesco.[10] Quaranta quadri della raccolta sono pertanto messi all'asta ai migliori acquirenti.[11] Un gruppo di diciotto dipinti vengono acquistati in blocco dal viceré di Napoli Gaspar Bracamonte y Guzmán, III conte di Peñaranda, che li volle per il successivo trasferimento nelle raccolte madrilene di re Filippo IV di Spagna.[12][13] Solo poche opere sono di scuola meridionale, tra cui due caravaggesche (una di Ribera e un'altra assegnata al Caravaggio) probabilmente reperite durante i soggiorni napoletani.[4] Risultano totalmente assenti quadri di genere e le nature morte, mentre i paesaggi sono solo quattro in tutto l'inventario.[4]

Guido Reni, Atalanta e Ippomene (Museo del Prado, Madrid)

Le opere acquistate per il re spagnolo, che da lì a breve sarebbe morto, si componevano di due tele di Guido Reni, un'Atalanta e Ippomene e un Cristo portacroce (indicato come copia),[10] un Commiato del Battista di Caravaggio, una Venere e Adone di Tiziano, un'altra di Annibale Carracci, un Ritratto del conte di San Secondo Pier Maria III de' Rossi del Parmigianino, un altro della moglie Camilla Gonzaga con i tre figli assegnato in origine al Correggio, ma poi riattribuito ancora al Parmigianino, un San Bartolomeo di Correggio, un Apollo che scortica Marsia di Jusepe de Ribera, una Santa Rosalia di Antoon van Dyck, una Madonna col Bambino copia da Andrea del Sarto, la Consegna delle chiavi a san Pietro di Vincenzo Catena, il San Girolamo di Antonio Campi, la Vergine col Bambino e sant'Anna di Cesare da Sesto, la Flagellazione di Daniele Crespi, il Ritratto di Marsilio Cassotti e della sua sposa Faustina di Lorenzo Lotto, l'Ester e Assuero del Tintoretto e infine l'Erminia fra i pastori di Luigi Scaramuccia (identificabile con l'opera in deposito all'Università di Barcellona).[2][14][15]

Il prezzo sborsato dal Peñaranda per la compera dei quadri è di 14.000 ducati; cifra particolarmente importante che testimonia il successo dei pezzi raccolti dal marchese Serra, anche se molto probabilmente i più importanti erano proprio i quaranta messi all'asta e, verosimilmente, i diciotto che il viceré riuscì ad accaparrarsi per le collezioni spagnole.[16]

L'inventario dei duchi di Cassano (1740)[modifica | modifica wikitesto]

Mattia Preti, Ercole e Prometeo (Galleria nazionale di Cosenza)

Nel 1667 Carlo II eleva il titolo familiare a duchi di Serra di Cassano, di cui Giuseppe I duca. Tutti i figli erano oramai stabiliti da tempo a Napoli, tant'è che nel 1717 vengono ufficialmente aggregati alla nobiltà locale per volere del re, precisamente ascritti al seggio di Portanuova.

Seppur gravemente deteriorata dalla vendita del 1664, ciò che restava della collezione compare in un inventario del 1740, dove si registrano i beni di famiglia nel palazzo napoletano di Pizzofalcone, edificato nei primi del Settecento.[17] Si segnalano in loco ancora un cospicuo numero di quadri, alcuni certamente di provenienza della raccolta di Giovanni Francesco, come il suo Ritratto in armatura di Francesco Cairo, altre sicuramente successive, come alcune tele di Mattia Preti (Cristo e la samaritana e il Giudizio di Salomone), il San Pietro penitente di Luca Giordano e un gruppo di sei tele di Carlo Amalfi con ritratti alcuni esponenti familiari, tra cui quelle dei coniugi-cugini Giuseppe e Laura Serra (oggi tutte nel mercato d'antiquario).[17]

Giuseppe Serra di Cassano non ebbe prole, pertanto la discendenza familiare fu continuata dal secondogenito, Francesco, da cui ebbe i natali un altro Giuseppe, II duca di Cassano, e da lui Laura, III duchessa, che convoglierà a nozze con un cugino, Giuseppe Maria Serra.

Lo smembramento definitivo della collezione (1851)[modifica | modifica wikitesto]

Alessandro Tiarini, Santa Caterina d'Alessandria e il miracolo della ruota (palazzo Serra di Cassano, Napoli)

Nel 1837 un erede della linea diretta, Luigi Serra VI duca di Cassano, a causa di criticità finanziare, diede in garanzia tutti i suoi beni immobili ad Agostino Serra, VIII principe di Gerace, appartenente al ramo dei duchi di Terranova, in cambio di un prestito di 35.000 ducati.[18] L’impossibilità di ripagare il finanziamento, tuttavia, costrinse il duca di Cassano a chiederne nel 1843 la dilazione, concedendo ancora una volta in pegno tutti i quadri, i disegni e le stampe che si trovavano in suo possesso.[18]

La situazione finanziaria tuttavia non migliorò, pertanto la famiglia Serra di Cassano procedette nel 1848 ad un'offerta di vendita dei beni mobili al Real Museo Borbonico: questa comprendeva 123 dipinti, 26.384 stampe e 1.268 disegni.[18] La commissione esaminatrice decise di acquistare tutta la collezione di stampe e di disegni, mentre dei quadri furono selezionati solo quattro pezzi (una con due figure del Correggio, un'Adorazione dei pastori e un'altra dei magi di Baldassarre Peruzzi e uno studio di due teste di Rubens).[18] La restante parte dei dipinti fu prelevata quindi dal ramo Gerace, che viveva in un palazzo sito nella medesima via di quello del ramo Cassano.[18]

Palazzo Serra di Cassano a Napoli

Causa problemi finanziari che interessarono anche il Real Museo, le collezioni di disegni e di stampe persero la loro integrità venendo frazionate e comperate solo in alcuni singoli pezzi dall'istituto napoletano.[18] Nel 1851 il resto della collezione (stampe e disegni) prese dunque la strada verso uno smembramento totale e una vendita delle singole opere a svariati collezionisti europei, italiani e stranieri, soprattutto parigini e russi (medesima sorte toccherà anche ai quadri entrati in possesso dal ramo Gerace).[18]

La vendita del palazzo di Pizzofalcone (1983)[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia Serra di Cassano ha abitato il palazzo familiare sito sulla collina di Pizzofalcone a Napoli fino al 1983, quando anch'esso è stato venduto al Ministero per i beni culturali e ambientali, che lo ha destinato a sede dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.

I rimanenti sporadici pezzi della collezione non alienati nel tempo sono rimasti nelle proprietà dei vari componenti di famiglia, da quelle di Beirut tramite Maria Teresa, sposata con Alfred Sursock,[19][20][21] a quelle romane di Francesco (1914-1998), X duca di Cassano, e da loro ai loro eredi.

Elenco parziale[modifica | modifica wikitesto]

Costanzo de Moysis, San Giovanni Battista e Sant'Agostino (collezione privata, Siena)
Parmigianino, Ritratto di Camilla Gonzaga coi tre figli (Museo del Prado, Madrid)
Mattia Preti, Ercole e Teseo (Galleria nazionale di Cosenza)
Guido Reni, Cristo portacroce (Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid)

Albero genealogico degli eredi della collezione[modifica | modifica wikitesto]

Segue un sommario albero genealogico degli eredi della collezione di Giovanni Francesco Serra, dove sono evidenziati in grassetto gli esponenti della famiglia che hanno ereditato, custodito, o che comunque sono risultati influenti nelle dinamiche inerenti alla collezione d'arte. Per semplicità, il cognome Serra viene abbreviato a "S.".[30]

 Giovanni Francesco S.
(1609-1656)
 
   
 Teresa S. di Cassano
(?-1707)
Giuseppe S. di Cassano
(?-1715)
(I duca di Cassano, dapprima trasferisce la collezione a Napoli, poi assieme al fratello si occuperà della vendita della collezione paterna nel 1664, di cui diciotto opere furono comperate dal viceré di Napoli Gaspar de Bracamonte y Guzmán, III conte di Peñaranda, per le collezioni reali spagnole di Filippo IV)
Francesco S. di Cassano
(1644-1703)
(senza prole, dapprima trasferisce la collezione a Napoli, poi assieme al fratello si occuperà della vendita della collezione paterna nel 1664, di cui diciotto opere furono comperate dal viceré di Napoli Gaspar de Bracamonte y Guzmán, III conte di Peñaranda, per le collezioni reali spagnole di Filippo IV))
 
 
 Giuseppe S. di Cassano
(1693-1745)
(II duca di Cassano, l'inventario del 1740 fotografa la sua collezione nel palazzo di Pizzofalcone a Napoli)
 
 
 Laura S. di Cassano
(1723-1790)
(III duchessa di Cassano, sposata con un altro esponente del casato, il cugino Giuseppe Maria S. [1714-1763])
 
 
 Luigi S. di Cassano
(1747-1825)
(IV duca di Cassano)
 
    
 Giuseppe S. di Cassano
(1771-1837)
(V duca di Cassano)
Gennaro S. di Cassano
(1772-1779)
(fu giustiziato dal Governo nel 1799 poiché tacciato di esser rivoluzionario; a causa di questo evento il portone che dà l'affaccio al palazzo Reale rimase chiuso in segno di protesta verso i regnanti)
Francesco S. di Cassano
(1783-1850)
(cardinale)

...e altri 4 fratelli/sorelle
 
  
 Giulia S. di Cassano
(1799-1889)
Luigi S. di Cassano
(1810-1883)
(VI duca di Cassano, a causa dei dissesti finanziari sopraggiunti nell'Ottocento, la collezione viene smembrata e venduta a collezionisti europei)
 
 
 Francesco S. di Cassano
(1843-1917)
(VII duca di Cassano)
 
    
Giuseppe S. di Cassano
(1867-1918)
(VIII duca di Cassano)
Luigi S. di Cassano
(1868-1935)
(IX duca di Cassano)
 Maria Teresa S. di Cassano
(1883-1960)
(sposata con Alfred Sursock)

...e altri 14 fratelli/sorelle
  
   
 Francesco S. di Cassano
(1914-1998)
(X duca di Cassano, vende nel 1983 il palazzo di Pizzofalcone allo Stato Italiano)
Clotilde S. di Cassano
(1917-1960)
Yvonne Sursock Cochrane
(1922-2020)

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Antonio Vannugli, p. 18
  2. ^ a b Antonio Vannugli, p. 11
  3. ^ Antonio Vannugli, p. 24
  4. ^ a b c d Antonio Vannugli, p. 32
  5. ^ Antonio Vannugli, p. 35
  6. ^ Antonio Vannugli, p. 20
  7. ^ Antonio Vannugli, p. 21
  8. ^ Antonio Vannugli, p. 22
  9. ^ a b c d Antonio Vannugli, p. 25
  10. ^ a b Vicente Lleó Cañal, Casa de Pilatos, in Oxford Art Online, Oxford University Press, 2003. URL consultato l'11 aprile 2024.
  11. ^ L'inventario dei beni fornisce l'unico documento certo che descrive la collezione di Giovanni Francesco Serra. Pertanto restano ignote le altre opere che la componevano e che non facevano parte della vendita. Un successivo inventario del 1740 che descrive i beni della famiglia Serra di Cassano nel palazzo di Pizzofalcone a Napoli fornisce un ulteriore punto di riferimento per comprendere le opere che sono appartenute alla famiglia. Tuttavia dal medesimo non si comprende quali opere provengono dalla collezione di Giovanni Francesco e quali sono invece acquisite da altri successi esponenti del casato.
  12. ^ Scheda, su museodelprado.es, sito ufficiale del Museo del Prado. URL consultato il 13 novembre 2012.
  13. ^ Antonio Vannugli, p. 14
  14. ^ Antonio Vannugli, p. 13
  15. ^ Antonio Vannugli, pp. 15-17
  16. ^ Antonio Vannugli, p. 31
  17. ^ a b Antonio Vannugli, pp. 119-122
  18. ^ a b c d e f g Numero 31, 2023 – Memofonte, su memofonte.it. URL consultato il 13 aprile 2024.
  19. ^ Chiara Martine Menchetti, Artemisia Gentileschi: due Quadri Ritrovati, su Mag Arte, 10 agosto 2023. URL consultato il 13 aprile 2024.
  20. ^ Due dipinti attribuiti ad Artemisia Gentileschi risorgono dall'esplosione di Beirut del 2020, su Finestre sull'Arte. URL consultato il 13 aprile 2024.
  21. ^ Ado, Maria Maddalena di Artemisia Gentileschi, su ADO Analisi dell'opera, 29 marzo 2021. URL consultato il 13 aprile 2024.
  22. ^ L'altra versione nota autografa e coeva, comparsa nel mercato d'arte negli anni Duemila, risulta essere quella che il pittore tenne per sé nel suo studio, tant'è che figura nell'inventario redatto alla sua morte nel 1665.
  23. ^ Antonio Vannugli, p. 26
  24. ^ Diversi dipinti con questo soggetto sono presenti nel catalogo del Giordano: una in collezione privata newyorkese (60×70 cm, datata 1690), una nel Palazzo reale di Madrid e una nel Museo di Malaga (in deposito dal Prado, 68×70 cm).
  25. ^ Ascritto alla mano di Raffaello nell'inventario dei quaranta quadri messi all'asta nel 1664, non essendo stato comperato dal Peñaranda lascia desumere che l'opera fosse una copia dal pittore urbinate.
  26. ^ Antonio Vannugli, p. 37
  27. ^ Antonio Vannugli, p. 51
  28. ^ (EN) Madonna con Bambino e San Giovannino dipinto, 1550-1599, su catalogo.beniculturali.it. URL consultato l'11 aprile 2024.
  29. ^ Non può essere identificabile con la tela oggi al Prado poiché questa appartiene al museo già da prima del 1664 e fu realizzata direttamente su commessa di Filippo II. Non può essere neanche assegnabile alla versione di Roma poiché questa proverrebbe da Carlo V d'Asburgo, poi nella collezione di Cristina di Svezia, quindi di Decio Azzolino, poi di Livio Odescalchi e infine nelle raccolte Torlonia.
  30. ^ Francesco Serra, X duca di Cassano, su geni_family_tree, 26 marzo 2024. URL consultato il 13 aprile 2024.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Antonio Vannugli, La collezione Serra di Cassano, collana Arte d'Occidente, Salerno, Salerno : 10/17, 1989, ISBN 9788885651210.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]