Strage di via Medina

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Strage di via Medina
Via Medina, a Napoli, luogo dove si svolse la strage
Data11 giugno 1946
LuogoVia Medina, Napoli
StatoBandiera dell'Italia Italia
Conseguenze
Morti9
FeritiPiù di un centinaio

La strage di via Medina indica un fatto di sangue avvenuto a Napoli l'11 giugno 1946 in via Medina, nel quale morirono nove militanti monarchici e che causò un centinaio di feriti.[1]

Il contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

Il referendum istituzionale svoltosi il 2-3 giugno 1946 vide la vittoria della scelta repubblicana contro quella monarchica con più di due milioni di voti di distacco, seguita da polemiche da parte monarchica su presunti brogli. A Napoli, città con un'elevata percentuale di popolazione (circa 80%) di fede monarchica,[2] la notizia dei risultati del referendum accese gli animi e si registrarono scontri di strada fra monarchici e repubblicani.

L'avvenimento[modifica | modifica wikitesto]

La sera del 7 giugno una bomba lanciata da una mano anonima a Capodimonte, vicino alla chiesa di Sant'Antonio, colpì un gruppo di giovani monarchici reduci da una manifestazione, ferendo Ciro Martino, morto in seguito all'Ospedale degli Incurabili. Il giorno successivo si diffuse la voce, rivelatasi poi completamente infondata, di un arrivo a Napoli di Umberto II, deciso a battersi per la monarchia. La notizia agitò la città e si formò un grande corteo monarchico, che si scontrò con un blocco di ausiliari di pubblica sicurezza inviati dall'allora ministro dell'interno Giuseppe Romita per controllare la situazione.[3] Nello scontro morì, ferito alla testa, il quattordicenne Carlo Russo; la situazione non degenerò ulteriormente solo grazie all'intervento dei Carabinieri, al tempo ritenuti un'arma fedele al Re e per questo motivo accusati dal giornale socialista Avanti! di comunanza con i dimostranti.[4] L'8 giugno durante incidenti con le forze di pubblica sicurezza rimase ucciso il sedicenne Gaetano d'Alessandro.

L'11 giugno, mentre si attendeva la proclamazione ufficiale dei risultati del referendum, si ebbero in via Medina gli scontri più gravi: nella via all'epoca esisteva la sede napoletana del Partito Comunista Italiano. Quel giorno si diffuse la notizia che la sede del partito esponeva oltre alla bandiera rossa con falce e martello anche una bandiera tricolore priva dello stemma sabaudo[5]. Un corteo monarchico cercò di assaltare la sede del PCI in via Medina per cercare di togliere il tricolore esposto, ma venne bloccato da un cordone della polizia che cercava di mantenere l'ordine pubblico: la fine della giornata conteggiò nove manifestanti monarchici uccisi e una cinquantina di feriti[6][7]; tra i morti la studentessa Ida Cavalieri che, avvolta con un tricolore con la corona sabauda, fu investita da un'autoblindo delle forze dell'ordine [8][9][10].

A questi scontri partecipò anche, tra i manifestanti pro monarchia, il futuro intellettuale comunista Biagio De Giovanni, allora solo quattordicenne, che così in seguito spiegò la sua partecipazione: «Già leggevo Hegel - ero monarchico perché credevo all'unità dello Stato. (...) Scappai quando la situazione s'incanaglì»[11].

La notte del 12 giugno il governo si riunì su convocazione di Alcide De Gasperi. Costui aveva ricevuto in giornata una comunicazione scritta dal Quirinale, nella quale il re si dichiarava intenzionato a rispettare il responso degli elettori votanti, secondo quanto stabilito dal decreto di indizione del referendum[12], aggiungendo che avrebbe atteso il giudizio definitivo della Corte di cassazione, secondo quanto stabilito dalla legge. La lettera, che sollevava la questione del raggiungimento del quorum dei votanti, suscitò le preoccupazioni dei ministri intenzionati alla proclamazione immediata della repubblica (secondo la celebre frase del leader socialista Pietro Nenni: «o la repubblica o il caos!»), mentre, nello stesso tempo, era necessario far fronte alle crescenti proteste dei monarchici, come quelle represse sanguinosamente il giorno prima a Napoli. Lo stesso 12 giugno una nuova manifestazione monarchica venne dispersa violentemente[13]. Il giorno successivo re Umberto II lasciò l'Italia, andando in esilio in Portogallo.

Le vittime[modifica | modifica wikitesto]

Questo l'elenco delle vittime degli scontri:[14]

  • Ida Cavalieri (19 anni)
  • Vincenzo Di Guida (20 anni);
  • Gaetano D'Alessandro (16 anni);
  • Mario Fioretti (21 anni);
  • Michele Pappalardo (22 anni);
  • Francesco D'Azzo (21 anni);
  • Guido Beninati;
  • Felice Chirico;
  • Carlo Russo (14 anni);
  • Ciro Martino.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Marco Demarco, L'altra metà della storia: spunti e riflessioni su Napoli da Lauro a Bassolino, Guida Editori, 2007, p. 29.
  2. ^ Su 1.145.624 voti validi, 903.651 (79%) furono monarchici e 241.973 repubblicani (21%). Vedi pag 234 Dati Istat, in Franco Malnati, La grande frode. Come l'Italia fu fatta Repubblica, Bastogi Collana De Monarchica, Bari, 1998.
  3. ^ U.M.I. - Unione Monarchica Italiana - Napoli: i fatti di via Medina Archiviato il 7 marzo 2012 in Internet Archive.
  4. ^ Un corteo di 100 mila persone percorre le vie di Napoli, su monarchia.it. URL consultato il 5 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  5. ^ Secondo alcune fonti nello spazio bianco era presente l'immagine dell'Italia turrita, il simbolo repubblicano usato nelle schede referendarie
  6. ^ Cfr. Marco Demarco, 2007, p. 29
  7. ^ Gli scontri di Napoli Archiviato il 7 marzo 2012 in Internet Archive.
  8. ^ Il fermento popolare a Napoli aumentato per le sanguinose repressioni[collegamento interrotto]
  9. ^ Copia archiviata, su monarchia.it. URL consultato il 5 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 20 gennaio 2012).
  10. ^ Copia archiviata, su monarchia.it. URL consultato il 5 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 20 gennaio 2012). estratto dal libro di Demarco pagg. 29-30-31]; Dino Messina, 2 giugno 1946, La battaglia per la Repubblica, Corriere della Sera-RCS Mondadori, p.11, 2016, ISSN 1825-0637
  11. ^ Antonio Carioti I dimostranti monarchici abbattuti dalla mitraglia Archiviato il 7 marzo 2012 in Internet Archive.
  12. ^ Decreto Legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98
  13. ^ Aldo A. Mola, Declino e crollo della Monarchia in Italia, Mondadori, 2008, p. 106.
  14. ^ Federico Gennaccari, Italia tricolore, Fergen, Roma, 2006, pagina 21.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • E. Clerici, Le giornate della fedeltà monarchica (6-11 giugno 1946), Milano, Gastaldi editore, 1971.
  • C. A. Del Papa, La repubblica nasce nel sangue, Napoli, Tribuna Politica editore, 1997.
  • Marco Demarco, L'altra metà della storia: spunti e riflessioni su Napoli da Lauro a Bassolino, Guida Editori, 2007.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]