Papillifera papillaris

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Papillifera papillaris
Conchiglia di una P. papillaris
(scala in millimetri)
Stato di conservazione
Specie non valutata
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumMollusca
ClasseGastropoda
SottoclasseHeterobranchia
InfraclasseEuthyneura
SubterclasseTectipleura
SuperordineEupulmonata
OrdineStylommatophora
SottordineHelicina
InfraordineClausilioidei
SuperfamigliaClausilioidea
FamigliaClausiliidae
SottofamigliaAlopiinae
TribùDelimini
GenerePapillifera
SpecieP. papillaris
Nomenclatura binomiale
Papillifera papillaris
(O.F. Müller, 1774)
Sinonimi

Clausilia papillaris
(O. F. Müller, 1774)[1]
Papillifera bidens
(Linnaeus, 1758)

Papillifera papillaris (O.F. Müller, 1774) è un mollusco gasteropode della famiglia Clausiliidae.[2]

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome della specie significa letteralmente "portatrice di papule" e fa riferimento alle minuscole zigrinature che sono presenti sulla conchiglia di questa specie in corrispondenza delle linee di sutura della spirale.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il guscio di questa specie di molluschi presenta la spirale orientata verso sinistra e molto ritorta, con mediamente 10-11 circonvoluzioni totali[3].

La larghezza della conchiglia varia fra i 3.2 e i 3.8 mm, mentre la sua lunghezza oscilla solitamente fra i 12 e i 15 mm[3].

Comportamento[modifica | modifica wikitesto]

È piuttosto difficile osservare esemplari di questa specie in attività[4].

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Nella maggior parte dei casi, gli esemplari della specie vivono su rocce calcaree, e spesso possono essere rinvenuti in prossimità delle coste[3]. È inoltre attestata la loro adattabilità alla sopravvivenza in aree urbane[4].

L'area nativa di questa specie è quella mediterranea; i suoi luoghi d'origine sono nello specifico solo la penisola italiana, la Sardegna, la Sicilia e la Corsica[5].

Col tempo la specie ha trovato un ampio bacino di diffusione in tutta l'area mediterranea, comprese le Baleari, il sud della Francia e le coste dell'Albania, della Croazia e della Turchia (dove la presenza della specie è attestata dal 330 a.C.). È inoltre attestata la sua presenza sull'isola di Malta[4].

Nel 2004 la presenza di una piccola colonia di Papillifera papillaris è stata attestata nella residenza di Cliveden, nel Buckinghamshire; si pensa che possa essere stata importata casualmente dall'Italia, in particolare da una balaustra marmorea creata a Roma ed utilizzata per ornare la villa, sulla quale sono stati trovati i molluschi[6].

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

La specie fu descritta da Linneo con il nome di Turbo bidens nel 1758 ma studi successivi hanno appurato che il riferimento utilizzato dal naturalista svedese per la sua descrizione era errato[7]. Nel 2007 una decisione della Commissione internazionale sulla nomenclatura zoologica ha ritenuto opportuno parificare la descrizione di Papillifera papillaris con Papillifera bidens, nome parimenti utilizzato da Linneo per riferirsi alla specie[8].

Sottospecie[modifica | modifica wikitesto]

La specie include le seguenti sottospecie[1]:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) Papillifera papillaris, in WoRMS (World Register of Marine Species). URL consultato il 7 agosto 2020.
  2. ^ (EN) MolluscaBase eds. 2020, Papillifera papillaris, in WoRMS (World Register of Marine Species). URL consultato il 13 novembre 2019.
  3. ^ a b c (DE) M. P. Kerney, Schnecken des mediterranen Frankreichs, Hamburg, Verlag Paul Parey, 1983, p. 297, ISBN 3-490-17918-8.
  4. ^ a b c (EN) S. Mifsud, Papillifera papillaris, su maltawildplants.com. URL consultato il 29 agosto 2018.
  5. ^ (EN) Species summary for Papillifera bidens, su animalbase.uni-goettingen.de. URL consultato il 29 agosto 2018.
  6. ^ (EN) R Black, Snail hides from march of history, in BBC.co.uk, 21 agosto 2008. URL consultato il 29 agosto 2018.
  7. ^ (EN) Turbo bidens (Linnaeus 1758), su animalbase.uni-goettingen.de. URL consultato il 29 agosto 2018.
  8. ^ (EN) Papillifera bidens (Linnaeus 1758), su animalbase.uni-goettingen.de. URL consultato il 29 agosto 2018.

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