Hallerieae

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Hallerieae
Halleria lucida
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Eudicotiledoni
(clade)Eudicotiledoni centrali
(clade)Asteridi
(clade)Euasteridi I
OrdineLamiales
FamigliaStilbaceae
TribùHallerieae
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
SottoregnoTracheobionta
SuperdivisioneSpermatophyta
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
SottoclasseAsteridae
OrdineScrophulariales
FamigliaScrophulariaceae
TribùHallerieae
G. Don, 1838
Generi

Hallerieae G. Don, 1838 è una tribù di piante spermatofite, dicotiledoni appartenenti alla famiglia delle Stilbaceae.[1][2]

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome della tribù deriva dal suo genere tipo Halleria L., 1753 il cui nome è stato dato in onore del medico, poeta, professore di Gottinga e membro fondatore della Accademia reale svedese delle scienze Albrecht von Haller (1708-77).[3]

Il nome scientifico della tribù è stato definito dal botanico scozzese George Don (Forfar, 17 maggio 1798 – Kensington, 25 febbraio 1856) nella pubblicazione "A General History of the Dichlamydeous Plants - 4: 503, 617" del 1838.[4]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il portamento
Halleria elliptica
Le foglie
Halleria elliptica
Infiorescenza
Halleria elliptica
I fiori
Halleria lucida
  • Formula fiorale. Per la famiglia di queste piante viene indicata la seguente formula fiorale:
X/* K (4-5), [C (4-5) A 2+2 o 5], G (2), supero, capsula.[5]
  • Il calice, subruotato a forma campanulata, è gamosepalo e subattinomorfo formato da 3 - 5 lobi (normalmente 4). I lobi formano una coppa e sono patenti. In Charadrophila il calice è bilabiato con lobi stretti e subuguali.
  • La corolla, tubulare-campanulata (gamopetala), bilabiata (subattinomorfa - le labbra sono appena distinguibili), termina con 4 - 5 lobi. Il tubo è diritto o incurvato, piatto nella parte apicale. Il colore è rosso, arancio o blu (bianco nella gola).
  • L'androceo è formato da 4 stami sporgenti (inclusi in Charadrophila). Talvolta è presente uno staminoide. Gli stami sono adnati alla base del tubo della corolla. I filamenti sono liberi, lunghi o corti. Le antere sono biloculari (a due teche). Le teche sono uguali e confluenti a maturità. La deiscenza è longitudinale.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

  • Impollinazione: l'impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama) ma anche tramite uccelli (impollinazione ornitogama).[5]
  • Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
  • Dispersione: i semi cadendo (dopo aver eventualmente percorso alcuni metri a causa del vento - dispersione anemocora) a terra sono dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria).

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

La distribuzione delle specie di questo gruppo è soprattutto sudafricana con habitat da tropicali a subtropicali.

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia di appartenenza della tribù (Stilbaceae) comprendente tre tribù con una dozzina di generi e circa 40 specie[2][5][6] solamente dopo gli studi condotti dal gruppo APG è stata elevata definitivamente al rango tassonomico di famiglia.

Filogenesi[modifica | modifica wikitesto]

La circoscrizione attuale di questa tribù è di recente formazione. Il genere Charadrophila in passato è stato descritto all'interno della famiglia Gesneriaceae, mentre ultimamente era stato collocato nelle Scrophulariaceae (tribù Alonsoeae Barringer; ora obsoleta). Il genere Halleria provvisoriamente era stato inserito nella tribù Bowkerieae Barringer.[5] Da un punto di vista filogenetico i due generi formano un "gruppo fratello" e sono "basali" per la famiglia.[1]

Composizione della tribù[modifica | modifica wikitesto]

La tribù si compone di 2 generi e 5 specie:[2][5][6]

Genere Specie Distribuzione
Charadrophila
Marloth, 1899
Una specie:
Charadrophila capensis Marloth
Sudafrica
Halleria
L., 1753
4 Sudafrica e Madagascar

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b KORN 2004, pag. 17.
  2. ^ a b c Olmstead 2012.
  3. ^ David Gledhill 2008, pag. 189.
  4. ^ Indices Nominum Supragenericorum Plantarum Vascularium, su plantsystematics.org. URL consultato il 3 novembre 2017.
  5. ^ a b c d e f Kadereit 2004, pag. 427.
  6. ^ a b Angiosperm Phylogeny Website, su mobot.org. URL consultato il 26 ottobre 2017.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]