Esperimento del caffè di Gustavo III di Svezia

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Gustavo III di Svezia (1746–1792) era determinato a provare scientificamente gli effetti negativi del consumo di caffè sulla salute.

L'esperimento del caffè di Gustavo III di Svezia fu un esperimento condotto nel XVIII secolo su due gemelli e ordinato dal re svedese per studiare gli effetti del caffè sulla salute umana. Anche se alcuni ritengono dubbia l'autenticità dell'esperimento in questione,[1] la prova non riuscì a dimostrare che il caffè fosse una bevanda pericolosa.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il caffè venne importato in Svezia per la prima volta intorno all'anno 1674[1] e il suo consumo rimase basso fino all'inizio del XVIII secolo, quando divenne di moda tra le classi benestanti.[2][3] Nel 1746 fu emanato un editto reale contro il consumo di caffè e per contrastarne gli abusi e gli eccessi.[2] Furono imposte tasse elevate sul consumo di questi prodotti e il mancato pagamento della tassa sulla sostanza comportava multe e la confisca di tazze e piattini.[2][4]

Successivamente in Svezia il caffè venne completamente vietato; ciononostante il suo consumo continuò.[2] Re Gustavo III, che considerava il consumo di caffè una minaccia per la salute pubblica ed era determinato a dimostrarne gli effetti negativi sulla salute, ordinò l'esecuzione di un esperimento medico.[3]

L'esperimento[modifica | modifica wikitesto]

Il re ordinò che l'esperimento fosse condotto coinvolgendo due gemelli identici che si trovavano in prigione in attesa dell'esecuzione della condanna a morte per i crimini commessi. Entrambe le loro pene vennero commutate nell'imprigionamento a vita a condizione che per il resto della loro vita uno dei due bevesse tre tazze di caffè al giorno[1], mentre l'altro avrebbe bevuto la stessa quantità di tè.[5] Due medici furono nominati per supervisionare l'esperimento e riferirne il risultato al re.[6]

Tuttavia entrambi i medici morirono, presumibilmente per cause naturali, prima che l'esperimento fosse completato.[5] Anche Gustavo III morì prima di vedere l'esito finale del suo esperimento: venne infatti assassinato il 16 marzo 1792 da un gruppo di cospiratori durante un ballo in maschera al teatro dell'opera di Stoccolma. A ogni modo tra i due gemelli quello che bevve tè fu il primo a morire all'età di 83 anni, mentre la data di morte del fratello non è nota.[7]

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1794 il governo cercò ancora una volta di imporre un divieto sul consumo di caffè. Questo venne rinnovato più volte fino al 1820, senza riuscire mai a eliminarne il consumo.[2] Una volta abolito il divieto, il caffè tornò a essere una bevanda molto popolare in Svezia che da allora è uno dei paesi con il più alto consumo di caffè pro capite al mondo.[5] L'esperimento è scherzosamente definito come il primo studio clinico svedese.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Coffee – rat poison or miracle medicine?, su linnaeus.uu.se, Uppsala University. URL consultato il 6 febbraio 2012.
  2. ^ a b c d e Bennett Alan Weinberg e Bonnie K. Bealer, The world of caffeine: the science and culture of the world's most popular drug, Psychology Press, 2001, pp. 92–3, ISBN 978-0-415-92722-2. URL consultato il 9 febbraio 2012.
  3. ^ a b (SV) Kaianders Sempler, Gustav IIIs odödliga kaffeexperiment [Gustav III's immortal coffee experiment], su nyteknik.se, Ny Teknik, 15 marzo 2006. URL consultato il 6 febbraio 2012 (archiviato dall'url originale il 1º ottobre 2012).
  4. ^ Bennet A. Weinberg e Bonnie K. Bealer, La Svezia si arrende al caffè, in Tè, caffè, cioccolata. I mondi della caffeina tra storie e culture, Donzelli Editore, 2009, p. 104.
  5. ^ a b c Alan Crozier, Hiroshi Ashihara e Francisco Tomás-Barbéran, Teas, Cocoa and Coffee: Plant Secondary Metabolites and Health, John Wiley & Sons, 26 settembre 2011, p. 21, ISBN 978-1-4443-4706-7. URL consultato il 9 febbraio 2012.
  6. ^ Alon Y. Halevy, The Infinite Emotions of Coffee, Macchiatone Communications, 8 dicembre 2011, p. 77, ISBN 978-0-9847715-1-6. URL consultato il 9 febbraio 2012.
  7. ^ (DE) Sebastian Herrmann, Die Wunderbohne [The amazing bean], Spiegel Online, 11 marzo 2006. URL consultato il 6 febbraio 2012.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]