Vittorio Tavernari

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Vittorio Tavernari (Milano, 28 settembre 1919Varese, 29 ottobre 1987) è stato uno scultore e pittore italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Vittorio Tavernari nacque a Milano il 28 settembre 1919, ultimo di quattro figli, dal pittore Giovanni Tavernari e da Ester Agnelli.[1]

Studiò scultura a Milano dal 1935 al 1938 nella scuola di Francesco Wildt, figlio dello scultore Adolfo, dove iniziò a frequentare gli artisti Carmelo Cappello, Bruno Cassinari, Umberto Milani ed Ernesto Treccani. Durante il servizio militare (1939-1943) tra Como e Varese, intrattenne rapporti con i principali esponenti del razionalismo italiano, quali Cesare Cattaneo, Pietro Lingeri e Giuseppe Terragni. Nel 1942 prese parte a Como alla Mostra degli artisti alle armi presso il palazzo del Broletto[1] e nel 1943 si stabilì a Canzo, dove ebbe modo di frequentare gli astrattisti comaschi (in particolare Mario Radice e Manlio Rho), Ennio Morlotti e il futuro scrittore Piero Chiara, di cui divenne amico[2].

Sposatosi con la violinista Piera Regazzoni nel 1944, da cui ebbe due figli, Giovanni e Carla,[3] si stabilì a Varese, dove la propria abitazione divenne ben presto ritrovo di intellettuali, musicisti e artisti. Protagonista del dibattito artistico lombardo, soprattutto sulla questione del realismo, nel 1945 fu tra i fondatori della rivista d'arte «Numero», e l'anno successivo fu tra i firmatari del Manifesto del realismo, conosciuto comunemente come Oltre Guernica. Contemporaneamente iniziò la collaborazione con il giornale comunista «L'Ordine Nuovo», scrivendo articoli in materia di arte.[1]

Nel 1948 tenne la sua prima mostra personale presso la galleria del Camino di Milano, cui seguì, nel 1951, la mostra sulle sue opere astratte alla galleria del Milione. Tra le sue opere astratte più significative, si ricordano i Totem, la Scultura per il sole (1948), la Scultura per l'isola d'Elba (1949) e il Nudo femminile sdraiato (1951). Ottenne inoltre la medaglia d'argento alla IX Triennale di Milano, grazie all'opera in gesso Grande forma antropomorfa; espose inoltre manufatti di design e mobilio in legno realizzati insieme all'architetto Ico Parisi.[1]

Morì a Varese il 29 ottobre 1987.[1]

Archivio[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la sua morte, per volontà della moglie Piera, venne fondato a Varese l'Archivio Vittorio Tavernari, poi gestito dalla figlia Carla, al fine di poter raccogliere e rendere disponibile per la consultazione la produzione dell'artista, oltre a lettere e scritti e tutta la bibliografia conosciuta.[3] Il 27 aprile 2024 il MA*GA di Gallarate annuncia durante un evento[4] l'acquisizione dell'intero archivio Tavernari, avvenuta con il finanziamento della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura attraverso il bando PAC - Piano per l'Arte Contemporanea - 2023[5], vinto dal Museo MA*GA.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • AA.VV. (a cura di), Catalogo della IIIª Mostra provinciale del Sindacato Fascista Belle Arti, Milano, Palazzo della Permanente, 1941.
  • S. Foiadelli, Presentazione della mostra Selvini – Tavernari, Varese, 1941.
  • R. Tassi, Vita originaria nell'arte di Tavernari, in «Libera Stampa», 17 agosto 1960.
  • M. Radice, L'amore per l'arte, in «Corriere della Provincia», 28 agosto 1972.
  • Tavernari Vittorio, in La nuova enciclopedia dell'arte Garzanti, Garzanti, Milano, 1986, ad vocem.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN89622060 · ISNI (EN0000 0001 1856 4507 · SBN RAVV063673 · BAV 495/286126 · ULAN (EN500057708 · LCCN (ENn85323870 · GND (DE120393719 · BNF (FRcb12457490r (data) · CONOR.SI (SL189408867 · WorldCat Identities (ENlccn-n85323870