Vittorio Ruggero

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Vittorio Ruggero
NascitaCatanzaro, 5 marzo 1890
Morte?
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
CorpoBersaglieri
Anni di servizio1909 - 1945
GradoGenerale di divisione
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
Guerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
CampagneFronte italiano (1915-1918)
Campagna italiana di Grecia
BattaglieOffensiva etiope di Natale
Battaglia delle Alpi Occidentali
Comandante di58ª Divisione fanteria "Legnano"
22ª Divisione fanteria "Cacciatori delle Alpi"
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena
Fonti citate nel corpo del testo
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Vittorio Ruggero (Catanzaro, 5 marzo 1890 – ...) è stato un generale italiano veterano della guerra italo-turca, della prima guerra mondiale, della guerra d'Etiopia e della seconda guerra mondiale.

Decorato con tre medaglie di bronzo al valor militare negli anni 1910, fu poi assegnato in forza al Regio corpo truppe coloniali d'Eritrea e ricoprì il ruolo di Addetto militare ad Addis Abeba prima dello scoppio delle ostilità nell'ottobre del 1935: effettuò una prima valutazione dello stato delle forze armate etiopi che fu utile allo stato maggiore del Regio Esercito. Durante la guerra ricoprì il ruolo di Capo dell'ufficio politico presso il Comando superiore A.O.I. distinguendosi durante gli scontri a Macallè e nella conquista di Sardò (per le quali azioni fu insignito del titolo di Ufficiale dell'Ordine militare di Savoia). Nei giorni seguenti la proclamazione dell'armistizio dell'8 settembre 1943 fu tra i principali responsabili della consegna di Milano ai tedeschi, senza tentare una qualche opposizione.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Catanzaro il 5 marzo 1890,[1] figlio di Giuseppe. Nel 1906 divenne allievo dell'Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena, da cui uscì con il grado di sottotenente assegnato all'arma di fanteria, corpo dei Bersaglieri, il 19 settembre 1909.

Partecipò alla guerra italo-turca e poi alla prima guerra mondiale nei gradi da tenente a maggiore e, al termine del conflitto mondiale, risultava decorato con tre Medaglie di bronzo al valor militare. Assegnato al Regio corpo truppe coloniali d'Eritrea fu addetto militare ad Addis Abeba,[2] e tra il 1935 e il 1936 partecipò alla guerra d'Etiopia quale colonnello (anzianità 29 agosto 1933). Nominato Capo dell'ufficio politico presso il Comando superiore A.O.I. si distinse durante gli scontri su Macallè,[N 1] e poi nella conquista di Sardò (11 marzo 1936). Per questi fatti il 9 luglio fu insignito a Roma del titolo di Ufficiale dell'Ordine militare di Savoia.

Rientrato in Italia ricoprì il posto di comandante del 71º Reggimento fanteria "Puglie", di capo di stato maggiore della 1ª Divisione celere "Eugenio di Savoia" e di capo di stato maggiore del Gruppo d'armate sud, nel triennio 1937-1939. Il 1º gennaio 1940 fu promosso generale di brigata e un anno esatto più tardi rimpiazzò il generale Edoardo Scala al comando della 58ª Divisione fanteria "Legnano",[1] con cui operò sul fronte greco-albanese: dovette tuttavia essere ospedalizzato quasi subito a causa della frattura di una gamba provocata dalla caduta di un mulo, che travolse il 25 gennaio 1941 il mezzo su cui viaggiava. Al suo posto fu nominato il generale Amedeo De Cia. Ritornato in servizio e promosso generale di divisione (con anzianità 1º gennaio 1942), comandò la 22ª Divisione fanteria "Cacciatori delle Alpi", impegnata in Jugoslavia, dal 15 giugno 1942 sino al 29 luglio 1943,[1] venendo decorato con la quarta Medaglia di bronzo al valor militare.

Rientrato in Italia divenne comandante della difesa territoriale di Milano,[3] dove lo colse la proclamazione dell'armistizio dell'8 settembre 1943.[4] L'indomani mattina ricevette presso la sede del comando di piazza, in via Brera, una delegazione del Comitato di Liberazione Nazionale tra cui vi erano Girolamo Li Causi e Leopoldo Gasparotto.[3] Quest'ultimo chiese insistentemente che fossero distribuite le armi alla popolazione e alla neocostituita Guardia nazionale al fine di difendersi dalla certa reazione tedesca.[4] Timoroso delle ritorsioni tedesche, fu indotto dalla situazione a un atteggiamento passivo, limitandosi a generiche promesse, influenzato dall'arrivo del tenente colonnello dei Carabinieri Candeloro De Leo presentatosi quale emissario del Comando supremo.[N 2] che lo convinse ad attendere lo svilupparsi degli eventi.[N 3][4] Dopo aver preso accordi con le autorità militari tedesche rappresentate dallo Standartenführer Albert Frey, della 1. SS-Panzer-Division "Leibstandarte SS Adolf Hitler" consegnò loro la città il 12 settembre, senza opporre resistenza e tra la disperazione dei partigiani.[4] Fu catturato quello stesso giorno e in seguito internato in Polonia, campo 64/Z di Schokken, rimanendovi fino al maggio 1945, quando fu infine rimpatriato.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Ufficiale dell'Ordine Militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
— Regio Decreto 9 luglio 1936[5]
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Alla testa del suo reparto entrava nella trincea nemica sotto l'infuriare del fuoco, e vi manteneva saldamente, contribuendo col suo fermo contegno e col suo valore a respingere, nelle due notti successive, vari contrattacchi nemici. Carso, 2-4 novembre 1915
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Durante un periodo di azioni della divisione, con quotidiane ricognizioni, sia di giorno, sia di notte, sulle prime linee ed oltre di esse, incurante di ogni pericolo, con perizia, coraggio e vero entusiasmo, seppe fornire costantemente al comando le più precise informazioni. Vertojba, 26 aprile-29 maggio 1917
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Addetto al comando di una divisione, durante la ricognizione di un tratto della fronte di particolare importanza, e mentre ferveva l'azione, prestava volontariamente la sua valida opera. In un momento difficile, accorso in linea, vi assumeva il comando di truppe, dando mirabile esempio di ardimento e di alta coscienza del dovere e rimanendovi finché ogni pericolo fu scongiurato. Coadiuvava in seguito, su di un terreno insidioso, il comandante dei reparti, per la ricerca d'importanti collegamenti. Vertojba Inferiore-Raccogliano, 21 agosto 1917
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di divisione la guidava in un lungo ciclo operativo contro numerose bande ribelli, con passione ed entusiasmo, infondendo nei suoi reparti il suo spirito aggressivo e la sua combattività. Partecipava direttamente e ripetutamente ai combattimenti, animando le truppe con la continua ed efficace sua presenza dimostrando sempre coraggio ed indiscussa capacità di comandante. Slovenia (Balcania), 6 luglio-4 novembre 1942

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Lo storico Angelo Del Boca lo definì «l'uomo della sovversione, il miglior conoscitore del pianeta Etiopia».
  2. ^ Candeloro De Leo era un dirigente del Servizio informazioni militare e vantava contatti col capo di stato maggiore del Regio Esercito, generale Vittorio Ambrosio.
  3. ^ Il comportamento di De Leo si spiega con la sua immediata adesione alla Repubblica Sociale Italiana, divenendone direttore del Servizio informazione militare.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Generals.
  2. ^ Vento 2010, p. 183.
  3. ^ a b Boneschi, Savino, Boneschi 2008, p. 58.
  4. ^ a b c d ANPI Lissone.
  5. ^ Quirinale - Scheda - visto 30 luglio 2019

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mario Boneschi, Elena Savino e Barbara Boneschi, L'occhio del testimone, Milano, Franco Angeli Editore, 2008, ISBN 8-84649-060-6.
  • (EN) Philip S. Jowett e Stephen Andrew, The Italian Army Vol.1, Botley, Osprey Publishing Company, 2000, ISBN 1-78159-181-4.
  • (EN) Charles D. Pettibone, The Organization and Order of Battle of Militaries in World War II Volume VI Italy and France Including the Neutral Countries of San Marino, Vatican City (Holy See), Andorra, and Monaco, Trafford Publishing, 2010, ISBN 1-4269-4633-3.
  • Pierluigi Romeo Di Colloredo, Passo Uarieu: Le Termopili delle camicie nere in Etiopia, Italia Storica E-Book, 2015, ISBN 8-89327-005-6.
  • Andrea Vento, In silenzio gioite e soffrite. Storia dei servizi segreti italiani dal risorgimento alla guerra fredda, Milano, Il Saggiatore, 2010, ISBN 88-428-1604-3.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]