Vezio Orazi

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Vezio Orazi
NascitaRoma, 1 novembre 1904
MorteErvenico, 26 maggio 1942
Cause della mortecaduto in combattimento
Luogo di sepolturacimitero del Verano
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale
CorpoBersaglieri
Anni di servizio1935-1942
Gradocapitano
console
GuerreGuerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
CampagneCampagna italiana di Grecia
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Aeronautica di Caserta
dati tratti da 26 maggio 1942, la morte del prefetto di Zara[1]
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Vezio Orazi (Roma, 1º novembre 1904Ervenico, 26 maggio 1942) è stato un militare e prefetto italiano, decorato di Medaglia d'oro al valor civile alla memoria nel corso della seconda guerra mondiale.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Roma il 1 novembre 1904, figlio di Vittorio.[2] Nella stagione calcistica 1920-1921, dopo aver precedentemente militato nella squadra Boys, entra a far parte della prima squadra della SS Lazio e insieme al fratello Spartaco Orazi.[1] I due cominciano a far coppia fissa sulla linea mediana biancoceleste, ma la sua carriera calcistica di livello si concluse nel 1923. Iscritto al Fascio di Roma del Partito Nazionale Fascista dal 14 aprile 1922, squadrista, partecipò alla marcia su Roma.[2] Nella stagione 1925-1926, per un breve periodo, fu anche allenatore della SS Lazio.[1]

Laureatosi in legge nel 1927 organizzò il Primo Congresso Universitario Internazionale di Sport, e nel 1928 fu nominato segretario dei Gruppi Universitari Fascisti (GUF). Insieme al fratello scese in campo fino ai primi anni trenta del XX secolo in varie squadre minori romane tra le quali l'Appio-Metronia e formazioni di "Gentlemen".[1] Dirigente dell'Ufficio Estero dei GUF, fondatore della Coorte Universitaria della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, Segretario Federale dell'Urbe (novembre 1933 - novembre 1936),[2] dopo lo scoppio della guerra d'Etiopia il 26 marzo 1936 partì volontario per l'Africa Orientale come tenente del 3º Reggimento bersaglieri.[1]

Partecipò alla marcia su Addis Abeba nel maggio dello stesso anno.[2] E dopo l'occupazione della Capitale fu primo Federale (segretario del Fascio) di Addis Abeba.[1] Rientrato a Roma tre mesi dopo, fu nominato prefetto di 2ª classe il 16 novembre 1936 assumendo l'incarico a Cuneo, dove rimase sino al maggio 1937 quando fu nominato prefetto a Gorizia (maggio 1937-marzo 1939).[2] A disposizione con l'incarico di Direttore generale per la Cinematografia presso il Ministero della cultura popolare (marzo 1939-giugno 1941) fu promosso prefetto di 1ª classe il 21 agosto 1939.[2] Dal giugno 1940 in posizione di fuori ruolo.[2]

Promosso capitano, dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 10 giugno 1940, a partire dall'ottobre dello stesso anno partecipò alla Campagna italiana di Grecia.[3] Presidente dell'E.N.I.C. (gennaio 1940-ottobre 1941), a disposizione e incaricato di esercitare le funzioni ispettive (giugno-ottobre 1941).[4] Nell'ottobre 1941 fu nominato prefetto di Zara, dove iniziò una dura repressione del movimento partigiano.[4] Venne ucciso in una imboscata allestita dal primo plotone del battaglione partigiano "Bude Borjan" comandato da Slobodan Macura Bondo.[3]

Insieme al lui perirono l'ufficiale dei carabinieri, capitano Umberto Bonassisi comandante della compagnia di Zara, il segretario del prefetto, tenente del Regio Esercito Giacinto Trupiano e tre soldati Michele Sampanella, Dino Cialdi e Arnaldo Zoppi.[1][3] Il mattino di quel giorno il prefetto decise di compiere un giro di ispezione nella parte orientale della provincia, interessata nei giorni precedenti da durissimi scontri tra i soldati italiani e i partigiani jugoslavi.[3] Il prefetto salì a bordo di un’automobile condotta dal brigadiere di Pubblica sicurezza Pietro Bardelloni e sulla quale salirono due ufficiali dei Carabinieri ed il segretario del prefetto.[3] Durante il giro d'ispezione il prefetto, insieme al segretario e alla scorta, raggiunsero il presidio militare di Ervenico, da cui ripartirono poco dopo le 13:00 insieme a una scorta composta da due autocarri con a bordo una dozzina di soldati.[1]

Il convoglio percorse un breve tratto di strada, quando l'automobile, che procedeva in testa al convoglio, raggiunto un punto dove la strada si restringeva fu colpita dal fuoco dei partigiani. Il brigadiere Bardelloni rimase subito ucciso mentre si trovava al posto di guida, mentre il prefetto, il suo segretario, il capitano dei carabinieri, il segretario del prefetto e l'ufficiale e i tre soldati rimasero uccisi nel corso della seguente violentissima sparatoria.[3] Come rappresaglia per la sua morte, un distaccamento di circa 300 soldati al comando del maggiore Capelli composto dalla 107ª Compagnia mitraglieri, dalla 107ª Legione CC.NN. “Cairoli”, da una sezione lanciafiamme supportato da 3 aerei lasciò Zara verso l'area di Bukovica.[3]

Il 29 maggio i soldati presero 11 persone da Mokro Polje che furono rinchiuse nella prigione di Kistanje come sostenitori partigiani e giustiziati senza processo.[3] Il giorno seguente circa 20 case sono state bruciate nel villaggio di Maibrade bruciando vivi due persone e un altro bambino.[3] Ulteriori crimini si verificati quando, dopo aver perquisito villaggi e frazioni, 30 persone vennero giustiziate, furono bruciate 80 case e prese 200 pecore, 50 bovini e 30 capre.[3] I funerali solenni del Prefetto si tennero nella Basilica di Santa Maria degli Angeli il 16 giugno 1942, e la salma fu poi tumulata nel cimitero del Verano. Fu insignito della Medaglia d'oro al valor civile.[1]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor civile - nastrino per uniforme ordinaria
«Verificatisi entro i nuovi confini atti di brigantaggio e di ribellione, si recava, quasi giornalmente, nei luoghi più pericolosi, onde coordinare ed intensificare l'azione degli organi di polizia, in stretta cooperazione con le Forze Armate dello Stato. Già provato al fuoco in un conflitto durante il quale veniva ucciso un ribelle ed altri tre venivano fatti prigionieri, sorpreso in un agguato, durante il suo ritorno a Zara, sosteneva con animo intrepido, insieme a pochi valorosi, un aspro conflitto, durante il quale più volte colpito, perdeva la vita. Chiudeva così eroicamente la sua esistenza spesa tutta per la grandezza della Patria. Erbenico - Zara, 26 maggio 1942-XX
Grande Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Commendatore dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]


Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i Italiani in guerra.
  2. ^ a b c d e f g Cifelli 1999, p. 197.
  3. ^ a b c d e f g h i j Vojska.
  4. ^ a b Cifelli 1999, p. 198.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giuseppe Bottai, Commemorazione di Vezio Orazi, Roma, Federazione dei Fasci da Combattimento dell'Urbe, 1942.
  • Alberto Cifelli, I prefetti del Regno nel Ventennio Fascista (PDF), Roma, Scuola Superiore dell'Amministrazione dell'Interno, 1999.
  • Lorenzo Pera, Squadrismo in grigioverde. I battaglioni squadristi nell'occupazione, Pistoia, Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea in Provincia di Pistoia, 2018.
  • Oddone Talpo, Dalmazia – una cronaca per la storia, Roma, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, 1990.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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