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Parco di San Giovanni

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Il Parco culturale di San Giovanni, pilota in Italia nella ricerca sui servizi di salute mentale[1], nasce nell'omonimo rione di Trieste nel 1977 a seguito dell'annuncio della chiusura dell'Ospedale Psichiatrico Provinciale.

Oggi il parco è gestito dall'azienda sanitaria locale e oltre al caratteristico roseto, ospita diverse strutture sanitarie(elencare) e il Centro di documentazione "Oltre il Giardino", vi operano 12 associazioni e 6 cooperative sociali ed è anche luogo di numerosi eventi locali tra cui la Festa dei fuochi di San Giovanni.

Dal XIX secolo al 1908

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Verso la fine del XIX secolo la regione del Litorale Austriaco dovette far fronte al sovraffollamento delle strutture manicomiali locali, portando a delle trattative che durarono più di quattro anni e terminate nel 1896. Venne compilato e approvato il programma definitivo per la costruzione e la messa in opera, sul colle di San Giovanni a Trieste, di quello che nel Marzo 1908 divenne il Frenocomio civico "Andrea di Sergio Galatti", con lo scopo di convogliarvi i pazienti della città, della provincia di Gorizia-Gradisca e del Margraviato d'Istria.

Nel 1906 venne redatto lo statuto del frenocomio e fu nominato direttore Luigi Canestrini, che già allora lo rese "all'avanguardia"[2] in termini di qualità dell'assistenza rispetto al resto dei manicomi asburgici dell'epoca, rimase tuttavia un luogo di reclusione con una gestione unica rispetto a quella di strutture come gli ospedali. Nel 1905 il Sottocomitato sanitario propose alla delegazione municipale di nominare il direttore coerentemente con quanto si faceva già nei complessi manicomiali europei del tempo, in particolare scrive: "[...] la persona del Direttore-medico impernia in sè la somma del potere per quanto concerne cura, approvvigionamento, ordine interno, rapporti con le autorità preposte comunali e provinciali, politiche e giudiziarie.".

Dal 1909 al 1971

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Nel 1909 le prime foto del complesso vennero realizzate da Marianne Strobl, comprate nel 1910 dal Comune di Trieste e tuttavia attribuite per circa un secolo ad un uomo[3].

Sotto l'amministrazione italiana la struttura passò dalla gestione comunale a quella della Provincia con una delibera del Comune del 1924 e una delibera della Giunta provinciale del 1927, da allora prenderà il nome di Ospedale psichiatrico provinciale di Trieste(OPP). Nel 1928 venne aperto l'istituto medico-pedagogico e nel 1935 il sanatorio neurologico provinciale, entrambi di proprietà del Comune ma posti sotto la direzione dell'OPP[4].

Nel 1958 l'ospedale psichiatrico presentava ancora le caratteristiche di quella che Basaglia definì poi "Istituzione totale", fisso nella gerarchia dei ruoli all'interno della struttura e ancora incentrato su approcci assistenziali e di cura nei confronti dei disagi mentali. Osservando l'OPP con gli occhi dei suoi contemporanei, si nota che nello stesso periodo esso, insieme agli ospedali psichiatrici di Verona e Catania, rappresentava uno dei fulcri del cambiamento dell'assistenza psichiatrica in Italia; questi ospedali si distinsero per aver migliorato i già presenti progetti artistici e artigianali all'interno delle strutture e per aver portato fuori da quest'ultime i pazienti. Modi simili di affrontare l'assistenza furono innovativi per il tempo e servirono da un lato a mostrare alla comunità di persone "sane" che gli ospedali psichiatrici erano luoghi abitati e vissuti da persone capaci di esprimere loro stesse indistinguibilmente da chiunque altro e, dall'altro lato, servirono agli psichiatri per sperimentare nuove terapie che non coinvolgessero solamente la reclusione, la violenza o il ricovero[5].

Il 1971 fu un momento di ulteriore progresso per l'OPP di Trieste e l'inizio della transizione a quella che Basaglia definì "Istituzione negata", sul terreno fertile di progetti di scambio tra comunità e pazienti psichiatrici egli divenne direttore dell'ospedale psichiatrico.

Dal 1973 Basaglia operò diversi cambiamenti all'intero complesso che, gestiti dagli architetti Bellavitis e Valle, ebbero come scopo l'adattamento dell'ospedale agli standard igienico-sanitari del tempo, la cura degli spazi vuoti tra gli edifici, dei collegamenti stradali, delle aree verdi de parco nonché la cura e la rivisitazione degli spazi che separavano, in un'ottica di reclusione, la superficie dell'OPP dal resto della città[6]. Contemporaneamente le informazioni sulla vita all'interno delle strutture vennero diffuse e la psichiatria divenne un tema da interrogare ed affrontare, anche sul piano politico. Lo stesso anno venne realizzato all'interno del comprensorio Marco Cavallo.

Nel 1978 fu sancita la legge 180 che determinò la chiusura definitiva delle strutture manicomiali in Italia e regolò il trattamento sanitario obbligatorio. Con delibera della Giunta provinciale nel 1980 fu sancita la chiusura definitiva dell'OPP di Trieste e la struttura fece prima parte dell'USL e poi, dal 1992, dell'Azienda sanitaria territoriale n. 1 Triestina (ASS n. 1) come Dipartimento di salute mentale.

Nel 1979, su indicazione di Basaglia, Franco Rotelli divenne direttore dell'Ospedale psichiatrico e, successivamente, del sistema dei servizi sanitari per la salute mentale fino al 1995.

Civico frenocomio "Andrea di Sergio Galatti"

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Nei suoi primi progetti il complesso fu presentato in un'ottica innovativa rispetto ai manicomi dell'epoca, infatti doveva essere costituito non da un unico edificio ma da diversi padiglioni, sparsi per il colle e immersi in un ambiente naturale, dove fosse possibile raccogliere acqua piovana e di falda, che fosse comodamente agibile ai mezzi per la costruzione e per la provvigione, dotato di una colonia agricola da adoperare per l'ergoterapia dei pazienti e abbastanza lontano e isolato dalle aree della città più popolate.

Molte delle caratteristiche richieste non erano compatibili con la morfologia del colle di San Giovanni, infatti quell'area occupata fino a quel momento da delle industrie presentava una pendenza complessiva maggiore di quella preventivata, rendendo poco agevole il passaggio dei mezzi senza costruire una quantità di tornanti che avrebbe tolto spazio agli edifici. Inoltre furono riscontrate problematiche nella costruzione degli impianti idraulici e della colonia agricola: la pressione di falda non era sufficiente a raggiungere tutti i luoghi che ne necessitavano e non vi era abbastanza spazio per realizzare una colonia agricola che permettesse a tutti i pazienti di lavorarvi.

  • Università degli studi di Trieste(Dipartimento di scienze della vita, Dipartimento di matematica e geoscienze, Museo di mineralogia e petrografia) - https://www.units.it/
  • Associazione Asso di Giada
  • Articolo 32
  • Palestra EMME GYM
  1. ^ Franco Basaglia, L'esperienza nelle varie sedi, Trieste
  2. ^ Inaugurazione del Civico Frenocomio "Andrea di Sergio Galatti", su almanacco-storico-triestino.blogspot.com.
  3. ^ Claudio Ernè, L'antico reportage al frenocomio di Trieste, in Il Piccolo, 30 aprile 2013.
  4. ^ Ospedale Psichiatrico Provinciale di Trieste, su cartedalegare.cultura.gov.it.
  5. ^ Fascicolo sugli spunti storici sull'assistenza psichiatrica in Trieste, Dott. Donini et al., ca.1959-1970, Centro di documentazione "Oltre il Giardino"
  6. ^ Piano di Risanamento ospedale psichiatrico di Trieste, studio architetti Bellavitis e Valle, 1975, Centro di documentazione "Oltre il Giardino"

I falò di San Giovanni, Amministrazione provinciale di Trieste, servizi di salute mentale (a cura di), Trieste, 1980, Centro di documentazione "Oltre il Giardino"

Voci Correlate

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Franco Basaglia

Collegamenti esterni

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https://asugi.sanita.fvg.it/it/

http://www.parcodisangiovanni.it/