Utente:Paolo Cioffi/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Critica della ragione informatica
AutoreTomás Maldonado
Generesaggio
Sottogenereinformatica
Lingua originaleitaliano

Possibilità della democrazia telematica[modifica | modifica wikitesto]

Ponendo la questione della convivenza del progresso delle tecnologie informatiche con la diffusa forma di governo democratica, l'autore Maldonado, l'affronta iniziando ad esporre un'opinione diffusa secondo cui le suddette tecnologie non solo riuscirebbero a coesistere con la democrazia, ma anzi dovrebbero risolvere incoerenze e debolezze interne a questa grazie ad un approccio tipicamente diretto. Allo stesso tempo, tale opinione viene spesso accompagnata dalla proposta di liberalizzare questo settore di mercato affinché non vengano censurati dai governi dei potenziali contenuti emancipatori: in questo caso, ancora l'autore, mette in guardia riguardo la formazione di eventuali monopoli che precluderebbero la vita di presenze minori nel mercato.

Osservando il fenomeno, sembra già che le altre forme di comunicazione e di diffusione di informazione, come la televisione, stiano perdendo terreno rispetto alle tecnologie informatiche. Chi sostiene ottimisticamente il progresso di queste ultime critica fortemente i vecchi sistemi enfatizzando sui loro difetti: nel caso della televisione, si afferma che sia impossibile sopperire al fatto che non si possa instaurare una comunicazione a doppio senso, il telespettatore rimarrà sempre passivo e non potrà fare altro che raccogliere informazioni dall'emittente in maniera unilaterale e asimmetrica (sarebbero soltanto dei palliativi i tentativi di coinvolgimento tramite interventi telefonici o cercando di portare usuali telespettatori sotto le telecamere). Il dibattito sulla passività del telespettatore dinanzi la televisione, in realtà, risale già agli anni cinquanta; in questo frangente, l'autore recupera un'osservazione di un intellettuale interessato a questa controversia, R.B. Meyerson, per riapplicarla alla contemporaneità: il concetto di passività va disancorato dalla televisione (nonostante si riconosca come questa ne sia un'ottima fornitrice) per meglio comprendere cosa porta le persone ad essere passive. Dunque, anche oggi, bisognerebbe riflettere quali ragioni inducono le persone verso fonti di passività o di attività. Adottando questo approccio, ciò che interessa in questa analisi è capire se queste nuove tecnologie, che per precisione andrebbero chiamate teleputer (in quanto comprendono televisione, computer e telefono), inducono ad accentuare le nostre disposizioni passive o invece tendono a correggerle.

Ebbene, per Maldonado, c'è la concreta possibilità che si passi dalla passività della televisione che ci legava alle poltrone ad un'attività, che si manifesta solo in termini di interattività bilaterale, del teleputer che comunque ci manterrà legati alle poltrone. Ritornando alla questione dell'attività di interazione con il teleputer, anche questo coinvolgimento psichico non viene sostenuto dall'autore così libero come si possa credere, o quantomeno come vuole indurre a farci pensare lo slogan "everyone and everything is on the net", infatti da una parte si può evidenziare come già in partenza, quando un utente connesso ad un computer inizia una ricerca, in parte sa già cosa voglia cercare e pertanto rinuncia da sé ad altri percorsi in partenza, inoltre, viene recuperata il concetto dell'intellettuale Isaiah Berlin di "libertà negativa", cioè che nonostante si abbia la possibilità di iniziare una sorta di avventura esplorativa poiché ci vengono averte le porte non è detto che questa la si operi poiché magari non si ha il tempo o non si ha la disponibilità economica.

Modelli di democrazia[modifica | modifica wikitesto]

Un'idea intrigante che caldeggiano coloro che guardano con ottimismo alle reti telematiche è la possibilità di aprire a tutti gli utenti possibili un accesso alla vita politica, dai frangenti decisionali che interessano territori ristretti a quelli di stampo internazionale, tramite vie che rimpiazzano e scavalcano gli attuali esponenti al governo, coloro che ci rappresentano nelle nostre democrazie. In definitiva, si arriverebbe ad un rinnovamento della democrazia, rendendola diretta, su modello di quella dell'Atene di Pericle, senza tuttavia dover raggiungere luoghi fisici ma bensì accedendo ad una comunità virtuale. Maldonado commenta quest'altro pensiero con diffidenza. Effettivamente si creano dei rapporti di pari a pari quando le persone si relazionano riunendosi su internet, ma questo non sarebbe un luogo fertile per arricchire una vita democratica in quanto spesso, in questo contesto, nascono solo piccole comunità virtuali di vedute ristrette, le persone si aggregano per similarità di opinioni e finiscono per sostenere univocamente il loro partito. Questa viene definita un'associazione debole, invece un'associazione forte è quella che cerca di avere scambi di idee ed esperienze con le altre associazioni.

La disputa tra la democrazia indiretta che prevede la rappresentanza nei parlamenti e quella diretta che invece prevede il coinvolgimento di tutti i cittadini si è spesso risolta a favore della prima in quanto, dalla formazione delle nazioni-stato moderni, risulta impossibile riunire fisicamente tutta la cittadinanza in un solo luogo e trarre da questa opinioni e convinzioni per arrivare a decisioni politiche. Proprio per questo, questa teoria viene riproposta recentemente, perché le reti informatiche vengono identificati come i mezzi che dovrebbero sovvenire a queste complicazioni pratiche. La corrente di pensiero della democrazia diretta si ispira idealmente, appunto, alla già citata democrazia di Pericle e secondo Maldonado la idealizza. Sebbene le fonti (Tucidide) riportino che a quei tempi i diritti civili spettassero alla maggioranza dei cittadini, che fosse garantito un piano di parità a tutti di fronte alle leggi sia riguardo gli interessi privati sia riguardo l'amministrazione pubblica (isonomia ed isegoria), in realtà, la situazione era ben diversa: venivano riconosciuti come cittadini soltanto i maschi adulti, circa un settimo della reale popolazione, i rimanenti, schiavi, donne e meteci non avevano diritto di partecipare alla vita pubblica. Tuttavia, bisogna tener conto di un'altra influente tesi di pensiero che supporta la democrazia diretta, quella di Thomas Jefferson; spesso viene addirittura considerato il precursore avant la lettre del progetto della democrazia telematica. L'idea di fondo di questa tesi è il modello di una politica il cui principio di centralità dovrebbe risiedere nel popolo, o meglio nei singoli individui, e allo stesso tempo, il potere politico degli organi di governo, tra cui anche il parlamento, dovrebbe essere ridotto al minimo. Si pensi che l'associazione americana, Eletronic Frontier Foundation (EFF), che propone di realizzare il progetto della democrazia telematica, nel suo programma fa esplicitamente riferimento a Jefferson, ne afferma i valori di difesa della libertà di espressione, di protezione della privacy e di osteggiamento a forme di controllo centrali.

Esposte queste tesi "ottimiste", l'autore procede sollevando alcune perplessità a riguardo. Egli crede che esistano ulteriori forme di controllo oltre a quella centralizzata del governo che bisogna tenere in considerazione e, nel caso, chiedersi se possano influire sulla libera espressione degli individui, queste sono gli ordinari organi di socializzazione, la famiglia, le scuole, i partiti, i mass media... Queste dovrebbero esercitare un forma di controllo quasi invisibile, schiettamente, egli prospetta che gli stessi individui finiscano per censurare e autocensurarsi vicendevolmente in via assolutamente inconsapevole. Ebbene, i sostenitori della democrazia telematica, non sembrano tenerne conto, secondo loro conta soltanto eliminare il punto focale di controllo, si concentrano a demonizzare questo elemento spesso utilizzando alcune famose metafore: il Panopticon di stampo bentamiano, una costruzione carceraria circolare in cui il sorvegliante, posto al centro, può osservare tutte le celle intorno a lui e il Grande Fratello, ricavato dal romanzo 1984 di G. Orwell, il potere centrale onnipervasivo che controlla la società e la dirige coercitivamente a piacimento. In pratica, si afferma la convinzione che eliminando tale struttura centrale sia praticamente impossibile un'altra forma di controllo, perché la rete si configurerebbe come uno spazio omogeneo in cui non si dà né centralità e tantomeno periferia. Maldonado, per mettere in crisi questa tesi, evidenzia il fatto che lo stesso nome che si dà a questo fascio di connessioni, rete, presuppone almeno in via teorica, un ragno che la generi, un fattore centralizzante inevitabile in quanto costitutivo. La questione che deriva da questa osservazione è: in che misura, il ragno progetta, costruisce e gestisce la ragnatela? Altra osservazione che si può fare è notare come le reti informatiche effettivamente segnano la realizzazione di un particolare tipo di labirinto, quello rizomatico. Concepito in campo prettamente letterario, questa costruzione prevede che ogni punto o luogo possa connettersi ad altri in percorsi potenzialmente infiniti. I teorici della democrazia telematica, a parte neutralizzare la provocazione del ragno affermando che, in fin dei conti, la manutenzione della rete è affidata agli utenti stessi, generalmente rispondono a queste osservazioni accusando, a loro volta, di manifestare diffidenza per la democrazia e per l'uomo.

Maldonado ripercorre le radici storico-filosofiche che stanno dietro l'idea di democrazia diretta. In questo sfondo teorico, si trova dapprima Locke, che nel dibattito della filosofia politica moderna, criticava l'apparato parlamentare, definito connaturatamente propenso alla corruzione, e consegnava ai cittadini il pieno diritto di insorgere per deporlo e assoluto potere nel processo democratico. Poi c'è Kant, che nel saggio "Che cos'è l'illuminismo?" invita l'umanità ad uscire dallo stato di minorità, ossia a svincolarsi dai tutori (medici, giuristi ed ecclesiastici) che fino a quel momento avevano precluso l'uso autonomo della ragione. Queste tesi concorrono entrambi ad affermare un ruolo cardine nei processi decisionali della società a favore degli individui, a prescindere dalla loro razza, sesso, istruzione, religione e retaggio culturale. Tuttavia, è innegabile che la democrazia, nella sua applicazione pratica abbia dato risultati contradditori, emblematica è l'affermazione di W. Churchill "La democrazia è un pessimo sistema, ma è il migliore di tutti i sistemi conosciuti". A questo punto, Maldonado invita a porre l'attenzione sulla questione fondamentale secondo cui, nonostante vengano di continuo riaperti dibattiti circa i rapporti e rispettive limitazioni tra la libertà individuale e l'autorità, ora si propone di affidare questa democrazia vacillante ad un impianto tecnologico caratterizzato da suggestionabilità e sofisticazione senza precedenti.

Altro oggetto da prendere in esame è la coscienza individuale, quando si esprime nei processi di scelta, bisogna capire se questa sia realmente autonoma o eteronoma, e quindi determinata da continue influenze esterne; più precisamente, se siamo in grado di rielaborare e magari modificare i dettami che recepiamo da quegli enti che regolano l'ideologia e la cultura dominante. Maldonado, che tende verso la tesi dell'eteronomia, espone la posizione di Shumpeter secondo cui è fuorviante attribuire ad un individuo autonomia, razionalità irrealistiche o persino ammettere che abbia una volontà: il cittadino medio non è per niente un giudice imparziale quando si ritrova a votare in quanto subisce la pressione e le influenze di gruppi propagandistici e non è neanche un agente economico razionale poiché non riesce a definire i suoi bisogni e anche in questo campo viene continuamente persuaso da pubblicità e altri stratagemmi commerciali.

Ci sono due principali programmi di realizzazione della repubblica elettronica: il primo propone di rendere semplicemente più diretta la partecipazione dei cittadini alla democrazia rappresentativa e quindi vede nel mezzo delle reti lo strumento per migliorare quello che già c’è, il secondo invece propone di stravolgere l’esistente forma di governo e aspira a costituire il già accennato luogo informatico in cui i cittadini partecipano direttamente alle decisioni politiche. Il secondo progetto ha vissuto un periodo embrionale in quanto portato avanti già dalla seconda metà del secolo scorso seppure dovesse essere supportato con tecnologie arretrate. Tra i sostenitori vi erano Toffler, Gilder e Perrot: quest’ultimo si candidò per le elezioni presidenziali del 1992 e nella sua campagna propose proprio di attuare un programma precursore di quello della repubblica elettronica. Fin dall’inizio questo movimento ha promosso idee di mobilitazione contro la classe politica, la burocrazia, le tasse troppo alte. Queste posizioni secondo Maldonado sono da ricondurre ad un tipo di populismo tipico del nordamerica, quella del farmer.

In questo tipo di populismo si contrappongono due figure; il popolo, tra individui e piccoli gruppi, cerca di emanciparsi dall'élite che impone il suo comando dall'alto e dal suo canto vuole istituire una forma di potere dal basso. L'autore, a parte notare una sorta di contraddittorietà in quanto proprio negli Stati Uniti individua diversi apparati elitari, spesso fuori dall'insieme governativo, cerca di soffermarsi ad esaminare quali nuovi contenuti, all'interno del dibattito anti elitario, questa corrente di pensiero crea quando si inserisce nell'ambito della democrazia informatica (e pertanto si potrà chiamare populismo informatico). Nella società attuale, è di per sé già complicato distinguere un'élite e un popolo, basti osservare come da una parte l'élite per garantirsi elettori faccia propri slogan populisti e, dall'altra parte, le derive populiste possono considerarsi come delle diverse forme di élite poiché sebbene si rivolgano ad una gente indistinta, implicitamente cercano di includere chi è delle loro idee ed escludere gli altri. Il populismo informatico si differenzia solo per il modo in cui esprime le sue idee, mentre il classico demagogo parla in comizi di piazza, costui raggiunge e dialoga con i propri interlocutori situati chissà dove tramite una via più intima e solitudinaria, ponendosi da solo di fronte ad un computer.

Teoria dei ruoli[modifica | modifica wikitesto]

Maldonado affronta la questione del come si relazionano le persone su Internet ed esordisce notando due aspetti principali, gli utenti delle reti comunicano spesso attraverso delle chat che, soffermandosi, appaiono come delle chiacchiere superficiali e inconcludenti e in secondo luogo questi tendono ad assumere delle identità fittizie. L'autore decide di affrontare il fenomeno osservandolo prima dal di fuori dell'ambiente informatico per poi ritornarci e trarre le conclusioni. Innanzitutto, riabilita ed espone la teoria dei ruoli, una tesi sociologica che recentemente ha perso preminenza nel suo campo insieme al funzionalismo, la scuola di pensiero che la sostiene. Questa tesi sostiene che ogni persona contenga allo stesso tempo una pluralità di ruoli e che manifesti quello che nella situazione le appare più congeniale. Maldonado è dell'idea che nel nostro tempo, in cui la società vive uno sviluppo industriale, i soggetti cambino ancora più facilmente i propri ruoli.

Viene recuperata la tesi del sociologo funzionalista, R. K. Merton, secondo cui in base ad uno status, la posizione occupata nel sistema sociale, un individuo può scegliere tra un determinato insieme di ruoli. In definitiva, si apre ad una classificazione in categorie di ruoli di cui ogni soggetto, in ogni circostanza, ne interpreta diversi senza continuità. Guardando alle implicazioni che questi presupposti recano in contesti di momenti decisionali collettivi, i soggetti interpretano più ruoli contraddittori e pertanto possono arrivare ad esprimersi cambiando i loro fini, passando da quello scelto in partenza, ma non percorribile, ad un altro, nato dal compromesso, che comunque resta preferibile. Riportando la questione nell'ambito delle reti informatiche, l'autore è molto critico, crede che le disposizioni ad interpretare i ruoli da parte degli individui non si risolvano in "giochi" virtuali, in cui gli utenti delle reti sono coscienti di essere degli attori di eventuali finzioni, ma bensì prospetta che la pratica della contraffazione dell'identità finirebbe per coinvolgere un vasto numero di persone e che queste formerebbero dei gruppi che si esprimono in maniera autoreferenziale e senza mantenere alcun contatto con la realtà. La piattaforma telematica viene descritta non come potenziamento dei processi democratici, ma anzi come loro demolitrice, come un mezzo che priverebbe di faccia e personalità i soggetti politici.

In realtà, in accordo con lo studioso A. Giddens, l'autore intravede già nell'attuale democrazia elementi di "frammentazione del sé", le istituzioni sociali si stanno disaggregando o sradicando in quanto le persone stanno smarrendo il senso dell'incontro politico, si vive un senso di distanza (sia oggettiva che soggettiva) e gli effetti sono che queste persone li lasciano ad andare ad una sostanziale fiducia in quello che credono un sistema esperto e allo stesso tempo perdono la propria sicurezza psicologica. Giddens è altresì convinto che la naturale riflessività delle persone possa, in qualsiasi momento e bruscamente, invertire questa tendenza e far sì che si verifichi una riaggregazione politica e un senso del dovere verso gli impegni personali. Ebbene, Maldonado vede il progetto della democrazia informatica come il fattore che ucciderebbe in seno la possibilità di questo risveglio politico.

Secondo Maldonado, il fattore che oggi influisce maggiormente nella dinamica dei ruoli è la turbolenza generata dal capitalismo: in generale, si vive un periodo in cui le logiche di mercato condizionano la vita di tutti e il lavoro si sta configurando come un mercato delle identità in cui le persone vengono indirizzate ad assumerne alcune più richieste piuttosto che altre, rendendo impossibile la soddisfazione di scopi personali. Anche per questo elemento viene minacciata l'idea democratica secondo cui ci si possa sedere ad un tavolo per prendere decisioni politiche portando con sé tutta la molteplicità di ruoli che compongono la propria identità dinamica e libera. In risposta a queste considerazioni sociologiche e alla proposta della democrazia telematica, l'autore propone di attuare il modello di partecipazione politica esposto da J. Habermas in quanto realmente andrebbe a colmare le falle dell'attuale democrazia.

Habermas sostiene l'agire comunicativo, ossia i soggetti politici devono superare le loro visioni prettamente soggettive ed arrivare insieme ad una concezione che unisca sia il mondo oggettivo (la realtà della circostanza) sia un accordo intersoggettivo tra tutti. Questo pensiero presuppone anche il tema del mondo della vita, precedentemente esposto da A. Schutz, secondo cui si indica un momento in cui gli uomini vivono insieme, ogni giorno, la loro esistenza, questo sarebbe il culmine della società che non si riferisce astrattamente alla comunanza di diritto e istituzioni ma bensì a esperienze di convivenza quotidiana. Maldonado, tuttavia, propone un'applicazione più realistica, possibile e mediata di questo modello, si ritiene consapevole delle intrinseche complicazioni che lo rendono quasi impossibile da praticare: che tutti i soggetti dovrebbero agire in compresenza fisica e che ci dovrebbero essere le condizioni affinché possano esprimersi sulle proprie convinzioni avendo disponibilità di tempo e assenza di influenze pregiudizievoli altrui.

Comunicazione e divulgazione in rete[modifica | modifica wikitesto]

L'autore passa ad esaminare nel dettaglio come si configura la comunicazione tra gli utenti in rete. Sotto la lente delle categorie linguistiche definite da Austin, le modalità di comunicazione quali Irc, Mud, Bbs ed E-mail pretendono di produrre atti illocutori, cioè le azioni che implicitamente si vogliono trasmettere pronunciando gli enunciati, ma questi falliscono proprio per come si configurano questi linguaggi, in quanto si tratta di frasi che puntano ad essere molto succinte e pertanto si rivelano essere mancanti di elementi che suscitino coinvolgimento. In secondo luogo, nel linguaggio di questi tipi di comunicazione si evidenzia una povertà espressivo-appellativa che paradossalmente viene causata da un eccesso di elementi che hanno la funzione espressivo-appellativa. In pratica, i discorsi vengono esasperati da un uso di frasi preconfezionate, di luoghi comuni e delle più recenti emoticons (faccine); il risultato non è altro che appiattimento e banalizzazione dei contenuti che si vuole trasmettere. In definitiva, la tendenza a comprimere all'osso i messaggi porta ad una perdita di contenuti e l'introduzione di costruzioni gergali induce soltanto a formare dei gruppi i cui componenti da una parte si compiacciono di padroneggiare il "gergo" e dall'altra creano distacco con coloro che si trovano all'esterno del gruppo. Un'ultima modalità di conversazione è la videocomunicazione che si pratica nelle varie forme: videotelefono, teleconferenze, ecc. Su queste Maldonado non si pronuncia poiché sono abbastanza recenti e gli studiosi di linguistica non le hanno ancora esaminate.

Riguardo il progetto di ampliare la possibilità di avere accesso a qualsiasi sapere ostentata dai sostenitori delle reti informatiche, l'autore si pronuncia con scetticismo ancora una volta. Innanzitutto compie una distinzione tra sapere individuale e sapere sociale. Il primo pertiene agli individui ed è funzionale al loro vivere quotidiano, più precisamente, è un sapere del "che" (knowing that), prettamente descrittivo che solo a volte si evolve in qualcosa di più tecnico (knowing how). Il secondo è un macro sapere che si configura come un astratto e anonimo sistema di conoscenze prettamente esplicativo (knowing why), cioè ricerca il perché dei fenomeni ed apre a considerazioni più profonde che a volte riguardano la conoscenza stessa. Ebbene, nell'attuale società industriale si scorge un divario tra sapere sociale e individuale che sta progressivamente aumentando a favore del primo; inoltre, anche i saperi più tecnici (knowing how), che possono essere di ausilio in campi lavorativi, appartengono solo ad una minoranza di esperti che tendono ad aggregarsi tra loro ed allontanarsi dai meno esperti.

Ancora, in un discorso incentrato sui processi cognitivi, l'autore nota come nei nostri processi di apprendimento siano molto selettivi nel dispensare attenzione e curiosità; questi fattori possono acutizzarsi o meno a seconda degli stimoli che recepiamo dalla fonte, ad esempio, dei messaggi troppo ripetuti e poco differenziati vengono avvertiti come una ridondanza, che a prescindere dal tema trattato, suscitano in noi noia percettiva. In questo complesso scenario, le reti informatiche si pongono come un archivio in continua espansione di sapere accessibile a tutti. Maldonado avrebbe preferito se il computer si fosse posto come un archivio di sapere depersonalizzato, funzionale al solo immagazzinamento di informazioni, ma oggi si presenta come personalizzato e pertanto ad ogni approccio con esso, l'utente si trova sommerso da miriadi informazioni, tra cui si trovano confuse sia quelle che cercava in partenza sia quelle di cui non ha bisogno. Questo tema risulta altresì fondamentale nella questione centrale della possibilità della democrazia online, poiché per Maldonado segna l'ennesimo punto a sfavore: l'accesso indiscriminato all'informazione può essere considerato soltanto una forma più sofisticata di controllo sociale poiché ad ogni bombardamento di informazioni qualsiasi cittadino non può far altro che arrendersi, provare indifferenza e disinteresse poiché queste spesso si rivelano anche non affidabili e difficili da verificare.

Cambiamenti del territorio urbano[modifica | modifica wikitesto]

La seconda macro tematica affrontata nel saggio di Maldonado riguarda la possibilità di un miglioramento del territorio urbano reso possibile dalla messa in funzione delle infrastrutture adibite alla diffusione delle reti informatiche. I teorici che guardano con ottimismo alle tecnologie informatiche prevedono che in futuro vengano risolte le problematiche della intensificazione degli agglomerati urbani nei centri città (il traffico, la vivibilità e l'ambiente) grazie ad una rivalutazione delle periferie verso le quali dovrebbero venir smistati nuovi settori lavorativi nel campo dell'informatica. Anche in questo frangente, l'autore si esprime con perplessità, considera gli agglomerati urbani come degli ambienti molto restii al cambiamento e anche stavolta cerca di ammonire riguardo alcune previsioni che, secondo lui, sfociano nell'utopia. In supporto alla sua argomentazione, recupera le tesi dello studioso Ithiel de Sola Pool che sostiene fermamente che l'emanciparsi delle nuove tecnologie non potrà mai portare ad un esodo verso le periferie, una supposizione di tal genere è figlia di una sovrastima dell'utilità di questi nuovi strumenti e non valuta come le persone non vivano soltanto di scambi di informazione ma soprattutto di interazione fisica con oggetti. La tematica viene quindi spostata da propositi considerati assurdi a situazioni più concrete, a migliorie e nuovi impieghi che queste nuove tecnologie possono realmente ambire di realizzare nei territori urbani.

La prima questione è quella che cerca di inquadrare questo fenomeno sotto l'aspetto del rinnovamento delle infrastrutture urbane preesistenti. Da una parte, questa innovazione coinvolge, come sempre, la spesa pubblica e pertanto Maldonado pone l'attenzione su eventuali rischi di spreco a causa di costruzioni sovradimensionate o, più probabilmente, sottodimensionate (non garantiscono prestazioni al livello di quelle che in realtà la comunità richiede) che causerebbero riprogettazioni riparatorie. D'altra parte, l'autore sente l'esigenza di rivalutare, addirittura a livello teorico, questo rinnovamento. Viene definita quasi fuorviante l'attribuzione del termine infrastruttura a questo nuovo caso e risulta più appropriato parlare di "grande sistema tecnologico". In questi termini, si può comprendere maggiormente come non solo le reti informatiche rivoluzionino le città portando dei nuovi canali non fisici ma bensì digitali ma soprattutto che questi nuovi sistemi possano essere utili ad alleggerire e razionalizzare le attuali infrastrutture materiali. Infatti, queste ultime, oggigiorno, possono venir smembrate da quelle sezioni fisiche che sono adibite alla gestione dei loro servizi o, in generale, alla trasmissione delle loro stesse informazioni per venir aggiornate con nuovi sistemi che delegano queste mansioni a dei segnali digitali.

Telelavoro[modifica | modifica wikitesto]

Successivamente, viene affrontata la questione del telelavoro, una nuova metodologia che prevede la possibilità di compiere prestazioni lavorative lontano da una usuale sede ma sfruttando un computer connesso alle reti informatiche. La principale difficoltà legata a questo tema, che può indurre in errore, è il fatto che il telelavoro può assumere molteplici forme e spesso viene esaminato nell'accezione più accattivante del lavoro a domicilio, secondo cui un dipendente lavora direttamente dal proprio computer di casa con una maggiore flessibilità di tempo. Maldonado comunque decide di esaminare questo preciso frangente, da una parte chiarisce, riferendosi ad uno studio di J. Huber, che il telelavoro a domicilio quasi sempre si risolve in servizi di consulenza, dall'altra apre a nuovi interrogativi a riguardo. L'autore avanza delle perplessità secondo cui questa forma di lavoro potrebbe sfuggire alle normali formalizzazioni e pertanto degenerare in sfruttamenti retribuiti a nero. Per gli stessi motivi di lievi vincoli spazio-temporali di questo tipo di lavoro, chi presta queste prestazioni potrebbe perdere lo status classico di lavoratore; ancora, il datore potrebbe esercitare una forma di controllo che seppur indiretta sarebbe più sofisticata e basata sugli effettivi risultati di tali prestazioni.

Al di fuori da queste considerazioni politico-sociali, Maldonado si addentra ad esaminare quali potrebbero essere i vantaggi e gli svantaggi, sia agli occhi di un'azienda che di un lavoratore, nel percorrere questa via del telelavoro a domicilio. Per un'azienda questa opportunità si rivela vantaggiosa poiché, come già detto, potrebbe remunerare il lavoratore in base al servizio prodotto e trascurare i tempi morti e, allo stesso tempo, risparmiare i costi di gestione degli spazi utilizzati; di contro, tuttavia, le potrebbe risultare sconveniente rischiare una perdita di fedeltà del lavoratore nei suoi confronti in quanto posto più a distanza e allo stesso tempo dover investire in formazioni, comparti software e hardware per consentirgli di lavorare. Invece, per quanto riguarda i lavoratori, potrebbero essere dei vantaggi essenzialmente una maggiore flessibilità e autonomia data dal ridurre a zero l'uso dei trasporti (questo potrebbe coinvolgere nel mercato del lavoro più portatori di handicap fisici o donne in gravidanza); d'altra parte, il più grande svantaggio è il rischio di isolamento e andare incontro a forme acute di desocializzazione. Tuttavia, Maldonado fa notare come soltanto analizzando il telelavoro nella sua forma a domicilio si può arrivare a pensare ad una dispersione della forza lavoro sul territorio urbano, poiché, nelle altre forme, in cui si prevede che i lavoratori di diverse aziende si riuniscano in sedi collettive quali edifici telematici condivisi o uffici satelliti non avviene alcuna dispersione, anzi si verificano nuovi fenomeni di aggregazione.

Esiste anche una terza e ultima tipologia del telelavoro, il lavoro mobile, che prevede che i dipendenti delle aziende si colleghino alla rete dai luoghi più disparati del modo tramite il loro portatile per lavorare stando in contatto con la sede centrale, con dei clienti o con dei consulenti. In definitiva, l'autore desume che se da una parte si verifica un effetto centrifugo grazie al telelavoro a domicilio, nelle altre forme si causa un effetto centripeto, e dato che il secondo sta prevalendo sul primo, non può che intensificarsi l'attuale accentramento dei complessi urbani, semplicemente cambiano i termini, sotto questo aspetto si scorgono degli utenti che si intensificano in numero nei centri di telecomunicazione. In ultima analisi, riguardo il fenomeno del telelavoro in generale, Maldonado affronta l'aspetto riguardante gli eventuali effetti sul mercato del lavoro esprimendosi con molto pessimismo. Innanzitutto, descrive l'attuale situazione come dilaniata dal problema della disoccupazione e ciò ha tra le sue cause, a suo vedere, già dei risultati del progresso tecnologico, ovvero le innovazioni lavor saving; inoltre, aggiunge che al crescere della disuguaglianza sociale, tra chi mantiene il lavoro e chi lo perde, si intensificheranno anche i contrasti tra le classi fino a sfociare nella violenza. In tutto questo, il telelavoro non si pone per niente come soluzione ma anzi come ulteriore fattore destabilizzante.

Teledidattica[modifica | modifica wikitesto]

Vi è una questione che interseca quella del telelavoro, quella che riguarda il settore della teledidattica; l'autore la affronta prettamente da un punto di vista legato alla sua efficacia a confronto con i convenzionali sistemi educativi. Per certi versi, anche questa innovazione può modificare l'impianto urbano, precisamente c'è chi avanza l'ipotesi che in futuro le scuole e le università verranno rimpiazzate da apparati educativi prettamente virtuali e magari accessibili in rete; Maldonado, prende ancora una volta distanza da ipotesi temerarie ma comunque prevede che le attuali strutture potranno essere quantomeno alleggerite nei suoi impianti più ingombranti e virtualizzate in alcuni dei loro settori. La teledidattica si articola in due principali forme, le videolezioni in live e l'editoria elettronica (contenuti ipertestuali su cd-rom). La prima modalità si contraddistingue per l'interattività bidirezionale tra docente e discente, cioè entrambi, trovandosi connessi in live, possono intervenire per interrogare l'altro o per fare osservazioni. La modalità dei percorsi ipertestuali su cd-rom invece consiste nell'interazione tra un utente e un numero finito di itinerari di navigazione tra cui ci si può muovere a piacere: la libertà dell'utente è limitata dal numero degli itinerari, se avrà ulteriore curiosità dopo averli studiati tutti dovrà consultare nuove fonti di informazione. Per Maldonado quest'ultimo strumento è più congeniale per l'insegnamento di materie scientifiche, per redigere enciclopedie, dizionari o archivi piuttosto che per l'insegnamento di materie umanistiche, in quanto questi sono dei saperi che difficilmente si possono racchiudere in nuclei strutturati e pertanto restano più fruibili sui classici libri.

Corpo umano e artificio[modifica | modifica wikitesto]

Maldonado si sofferma sull'ultima macro questione riguardante le recenti innovazioni informatiche, con annessi dilemmi, che incrociano il campo della medicina. Tra i sostenitori del settore informatico, vi è addirittura una corrente di pensiero che reputa il corpo come un oggetto inadeguato al cospetto degli attuali dispositivi tecnologici che possono garantire prestazioni più elevate; pertanto propongono di riprogettare o sostituire le sezioni fondamentali della nostra anatomia, persino il cervello. L'autore crede che tale avversione verso il corpo sia una riproposizione di quella cristiana sotto una veste neo meccanicistica e quasi fantascientifica e pertanto si sente di mettere in guardia da altrettante riproposizioni di discriminazioni, torture e massacri che in passato hanno accompagnato questa ideologia.

Prima di approfondire la questione, l'autore si sente in dovere di compiere alcune premesse e di dare alcune nozioni preliminari alla trattazione. Innanzitutto, ammette di ragionare sul nostro rapporto con il corpo adottando una prospettiva materialistica secondo cui ogni uomo ha coscienza incontrovertibile di un corpo e ne dispone, non nel senso in cui ognuno ne abbia possesso ma nell'accezione in cui ognuno coincida con il suo corpo, inteso come insieme di sensorialità, sensibilità e sensualità. Successivamente, l'autore definisce due definizioni principali, quella di artefatto e quella di protesi. Il primo è un prodotto concreto di un'azione tecnica e allo stesso tempo, è anche una protesi. Per protesi, generalmente si intende delle strutture artificiali che sostituiscono o potenziano delle prestazioni del nostro organismo ma nella trattazione in atto viene ricondotto ad un significato molto più ampio e anche una classificazione. Vi sono protesi motorie che accrescono le nostre prestazioni di forza, destrezza e movimento (es. utensili e mezzi di trasporto), poi vi sono protesi sensorio-percettive che accrescono le nostre prestazioni sensoriali, principalmente di vista e udito (es. occhiali, microscopio, telescopio, la fotografia, la televisione), poi vi sono protesi intellettive che accrescono la nostra capacità intellettiva (es. abaco, regolo, computer), infine vi sono le protesi sincretiche che si costituiscono essenzialmente dei robot industriali che pensano, agiscono e percepiscono (non sono autonomi, anzi sono progettati, programmati e riprodotti dall'uomo).

L'autore procede ad esporre le parti di una disputa intellettuale storica, attinente alla questione, quella tra naturalisti e artificialisti. I primi si soffermano ad accentuare e demarcare la distinzione tra natura, come realtà fatta da sè e artificio, come fare umano secondo tecnica; nella corrente antica, tale pensiero si esprimeva addirittura a condannare l'artificio umano. Di contro, gli artificialisti affermano che tutto è artificio (cit. Lucrezio), che ciò che comunemente come natura a sua volta tende a riorganizzarsi, a mutare nella forma e quindi ad autoartificializzarsi, ad identificarsi con l'artificio. Ebbene, l'autore concorda con la teoria formulata da Gehlen secondo cui l'uomo ha necessariamente bisogno di ricorrere all'artificialità poiché si configura come un animale incompiuto, incapace di sopravvivere nella natura. Fin dalla nascita è debole, il neonato soprattutto segna la fase del periodo di inettitudine, cioè non avrebbe possibilità di sopravvivere se non difeso dagli adulti; successivamente, l'uomo adulto, a differenza degli animali, non dispone di organi di senso specializzati che gli possano permettere di sopravvivere ma, tuttavia, egli riesce ad uscire da questa logica ed ad avere accesso a tutti i mondi possibili, cioè può acquisire specializzazioni che in precedenza non aveva, anche se sempre al prezzo di non ricavare grande efficienza in tutto.

Nuove pratiche mediche[modifica | modifica wikitesto]

Maldonado passa ad esaminare quale sia stato il progresso tecnologico nella storia della medicina per poi soffermarsi sulla situazione attuale, commentandone anche le pratiche. In generale, la medicina ha goduto di incrementi di risultati ogni qual volta si è potuto perfezionare il modello della composizione anatomica dell'uomo; infatti, nonostante nella diagnostica si sono sempre esaminati anche indizi acustici (es. per mezzo dello stetoscopio) o tattili, le conoscenze e le indagini dirette su immagini hanno segnato un primato. Il culmine di questa tendenza lo si sta percorrendo oggi grazie all'emergente campo del medical imaging: oggi è possibile esaminare il corpo di un paziente attraverso un monitoraggio dinamico-interattivo, ossia di poter ricavare dei modelli virtuali tridimensionali dei suoi organi e apparati interni in tempo reale.

La novità principale di questo approccio risiede nel fatto che questi modelli virtuali sono così reali nella misura in cui riproducono fedelmente la realtà che riescono a funzionalizzare le strutture organiche che rappresentano, cioè esplicitano la loro funzione e non rimangono statici. Il passo successivo è la possibilità di poter operare un paziente agendo su un suo modello virtuale mentre un dispositivo replica le nostre medesime azioni ed esegue l'intervento sul suo reale corpo in maniera più precisa e meno rischiosa. Questa pratica, tuttavia apre a considerazioni morali, poiché se da una parte il medico si avvicina sempre di più alla malattia, dall'altra si allontana dal paziente, al punto da poterlo curare e operare a distanza. Maldonado si pronuncia positivamente riguardo la bontà innovativa di queste nuove pratiche.

L'autore esamina ulteriori pratiche mediche che coinvolgono i supporti virtuali, precisamente alcune nuove diagnosi e terapie per pazienti affetti da disturbi psicomotori. Per inquadrare il fenomeno, si pensi che si sta sperimentando di poter riabilitare le capacità motorie di un paziente facendolo esercitare in un mondo virtuale a cui accede indossando un casco collegato ad un computer. Quello che sappiamo riguardo i malati affetti da disturbi psicofisici è che spesso sono condizionati da problemi di percezione spaziale e pertanto riscontrano delle difficoltà nel coordinare i movimenti. Più precisamente, un malato tipo ha completamente perso il controllo automatico dell'abilità motoria, cioè non riesce a muoversi mantenendo un'attenzione inconscia, non gli risulta più abituale compiere i movimenti. La terapia comune di fronte a queste patologie è quella di far svolgere molteplici esercizi finalizzati ad instaurare dapprima una corretta ed efficace attenzione conscia dei propri movimenti e poi una parziale attenzione inconscia.

La questione che si presenta quando ora si vogliono trasporre gli esercizi correttivi in una realtà virtuale è se quest'ultima sia abbastanza fedele alla realtà materiale, o meglio, se è in grado di provocare in noi almeno delle simili percezioni, altrimenti si potrebbe parlare di trasferimento negativo del training (esplicitato nell'esempio proposto da R. L. Gregory), come se si volesse giocare a ping pong con le tecniche di un tennista. L'esame non devolve a favore della realtà virtuale, questa provoca rudimentali riproduzioni delle percezioni che abbiamo nello spazio reale, si avverte poco l'influenza della forza di gravità sugli oggetti virtuali, l'esperienza visiva è corrotta dal fatto che i nostri occhi non orientano lo sguardo anzi questa diventa prerogativa del movimento della testa; inoltre, si aggiunga la povertà di esperienza tattile e uditiva e assoluta assenza di quella olfattiva.

Note[modifica | modifica wikitesto]