Utente:Gianfranco/DVDLomb

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Risultato:
Remo Giatti (a cura di), Centri e luoghi dell'arte contemporanea in Lombardia, DVD edito a cura della Regione Lombardia, Assessorato alla Cultura, Struttura Musei Biblioteche Archivi, realizzazione Associazione FreeUnDo, 2011, Milano.


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Remo Giatti (a cura di), Centri e luoghi dell'arte contemporanea in Lombardia,
DVD edito a cura della Regione Lombardia, 2011, Milano.


Aldo Mondino[modifica | modifica wikitesto]

Aldo Mondino è nato a Torino nel 1938, dove è morto nel 2005. Nel 1959 si trasferisce a Parigi, dove frequenta l’atelier di Stanley William Hayter, l'Ecole du Louvre e frequenta il corso di mosaico dell'Accademia di Belle Arti con Severini e Licata. Nel 1960, rientrato in Italia, inizia la sua attività espositiva alla Galleria L'Immagine di Torino (1961) e alla Galleria Alfa di Venezia (1962). L'incontro con Gian Enzo Sperone, direttore della Galleria Il Punto, risulta fondamentale per la sua carriera artistica, con un sodalizio tuttora esistente. Importanti personali vengono presentate anche presso la Galleria Stein di Torino, lo Studio Marconi di Milano, la Galleria La Salita di Roma, la Galleria Paludetto di Torino. Tra le principali mostre si ricordano le due partecipazioni alle Biennali di Venezia del 1976 e del 1993, le personali al Museum für Moderne Kunst – Palais Lichtenstein di Vienna (1991), al Suthanamet Museo Topkapi di Istanbul (1992, 1996), al Museo Ebraico di Bologna (1995), alla Galleria Civica d'Arte Moderna di Trento (2000). Le sue opere appartengono alle collezioni permanenti dei più importanti Musei nazionali ed internazionali ed a numerose collezioni private.

Agostino Bonalumi[modifica | modifica wikitesto]

Agostino Bonalumi nasce il 10 luglio 1935 a Vimercate, Milano. Compie studi di disegno tecnico e meccanico. Tiene la sua prima personale nel 1956 alla Galleria Totti di Milano. Nel 1958 nasce il gruppo Bonalumi Castellani e Manzoni con una mostra alla Galleria Pater di Milano, alla quale seguiranno altre mostre a Roma, Milano e Losanna. Nel 1961 alla Galleria Kasper di Losanna è tra i fondatori del gruppo “Nuova Scuola Europea”. Arturo Schwarz acquista sue opere e nel 1965 presenta una mostra personale di Bonalumi nella sua galleria di Milano, con presentazione in catalogo di Gillo Dorfles. Nel 1966 inizia un lungo periodo di collaborazione con la Galleria del Naviglio di Milano che lo rappresenterà in esclusiva, pubblicando nel 1973 per le Edizioni del Naviglio un'ampia monografia a cura di Gillo Dorfles. Nel 1966 è invitato alla Biennale di Venezia con un gruppo di opere, e nel 1970 con una sala personale. Segue un periodo di studi e di lavoro nei paesi dell'Africa mediterranea e negli Stati Uniti dove si presenterà con una personale alla galleria Bonino di New York. Nel 1967 è invitato alla Biennale di Sao Paulo e nel 1968 alla Biennale dei Giovani di Parigi. Ha realizzato opere di pittura-ambiente quali, nel 1967, “Blu Abitabile” per la mostra “Lo Spazio dell'Immagine”, a Foligno; nel 1968 “Grande Nero”, per una mostra personale al Museum am Ostwall di Dortmund; nel 1979, nell'ambito della mostra, curata da Francesca Alinovi e Renato Barilli, “Pittura Ambiente” a Palazzo Reale di Milano, l'opera “Dal giallo al bianco e dal bianco al giallo”, dove l'ambiente considerato attività dell'uomo, è analizzato come attività primaria e cioè psicologica, così come in “Ambiente Bianco – Spazio trattenuto e spazio invaso”, realizzato nel 2002 per la Fondazione Guggenheim di Venezia. Nel 1980 a cura della Regione Lombardia è allestita, a Palazzo Te di Mantova, con la cura di Flavio Caroli e Gillo Dorfles, un'ampia rassegna che illustra l'intero arco della sua opera. L'accademia Nazionale di San Luca ha conferito a Agostino Bonalumi il “Premio Presidente della Repubblica” 2001 per la scultura. Nell'occasione viene presentata una mostra retrospettiva dell'artista nelle sale dell'Accademia, accompagnata da una monografia a cura di Achille Perilli.

Bibliografia essenziale - Gillo Dorfles, Catalogo della mostra personale di Bonalumi alla Galleria Il Prisma, Milano, 1959. - Germano Celant, Catalogo della mostra personale di Bonalumi al Centro arte viva-Feltrinelli, Trieste, 1965. - Udo Kultermann, Catalogo della mostra personale di Bonalumi alla Galerie Thelen, Essen, 1965. - Nello Ponente, Catalogo della XXXIII Biennale di Venezia, 1966. - Gillo Dorfles, Catalogo della mostra personale di Bonalumi alla Galleria del Naviglio, Milano,1967. - Achille Bonito Oliva, Le circonstanze spaziali, in “Ricognizione cinque”, Salerno, 1968. - Luciano Caramel, Agostino Bonalumi, Catalogo della XXXV Biennale di Venezia, Venezia, 1970. - Giulio Carlo Argan, Presentazione, in Catalogo della mostra personale alla Galleria Civica d’Arte Moderna, Modena, 1974. - Elena Pontiggia, La fisicità, l’enigma, catalogo della mostra personale di Bonalumi alla Galleria Blu, Milano, 1991. - Alberto Fiz, Marco Meneguzzo, Agostino Bonalumi. Opere 1957-1997, Edizioni Stefano Fumagalli, Bergamo, 1998. - Luca Massimo Barbero, Bonalumi: evoluzione continua tra pittura e ambiente. Volume monografico edito dalla Galleria Niccoli in occasione della mostra personale dell’artista, Parma, 2000. - Klaus Wolbert, Gillo Dorfles, Marco Meneguzzo, Agostino Bonalumi, Institute Mathildenhöhe Darmstadt, coedizione Galleria Fumagalli Bergamo, Galleria Niccoli Parma, 2003. - Maurizio Calvesi, Silvia Pegoraro, Agostino Bonalumi, Loggiato di San Bartolomeo, Palermo, Edizioni Il Cigno, Roma, 2008. - Marco Meneguzzo, Francesco Poli, Agostino Bonalumi. Opere scelte 1964-2008, Mazzoleni Galleria d’Arte, Torino, Mazzoleni Arte Moderna Editore, 2008. - Silvia Pegoraro, Francesco Poli, Oltre la pittura. Bonalumi, Castellani, Fontana, Manzoni, Galleria Mazzoleni, Torino, 2009.

Collezioni - “Neue Malerei”, Galerie des Klein Theater, Bern. - Civica Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino. - Civica Galleria d’Arte contemporanea, Gallarate. - Civico Museo d’Arte Contemporanea, Milano. - CSAC, Centro Studi ed Archivio della Comunicazione – Università degli studi di Parma. - Galerie der Stadt Stuttgart, Stuttgart. - Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma. - Hara Museum of Contemporary Art, Tokio. - Herning Kunstmusem, Herning, Danmark. - Kunstmuseum Bonn, Bonn. - Kunstsammlungen der Rhur-Universitat, Bochum. - Ludwig Museum, Koln. - MART, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. - Museo de Arte Moderna, Caracas. - Museo de Arte Moderna, Ciudad Bolivar, Venezuela. - Museum am Ostwall, Dortmund. - Museum Bochum, Bochum. - Museum of Modern Art, Fort Lauderdale. - Museum of Modern Art, Baltimore. - Museion, Museo d’Arte Moderna, Bolzano. - Nagaoka Museum, Nagaoka. - Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum, Graz, Austria. - Palais des Beaux Arts, Bruxelles. - Peggy Guggenheim Collection, Venezia. - Sintra Museu de Arte Moderna, Colecào Berardo, Sintra. - Slovenskà Narodnà Galerià, Bratislava. - Sprengel Museum, Hannover. - Stadtische Galerie im Lenbachaus, Munchen. - Stadtische Kunsthalle Mannheim. - Stadtische Museum Abteiberg, Monhengladbach; Sammlung Etzold. - The Niigata Prefectural Museum of Modern Art. - Ulmer Museum; Stiftung Sammlung Kurt Fried. - VAF Stiftung, Frankfurt. - Worker Art Center, Minneapolis.


Enrico Castellani[modifica | modifica wikitesto]

Enrico Castellani (Castelmassa 1930). Studia arte, scultura e architettura in Belgio fino al 1956, anno in cui si laurea alla Ecole Nationale Superieure. L'anno successivo torna in Italia, stabilendosi a Milano, qui diviene esponente attivo della nuova scena artistica. In particolare stringe rapporti di amicizia e collaborazione con Piero Manzoni, con il quale forma un sodalizio artistico che incuriosiva i commentatori dell'epoca per il contrasto tra le loro personalità: tanto era vulcanico, scapigliato e giocoso Manzoni quanto Castellani era serio, distinto e riflessivo. Rapporti fruttuosi di scambio culturale vengono intrattenuti anche da Castellani con Agostino Bonalumi e Lucio Fontana. Dopo prime esperienze di carattere informale, probabilmente ispirate all'action painting americana e soprattutto da Mark Tobey, riconoscendo questo tipo di arte come maturo per un superamento, elabora con la collaborazione alla rivista Azimuth un nuovo inizio, che propone l'azzeramento totale dell'esperienza artistica precedente, basato su un nuovo patto con il progresso sociale. Tale azzeramento viene realizzato da Manzoni, Castellani e Bonalumi con l'utilizzo di tele monocrome (spesso totalmente bianche) estroflesse con varie tecniche in modo da creare effetti di luci ed ombre cangianti con l'inclinazione della sorgente luminosa. Si trattò di un'esperienza del tutto originale e considerata di fondamentale importanza nella storia dell'arte astratta del novecento, non solo per quanto riguarda la scena italiana. Se Piero Manzoni scelse come materiali prediletti il caolino e il cotone per i suoi celeberrimi “Achromes”, Castellani e Agostino Bonalumi avviarono un percorso rigorosissimo di studio ed analisi delle possibilità fornite dall'estroflessione della tela mediante l'utilizzo di chiodi, centine e di sagome di legno e metallo inserite dietro la tela. L'opera di Castellani, in particolare, a partire dall'opera del 1959 “Superficie nera a rilievo” pur nella costante fedeltà al mezzo artistico inizialmente scelto, è considerata da molti critici di estrema purezza, dove la ripetizione accuratamente scelta dei pieni e dei vuoti data dalle ritmiche estroflessioni della tela costituisce un percorso sempre nuovo, anche se coerente ed intenso. Anche nelle rare opere su carta Castellani è riuscito a realizzare il suo personalissimo stile di estroflessioni ritmiche. Castellani ha partecipato a numerosissime mostre di rilevanza internazionale, fra le quali si può ricordare la partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1964, 1966 e 2003, a Documenta di Kassel nel 1968 a The responsive eye al MoMa di New York nel 1965 e alla mostra Identité Italienne al centro G. Pompidou di Parigi. Ha esposto anche, fra le numerose mostre a lui dedicate, alla Biennale di San Paolo del Brasile (1965) e nella grande personale alla Fondazione Prada di Milano nel 2001. Le opere di Castellani, nel mercato dell'arte, sono fra le più ricercate e costose fra quelle del novecento italiano, con quotazioni che hanno raggiunto il milione di dollari e sono regolarmente scambiate nelle aste più prestigiose quali le famose "Italian Sales" di Londra.


Fausto Melotti[modifica | modifica wikitesto]

Fausto Melotti (Rovereto 1901 – Milano 1986) si laurea in Ingegneria elettrotecnica al Politecnico di Milano nel 1924, si diploma in pianoforte, studia scultura a Torino con Pietro Canonica, si iscrive poi all’Accademia di Brera, dove è allievo di Adolfo Wildt, conseguendo il diploma nel 1928. Nel 1935 aderisce al gruppo degli astrattisti milanesi della Galleria del Milione partecipando alla prima mostra collettiva di arte astratta nello studio di Casorati e Paulucci a Torino. Negli stessi anni prende parte anche al movimento francese Abstraction – Création, fondato a Parigi nel 1931 tra gli altri da Herbin, Vantongerloo e Arp. Nello stesso anno si inaugura alla Galleria del Milione la sua prima personale con le sculture di ispirazione strettamente contrappuntistica. Nel dopoguerra si dedica alla ceramica ottenendo un grande successo testimoniato dai numerosi premi vinti. L’esposizione del 1967 alla Galleria Toninelli di Milano ripropone il suo nome all’attenzione del pubblico e in particolare dei giovani. Da questo momento in poi innumerevoli saranno le esposizioni personali, in Italia e all’estero. Nel 1973 consegue il Premio Rembrandt, giudicato il Nobel delle arti, nel 1977 il Premio Biancamano. Non solo scultore, ma anche poeta e scrittore, di Melotti la casa editrice Adelphi pubblicherà nel 1975 Linee e nel 1978 Linee, Secondo Quaderno. Si spegne a Milano il 22 giugno 1986.

Mostre Tra le numerose esposizioni personali: 1987 – Fausto Melotti: l’acrobata invisibile, Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano; Fausto Melotti 1901-1986, Chiese rupestri Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci, Palazzo Lanfranchi, Matera. 1990 – Fausto Melotti. Opere 1934-1984, Museo Cantonale d’Arte, Lugano. 1994 – Melotti, IVAM Centro Julio Gonzalez, Valencia. 1995 – Fausto Melotti, Whanki Museum, Seul. 1999 – Fausto Melotti, Aichi Prefectural Museum of Art, Nagoya; Fausto Melotti, Lawrence Rubin, Greenberg Van Doren, fine Art, New York. 2000 – Fausto Melotti. Segno, musica e poesia, Fondazione Bandera per l’Arte, Busto Arsizio. 2002 – Fausto Melotti. L’art du contrepoint, Musée Picasso, Antibes. 2003 – Fausto Melotti. L’opera in ceramica, MART, Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Rovereto. 2004 – Fausto Melotti, MAC’s Grand-Hornu, Hornu; Melotti. Opere su carta, Palazzo Binelli, Carrara. 2005 – Fausto Melotti, Galeria Elvira Gonzalez, Madrid; Fausto Melotti, Galerie Karsten Greve, Colonia. 2006 – Fausto Melotti. Sculptures and Woks on Paper from 1955 to 1983, Waddington Galleries, Londra; Fausto Melotti. Consonanze, CAMeC, La Spezia; Fausto Melotti, Galerie Karsten Greve, Parigi. 2008 – Melotti, Acquavella Galleries, New York.


Francesco Somaini[modifica | modifica wikitesto]

Francesco Somaini si forma all'Accademia di Brera ed esordisce alla Quadriennale di Roma del 1948. Partecipa a numerose edizioni della Biennale di Venezia negli anni Cinquanta. Nel 1959 ottiene il premio per la scultura alla Biennale di San Paolo del Brasile, che pone la sua opera all'attenzione della critica e del mercato internazionale. Negli anni Sessanta tiene la sua prima personale a New York, oltre a una sala alla Biennale di Venezia. Il Monumento ai Marinai d'Italia di Milano è il primo di una lunga serie di opere monumentali erette negli USA e in Giappone oltre che in Italia. Negli anni Settanta la sua ricerca si focalizza sul rapporto tra scultura e spazio urbano. Dopo la stagione astratta ed informale, lo studio dell'anamorfosi conduce alla serie delle matrici e tracce, tema della nuova sala alla Biennale di Venezia del 1978 e, negli anni Ottanta e Novanta, ad un gruppo di sculture caratterizzate da una organicità prepotentemente vitalistica. Originale innovatore della scultura italiana, ha utilizzato nuove tecniche, come l'intaglio diretto della materia con il fuoco e il getto di sabbia a forte pressione. Accanto alla scultura ha praticato il disegno, la pittura e la fotografia. In Lombardia sue opere monumentali si trovano a Milano, Como, Bergamo, Menaggio.


Gianni Dova[modifica | modifica wikitesto]

Gianni Dova nasce a Roma nel 1925. Dopo aver studiato nel Collegio dei Gesuiti San Leone Magno, frequenta il liceo artistico a Milano (1939) e si diploma nel 1945 all’Accademia di Brera, dopo aver seguito i corsi di Funi, Carpi, Carrà. Già impegnato nella rivista “Numero” (1941) e aderente (assieme ad altri, tra cui Morlotti e Cassinari) al manifesto Oltre Guernica (1943), costituisce con Joppolo, Porzio, Tullier e i pittori Casorati, Meloni, Kodra, il Gruppo di Linea (1947), ribadendo un deciso orientamento pittorico neocubista. Negli anni Cinquanta si affianca agli artisti avanguardisti propugnatori dello spazialismo: in primo luogo Lucio Fontana, seguito da Crippa, con i quali sottoscrive il VI manifesto spazialista. Nel 1956 risiede ad Anversa, dove studia i dipinti di Bosch. L’anno seguente è premiato alla Biennale di San Paolo del Brasile. Nel 1959 espone al Salon de Mai (Darmstadter Sezession); partecipa quindi a diverse mostre (dell’arte italiana in Francia e a Torino; alle gallerie Michaud a Firenze e La Nuova Pesa di Roma ecc.) ed è ospitato in più di un’edizione della Biennale di Venezia (nel 1962 ha una sala personale) e della Quadriennale romana. Soggiorna in Bretagna tra il 1967 e il 1969. La cospicua produzione di Dova, scomparso a Milano nel 1991, versa su grafica, pittura, scultura e ceramica, decorazione murale. Tra le presenze espositive si segnalano le mostre monografiche a Palazzo dei Diamanti di Ferrara (1980), alla Galleria Cafiso a Milano e l’antologica curata dal Comune di Messina nel 1982

Giò Pomodoro[modifica | modifica wikitesto]

Giò Pomodoro (Orciano di Pesaro, 17 novembre 1930 – Milano, 21 dicembre 2002) viene considerato uno fra i più importanti scultori astratti del panorama internazionale del XX secolo. Già a partire dal 1955, collaborando anche con il fratello maggiore Arnaldo e con artisti del calibro di Dorazio, Novelli, Turcato, Tancredi, Perilli e Fontana, presentò delle opere al Gruppo “Continuità”, che vedeva la partecipazione di critici come Guido Ballo, Giulio Carlo Argan, e Franco Russoli. Più tardi però si staccò da questi artisti e si diresse incontro a un pensiero di “rappresentazione razionale dei segni”. Si è dedicato attivamente alla ricerca scultorea, partendo giovanissimo con le prime esperienze informali sul Segno, per approdare ai grandi cicli sulla Materia e il Vuoto – Superfici in Tensione e Folle – e sulla Geometria – Soli, Archi e Spirali. Dedicatosi attivamente alla pittura, all'oreficeria d'arte, alla scenografia e al design, è stato più volte invitato alla Biennale di Venezia e a documenta a Kassel. Predilesse ampie aree fluttuanti in bronzo e grandi blocchi scolpiti nel marmo o squadrati con rigidezza nella pietra. In queste opere solitamente si aprono degli spazi vuoti che lasciano irrompere la luce del sole. Il sole, infatti, è spesso il soggetto delle sue opere (anche se non viene rappresentato esplicitamente) a cui sono legati dei precisi significati ideologici dell'autore. Nel suo paese natale dell'entroterra marchigiano, precisamente nel luogo in cui nacque, decise di realizzare una piazza, recante al centro una sua opera in marmo intitolata Sole deposto. Nel 1971 fu tra i firmatari dell'appello pubblicato sul settimanale L'Espresso sul caso Pinelli.

Opere Monumentali Fra i lavori più noti di Giò Pomodoro vi sono le grandi opere monumentali, in pietra e bronzo, incentrate sulla fruizione sociale dell'opera d'arte. Fra queste grandi opere vanno ricordate il Piano d'Uso Collettivo dedicato ad Antonio Gramsci, ad Ales in Sardegna, Teatro del Sole – 21 giugno, Solstizio d'Estate, piazza dedicata a Goethe a Francoforte, Sole Aereospazio, a Torino, Scala Solare – Omaggio a Keplero, a Tel Aviv, Sole per Galileo Galilei, a Firenze, Sole – Agli Italiani nel mondo a Genova, la Palla a Pesaro e a Legnago, e altre ancora. Va ricordato anche il complesso monumentale installato a Monza, nella piazza di via Ramazzotti, che comprende le sculture in pietra del Sole – Luna – Albero collegate tra loro da un percorso a fontana (1985). Analogo al complesso di Monza, è l'imponente Luogo dei Quattro Punti Cardinali, un enorme luogo scolpito per l'incontro e la sosta della gente, frutto di una ricerca progettuale durata dieci anni (1981-1991) e collocato all'interno del Parco Pubblico di Taino, di fronte al Lago Maggiore.

Collezioni Pubbliche e Premi Le sue opere sono presenti nelle collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, fra le quali vanno ricordate l'Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington, la Collezione Nelson Rockfeller di New York, il Museo d'Arte Moderna di Città del Messico, la Collezione d'Arte Moderna della città di Jedda, in Arabia Saudita, il Musée d'Ixelles di Bruxelles, il ex-Fondation Verannemandi Belgio, il Kunst und Museumverein di Wuppertal, lo Yorkshire Sculpture Park di Wakefield, in Inghilterra, le Gallerie d'Arte Moderna di Roma e di Torino e il Civico Museo d'Arte Contemporanea di Milano. Nel 2002 l'I.S.C. ha conferito al Maestro il prestigioso premio alla carriera Lifetime Achievement Award in Contemporary Sculpture, premio assegnato ad altri artisti famosi (quali Louise Bourgeois, Anthony Caro, Eduardo Chillida, Claes Oldenburg e Robert Rauschenberg) e mai prima di allora dedicato ad un artista italiano.


VIDEO

Giò Pomodoro

Regia: Marco Poma Fotografia: Momi Modenato Produzione: Metamorphosi, Milano 1 min., 1975-2010

Dal 1954 al 1958... scolpire l’aria.


Luigi Veronesi[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Milano, all'età di 17 anni, grazie alla camera oscura del padre, inizia ad analizzare e sondare le potenzialità creative del fotogramma. Negli anni venti inizia l'attività artistica, frequentando un corso di disegnatore tessile, e contemporaneamente svolge ricerche nell'ambito fotografico che gli consentono di ottenere, attraverso determinate tecniche, immagini dense di originalità. A 20 anni comincia ad interessarsi alla pittura studiando presso il pittore napoletano Carmelo Violante. A Milano, nel 1932, la galleria Il Milione ospita le sue prime creazioni, di tipo figurativo: in seguito, inizia la sua personale ricerca nell'ambito dell'astrattismo. Nel 1934 aderisce al gruppo parigino Abstraction création, conosce le esperienze del costruttivismo svizzero ed aderisce, al metodo del Bauhaus tedesco. Molto attivo prima in teatro e poi al cinema, con un totale di 6 film sperimentali e astratti realizzati, di cui 4 completamente perduti, mentre degli altri rimangono solo brevi spezzoni non proiettabili (i primi risalenti agli anni quaranta). Durante la guerra utilizza le sue conoscenze di grafica e design e diviene falsario per il Movimento di liberazione nazionale. Nel dopoguerra fu cofondatore del gruppo fotografico La bussola. Lavora per molti anni come grafico e pubblicitario, ed alcuni suoi fotogrammi diventano copertine per riviste quali Campografico e Ferrania. Successivamente si interessa anche alla musica, creando una polidimensionalità dell'arte intesa come un progetto globale, approfondendo la sua ricerca sui rapporti matematici delle note musicali, traducendoli nei rapporti tonali del colore. Crea così numerose trasposizioni cromatiche di partiture musicali. Divenne infine negli anni settanta docente di cromatologia per l’Accademia di Belle Arti di Brera. Partecipa attivamente alla maggior parte delle mostre di quegli anni, quale la mostra dell'astrattismo italiano alla XXXIII Biennale di Venezia, il Festival di Musica Contemporanea ed una personale alla Galleria Spatia di Bolzano nel 1980. Sempre negli anni ottanta progetta diverse scenografie per il Teatro alla Scala di Milano. Si è spento nella sua città natale nel 1998.

Mostre Mostre personali 2001 – Luigi Veronesi, a cura di C. Cerritelli e P. Minoli, MAN, Nuoro; Luigi Veronesi, Galerie Verlag Aras, Ravensburg; Veronesi. Un percorso 1950-1990, Cardelli & Fontana, Pietrasanta. 2003 – Luigi Veronesi. Poesia organica, Valente Arte Contemporanea, Finale Ligure; Luigi Veronesi. Spazio – forma – colore, Lagorio Arte Contemporanea, Brescia. 2004 – Luigi Veronesi. Carte, Galleria Vismara, Milano. 2005 – Veronesi, a cura di S. Pegoraro, Rotonda di via Besana, Milano. 2007 – Luigi Veronesi. Lo spazio sensibile, a cura di R. Mutti e T. Mangano, Galleria BelVedere, Milano. 2008 – Luigi Veronesi nel centenario della nascita, a cura di Liliana Demattei, Galleria Martano, Torino.

Mostre collettive 2000 – Il fascino della ceramica. Percorsi tra arte e architettura dei Maestri del ‘900, a cura di C. Cerritelli e C.F. Carli, Museo della ceramica, Castelli; Miracoli a Milano. 1955/1965. Artisti, Gallerie, Tendenze, a cura di F. Gualdoni e S. Mascheroni, Museo della Permanente, Milano. 2001 – Novecento. Arte e storia in Italia, Scuderie Papali al Quirinale – Mercati di Traiano, Roma; Omaggio a Gillo Dorfles, PAC, Milano; Da Dürer a Picasso le xilografie attraversano la storia dell’arte, Istituto Nazionale per la Grafica, Roma. 2002 – Nel segno della luce. X Biennale d’Arte Sacra Contemporanea, Fondazione Stauròs Italiana, San Gabriele-Isola del Gran Sasso. 2003 – Il mito della velocità. L’arte del movimento. Dal Futurismo alla video-arte, a cura di C. Cerritelli, Casa del Mantegna, Mantova; Movimento Arte Concreta 1948-1952, a cura di E. Crispolti, Museo del Corso, Roma. 2004 – Bruno Munari. Luigi Veronesi. Tra fantasia e metodo, a cura di O. Berlanda e C. Cerritelli, Centro Arte Contemporanea, Cavalese; L'incanto della pittura. Percorsi dell'arte italiana del secondo Novecento, a cura di C. Cerritelli, Casa del Mantegna, Mantova; Vera fotografia italiana, a cura di A. Russo, Palazzo Ceriana, Torino. 2005 – Milano anni Trenta. L'arte e la città, a cura di E. Pontiggia, Spazio Oberdan, Milano; Anni Cinquanta. La nascita della creatività italiana, Palazzo Reale, Milano. 2006 – ViewPoints. Italy in Black and White, a cura di A. Russo, Estorick Collection of modern italian art, Londra; poi The Month of Photography, Bratislava. 2007 – Astrattismi 1945-1955, a cura di L. Caramel Fondazione Città di Cremona, Cremona.

Pubblicazioni recenti - L. Caramel, Dalla pittura al cinema: i film di Luigi Veronesi, in L. Caramel, A. Madesani, Luigi Veronesi e Cioni Carpi alla Cineteca Italiana, Il Castoro, Milano, 2002, pp. 11-76. - M. Vianello, Luigi Veronesi, in G. Billi, L. Caramel, C. Chenis (a cura di), Decima Biennale d’Arte Sacra, cat. mostra (San Gabriele, Teramo, 20 luglio – 29 settembre 2002), Fondazione Staurós, San Gabriele, 2002. - F. Gualdoni (a cura di), Un secolo d’arte a Varese, cat. mostra (Museo Civico F. Bodini, Gemonio, 16 marzo – 18 maggio 2003), Nicolini, Gavirate (VA), 2003. - C. Cerritelli (a cura di), Omaggio a Tazio Nuvolari: il mito della velocità. L’arte del movimento dal futurismo alla videoarte, cat. mostra (Casa del Mantegna, Mantova, 11 maggio – 28 settembre 2003), 2003. - E. Crispolti (a cura di), Movimento Arte Concreta 1948-1952, cat. mostra (Museo del Corso, Roma, 13 maggio – 31 agosto 2003), De Luca, Roma, 2003. - O. Berlanda, C. Cerritelli (a cura di), Bruno Munari, Luigi Veronesi. Tra fantasia e metodo, cat. mostra (Centro Arte Contemporanea, Cavalese, 11 luglio 2003 – 6 gennaio 2004), Mazzotta, Milano, 2003. - C. Cerritelli (a cura di), L'incanto della pittura. Percorsi dell'arte italiana del secondo novecento, cat. mostra (Casa del Mantegna, Mantova, 21 marzo – 27 giugno 2004), Publi Paolini, Mantova 2004. - A. Russo (a cura di), Vera fotografia italiana. Arte, costume e società nelle immagini di una collezione privata, cat. mostra, Skira, Milano 2004, pp.31-37. - E. Pontiggia (a cura di), Milano anni Trenta. L'arte e la città, cat. mostra (Spazio Oberdan, Milano, 2 dicembre 2004 – 27 febbraio 2005), Mazzotta, Milano 2004. - S. Pegoraro (a cura di), Veronesi, cat. mostra (Rotonda di via Besana, Milano, 5 maggio – 19 giugno 2005), Mazzotta, Milano 2005. - A. Russo (a cura di), Viewpoints. Italy in black and white, cat. mostra (Estorick Collection, Londra, 15 giugno – 5 settembre; The Month of Photography, Palace of Art, Bratislava, 4 novembre – 4 dicembre), Skira, Milano, 2005. - M. Ferrari Romanini, Astrattismi 1945-1955. Fra tradizione e contemporaneità, cat. mostra (Fondazione Città di Cremona, Cremona, 10 ottobre – 10 novembre 2007), Comune di Cremona, Cremona 2007. - R. Mutti, L. Caramel, Luigi Veronesi. Lo spazio sensibile, cat. mostra (Galleria BelVedere, Milano, 8 novembre – 9 dicembre 2007), Electa, Milano 2007.


VIDEO

Luigi Veronesi: emozioni astratte

Regia: Carlo Concina, Cristina Maurelli; autrice: Giovanna Chiti Coordinamento della produzione: Massimo Cecconi; organizzazione: Aurelio Citelli; operatore di ripresa: Renato Minotti; assistente operatore: Antonio Cominati; ha collaborato: Claudio Pellati Contributi critici: Claudio Cerritelli, Mario Pasi, Piero Quaglino Produzione esecutiva: EIDON Immagini e parole in movimento. Provincia di Milano. Medialogo: Eidon Immagini e parole in movimento 31 min., 1997 Collana: Gente di Milano

Luigi Veronesi (Milano, 1908 - 1998). Un racconto per immagini che ripercorre, attraverso le opere del Maestro, le tappe essenziali della sua lunga vita e riassume anche le grandi stagioni dell'arte del nostro secolo. Il video è anche un potente ritratto d'artista che mette in luce la personalità di Luigi Veronesi. Passionalità e rigore, determinazione e sensibilità fanno di questo grande pittore milanese un maestro di straordinaria umanità, un artista davvero capace di regalare “astratte emozioni”. Cresciuto artisticamente nel clima della scuola astratta degli anni '30, si è dedicato anche alla fotografia, al cinema, al teatro, alla musica e alle arti applicate. Fatti, personaggi, sentimenti ed emozioni si fondono nelle parole di questo artista eclettico.


Mario Nigro (pittore)[modifica | modifica wikitesto]

Mario Nigro (Pistoia 1917 – Livorno 1992) è legato alla vicenda del MAC. Il Movimento Arte Concreta, fondato a Milano nel 1948, propugnava un’arte che attingeva a forme e colori di autonoma elaborazione, visti non come astrazione dalla natura. Fra i promotori, con Munari e Soldati, c’era Gillo Dorfles, allora pittore oltre che critico. Fu lui a presentare, nel 1951, la prima personale del giovane artista approdato dalla Toscana a Milano. Nigro s’impose con una pittura di geometrica tessitura e rapporti dinamici di colore piatto, molto vicina alla lezione olandese di Van Doesburg, ma carica di energia vitale. Questa energia evolve negli anni Cinquanta in griglie strettissime con verdi acidi, gialli lampeggianti, interventi di rosso: una svolta in direzione optical (linea alla quale egli, forte delle sue lauree in Chimica e Fisica, dedicherà anche saggi teorici). Peraltro una sua personale nel 1956, ispirata a “tensioni reticolari”, fu letta anche come allusione drammatica all’invasione sovietica dell’Ungheria. Il dilagare dell’Informale mise poi in ombra i protagonisti del MAC. Nigro proseguì in una ricerca di spazi sempre più essenziali e rarefatta nei ritmi. Un suo quadro del 1954, esposto alla Biennale di Venezia del 1993, segnò l’inizio di una rivalutazione tuttora in corso.

Mostre Esposizioni e cataloghi mostre personali dal 2000 (selezione): 2000 – Mario Nigro. Konzentration und Reduktion in der Malerei, a cura di Klaus Wolbert, Institut Mathildenhöhe, Darmstadt (catalogo della mostra con testi di Klaus Wolbert, Mario Nigro e antologia critica a cura di Francesca Pola, Milano, Archivio Artistico Mario Nigro). 2002 – Mario Nigro. Anni '50. Tensioni reticolari, Spirale Arte artecontemporanea, Milano (catalogo della mostra con testo di Ada Masoero). 2003 – Mario Nigro. La rarefazione del segno, a cura di Antonella Soldaini, A arte Studio Invernizzi, Milano (catalogo della mostra con testo di Antonella Soldaini); Mario Nigro. Opere scelte, Galerie Karsten Greve, Milano. 2004 – Mario Nigro. Orizzonti orme cipressi, Artra, Palazzo Ducale, Genova. 2006 – Mario Nigro. Meditazioni, a cura di Giorgio Verzotti, A arte Studio Invernizzi, Milano (catalogo della mostra con testi di Mario Nigro, Giorgio Verzotti); Omaggio a Mario Nigro, a cura di Luca Massimo Barbero, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia (catalogo della mostra con testi di Luca Massimo Barbero, Germano Celant, Gianni Nigro, Mario Nigro).

Esposizioni e cataloghi mostre collettive dal 2007 (selezione): 2007 – Pittura Analitica. I percorsi italiani 1970-1980, a cura di Marco Meneguzzo, Museo della Permanente, Milano (catalogo della mostra, Milano, Silvana Editoriale); Terremoti d’Italia, Palazzo Trinci, Foligno / Museo Civico di Arte Contemporanea, Gibellina / Sala Gipsoteca, Complesso del Vittoriano, Roma. 2008 – Centenario Terremoto di Messina, Teatro Vittorio Emanuele, Messina; Time & Place: Milan/Turin, 1958-1968, a cura di Luca Massimo Barbero e Cecilia Widenheim, Moderna Museet, Stoccolma; Pittura Aniconica. Percorsi tra arte e critica in Italia 1968-2007, a cura di Claudio Cerritelli, Casa del Mantegna, Mantova. 2009 – Pensare pittura. Una linea internazionale di ricerca negli anni ’70, a cura di Franco Sborgi e Sandra Solimano, Museo d’Arte contemporanea di Villa Croce, Genova (catalogo della mostra, Milano, Silvana Editoriale); Temi & Variazioni. Dalla grafia all’azzeramento, a cura di Luca Massimo Barbero, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia; Costanti del Classico nell’arte del XX e XXI secolo, a cura di Bruno Corà, Fondazione Puglisi Cosentino, Palazzo Valle, Catania; Hot Spots. Rio de Janeiro / Milano-Torino / Los Angeles 1956-1969, a cura di Luca Massimo Barbero, Kunsthaus Zürich, Zurigo.


Enrico Baj[modifica | modifica wikitesto]

Dati sull'istituzione e sulle attività Le opere di Enrico Baj (1924-2003) sono state catalogate in tre volumi, i primi due pubblicati vivente l’artista: Enrico Crispolti, Catalogo generale Bolaffi delle opere di Baj, Giulio Bolaffi Editore, Torino, 1973 (edizione americana con testo di Herbert Lust); Catalogo generale dell’opera di Baj 1972-1996, testi di Enrico Crispolti, Martina Corgnati, Roberto Sanesi, Gabriella Huber, Luciano Caprile, Edoardo Sanguineti, Marconi-Menhir Editori, Milano, 1997; Il terzo poco dopo la morte: Enrico Baj, Catalogo generale delle opere dal 1996 al 2003, testi di Enrico Crispolti, Edoardo Sanguineti, Paolo Marconcini, Luciano Caprile, coedizione: Fondazione Marconi, Mlano – Menhir arte contemporanea, La Spezia – Comune di Pontedera, 2004. Sia il secondo che il terzo volume contengono un aggiornamento con le opere non figuranti nel catalogo precedente. I cataloghi riguardano le opere uniche e non comprendono opere su carta, i prototipi, multipli, opere per il teatro e quelle eseguite a più mani in collaborazione con altri artisti.

L’archivio Baj si occupa della catalogazione delle opere rintracciate successivamente alla pubblicazione dei cataloghi e ne rilascia autentica. Si pensa di pubblicare in futuro un aggiornamento con tali opere. L’archivio Baj inoltre collabora alla realizzazione di mostre personali e collettive in spazi pubblici e museali.

Notizie biografiche Enrico Baj (1924-2003), nasce a Milano, frequenta l’Accademia di Brera e contemporaneamente consegue la laurea in legge. Nel 1951 fonda il Movimento Nucleare e partecipa ai movimenti d’avanguardia italiani e internazionali con mostre, pubblicazioni e manifesti, collaborando con Lucio Fontana, Piero Manzoni, Arman, Yves Klein, il gruppo Phases, Asger Jorn e gi artisti del gruppo CoBrA. A partire dagli anni Cinquanta è presente sulla scena internazionale e in particolare espone regolarmente a Parigi. Le mostre più significative dell’ultimo decennio della vita dell’artista hanno avuto luogo alla Pinacoteca Casa Rusca a Locarno (1993), alll’Institut Mathildenhöhe a Darmstadt (1995), al Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain di Nizza (1998), al Musée de Chartres (2000), al Palazzo delle Esposizioni a Roma (2001). Nel 2003-2004 al Castello di Masnago, Varese si è tenuta una mostra concernente le connessioni tra arte e poesia nell’opera di Baj; a Milano a cura della Provincia una grande retrospettiva che si è svolta in spazi diversi in una sorta di itinerario attraverso i momenti salienti della sua carriera. Nella primavera 2004 si apre a Pontedera “Cantiere Baj”, una serie di manifestazioni che si concludono con la realizzazione nel dicembre del 2006 di un grande mosaico lungo cento metri sul muro che corre lungo la ferrovia a Pontedera. Il progetto per il Muro di Pontedera, costituito da dieci cartoni con collage di elementi di meccano, è l’ultima opera dell’artista, portata a termine pochi giorni prima della morte. Nel maggio 2007 la Friedrich Petzel Gallery di New York presenta una selezione di opere di Baj dalla fine degli anni Cinquanta al 2002. Nel 2008 due mostre monografiche: da gennaio a marzo alla Fondazione Marconi di Milano Baj, Dame e Generali ripropone il tema più “classico” dell’artista; da marzo a maggio Baj, Apocalisse, nel Chiostro di Sant’Agostino a Pietrasanta presenta la più grande installazione realizzata da Baj nel 1978 e arricchita di aggiunte fino al 2000. Nel 2009 in maggio a Milano, alla Fondazione Marconi Baj, mobili animati, che prende il titolo dalla bella monografia che Germano Celant ha dedicato a questo ciclo di opere degli anni Sessanta.

Vi è una costante che dà significato, coerenza e unità alla vita e al lavoro di questo artista: nei suoi oltre cinquant’anni di attività Baj non ha mai cessato di sperimentare e di rinnovarsi, sia nella scelta delle tematiche, sia delle tecniche pittoriche e incisorie. Tra queste certamente preferito è il collage che, associato o meno al colore, applicato anche nelle opere grafiche, gli ha dato modo di utilizzare ogni sorta di materiale in un gioco combinatorio continuamente rinnovabile. Oltre alle stoffe e alle passamanerie, ai cordoni, ai bottoni, ai pizzi, alle medaglie dei Generali e delle Dame, entrano nelle sue opere di volta in volta vetri colorati, specchi spezzati e ricomposti, elementi di impiallacciature e intarsi, parti di Meccano e di Lego, plastiche e celluloidi, pezzi di legno e oggetti di uso quotidiano. A mezza via tra l’omaggio e la dissacrazione Baj ha rifatto usando le proprie tecniche alcuni capolavori di Picasso, tra cui Guernica e Les Demoiselles d’Avignon (1969-1970) e di Seurat (1971). Negli anni Ottanta Baj ha dipinto una serie di tele dedicate a Ubu (1983-84); e i Manichini, che fanno riferimento alla pittura metafisica e nello stesso tempo denunciano il rischio di spersonalizzazione nella civiltà dei robot e del computer (1984-87), opere in cui abbandona totalmente il collage. Lo riprende assemblando oggetti di uso quotidiano e legni nelle Maschere (1993-95) e nei Totem (1997-2000), che ironizzano sulla ricerca di un certo primitivismo oggi alla moda. Infine compie una propria personalissima ricerca del tempo perduto eseguendo una serie di piccoli ritratti dei proustiani Guermantes (1999-2000); per le sue ultime Donne-Fiume e per i Monumenti Idraulici (2002-2003) utilizza tubi, sifoni, rubinetti, eccetera: entrambe queste serie di opere sono state esposte a Milano alla Galleria Giò Marconi, rispettivamente nel 2000 e nel 2003. A partire dai quadri nucleari che con una forte componente espressionista rappresentano gli incubi e le paure dell’uomo dopo Hiroshima, attraverso le immagini dei Generali e delle parate militari che denunciano l’arroganza e la stupidità del potere, Baj approda negli anni Settanta a tre grandi composizioni in cui maggiormente si concretizza il suo impegno: I funerali dell’anarchico Pinelli (1972); Nixon Parade o Watergate, (1974); Apocalisse (1978-2000), work in progress a composizione variabile che mette in scena il degrado della contemporaneità e i mostri generati dal sonno della ragione. In seguito i cicli dei Combinatoires e del Kitsch (1989-1990) rappresentano l’esplosione demografica alla fine del millennio e le masse affascinate dal sistema dei consumi e dal kitsch, che secondo Baj e l’unico vero stile della nostra epoca. Per quanto feroce, la sua critica è sempre temperata dall’ironia che conferisce alle sue opere una certa leggerezza: Baj non dimentica mai la lezione di Rabelais e soprattutto di Jarry e la figura emblematica di Ubu; infatti ha fatto parte del Collège de Pataphysique di Francia dal 1963 in qualità di Trascendente Satrapo. Oltre alla sua attività di pittore e scultore, Baj è stato fertilissimo incisore : a partire dal 1952 ha realizzato più di 700 stampe, di cui una parte sono raccolte in libri d’artista che illustrano sia poeti e scrittori del passato (Lucrezio, Marziale, Milton, Lewis Carroll e altri), sia moderni quali Raymond Queneau, André Pieyre de Mandiargues, Benjamin Péret, Alain Jouffroy, Jean-Clarence Lambert, Roberto Sanesi, Giovanni Giudici, Paolo Volponi, Italo Calvino, Edoardo Sanguineti, Guido Ballo, André Verdet, Fernando Arrabal, Giovanni Raboni, Andrea Zanzotto, Raphael Rubinstein. Enrico Baj è stato anche scrittore e critico: autore di libri, ha ideato e curato numerosi manifesti e collaborato a molti giornali e riviste.

Sue opere si trovano in collezioni private italiane e straniere e nei seguenti musei: Civiche raccolte d’arte, Milano; Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma; GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino; Fondazione Peggy Guggenheim, Venezia; Università di Parma; Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou, Parigi; Musée d’Art Moderne, Saint-Etienne; Tate Gallery, Londra; Stedelijk Museum, Amsterdam; Museum Boymans-van Beuningen, Rotterdam; Museum voor Schone Kunsten, Gand; Moderna Museet, Stoccolma; Museum des 20sten Jahrhunderts, Vienna; Musée d’Art et d’Histoire, Ginevra; Pinacoteca Comunale Casa Rusca, Locarno; Musée d’Art Moderne, Skopje; Museum of Contemporary Art, Chicago; The Art Institute, Chicago; National Gallery, Washington; Australian National Gallery, Canberra.

Bibliografia essenziale Pubblicazioni a carattere monografico (dal 1990): - I libri di Baj, catalogo ragionato delle edizioni numerate, a cura di Massimo Mussini, testi di Massimo Mussini, Nani Tedeschi, Luciano Caprile, Electa, Milano, 1990. - Jean Baudrillard, Enrico Baj, Transparence du kitsch, catalogo della personale alla Galerie Beaubourg, Parigi, dicembre 1990 - gennaio 1991, Editions de la Différence, Parigi, 1990. - Enrico Baj. Il giardino delle delizie, pubblicato a cura di Giò Marconi in occasione della personale da Marconi, Milano, Gennaio-marzo 1991, con testi di Umberto Eco, Donald Kuspit, Jean Baudrillard, Fabbri Editori, Milano, 1991. - Enrico Baj, catalogo della personale alla Pinacoteca Casa Rusca, Locarno, dicembre 1993 - marzo 1994, 2 voll., con testi di Pietro Bellasi, Luciano Caprile, Emmanuel Guigon, Arturo Schwarz, Gabriella Huber, Electa, Milano, 1993. - Apocalisse di Enrico Baj, con testi di Enrico Baj, Umberto Eco, Edoardo Sanguineti, Jan van der Marck, Pietro Bellasi, Edgar Morin, Roberto Sanesi, Banca Commerciale Italiana, Milano, 1995. - Gabriella Huber, Klaus Wolbert, Enrico Baj. “Das Begräbnis des Anarchisten Pinelli” und andere Werke aus vier Jahrzehnten, catalogo della personale al Mathildenhöhe, Darmstadt, ottobre 1995 - gennaio 1996. - Catalogo generale dell’opera di Baj 1972-1996, testi di Enrico Crispolti, Martina Corgnati, Roberto Sanesi, Gabriella Huber, Luciano Caprile, Edoardo Sanguineti, Marconi-Menhir Editori, Milano, 1997. - Enrico Baj. Monstres, figures, Ubu, catalogo della personale al Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain, Nizza, dicembre 1998 - marzo 1999, testi di Edouard Jaguer, Brunella Eruli, Gabriella Huber, Thieri Foulc. - Alain Jouffroy, Silvia Pegoraro, Enrico Baj - I Guermantes, Skira-Marconi, Milano, febbraio 2000. - Baj, libri d’artista, a cura di Luciano Caprile, con un testo di Claudio Salsi e un’intervista con Baj di Luciano Caprile, Edizioni Signum-Marconi, Milano, maggio 2000. - Enrico Baj, opere dal 1951 al 2001, testi di Gabriella Huber, Marco Livingstone, Paul Virilio, Enrico Baj e antologia critica, Skira editore, Milano 2001. - Enrico Baj, Idraulica, testi di Gillo Dorfles, Giovanni Raboni, Enrico Baj, Farfa, Skira/Gió Marconi, Milano, 2002. - Enrico Baj, Pictura ut poesis, incroci tra arte e letteratura, a cura dei Musei Civici di Varese e di Marco Meneguzzo, testi di Giovanni Raboni, Jean-Clarence Lambert, Marco Meneguzzo, Jan van der Marck, Bandecchi & Vivaldi Editori, Pontedera, 2003. - Enrico Baj, opere 1951-2003, a cura di Martina Corgnati, testo critico di Martina Corgnati e testimonianze di Gillo Dorfles, Dario Fo, Edouard Jaguer, Alain Jouffroy, Edoardo Sanguineti, Skira, Milano, 2003. - Enrico Baj, Catalogo generale delle opere dal 1996 al 2003, testi di Enrico Crispolti, Edoardo Sanguineti, Paolo Marconcini, Luciano Caprile, coedizione: Fondazione Marconi, Mlano – Menhir arte contemporanea, La Spezia – Comune di Pontedera, 2004. - Jean-Clarence Lambert, Ububaj in Svizzera, Menhir arte contemporanea, La Spezia, 2004. - Baj idromeccanologia, testi di Enrico Crispolti, Riccardo Ferrucci, Roberta Cerini, Cristina Piersimoni, Alain Jouffroy, Enrico Baj, Gillo Dorfles, Marcello Faletra, Farfa, Morgana Edizioni, Firenze, 2004. - Enrico Baj, Monumentum, testi di Dario Fo, Gillo Dorfles, Enrico Baj, e antologia critica, Fondazione Marconi, Milano, 2007. - Enrico Baj, oggettosoggetto, testi di Lalli Munari, Roberta Cerini Baj, Luciano Caprile, Elena Forin, Anfiteatro Arte, Padova, ottobre 2007. - Enrico Baj. Dame e Generali, con antologia critica, Skira e Fondazione Marconi, Milano, 2008. - Enrico Baj, Apocalisse, testi di Luciano Caprile e Roberta Cerini e antologia critica, CD&V editore, Firenze, 2008. - Germano Celant, Enrico Baj, mobili animati, Skira e Fondazione Marconi Editori, Milano, 2009.

Scritti di Baj Manifesti: - Manifesto della pittura nucleare, Bruxelles, 1 febbraio 1952. - Contro lo stile, Milano, settembre 1957. - Arte interplanetaria, Pianeta Terra, gennaio 1959. - Manifeste de Naples, Napoli, gennaio 1959. - Manifesto per un futurismo statico, in Enrico Baj, Studio Marconi, Milano, novembre-dicembre 1983.

Libri: - Autodamé, Cappelli Editore, Bologna, 1980. - Patafisica, la scienza delle soluzioni immaginarie, Edizioni Bompiani, Milano, 1982. - Automitobiografia, dai giorni nostri alla nascita, Rizzoli Editore, Milano, 1983. - Maria Siniscalchi, Raymond Queneau-Enrico Baj, lettere inedite, Giannini Editore, Napoli, 1983. - Impariamo la pittura, Rizzoli Editore, Milano, 1985. - Enrico Baj-Renato Guttuso, Fantasia e realtà, Rizzoli Editore, Milano, 1987. - Cose, fatti, persone, Elèuthera, Milano, 1988. - Baj-Jorn, Lettres 1953-1961, prefazione di Enrico Baj, note di Maurice Fréchuret, Musée d’Art moderne, Saint-Etienne, 1989. - Ecologia dell’arte, Rizzoli Editore, Milano, 1990. - Cose dell’altro mondo, Elèuthera, Milano,1990. - Che cos’è la Patafisica, Edizioni l’Affranchi, Salarino, Svizzera, 1994. - Scritti sull’arte, dal futurismo statico alla merda d’artista, AAA edizioni, Bertiolo, Udine, 1996. - Conversazioni con Enrico Baj, mezzo secolo di avanguardie, di Luciano Caprile, Eleuthera, Milano, 1997. - Kiss me, I’m Italian, Editions Nautilus, Hamburg, 1998 (Vari scritti di Baj tradotti da Egon Günther, un testo di Egon Günther e testo di Herbert Lust I funerali dell’anarchico Pinelli, una crocefissione senza Dio). - Inactualité de l’art et Pataphysique, suivi du Manuel de survie, Editions Jannink, Paris, 1998. - Arnico Baj (Enrico e Angelo Baj), Dizionarietto di sopravvivenza, AAA Edizioni, Bertiolo, Udine, 1999. - Enrico Baj-Paul Virilio, Discorso sull’orrore dell’arte, Eleuthera, Milano, gennaio 2002. - Sous l’art, l’or, testi da Cose, fatti, persone, Milano, Elèuthera 1988, Cose dell’altro mondo, Milano, Elèuthera 1990, conversazioni con Enrico Baj, Milano, Elèuthera 1997; traduzione di Jean-Manuel Traimond, Atelier de création libertarie, Lione, novembre 2002; in Avant-propos inserito parzialmente tradotto e adattato Una breve storia di censura, scritto nel marzo 2002. - Paul Virilio, Enrico Baj, Discours sur l’horreur de l’art, traduzione di Jean-Manuel Traimond, Atelier de création libertaire, Lione, febbraio 2003. - Enrico Baj, Autocritica, a cura di Roberta Cerini Baj, Tra Art poetiche, Regione Toscana, 2004. - Enrico Baj, La Patafisica, a cura di Angela Sanna, Abscondita, Milano, 2009.


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Enrico Baj, Giuliano Mauri e altri

Produzione Mapp, Milano. 1995

Il particolarissimo Museo d’Arte Paolo Pini, in zona nord-Affori a Milano, nasce nel 1995 dal binomio arte-follia con opere di autori internazionali presenti nel filmato con una carrellata su Baj, l’azionista Giuliano Mauri e altri autori (Goodwin, Disler) alle prese con le opere realizzate sulle pareti anche in collaborazione con utenti delle Botteghe museali. All’interno opere di Tadini, Anzinger, Baratella, Floreani, Gilardi, Presicce, Pusole e tanti altri. Notevole anche la presenza dell’annesso parco d’arte nel giardino circostante.


Piero Manzoni[modifica | modifica wikitesto]

Piero Manzoni nasce il 13 luglio del 1933 a Soncino (Cremona). Cresce a Milano, trascorrendo le vacanze estive ad Albisola Marina, in Liguria, dove la famiglia frequenta Lucio Fontana, il fondatore dello Spazialismo. Nel 1956 Manzoni debutta alla “IV Fiera mercato” del castello Sforzesco di Soncino. L'anno successivo partecipa alla mostra “Arte Nucleare”, presso la galleria San Fedele di Milano: dipinge sagome antropomorfe e quadri con impronte di oggetti. Realizza inoltre i primi Achromes (1957), grandi superfici bianche imbevute di colla e caolino (un'argilla bianca impiegata nella produzione della ceramica). Nel 1958 espone insieme a Lucio Fontana e ad Enrico Baj. Inizia la collaborazione con Enrico Castellani e Agostino Bonalumi. Nel 1959 fonda la rivista “Azimuth” e la Galleria Azimut. Lo stile di Manzoni diviene sempre più radicale. Supera la superficie del quadro e propone una serie di opere provocatorie, insofferenti nei confronti della tradizione: • le Linee tracciate su strisce di carta, arrotolate e chiuse in un tubo di cartone (la più lunga, creata ad Herning, in Danimarca, nel 1960, grazie al mecenatismo di Aage Damgaard, misura 7200 metri); • i Corpi d’aria e il Fiato d'artista (palloncini contenenti il fiato di Manzoni); • le Uova scultura, autenticate dalle impronte digitali dell'artista; • le Basi magiche, piedistalli sui quali chiunque può diventare un'opera d'arte; • nuovi Achromes, realizzati con i materiali più vari, dalla fibra di vetro ai pani plastificati, alcuni rigorosamente bianchi, altri in colori fosforescenti. Il 21 luglio del 1960, Piero Manzoni presenta alla Galleria Azimut di Milano una delle performance più famose: la Consumazione dell'arte dinamica del pubblico divorare l'arte. L'artista firma con l'impronta del pollice alcune uova sode che vengono consumate sul posto dal pubblico. Nel 1961, alla Galleria La Tartaruga di Roma, Piero Manzoni firma per la prima volta degli esseri umani trasformandoli in Sculture viventi. Nello stesso anno pone in vendita le scatolette di Merda d'artista. Nel 1962, Manzoni progetta con l'editore Jes Petersen la pubblicazione di un libro dalle pagine bianche: “Piero Manzoni. The Life and the Works”. Il 6 febbraio 1963, Manzoni muore improvvisamente di infarto a Milano, nel suo studio.


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Piero Manzoni

Regia: Marco Poma Fotografia: Momi Modenato Produzione: Metamorphosi, Milano 2 min., 1975-2010

...ma che arte è questa?


Piero Manzoni – Corpi d'aria

Aree e sfere di gomma per opere d'arte. Questo filmato del dicembre 1959, della durata di 1,5 minuti, è stato girato dalla Filmgiornale SEDI di Milano, che produceva brevi cortometraggi, in visione al cinema prima dei film; in maniera spesso ironica venivano raccontate le novità dell’arte contemporanea. Su Piero Manzoni sono stati girati 4 filmati. Si ringrazia: Piero Finocchi, © Fondazione Piero Manzoni, Milano; Gianpaolo Maccentelli e Famiglia, Bologna

Ennio Morlotti[modifica | modifica wikitesto]

Ennio Morlotti (Lecco, 21 settembre 1910 – Milano, 15 dicembre 1992). Nel 1917 entra nel collegio Paolo Angelo Ballerini di Seregno dove rimarrà fino al 1922. Dal 1923, per mantenersi, concilia lavoro e apprendistato artistico. Dapprima lavora come contabile presso un oleificio, in seguito sarà impiegato in un colorificio e poi in una fabbrica meccanica. Nel frattempo studia arte antica nelle chiese e nei musei ed inizia ad interessarsi all’arte contemporanea. Nel 1936, dopo aver conseguito la maturità artistica da privatista presso l’Accademia di Brera, lascia il lavoro e si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Firenze sotto la guida di Felice Carena. Studia Masaccio, Giotto e Piero Della Francesca ma, rendendosi conto che le sue radici pittoriche lombarde sarebbero state deviate verso la pittura toscana, abbandona presto Firenze. Nel 1937 soggiorna per un breve periodo a Parigi dove entra in contatto con i grandi protagonisti dell'arte Europea, da Cézanne al Fauvismo e all'Espressionismo di Soutine e di Rouault. Alle Expositions universelles de Paris conosce l'opera di Picasso, Guernica, rimanendone fortemente impressionato. Al suo ritorno in Italia si trasferisce a Milano e s'iscrive all'Accademia di Belle Arti di Brera. Di quegli anni sono le prime opere. Nel 1939 entra a far parte del gruppo dei pittori di Corrente con Ernesto Treccani, Renato Guttuso, Renato Birolli e Bruno Cassinari rivelandosi ben presto il più estremista del gruppo. A Milano dal ’39 al ’42 il pittore frequenta Brera. Entra a far parte di “Corrente” nel ’40. Nel’41 e nel ’42 Morlotti partecipa al premio Bergamo. I suoi orientamenti artistici sono chiaramente delineati, ed egli va assumendo una sua precisa, isolata posizione. Nel ’44 si ritira a Mondonico. Tra il ’45 e il ’46 dipinge i paesaggi detti “dossi”, e quelle opere di forte, definitiva riflessione su Picasso, che sono “La donna che si lava” e “Le donne di Varsavia”. È attivamente partecipe della vita culturale del tempo, collabora a riviste (“Il 45”, “Numero”, “Pittura”). Dopo un secondo soggiorno a Parigi nel 1947, partecipa al Fronte nuovo delle arti, e dopo la scissione, aderisce con Birolli e Cassinari al Gruppo degli Otto di Lionello Venturi. I soggetti più visitati dall'artista sono i paesaggi, le nature morte e gli studi di figura. Nel ’54 l’artista presenta alla XXVII Biennale di Venezia cinque grandi quadri di figura, poi distrutti. Sono l’annuncio di quella poetica nella quale si afferma l’identità di figura e paesaggio metafora prorompente della sua idea di pittura come coinvolgimento, come essere nelle cose. Al sommo della densa stagione degli anni cinquanta Morlotti sposta il suo interesse sul paesaggio ligure. L’incontro è preparato dagli interni movimenti del linguaggio dell’artista: esso assume quel “punto di distanza” (P.G. Castagnoli) che la precedente esperienza aveva negato. Tra il ’70 e il ’75 Morlotti dipinge grandi quadri di figura, culminanti nel dipinto “Ricordo di Hölderlin”: una compiuta espressione del motivo dell’appartenenza della figura e del paesaggio all’humus formante della pittura. Tra il 1970 e il 1977 nasce la serie dei Teschi, mentre contemporaneamente, a partire dal ’75, Morlotti inizia dipingere sul tema delle rocce. Al ciclo delle Rocce tiene dietro un rinnovato interesse per la figura. Alla metà degli anni ottanta Morlotti inizia a dipingere una serie di Bagnanti: sono grandi figure, plastiche, di materia densa, pervase di luce e riecheggiano, nella loro imponente struttura, il suo amore per l’architettura romanica. Alla Biennale dell’88 le grandi figure di Morlotti stupiranno la critica più avvertita per la loro potenza espressiva e per “lo spessore doloroso e nuovo” (R. Tassi) che le distingue. Ora l’artista è assiduamente, appassionatamente impegnato a dipingere il nuovo ciclo delle Bagnanti. È un tempo di intenso lavoro, di fervida, di profonda ispirazione. Nascono oltre tutto dipinti di dimensioni maggiori di quanto Morlotti abbia mai realizzato prima. Le ultime, grandi Bagnanti di Cèzanne non sono un riferimento diretto ma agiscono certamente nella memoria dell’artista, nel suo anelito a pervenire a quell’assoluta fusione tra figura e paesaggio che egli aveva tentato altrimenti in precedenti fasi della sua attività. I dipinti di questi ultimi anni manifestano una raggiunta armonia fra i fondamentali temi dell’arte di Morlotti e persino una mutata connessione tra i diversi elementi del suo precedente linguaggio al punto da pervenire, la sua immagine ad un nuovo, arioso senso dello spazio conservando, potente, il senso dei luoghi e dell’ora naturali. Ennio Morlotti muore improvvisamente a Milano il 15 dicembre del 1992.

Gianfranco Bruno in Ennio Morlotti. Catalogo ragionato dei dipinti, Gianfranco Bruno, Piergiovanni Castagnoli, Donatella Biasin, Milano, 2002

Mostre Esposizioni personali principali (dal 1982): 1982 – Ennio Morlotti. Le rocce 1975-1982, Galleria Bergamini, Milano; Morlotti. Rocce. 1979-1981, Galleria Bambaia, Busto Arsizio. 1983 – Ennio Morlotti, Pinacoteca Comunale, Loggetta Lombardesca, Ravenna; Ennio Morlotti, Castel Ivano Incontri, Ivano Francena. 1985 – Ennio Morlotti. Le rocce 1975-1984, Galleria Civica, Palazzina dei Giardini, Modena. 1987 – Il paesaggio di Morlotti, Casa Rusca, Locarno; Ennio Morlotti mostra antologica, Palazzo Reale, Milano. 1988 – Morlotti. Premio “Città di Jesi – Rosa Papa Tamburi” VI Edizione, Chiesa di San Nicolò, Jesiugno; XLIII Biennale Internazionale d’Arte, sala personale, Venezia. 1989 – Ennio Morlotti, Galerie Carzaniga + Uecker, Basilea. 1990 – Ennio Morlotti “figure nel paesaggio”. I. I dipinti a olio – II. I pastelli, Diarte Galleria Bergamini, Milano. 1991-1992 – Morlotti. Dipinti 1954-1964, Galleria d’Arte Moderna, Villa delle Rose, Bologna. 1992 – Morlotti. Variazioni sopra un Canto. Bagnanti 1991-1992, Ruggerini e Zonca, Arte Moderna e Contemporanea, Milano. 1992-1993 – Ennio Morlotti. Nudi e Bagnanti 1942-1992, Galleria Comunale d’Arte, Cesena / Casa del Mantenga, Mantova / Villa La Versiliana, Pietrasanta. 1994 – Morlotti. Opere 1940-1992, Civiche Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, Palazzo dei Diamanti, Ferrara; Omaggio a Ennio Morlotti. Opere 1940-1990, Museo delle Arti e Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Bandera, Busto Arsizio. 1996-1997 – Morlotti. Opere 1936-1991, Galleria Comunale d’Arte, Palazzo Sarcinelli, Conegliano. 2002-2003 – Ennio Morlotti. Dipinti 1942-1978, Bambaia Galleria d’Arte, Busto Arsizio; Ennio Morlotti. Il sentimento dell’organico, Centro Saint - Bénin, Aosta; Morlotti dal Naturalismo lombardo all’Informale, Villa Manzoni, Lecco. 2004 – Ennio Morlotti. Dall’orizzonte alla carne, Galleria Civica Ezio Mariani, Seregno. 2007 – Ennio Morlotti. Di terra e di silenzi, Studio Forni, Milano; Ennio Morlotti. I segni incrociati del silenzio, Palazzo del Comune, Santo Stefano al Mare. 2008 – Ennio Morlotti. Fascino della materia, Studio d’Arte Eclektica, Pisa.

Bibliografia essenziale Per una bibliografia generale su Ennio Morlotti si rimanda a : Pier Luigi Rebesco (a cura di), Ennio Morlotti. Bibliografia della critica. Catalogo delle mostre (1937-1985), Edizione Bambaia, Busto Arsizio, 1986; Donatella Biasin, Schede e apparati, in Gianfranco Bruno, Pier Giovanni Castagnoli, Donatella Biasin, Ennio Morlotti. Catalogo ragionato dei dipinti, Skira, Milano, 2000, tomo secondo, pp 741-781.

Saggi e monografie: - Maurizio Calvesi, Paul Ginsborg, Novecento. Arte e Storia in Italia, catalogo della mostra, Skira, Milano, 2000, pp. 202-203. - Marco Franciolli, Lorenza Trucchi, Da Kandinsky a Pollock la vertigine della non forma, catalogo della mostra, Federico Motta Editore, Milano, 2001, pp. 122-123. - Claudio Guarda, Ricordando Morlotti, Edizioni Matasci, Tenero, 2002. - Adriano Conte, Marcello Conte (a cura di), Morlotti, catalogo della mostra con testo di Luigi Cavallo, collaborazione Oretta Nicolini, Edizioni Galleria Il Castello, Milano, 2002. - Giovanni Testori, Morlotti o la rivincita della pittura. Lezione agli studenti degli Istituti Superiori, Sala Zappettini, Busto Arsizio, 28 novembre 1978, Edizioni Bambaia, Busto Arsizio, riedito nel 2002 in occasione della mostra, organizzata a dieci anni dalla morte dell’artista, Ennio Morlotti. Dipinti 1942-1978. - Claudio Spadoni (a cura di), Da Renoir a De Staël. Roberto Longhi e il moderno, catalogo della mostra, Mazzotta editore, Milano, 2003. - Ivo Iori (a cura di), Roberto Tassi. Tre pittori Sutherland Morlotti Ruggeri, Monte Università Parma Editore, Parma, 2009.


Remo Brindisi[modifica | modifica wikitesto]

Remo Brindisi nasce a Roma il 25 aprile 1918 da madre ligure e padre abruzzese. Ha studiato a Pescara, l'Aquila e Roma, frequentando la Scuola d'Arte di Urbino. Nel corso della vita ha compiuto molti viaggi di studio (tra cui a Firenze, Parigi, Venezia) e poi si è trasferito a vivere a Milano. Riconosciuto a livello internazionale sino a divenire uno dei pittori maggiormente citati e noti della pittura italiana dell’ultimo secolo. A lui sono dedicati in Italia istituti scolastici nonché alcune strade. Al 1940 risale la sua Prima Personale (Firenze): la presentazione del catalogo della mostra è scritta da Eugenio Montale. Ha esposto opere in mostre personali a Parigi, Nizza, Milano, Venezia, Roma al Cairo, a San Paolo del Brasile. È stato Presidente della Triennale di Milano e gli è stata assegnata la medaglia d’oro della Pubblica Istruzione della Repubblica per meriti culturali. Ha partecipato, soprattutto tra gli anni '40 e '50, a numerose Biennali di Venezia ed alle Quadriennali di Roma. Famoso anche per le figure, i volti ed i paesaggi: le “Venezie”, gli “Oppositori”, i “Pastorelli”, le “Maternità” sono i temi ciclici maggiormente ricorrenti. Ha dipinto opere a oggetto sociale e politico, fra cui spicca il ciclo Storia del Fascismo (1957-62). Ha creato i simboli portati in processione il Venerdì Santo a L'Aquila. Ha costituito (realizzata tra il 1971 ed il 1973 su progetto di Nanda Vigo) un museo d'arte moderna a Lido di Spina, donandolo all’amministrazione comunale di Comacchio. Nel museo, la cui struttura interna è a sua volta un’opera architettonica di pregio, sono raccolte molte opere di artisti contemporanei. L’anticonformismo di Brindisi, il suo rifiuto viscerale per ogni forma di violenza, la sua profonda sensibilità per la condizione umana, sono espressi senza ambiguità ancor prima di trasformarsi in inquietanti immagini nella rabbiosa eloquenza dei suoi titoli: piovra, agguato, fare i soldi, uomo d’odio, la cambiale, vincitore e vinto, uomini muro, reazionario, contestatore, linfa di bile, il manto del carnefice; quest’ultima opera – come in una nuova Antologia di Spoon River – accomuna le vittime della violenza senza alcuna distinzione ideologica: dai Martiri delle Fosse Ardeatine a quelli delle foibe carsiche, da Jan Palach a Matteotti a Kennedy, ai Fratelli Cervi, Don Minzoni e Curiel, Martin Luther King e Panagulis. Ancora legato ad un impianto descrittivo di origine realista, su queste opere innesta cadenze espressionistiche dando vita ad un originale linguaggio neofigurativo. Poeta lirico ma anche scrupoloso osservatore della precarietà della vita e della mutevolezza umana, Brindisi ci narra nelle opere più recenti, la cronaca visionaria del tragico periodo che inizia con gli attentati dinamitardi del 1969 e che culmina con la strage di via Fani a Roma. Ed è alla memoria dello statista Aldo Moro che l’artista ha dedicato l’imponente ciclo intitolato “l’acquila colpita”.

Per una conoscenza più approfondita delle opere, mostre personali e rassegne collettive, testi critici, articoli e notizie bibliografiche inerenti a scritti di e su Remo Brindisi, si rimanda alla consultazione dei volumi monografici: Remo Brindisi, Cataloghi Generali, edizioni 1995 e 1998, Galleria Pace Milano.


Rodolfo Aricò[modifica | modifica wikitesto]

Rodolfo Aricò nasce a Milano il 3 giugno 1930. Tra il 1946 e il 1950 frequenta il Liceo Artistico di Brera, mentre tra il 1950 e il 1955 la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. In questi anni compie le prime esperienze artistiche, ma continua comunque a coltivare il suo interesse per l'architettura. Nel 1957 stringe amicizia con alcuni pittori quali Giustino Vaglieri, Mino Ceretti, Bepi Romagnoni, Giorgio Bellandi, seguirà un poco il gruppo ma poi se ne distaccherà successivamente. Nel 1959 realizza la sua prima mostra personale, tenuta al Salone Annunciata di Milano. Nel 1962 tiene la sua seconda personale al Salone Annunciata e partecipa alla collettiva “Nuove prospettive della pittura italiana” a Palazzo Re Enzo a Bologna. Nel 1964 partecipa alla XXXII Biennale di Venezia. Nel 1967 espone alla Galleria L'attico di Roma mentre l'anno successivo è invitato a partecipare alla XXXIV Biennale di Venezia dove presenta, in una sala personale, uno spazio occupato da grandi opere dal quale emerge il carattere strutturale della sua pittura-oggetto. In questo periodo stringe amicizia con Toti Scialoja, con il quale collabora come assistente presso il Liceo Artistico di Brera. Nel 1970 Aricò comincia ad orientare i suoi studi sulla prospettiva, secondo una finalità che egli stesso definisce di “rappresentazione trasgredita”. Nel 1971 è invitato a partecipare all'esposizione “Homage a Joan Mirò” e nello stesso anno inizia la carriera accademica cominciando ad insegnare Scenografia presso l'Accademia di Belle Arti di Urbino. Nel 1973 partecipa insieme a Carlo Battaglia, Claudio Verna e Giorgio Griffa alla mostra “Iononrappresentonullaiodipingo”, tenutasi presso lo Studio La Città di Verona. L'anno successivo è invitato per una mostra antologica a Palazzo Grassi a Venezia dove presenta Work in progress, una serie di opere già avviata nel 1968. Nel 1975 prende parte ad alcune collettive quali: “Peinture italienne aujourd'hui”, Galerie Espace 5, Montreal e Galerie Templon, Parigi; “Empirica: l'arte tra addizione e sottrazione”, Museo di Castelvecchio, Verona; “Trompe l'oeil”, Galleria Stendhal, Milano; “Spazio attivo/struttura”, Studio Marconi, Milano e Galleria Rondanini, Milano. Nel 1978 realizza una scenografia per il Teatro dell'Assurdo di Tardieu al Teatro Pier Lombardo di Milano. Nello stesso anno partecipa alla collettiva “I nodi della rappresentazione” presso la Pinacoteca comunale di Ravenna, dove ha l'occasione di presentare Scena di Ravenna, un'opera di vaste proporzioni che vuole rappresentare una sorta di contaminazione tra pittura, architettura, scenografia. Sempre nel 1978 ottiene la cattedra di Scenografia presso l'Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 1980 tiene una personale presso la Casa del Mantegna a Mantova, focalizzata sull'indagine delle relazioni tra pittura, architettura e mito. Nel 1981 partecipa alle collettive “Linee della ricerca artistica in Italia 1960/80”, presso il Palazzo delle Esposizioni a Roma e “30 anni d'arte italiana 1950/80. La struttura emergente e i linguaggi espropriati”, tenutasi ai Musei Civici Villa Manzoni di Lecco. Nel 1982 espone alla mostra “Costruttività”, Tour Fromage di Aosta e partecipa, nella sezione “Arti Visive '82”, alla XL Biennale di Venezia. Al 1984 risale la personale presso il Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano dove Aricò espone opere degli anni 1967-70 accompagnate da alcune più recenti. L'anno seguente prende parte alla collettiva “L'intelligenza dell'effetto. La messa in scena dell'opera d'arte” a Palazzo Dugnani a Milano e ad “Elogio dell'architettura”, ad Acireale. Nel 1986 partecipa ad un'esposizione itinerante: “1960/1985. Aspetti dell'arte italiana”, al Kunstverein di Francoforte e poi a Berlino, Hannover, Bregenz e Vienna. Lo stesso anno è invitato alla XLII edizione della Biennale di Venezia, nella sezione “Il colore”, dove presenta l'opera Struttura del 1968. Nel 1987 tiene una personale presso la Studio Marconi di Milano e prende parte alle esposizioni “Disegnata”, presso la Loggetta Lombardesca di Ravenna e “20 anni fa” allo Studio la Città di Verona. Nel 1988 partecipa alla mostra itinerante “Emotion und Methode” alla Galerie der Künstler di Monaco di Baviera e poi al Kunstverein di Ingolstadt. Nel 1989 è alla Galleria Lorenzelli Arte a Milano, dove le sue opere sono esposte insieme a quelle di Piero Dorazio, Vittorio Matino, Gardait e Jackson. Nello stesso anno tiene una personale alla Galleria Turchetto/Plurima di Milano, dove è anche invitato a prendere parte alla collettiva “Le differenze somigliano. Otto pittori 1970-1990”. Sempre del 1989 è la sua partecipazione alla mostra “Quei problematici anni Settanta”, tenutasi presso la Galleria dei Banchi Nuovi di Roma. L'anno seguente è nuovamente alla Galleria Turchetto/Plurima con una personale e, sempre a Milano, espone anche presso lo Studio di Carlo Grossetti. Partecipa alla mostra “Il miraggio della liricità”, organizzata dal Comune di Milano e tenutasi presso il Liljevalchs Konsthall di Stoccolma. Nel 1993 tiene una mostra personale alla Lorenzelli Arte a Milano. Nel 1995 partecipa alla collettiva “Trilogia 5”, presso il Centro espositivo della Rocca Paolina di Perugia. Nel 1998 prende parte alla mostra “Lo spazio ridefinito”, a Villa Burba di Rho, e ad “Arte italiana. Ultimi quarant'anni. Pittura aniconica”, alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna. Nello stesso anno tiene un'esposizione personale da Lorenzelli Arte, Milano, intitolata “Corrispondenze”. Nel 2000 partecipa alla mostra itinerante “Il corpofigura dell'immagine. Aspetti dell'arte italiana dal dopoguerra ad oggi”, tenutasi presso la Städtische Galerie Rosenheim di Rosenheim, ai Musei Civici Villa Manzoni di Lecco e alla Städtische Galerie Villa Zanders di Bergisch Gladbach. Allo stesso anno risale anche la mostra “Rodolfo Aricò, opere su carta”, presentata all'Istituto di Pittura dell'Accademia di Belle Arti di Bologna. L'ultima mostra personale è quella tenutasi presso la Galleria Spazio Annunciata di Milano nel 2001. Rodolfo Aricò muore a Milano il 22 giugno 2002.

Mostre 2005 – Rodolfo Aricò. Annäherungen an das Absolute, Institut Mathildenhöhe Darmstadt, Darmstadt. 2008 – Pittura Aniconica. Percorsi tra arte e critica in Italia 1968-2007, Casa del Mantegna, Mantova; Time & Place: Milan/Turin, 1958-1968, Moderna Museet, Stoccolma; Pittura - pittura e Astrazione. Arte e linguaggio negli anni ’70, Fondazione Città di Cremona, Cremona. 2009 – Hot Spots. Rio de Janeiro / Milano-Torino / Los Angeles 1956-1969, Kunsthaus Zürich, Zurigo; Temi & Variazioni. Dalla grafia all’azzeramento, Peggy Guggenheim Collection, Venezia; Pensare pittura. Una linea internazionale di ricerca negli anni ’70, Museo d’Arte contemporanea di Villa Croce, Genova; Rodolfo Aricò. Un erotico germinante. L’opera di Rodolfo Aricò negli anni Ottanta, A arte Studio Invernizzi, Milano; Rodolfo Aricò – Carlo Ciussi, A arte Invernizzi Seragiotto, Padova.


Roberto Crippa[modifica | modifica wikitesto]

Roberto Crippa (Monza, 1921 – Milano, 1972) dopo avere studiato a Brera, aderì nel 1948 al movimento spazialista diventando uno dei primi collaboratori di Lucio Fontana, l’iniziatore del movimento, diventando protagonista e firmando in particolare il terzo manifesto nell’aprile del 1950. L'opera di Crippa all'inizio degli anni cinquanta si incentrava attorno a serie di dipinti detti Spirali, di carattere geometrico e astratto: con il gesto geometrico quasi-circolare (ma mai perfettamente tondo) Crippa creava degli spazi involuti, da cui si generavano raggi che si proiettavano fuori dalla bidimensionalità della tela, in linea coi principi del “Manifesto” spazialista. Divenuto ormai noto anche all'estero per le sue opere, Crippa raggiunse New York, dove conobbe i surrealisti Max Ernst, Victor Brauner e Yves Tanguy, ed espose alla galleria di Alexander Jolas. Le Spirali cambiarono, divenendo più pesanti, incisive ed involute, interlacciate tra di loro. Queste figure, sviluppate tra il 1954 e il 1956 vengono definite Totem. A quel periodo risalgono le Spirali, motivo riprodotto nei dipinti sotto forma di sottili grovigli di segno colorato e in sculture di fil di ferro. Negli anni successivi Roberto Crippa ha seguito la moderna tendenza a superare la distinzione tra quadro e opera plastica, realizzando figurazioni totemiche con incastri di lamiere, pezzi metallici e quadri-rilievo con frammenti di materiale vario (sughero, cartone, ecc) su fondo sabbiato e incatramato. Un tragico destino pone fine alla sua vita all’età di 51 anni, precipitando nel marzo 1972 durante le sue evoluzioni con il suo aereo a Bresso (Milano).

Mostre Tra le esposizioni più importanti si possono ricordare: 1947 – Galleria Bergamini, Milano. 1948 – Galleria di pittura, Milano. 1948-49-50 – Galleria San Fedele, Milano. 1951-52-53-54-57-59-60-62-63-66-67-68-71 – Alexander Jolas Gallery, New York. 1952-54-55-56-58-59-61 – Galleria del Naviglio, Milano. 1952-54-55-58-61 – Galleria del Cavallino, Venezia. 1953 – Galerie d’Art Latine, Stoccolma. 1956-57 – Galerie du Dragon, Parigi. 1961 – Tokyo Galley, Tokyo. 1962-64 – Galleria Schwarz, Milano. 1962 – Galleria Toninelli, Milano. 1964 – Palazzo Reale, Milano. 1967 – Galleria Il Salotto, Como. 1968 – Galleria dello Scudo, Verona. 1970 – Palazzo delle Prigioni, Venezia. 1970 – Galleria Torbandena, Trieste. Dal 1972 numerose retrospettive a: Pordenone, Catania, Bergamo, Torino, Napoli, Bologna, Casale Monferrato, Monza, Lugano, San Remo, Verona, ecc.

Dal 1946 al 1970 consegue i Premi: Hayez, Leonardo da Vinci, Giani, VI Premio Graziano, Città di Carrara, Viterbo, Gran Premio XIII Triennale di Milano, Premio giovane pittura alla Biennale Europea di Mentone, Umberto Biancamano e Premio Einaudi.

Per una conoscenza più approfondita delle opere, mostre personali e rassegne collettive, testi critici, articoli e notizie bibliografiche inerenti a scritti di e sull' autore, si rimanda alla consultazione del volume monografico: Roberto Crippa, Catalogo Generale, Edizioni Galleria Pace Milano, 2007.

Alik Cavaliere[modifica | modifica wikitesto]

Alik Cavaliere (Roma 1926 – Milano 1998), trascorsa l’infanzia a Parigi, si stabilisce a Milano dove frequenta sia l’Accademia di Brera con Manzù, Funi, Marino Marini di cui diviene assistente, sia la facoltà di lettere dell’Università di Milano. Per oltre un trentennio, fino al 1987, tiene la cattedra di scultura all’Accademia di Brera, succedendo a Marino Marini. La sua vivacità intellettuale ha contribuito a creare a Milano un clima di fertili collaborazioni e di dibattito culturale. Inizia la sua attività espositiva con una collettiva nel 1945; la sua prima personale si tiene alla Galleria Colonna a Milano nel 1951. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta nascono i cicli dei Giochi proibiti, delle Metamorfosi, delle Avventure di Gustavo B., degli Arbres, esposti nella sala personale alla Biennale di Venezia nel 1964. Tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta continua a esplorare il tema delle “vegetazioni” e dei miti, soprattutto quello di Dafne: grovigli di rami e foglie vicino a figure imprigionate in reticolati e gabbie. Nella seconda personale alla Biennale di Venezia (1972) espone I processi dalle storie inglesi di W. Shakespeare. Sono degli anni Ottanta, i Percorsi, ambientazioni, “stanze nelle stanze” nelle quali lo spettatore è invitato ad addentrarsi (La stanza di Pigmalione, 1986-87, La riflessione di Narciso, 1988). Conduce inoltre una riflessione sul tema del museo e sulla contrapposizione tra “vero” e “falso”, inserendo nel suo lavoro la dimensione del tempo e della memoria (La traccia, 1986; La memoria, 1987; Il tempo, 1987). Nel 1992 a Miano a Palazzo Reale ha luogo un’ampia retrospettiva curata da Guido Ballo. Nel 1993 insieme a Vincenzo Ferrari, espone nella Sala Napoleonica dell’Accademia di Brera un’opera-percorso “in progress” dal titolo Le leggi eterne dell’arte, ispirata a temi classici. Artista originalissimo e refrattario a qualsiasi definizione, ha perseguito nel suo lavoro la ricerca di forme sempre nuove di espressività con un uso abilissimo e tecnicamente innovativo dei materiali più eterogenei, come egli stesso scrive. “Ho sempre usato i materiali come un regista, come un “trovarobe” teatrale, come un narratore di storie e racconti; lavorando sulla memoria, cercando di creare dei percorsi, dei labirinti dove potermi incontrare con l’eventuale visitatore/spettatore per poi perderci entrambi all’interno dell’opera stessa..... Ho usato le mie mani e quelle degli amici (ho lavorato con Scanavino, Ferrari, Tadini, Piccoli, Sangregorio e altri artisti) per eseguire opere insieme.” Per ulteriori informazioni si veda il sito internet. Al Centro Alik Cavaliere è possibile consultare tutti i principali libri e cataloghi sull’attività. Per accedere all’intero archivio è necessario un preavviso o una richiesta di appuntamento. Esistono video sull’attività di AC. Il materiale per il Catalogo generale di AC è in via di pubblicazione.

Il Centro viene aperto in occasione di eventi e/o su appuntamento con accesso gratuito.


VIDEO

Alik Cavaliere

Produzione TVDAYS, Milano, 2010

Un breve excursus sull’artista Alik Cavaliere, scultore originale, imprevedibile, impossibile da definire ma comunque sempre attuale. Nel suo percorso di studio e ricerca ha costantemente inseguito nuove e sorprendenti forme espressive, mediante l'uso delle tecniche scultoree, la manipolazione dei materiali e delle idee. In oltre quarant'anni di attività, Alik Cavaliere ha utilizzato i materiali più eterogenei; muovendosi tra metalli tradizionalmente utilizzati in scultura come rame, bronzo, oro e argento; per passare a quelli meno tradizionali: acciaio, ghisa, ottone, similoro e piombo, per poi rivolgersi a plastiche, stoffe, legni, carte, fotografie, acqua e colori. E poi ancora passando a porcellane, vetri, ingobbi, specchi e materiali di recupero. Il tutto saldando, fondendo, sbalzando ed assemblando. Un filmato storico documenta l’installazione di Parma, una testimonianza diretta dell’autore nello studio e una dissertazione critica e appassionata di Arturo Schwarz con una testimonianza di Alik, di Fania e Adriana Cavaliere all’interno del Centro Artistico di Milano.


Bruno Cassinari[modifica | modifica wikitesto]

Bruno Cassinari nasce a Gropparello, vicino Piacenza, il 29 ottobre 1912. Nel 1929 si trasferisce a Milano dove frequenta l'Umanitaria e l'Accademia di Brera diplomandosi nel 1938 con Aldo Carpi. Legatosi presto, pur senza condividerne gli accenti di forte polemica con la pittura metafisica e novecentista, al gruppo milanese di Corrente, partecipa a diverse collettive e tiene in seguito la sua prima personale a Milano alla Bottega degli artisti di Ernesto Treccani, presentato da Elio Vittorini. Dopo la guerra aderisce al gruppo della Nuova Secessione Artistica Italiana con Guttuso, Morlotti ed Emilio Vedova, ma se ne distacca prima della sua trasformazione nel Nuovo Fronte delle Arti, per aderire nel '50, insieme a Morlotti, e sotto lo stimolo di Lionello Venturi, al Gruppo degli Otto in favore di un indirizzo artistico che lo stesso Venturi definì "astratto-concreto". Protagonista di molte edizioni della Biennale di Venezia, sempre presentato da critici prestigiosi, spesso invitato alla manifestazione Documenta di Kassel, Cassinari è stato in questo dopoguerra uno degli artisti italiani più conosciuti all'estero dove la sua opera ha sempre ricevuto l'apprezzamento dei maggiori critici ed artisti europei, fra cui Chagall, Paul Eluard e Picasso, che volle presentarne la mostra di Antibes. La sua pittura, dove l'iniziale fauvismo ed espressionismo si è via via più combinato con un sostanziale cubismo, si è sempre distinta per il suo carattere di lenta, profonda e quasi mistica meditazione sulla tensione tra forma e colore, il che le conferisce un persistente fascino intellettuale. Il colore, sia quando è squillante e luminoso, sia quando si inabissa in buie profondità, ha sempre in Cassinari una forte allusività lirica e ed evocativa. Proprio per questo l'artista ha rifiutato di considerare astratta la propria opera in cui si esprime, al contrario, una sensazione soggettiva molto concreta che in arte appunto, per Cassinari, è l'unica realtà che conta. Ed è in questa chiave di linguaggio “astratto-concreto” che va letta la particolare “visionarietà lirica” di Cassinari. Bruno Cassinari scompare a Milano nel 1992.


Luca Crippa[modifica | modifica wikitesto]

Luca Crippa (Seregno 6 aprile 1922 – 29 giugno 2002), è stato definito l’inventore del surrealismo in Italia. Disegnatore (per tre anni assistente dell’architetto Giò Ponti, Grandi Navi: conte Biancamano, Andrea Costa, Michelangelo e conte Grande, Triennale di Milano, ecc.), incisore, collagista, decoratore, ceramista, ex-librista, bibliofilo, scenografo, bozzettista di costumi teatrali e televisivi (Teatro la Fenice di Venezia, Opèra e Lutéce di Parigi, Piccolo Teatro e la Piccola Scala di Milano, RAI, ecc.) dal 1946 ha esposto un po’ ovunque nel mondo, conseguendo importanti riconoscimenti internazionali tra i quali il Premio Bright Foundation per il Disegno alla 34° Biennale di Venezia. Nel 1966 Arturo Schwarz lo invita ad esporre con cinque opere all’importante mostra “Dada in Italia 1916-1966”. I più importanti critici lo hanno indicato quale riconosciuto maestro nel panorama artistico nazionale. Docente all’Accademia di Brera di Milano ed esperto di Grafica, definito il più importante collezionista di grafica italiano – già commissario per la Grafica Internazionale alla Biennale di Venezia del 1972 – ha disposto un lascito di 2866 opere al Comune di Seregno per la costituzione di un Museo per le nuove generazioni. Ha inoltre donato al Serrone della Villa Reale di Monza la sua Collezione di opere grafiche relative ai Maestri degli anni legati alla frequentazione giovanile dell’Isia. L’Artista è oggi in forte riscoperta. Impossibile citare le mostre e le recensioni numerosissime, pertanto per una più approfondita conoscenza della sua opera si segnalano i recenti cataloghi:

Luca Crippa, Brianza – opere giovanili 1939-1949, Galleria Civica Ezio Mariani, Seregno, 1992; Luca Crippa, Libri d’artista e illustrazioni, Galleria Civica Ezio Mariani, Seregno, 1997; Luca Crippa, Seduzioni Polimateriche, Polimaterici e collages 1938-1993, a cura di Dorian Cara, Luciano Caramel e Giorgio Di Genova, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2006.

Principali attività e mostre svolte Nel corso delle ultime stagioni artistiche si sono organizzate le seguenti mostre: 2006 – Luca Crippa. Seduzioni Polimateriche, a cura di Dorian Cara. 2007 – Gianni Arde. Tra realtà e astrazione, a cura di Franco Cajani; Sergio Dangelo. Altrove e colti al volo, a cura di Luca Tommasi. 2008 – Tino Vaglieri. Visioni esistenziali, a cura di Luca Tommasi; Valentino Vago. La luce nel cuore, a cura di Luca Tommasi; Agostino Bonalumi. La svolta della pittura-oggetto, a cura di Luca Tommasi. 2009 – Roberto Crippa. Opere 1949-1967, a cura di Luca Tommasi; Mimmo Rotella. Ciak: Rotella!, a cura di Luca Tommasi; Pino Pinelli. Pensare la pittura, a cura di Luca Tommasi; Bruno Cassinari. Opere 1948-1990, a cura di Luca Tommasi. 2010 – Paul Jenkins, Watercolors, a cura di Luca Tommasi; Antonio Nunziante. Opere 2002-2010, a cura di Luca Tommasi.

Pubblicazioni scientifiche e cataloghi - Luca Crippa. Seduzioni polimateriche, catalogo della mostra, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2006. - Sergio Dangelo. Altrove e colti al volo, Skira, Milano, 2007. - Tino Vaglieri. Visioni esistenziali, catalogo della mostra, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2007. - Valentino Vago. La luce nel cuore, catalogo della mostra, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2008 - Agostino Bonalumi. La svolta della pittura-oggetto, catalogo della mostra, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2009. - Roberto Crippa. Opere 1949-1967, catalogo della mostra, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2009. - Mimmo Rotella. Ciak: Rotella!, catalogo della mostra, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2009. - Pino Pinelli. Pensare la pittura, catalogo della mostra, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2009. - Bruno Cassinari. Opere 1948-1990, catalogo della mostra, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2009. - Paul Jenkins. Watercolors, catalogo della mostra, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2010. - Antonio Nunziante. Opere 2002-2010, catalogo della mostra, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2010.



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Luca Crippa: il mio mondo

Produzione TVDAYS, Milano, 2010

Breve ricostruzione dell’attività poliedrica di un maestro del XX° secolo, Luca Crippa, disegnatore, incisore, collagista, decoratore, ceramista, ex-librista - bibliofilo, scenografo, bozzettista di costumi teatrali e televisivi e collezionista, dal 1946 ha esposto un po’ ovunque nel mondo. Dalla nascita del famoso Carosello alle grandi decorazioni alla Triennale di Milano, alle chine in bianco e nero e alle opere grafiche, ha creato un linguaggio personale sempre coerente e mai ripetitivo, creando una morfologia vegetale-simbolica da cui svilupperà un vocabolario plastico personale. Lo vediamo all’opera nel corso di un workshop sulle tecniche grafiche con…una breve testimonianza di vita.


Jorge Eduardo Eielson[modifica | modifica wikitesto]

Jorge Eielson (Lima 1924 – Milano 2006) è uno degli intellettuali latino americani più celebri, nome ormai leggendario in Perù. Artista visivo e insieme poeta, romanziere, autore di opere teatrali e studioso di culture precolombiane, era nato a Lima (Perù) nel 1924, gli erano familiari le più importanti città della Terra, da Parigi a New York, da Madrid a Roma e Milano, in ciascuna delle quali ha abitato anche per lunghi periodi. Nella sua lunga attività di artista, ha ampliato al massimo i linguaggi e gli strumenti operativi, impiegando contemporaneamente l’arte figurativa e la letteratura, la performance e l’assemblaggio, l’installazione e la fotografia, la poesia verbale, la poesia visiva e la forma romanzesca. Uno dei modelli esemplari che gli ha fatto da guida è lo “sciamano”, ad un tempo sacerdote, taumaturgo e poeta. Il “nodo”, intreccio, sovrapposizione e sporgenza di tessuti attorcigliati come grosse corde e abbondantemente colorati, resta l’invenzione più famosa e rappresentativa della sua arte. Sottile convergenza di astrazione e concretezza, di componente mentale e oggettualità, che si avvicina contemporaneamente al “nouveau realisme” e alla “nuova astrazione”. Nel 1949 è invitato a Parigi alla prima manifestazione d’arte astratta, al Salon des Réalités Nouvelles. In seguito espone da Colette Allendy, una delle galleria d’avanguardia più interessanti di Parigi. A Roma si stabilisce all’inizio degli anni Cinquanta, dove espone nel 1953 i suoi “movils” alla Galleria L’Obelisco. Le frequentazioni di questi anni romani sono Burri, Colla, Capogrossi, Afro, Mirko, Scarpitta, Serra, Dorazio, Rotella, Twombly. In questo periodo scrive una della sue più importanti raccolte di poesie, Habitación en Roma, e i suoi due romanzi, El cuerpo de Giulia-no e Primera muerte de María. Nel 1959 Eielson adotta materiali eterogenei, come cemento, sabbie, polvere di marmo con i quali costruisce un paesaggio austero, astratto. In seguito i paesaggi si popolano gradualmente dell’immagine umana, ricavata attraverso gli indumenti: camicie, giacche, blue-jeans, abiti da sera, da sposa, calze, scarpe, cravatte, guanti. Questo suo interesse per la simbologia e la funzione sociale del vestiario è ugualmente presente nelle sue performances e installazioni. Attraverso la manipolazione dei vestiti – raggrinziti, strappati, bruciati, attorcigliati – Eielson scopre la grande energia e la bellezza racchiuse nel “nodo”. Espone per la prima volta i “Quipus” alla Biennale di Venezia del 1964. Negli anni a seguire partecipa a grandi mostre organizzate dal MoMA, al Salon des Comparaisons, a Documenta 5 di Kassel a varie Biennali di Venezia e nei musei delle capitali latino-americane. Suoi testi sono pubblicati in Spagna, Italia e America per le principali case editrici. Con il nodo Eielson era approdato a una vera e propria sintesi culturale, plastica, magica e simbolica. Il nodo era per lui segno grafico, fondamento estetico, nucleo del colore. Ed era il punto di saldatura fra il passato precolombiano del suo paese e il presente storico e artistico. Il nodo di Eielson era anche il momento di incontro fra i suoi vari codici espressivi, dalla pittura alle tele, agli oggetti, alla poesia, nonché fra le due aree in cui si svolgeva la sua ricerca materiale e metafisica. Da qui le infinite variazioni dello stesso nodo che esercita molteplici tensioni creando spazi dinamici. Questi famosi nodi sono stati oggetto di riflessioni da parte di matematici e di fisici contemporanei, mentre la poesia fisica e concreta di Eielson è stata ufficialmente scelta dalla cultura ispano-americana a rappresentare la letteratura peruviana nella corsa per il premio Nobel. Questo lungo e ricchissimo itinerario di un artista latino-americano, outsider internazionale e fervido crocevia di molteplici culture si è concluso a Milano dove il suo errare aveva trovato sosta provvisoria.


Dadamaino[modifica | modifica wikitesto]

Dadamaino nasce a Milano nel 1930. Dopo un iniziale periodo informale e la prima mostra personale presso la Galleria dei Bossi di Milano nel 1958, conosce Manzoni e Castellani e partecipa al gruppo milanese Azimuth (1959-60). Con i Volumi (1958-60) e Volumi a moduli sfasati (1960-62) partecipa alle mostre di Azimuth e all’Expositie Nul allo Stedelijk Museo di Amsterdam (1962) e a numerose mostre nazionali ed internazionali. Stabilisce stretti contatti con i Gruppi Zero, Nul, NT. La fase incentrata sul movimento virtuale e la componente “ottica” dell’arte programmata si conclude nel 1965 con l’inizio di una sua personale Ricerca del colore che, attraverso i Fluorescenti, approda ai Cromorilievi. Segue il geometrismo de L’inconscio razionale che termina con la scoperta di una scrittura personalissima con le lettere dell’Alfabeto della mente con cui realizza i Fatti della vita. Il ciclo completo si compone di 560 fogli e tele di varie dimensioni che vengono esposte alla Biennale di Venezia del 1980 in una sala personale. Nel 1983 il Padiglione d'Arte Contemporanea (PAC) di Milano le dedica un'ampia antologica. Seguono il ciclo Costellazioni e Passo dopo passo. Inizia il ciclo Il movimento delle cose, per il quale utilizza fogli di plastica trasparente (poliestere) su cui dipinge con una penna particolare. Espone in Francia, Inghilterra, Olanda, Svizzera, Spagna, Jugoslavia, Stati Uniti, Giappone, Israele. Nel 1990 viene invitata alla Biennale di Venezia ed espone due lavori dal titolo Il movimento delle cose, di 1,22x18 metri ciascuno. Nella seconda metà degli anni ’90 inizia la serie Sein und Zeit. Nel 2000 ampia mostra antologica presso il Museo di Bochum (Germania) e nel 2003 altra antologica al Museo Virgiliano. Muore a Milano nel 2004.

Giò Ponti[modifica | modifica wikitesto]

Giò Ponti nasce il 18 novembre 1891 a Milano, dove si laurea in architettura nel1921. Nello stesso anno apre uno studio con Lancia e Fiocchi, aderendo al gruppo dei “Neoclassici”. È di quegli anni la casa di Via Randaccio a Milano e la Villa Builhet a Garches, Parigi. Nel 1927 fonda «Il Labirinto» con Lancia, Buzzi, Venini e Chiesa, gruppo che propone oggetti e mobili d' avanguardia. Dal 1923 al 1930 è direttore artistico della Richard Ginori, per la quale disegna una collezione di ceramiche, premiata all'esposizione di Parigi nel 1925. Parallelamente disegna per Christofle, Krupp, e Venini. Nel 1928 fonda la rivista Domus che dirigerà per tutta la vita facendone uno strumento di diffusione di nuove idee progettuali in architettura, nel disegno d’arredo, nelle arti decorative. Della fine degli anni ’20 le prime «case tipiche», emblematicamente denominate «Domus», dove al concetto di italianità si accosta l’interesse per le teorie razionaliste. Nel 1933, con la casa Rasini ai Bastioni di Porta Venezia di Milano termina l'associazione con Lancia Va ricordato in questi anni l’impegno nelle Triennali di Milano (1930, 1933, 1936, 1940 e 1951) e, con lo studio Ponti-Fornaroli-Soncini fino al 1945, il Palazzo Montecatini, il Palazzo RAI, il Rettorato dell'Università di Padova, l'Istituto di Matematica di Roma, Casa Marmont e Casa Laporte a Milano, Villa Donegani a Bordighera. Dal 1936 diventa professore alla facoltà d' Architettura del Politecnico di Milano. Nel 1941 fonda la rivista Stile, che dirigerà fino al 1947 e nel 1954 inventa il «Compasso d’Oro». Fin dai primi anni Cinquanta Ponti, dal 1952 associato con Fornaroli e Rosselli, avvia una straordinaria serie di progetti, espressione della teoria della «forma finita», nel campo dell’arredo con le «pareti organizzate» (mobile autoilluminante, finestre arredate, pannello cruscotto), del design di cui ricordiamo qui i mobili per Cassina (dalla sedia Leggera del ’51, alla poltrona Distex e Round del ’56…) dell’architettura con le ville Planchart e Arreaza a Caracas e Nemazee a Teheran. Del 1956 infine è la Torre Pirelli e del ’57 la sedia «Superleggera». Negli anni ’60, l’attenzione di Ponti si sposta sulle superfici, sul colore e la luce. Di questi anni sono, tra gli altri, il progetto dell’Hotel Parco dei Principi a Sorrento, le chiese di San Francesco e San Carlo a Milano, la facciata del Bijenkorf a Einhoven in Olanda, quella del Palazzo INA in Via San Paolo a Milano, il Pakistan House Hotel ad Islamabad, fino ad arrivare, negli anni ’70, al Museo di Denver in Colorado ed alla Cattedrale di Taranto dove il lavoro sulle superfici si accentua fino alla smaterializzazione e l’architettura diviene un foglio traforato, che nel suo gioco con la luce, con pieghe e trasparenze, ne dissolve i volumi. Gio Ponti si spegne a Milano nel settembre del 1979.

L’archivio L'archivio Giò Ponti consiste in una raccolta di fotografie in bianco e nero ed in fotocolor che illustra il lavoro di Giò Ponti nei sessant'anni della sua attività; in un imponente epistolario che documenta le relazioni tra Giò Ponti e committenti, ditte, artisti, politici, architetti ecc.; in un'ampia raccolta di volumi e riviste che documentano l'attività di Giò Ponti fin dai suoi esordi, le iniziative culturali e gli studi sulla sua opera. Esso proviene, nel suo nucleo storico, dallo studio di Giò Ponti, è stato riordinato dalla figlia Lisa Ponti alla metà degli anni Ottanta (in occasione dell'edizione del libro Giò Ponti, l'opera di Lisa Ponti, Ed. Leonardo Mondadori) e da allora aperto alla consultazione. Importanti integrazioni con nuove foto sono state effettuate in occasione del libro Giò Ponti di Ugo la Pietra (Ed. Coliseum '88) e nella gestione dell'archivio curata da Salvatore Licitra dal 1996 in poi. È in corso (quasi ultimata) la digitalizzazione di tutto l’epistolario e dell’archivio fotografico e l’ordinamento di una banca dati che consenta un accesso ai materiali efficace senza pregiudicare la conservazione dei documenti.


VIDEO

Giò Ponti “La vida es suegno”, ovvero l’uomo che visse due volte.

Regia: Marco Poma Fotografia: Momi Modenato Produzione: Metamorphosi, Milano 2 min., 1975-2010

Ponti dormiva una media di 4-5 ore per notte… si spiegherebbe in questo modo l’ipercreatività in ogni campo. Immagini sulla Villa Planchart di Caracas del 1955 e il grattacielo Pirelli.