Utente:Francesco Sorrentini/Memoria e conoscenza

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Memoria e conoscenza – Sulle sorti del sapere nella prospettiva digitale
AutoreTomás Maldonado
1ª ed. originalemaggio 2005
GenereSaggio
Sottogenerefilosofico
Lingua originaleitaliano

Memoria e conoscenza – Sulle sorti del sapere nella prospettiva digitale[modifica | modifica wikitesto]

Memoria e conoscenza – Sulle sorti del sapere nella prospettiva digitale è un saggio scritto da Tomás Maldonado nel 2005 ed edito dalla Feltrinelli.

In questo saggio, il designer e filosofo argentino ripercorre un excursus storico-genetico della cultura e del sapere umano, concentrando il tema sul rapporto fra identità personale e memoria, sulla prassi e la poiesi fra tradizione ed innovazione, sul riconoscimento del proprio bagaglio mnesico negli spazi vissuti, sulle ricadute educative nelle nuove generazioni, alle prese con un forte richiamo alla creatività computazionale, sulla complementarità fra tecnica e società.

Contenuti[modifica | modifica wikitesto]

Identità personale e memoria[modifica | modifica wikitesto]

Maldonado, partendo dall’assunto di John Locke della coincidenza tra identità personale e coscienza, richiama diversi esperimenti mentali sulla continuità fisica, sull’uomo consapevole di se stesso, di una propria memoria d’esperienza. Dagli esperimenti risulta impossibile ipostatizzare la memoria in un procedimento olistico. La memoria autobiografica è composta da una pluralità di memorie parziali, che non sono in toto localizzabili in un’unica sede corporea. Il nostro sistema anatomico-funzionale ha una forte configurazione unitaria; il trapianto di testa, ad esempio, non consentirebbe di trasferire tutte le funzioni cerebrali, memoria inclusa, da un soggetto A ad un soggetto B. Questo esperimento, nell’ambito biomedico, è stato confutato, e la pretesa filosofica è stata semplicistica, considerando la memoria come un oggetto che alloggia nel corpo. L’identità personale, la memoria, vengono a definirsi in funzione del rapporto con gli altri. Il ricordo, il racconto del ricordo, non è mai autonomo. Come la memoria, anche l’identità personale si esplica in ruoli primari, culturali e sociali, portando l’idea di proprietà, come consapevolezza del possesso di una pluralità di esperienze, a collegarsi inesorabilmente con la memoria, che diviene proprietà privata della persona. I dispositivi di utilizzo odierni mettono in crisi la nostra realtà con la realtà degli altri. Viene a mancare la conquista della confidenza per accogliere, contro le aspettative, l’invadenza dell’intruso. L’obiettivo è quello di riuscire a proteggere la vita privata di fronte ai tentativi di renderla pubblica, per non portare l’uomo ad una crisi d’identità dove non viene a riconoscersi diversamente da come viene dipinto dall’esterno, comportando una rottura con la memoria autobiografica, che definisce le proprie esperienze. La memoria, in questo processo critico, si depotenzia portando il soggetto a cadere nell’oblio. Verrà, in questo modo, il declino dell’uomo privato e la conseguente memoria umiliata, dove l’inutile soluzione sarà l’iper-protezione dell’ambiente casalingo, l’esclusione dalla sfera pubblica, e la mancata comprensione che la problematica non si sedimenta nelle perdite materiali ma nelle perdite di memoria, che inducono la parvenza ad avere la meglio sulla realtà.[1]

Parlare, scrivere, leggere[modifica | modifica wikitesto]

Prima della diffusione delle tecnologie digitali, il nostro modo di comunicare (di parlare, scrivere, leggere) era diverso. Al giorno d’oggi, i nuovi metodi stanno progressivamente portando ad un cambiamento dei valori nella società. L’invenzione della scrittura nasce da un bisogno tecnico-strumentale, ed è stata un mezzo per potenziare la memoria lavorativa rispetto all’insoddisfazione della memoria orale per il progresso socio-economico. Il linguaggio scritto comincia ad amplificare le capacità, veicolare il pensiero; la scrittura, da mera convenzione diviene paradigma del delinearsi di una forma mentis nuova, non soltanto considerata un’escrescenza parassitaria dell’orale: si comincia a parlare come si scrive e ad ascoltare come si legge. Nella burocrazia protostorica, la scrittura non era ancora concepita come una tecnica in cui la memoria, il catalogare, ordinare gli scambi economici fossero indispensabili per il progresso. Con la stabilità delle società fiorenti, la scrittura comincia ad avere uno statuto ontologico particolare. Lo stile di pensiero si tramuta in scrittura; il nostro corpo, la grafia, la relazione oculo-manuale, le proporzioni nei limiti del supporto utilizzato, hanno portato l’uomo a crescere insieme a ciò che ha creato. La nuova tecnica di lettura-scrittura elettronica, il romanzo ipertestuale, possiede delle caratteristiche molto diverse dal tradizionale modo di narrare. Se la letteratura classica presenta linearità descrittiva monodirezionale, consequenzialità logica tra soggetto e predicato, compiutezza e chiusura, nell’iperromanzo gli aspetti salienti sono proprio la non-linearità, la non-consequenzialità, la non-compiutezza, la non-chiusura. Tra i precursori di questo nuovo tipo di scrittura troviamo James Joyce ed Italo Calvino. Nonostante le caratteristiche inusuali, la scrittura ipertestuale si prospetta come un ulteriore arricchimento tecnico della creazione letteraria, dove il lettore completa, a livello interpretativo o addirittura pratico (si pensi alla stesura di libri scritti da più bloggers in un’unica piattaforma online), la trama: si parla della figura dello scrilettore universale. Uno degli esempi più caratterizzanti del fenomeno della scrittura che viene mediata dai mezzi elettronici è la posta elettronica. Gli scambi epistolari fra dotti, scienziati e filosofi esistono dagli albori dell’Umanesimo e del Rinascimento, ma la multimedialità, la possibilità che viene offerta dalla messaggistica istantanea ha portato l’uomo a configurare oralità, scrittura ed immagine sotto un unico sistema, dove i mezzi espressivi ed interpretativi a disposizione quasi varcano la soglia della comunicazione tête-à-tête.[2]

Memoria a occhio nudo[modifica | modifica wikitesto]

L’autore, nel terzo capitolo, differenzia la memoria ad occhio nudo, intesa come osservazione introspettiva, come tradizione d’indagine sulla memoria, dalla memoria in laboratorio che concerne lo studio scientifico della memoria. La storia della memoria ad occhio nudo ha dato modo alla memoria in laboratorio di caratterizzarsi, mediante vere e proprie intuizioni anticipatrici, partendo dalla mnemotecnica retorica fino ad arrivare alla memoria artificiale. Nel connubio retorica-mnemotecnica, che possedeva un valore inizialmente strumentale, con lo sviluppo del platonismo ed aristotelismo rinascimentale, con la ripresa degli scritti ermetico-cabalistici, la memoria assume un carattere escatologico. Sia Raimondo Lullo, e dopo di lui Giordano Bruno, si interessano del carattere mnemotecnico che, dalla raffigurazione delle immagini, passa alla figurazione, all’intervento di tradurre le cose celesti in figure diagrammatiche, schematiche, da cui poter ricavare l’ordine dell’universo. L’impianto combinatorio lulliano è stato precursore della logica moderna e delle scienze del computer; la creazione di figure e la combinazione di principi e di regole alla ricerca della verità sono state intuizioni anticipatrici della logica algoritmica. Pierce ipotizza una diagrammatizzazione totale di tutte le forme del ragionamento logico, attraverso la mistione di strutture algebrico-linguistiche e di strutture diagrammatiche. Questa logica integrata si lega alla necessità di rendere più efficiente la memoria, tra ragionamento e percezione, rappresentazione grafica, immagine. Oltre la mnemotecnica, la memoria viene impiegata nelle speculazioni metaforiche di numerosi filosofi del passato, quali Bacone, Schopenhauer, Hume, Leopardi, che toccano l’argomento in maniere differenti. Per Bacone, nella metafora della lavagna, ogni nuova informazione acquisita stabilisce un rapporto con tutte le informazioni stabilite in precedenza. Nel caso di Schopenhauer, il ricordo di un evento viene reso possibile mediante l’uso iterativo del richiamo. In Hume, la memoria consiste nel conservare l'ordine e la posizione, la continuità e l'estensione della successione di percezioni, e quindi considerata l'origine dell'identità personale, seppur con delle riserve sul carattere percettivo dell'idea dell’Io. Nello Zibaldone di Leopardi, si legge della distinzione fra memoria procedurale, implicita, cui l’assenza del linguaggio nell’età neonatale dà origine, e la memoria dichiarativa, che si attiva nel processo di acquisizione del linguaggio. Come già accennato nel primo capitolo, sulla pluralità delle memorie parziali, il rapporto mente-corpo vede il suo nascere dal tradizionale riduzionismo mnesico, dove appare come sede della memoria il cervello. La risposta è nell’uomo, che possiede delle memorie senza mente: la memoria genetica iscritta nel DNA; la memoria immunologica degli anticorpi. La memoria del calcolatore artificiale è una memoria che possiede una mente artificiale, una banca di dati, ma che non possiede una mente appercettiva. Nonostante le correlazioni fra mente umana e mente artificiale, ciò non ci ha aiutato a capire il funzionamento della mente umana.[3]

Memoria in laboratorio: definizioni, paradigmi, modelli[modifica | modifica wikitesto]

La memoria in laboratorio si presenta nella bipartizione fra memoria a breve termine (MBT) e la memoria a lungo termine (MLT). La memoria a lungo termine si divide in quattro tipi: la memoria autobiografica, la memoria episodica, la memoria semantica (poliglottismo), la memoria procedurale. Vi sono altre tipologie di memoria, come la memoria pubblica e la memoria storica, che si differenziano per l’apporto o meno delle memorie individuali. La memoria autobiografica richiama eventi che abbiamo vissuto personalmente; la memoria episodica rievoca eventi specifici che abbiamo vissuto personalmente; la memoria semantica ci mette nella condizione di conservare il sapere e le regole linguistiche; la memoria procedurale si esplica nell’ambito degli automatismi delle attività motorie. La memoria a breve termine riguarda il re-iteraggio inconscio delle forme che utilizziamo nelle memorie a lungo termine. Nello studio scientifico della memoria subentra il comportamentismo, che sostiene il comportamento umano, la risposta agli stimoli, come unica analisi scientificamente corretta, ostile ad ogni interessamento dei processi mentali. Il cognitivismo, rispetto al comportamentismo, inserisce quel carattere intermedio fra risposta comportamentale e attività cerebrale neuro-fisiologica. Ulric Neisser, nel panorama della psicologia comportamentale e cognitiva, suggerisce una ecologia della memoria dove il soggetto di ricerca in laboratorio debba essere la memoria allo stato brado della vita quotidiana. L’approccio ecologico consiste nello studiare i fenomeni in condizioni naturali, nel modo in cui si presentano fuori dalla didattica laboratoriale.[4]

Memoria e luoghi dell’abitare[modifica | modifica wikitesto]

La memoria autobiografica è strettamente legata all’ambiente domestico, denso di richiami ad oggetti materiali e non. Sin dal Medioevo, arrivando alla letteratura fra il XVI e XVIII secolo, si è sempre cercato di inserire la sfera pubblica negli eventi e nei luoghi privati. L’uomo richiama il proprio vissuto nella familiarità degli ambienti, dove il susseguirsi dello spazio e del tempo scandiscono un’abitudine ed una frequentazione simbiotica con la casa. Gli esempi che vengono esposti nel libro sono vari: dall’esplorazione dell’esterno nel caso di Jane Eyre alla concezione della dimora come rifugio nella penna di Cervantes. Con l’avvento del colonialismo, la memoria e i luoghi dell’abitare prendono una piega cosmopolita, e l’interno lentamente comincia ad essere nostalgico ai protagonisti della letteratura mondiale. Nell’Ottocento i romanzieri legano i personaggi ad una sfera intimistica, dove gli oggetti d’arredo sono estensione del loro agire, del loro ricordare. Edgar Allan Poe e Charles Baudelaire tentano di riprendere le istanze di un privato non-simbiotico, che fino ad allora strabordava di teatralità venale. Thoreau segue la scia di Poe e Baudelaire in quell’eroismo del vagabondaggio che ancora oggi, nel contemporaneo, riscontriamo nei libri che fuggono dalla convenzione storico-sociale della vita. Il XX secolo riprende la partizione degli spazi domestici criticandoli ed amandoli, secondo molteplice sensibilità; l’interno come spazio-tempo diventa studio psicoanalitico. La critica nei confronti della sovrabbondanza delle cose materiali mira a diventare studio delle cornici di vita. Gli oggetti accumulati vivono come potenzialità del protagonista di esplicarsi nella figura che incarna. Il flusso della memoria vive di contaminazione dell’ambiente casalingo. Con l’avanzo delle tecnologie, l’accumulazione cambia chiave di lettura, dove la casa finirà di essere quel sacrario in cui memoria e identità si sostengono reciprocamente.[5]

Computer, infanzia e sviluppo cognitivo[modifica | modifica wikitesto]

Le ricadute educative sulle nuove generazioni, scaturite dall’uso/abuso dei dispositivi elettronici, sono numerose. La scuola parallela, rispetto alla scuola formale, possiede una eterogeneità di fondo data dalla presenza onnipervasiva di televisori, computers, cellulari. La scuola parallela può presentarsi come un’alternativa stimolante rispetto ai cardini della scuola formale, dove i metodi didattici risultano obsoleti. La proposta di una alfabetizzazione informatica però porterebbe già in età neonatale ad approcciarsi con apparecchi tecnologici contrastando, secondo la teoria di Jacques Mehler, lo sviluppo e la vita di quei neuroni che frequentemente vengono adoperati per lo sviluppo psico-motorio. Rendere accessibile i computers a bambini molto piccoli può avere effetti nocivi per il loro sviluppo intellettivo, poiché si bloccherebbe la possibilità di confrontarsi in modo diretto con il mondo esterno. I bambini hanno la necessità di vivere l’esperienza con iperattività, con distrazione e curiosità. Il contrario porterebbe allo sviluppo di ipoattività che si traduce in alienazione dal mondo, in una sublimazione forzata che comporterebbe l’incrementarsi dell’irascibilità, della violenza, dell’eventuale criminalità. Maldonado si concentra sugli effetti dei videogiochi in un’età dove l’educazione eteronoma è ancora in fase di sviluppo. Da un lato, i videogiochi d’azione competitiva sollecitano la risposta hic et nunc logico-strategica, ma d’altra parte incrementano i disturbi d’ansia generalizzata. Subentra l’idea della compensazione per trasferimento teorizzata da Thorndike, dove le esperienze percettive accumulate nel gioco virtuale possono contribuire ad una migliore conoscenza del mondo reale; o l’opinione di Gibson, che indica i pregi della vita virtuale attraverso i maggiori stimoli che scaturiscono dalla rappresentazione iconica. Tutto ciò, nell’ottica dell’autore, sembra un’idea troppo audace.[6]

Pensare la tecnica, oggi[modifica | modifica wikitesto]

Nell’ultimo secolo, la tecnica ha assunto un carattere qualitativo, autonomo. Alcuni scienziati e filosofi credono in questa autopoiesi della tecnica, mentre altri discutono sulla relazione con la tradizione razionalistica. Vi sono due tipologie di tecnica: la tecnica mediata, che si svolge in modo discorsivo, e la tecnica immediata, vissuta come strumento nel contesto quotidiano. Gilbert Simondon supera la teoria isolazionistica, facendo dell’oggetto tecnico non un arrivo asettico, ma il pilastro dove la tecnica e la cultura coincidono. La produzione culturale è inseparabile dai processi e dai prodotti della tecnica. Simondon parla anche di una congruenza di fondo fra logica della vita e logica della tecnica, ma Maldonado chiarisce le differenze funzionali, strutturali e morfologiche fra sistemi viventi e non viventi; ad esempio, la diversità fra il tempo della vita e il tempo della tecnica. Simondon chiarisce i rischi di una filosofia autocratica della tecnica, che vede la sua espansione proprio nel delirio speculativo dei filosofi del Novecento. Per comprendere come la tecnologia incide sullo sviluppo economico, Schumpeter distingue invenzione ed innovazione, dove la prima non necessariamente comporta la seconda. In altre parole, non è detto che l’invenzione diventi ex abrupto innovazione, ma che l’innovazione sia frutto di invenzione, è condizione necessaria e sufficiente. Al giorno d’oggi, il monopolio vive una secolarizzazione in termini tecnologici, dove il mutamento di strategie produttive e distributive, il numero e le funzionalità degli oggetti tecnici cambiano di giorno in giorno. Latour precisa l’apporto sociologico della tecnica, dato dalle figure degli attanti, dalla vita di laboratorio, che cammina attraverso la società, in un forte connubio con essa e non in modo distaccato. L’obiettivo è quello di sopprimere la tradizionale dicotomia oggetto-soggetto, cercando dapprima di tradurre i processi tecnico-scientifici in costrutti artistico-figurativi; la rete che viene a crearsi è un sistema dinamico società-tecnica che, come il costruttivismo sostiene, respinge la tendenza di concepire la tecnica come fattore preponderante sulla società, sull’economia e sulla cultura. Nonostante ciò la tecnica viene ancora concepita, secondo l’autore, in termini astratti.[7]

Appendice[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la stesura dei primi sette capitoli, Maldonado dedica un’appendice al libro composta da due capitoli: Gli occhiali presi sul serio e Sulla scrittura stereotipica e antistereotipica.

Per comprendere il rapporto di reciproca causalità fra tecnica e società, Maldonado prende in istanza la nascita e lo sviluppo degli occhiali da vista. Questi hanno risposto ad una esigenza fisiologica in primis, quindi di richiamo sociale, per portare poi all’avanzo indipendente della tecnica. L’esigenza sociale ha portato alla nascita di un dato oggetto tecnico, nel caso gli occhiali. Una volta costruiti, la tecnica ha potuto superare la richiesta iniziale verso fronti innovativi senza l’effettiva richiesta da parte della società. In questo modo la tecnica ha preceduto la richiesta, ma ciò non esclude l’istanza primordiale della società. In breve, la società spinge e la tecnica tira, nello stesso ugual modo in cui la tecnica spinge e la società tira.[8]

Come già illustrato nel secondo capitolo, la letteratura trasgressiva ipertestuale ha preferito un uso creativo e un’apertura alla stratificazione comunicativa mediante la diffusione del cyber-gergo. L’ipertesto appare come un mega-documento dove l’ambito metaforico-privato di definizione terminologica si esplica in infinite soluzioni differenti, portando il nostro modo di scrivere, di leggere, di parlare, di pensare e di ricordare ad un cambiamento radicale col tempo. Vi sarà una continua alterazione delle convenzioni linguistiche, che da un lato arricchirà l’espressività concettuale, ma dall’altro perderà la bellezza della metafora, dell’interpretazione, della poesia e delle sue figure retoriche nel loro senso tradizionale, che costituiscono il nostro patrimonio umano, non soltanto letterario ma dell’intera sensibilità.[9]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Tomás Maldonado, Memoria e conoscenza, Feltrinelli, Milano, 2005, pagg. 15-48
  2. ^ Tomás Maldonado, op. cit., pagg. 49-81
  3. ^ Tomás Maldonado, op. cit., pagg. 82-121
  4. ^ Tomás Maldonado, op. cit., pagg. 122-144
  5. ^ Tomás Maldonado, op. cit., pagg. 145-181
  6. ^ Tomás Maldonado, op. cit., pagg. 182-199
  7. ^ Tomás Maldonado, op. cit., pagg. 200-224
  8. ^ Tomás Maldonado, op. cit., pagg. 227-238
  9. ^ Tomás Maldonado, op. cit., pagg. 239-248

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