Utente:Francesco Sartori 17/I fatti di Parma

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I fatti di Parma
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Squadre provincia Parma nell'agosto 1922
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TipoScontri armati
Data inizio1°agosto 1922
Data fine6 agosto 1922
LuogoParma
StatoTemplate:Italia
ComandantiItalo Balbo
Guido Picelli

Con la locuzione fatti di Parma s’intende l'assedio[1] alla città di Parma, dal primo al sei agosto 1922, operato dagli squadristi comandati prima da un quadrumvirato locale e successivamente da Italo Balbo, che si trovarono a confrontarsi con gli Arditi del Popolo e le formazioni di difesa proletaria.

L'azione delle squadre nere si inserirà nelle lunga serie di violenze fasciste, conseguite alla proclamazione dello sciopero generale da parte dell'alleanza generale del lavoro il 31 luglio 1922.

Il tessuto cittadino e politico di Parma

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In città erano presenti sostenitori dell'interventismo di sinistra, tra i quali alcuni capi riconosciuti anche a livello nazionale come Alceste De Ambris, ed associazioni e formazioni localmente attive come la Legione Proletaria Filippo Corridoni.

La città emiliana fu una delle poche “roccaforti rosse” ad arrivare preparata alla brutale risposta del Fascismo allo sciopero legalitario. Parma negli anni precedenti aveva già visto l’azione organizzata di gruppi di sinistra, come le guardie rosse parmensi organizzate da Guido Picelli nel 1920. Questo gruppo si era reso protagonista di azioni quali il blocco di un convoglio di granatieri in partenza per l’Albania durante l’autunno del 1920 e di una serie di scontri con fascisti e forze dell’ordine il 19 aprile 1921.

La città era caratterizzata da forte presenza dei sindacalisti rivoluzionari guidati da Alceste de Ambris, che aveva portato a una grande manifestazione popolare dell’aprile 1922 in ricordo dell’uccisione di Amleto Rossi, dirigente del sindacalismo rivoluzionario.

Nel parmense, la prima guerra mondiale portò ad un incremento industriale sia nel settore agricolo che della manipolazione e trasformazione dei prodotti della terra. La borghesia parmense non mutò però il suo comportamento rispetto ai conflitti sociali e continuò a far riferimento alla "politica" ed ai dettami ideologici della potente Associazione Agraria Parmense, che aveva battuto lo sciopero del 1908.

A Parma ci fu quindi un'organizzazione della difesa quasi corale[2] e la borghesia, in linea di massima, non pose forti ostacoli all'azione degli Arditi del Popolo e delle formazioni di difesa proletaria.

Il 31 luglio 1922, l'Alleanza del Lavoro, unione di quelli che erano i sindacati di sinistra prima dell'avvento del regime, indisse lo sciopero legalitario "contro le violenze fasciste" e "l'indifferenza dello Stato verso di esse". La mattina del 30 luglio il “Lavoro” di Genova pubblicherà la notizia dello sciopero, permettendo alle forze fasciste di organizzarsi, come testimonia un estratto della circolare redatta dalla segreteria del Partito Fascista il 31 luglio e inviata a tutti i Fasci della Penisola:

"Pare che l’Alleanza del Lavoro intenda proclamare a cominciare dalla mezzanotte di oggi, lo sciopero generale nazionale, compresi i pubblici servizi. Se la voce sarà confermata dai fati comparirà sui giornali di domani un apposito appello della direzione del Partito Fascista. Le Federazioni, i Fasci si attengano a quanto nell'appello della Direzione è detto".[3]

Nel frattempo, a Parma i lavoratori aderirono allo sciopero in forze. Gli Arditi del Popolo e la locale Legione Proletaria Filippo Corridoni realizzarono un fronte comprendente gli interventisti di sinistra parmigiani, vicini -in un primo momento- al programma dei fasci di combattimento.

Come riporta Eros Francescangeli, nel suo libro Arditi del popolo, Guido Picelli sarà una figura fondamentale di questa vicenda:

"Uomo d’azione più che teorico, convinto sostenitore della necessità di contrastare il fascismo sul terreno della lotta armata, Picelli è quindi in grado di realizzare l’unità proletaria quantomeno sul terreno della risposta militare agli attacchi della reazione”.[4]

Qui venne organizzata una resistenza armata "di ottima caratura militare" :

” I capisquadra, scelti tra gli operai già militari, avevano avuto il compito dell’addestramento degli uomini, mentre gli addetti ai servizi speciali erano incaricati di mantenere il contatto con i soldati dei reggimenti di permanenza a Parma per il rifornimento di armi e munizioni”.[5]

I fatti di Parma

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Nei primi giorni di agosto vennero perciò mobilitati dal PNF circa 10.000 uomini per l'occupazione di Parma, giunti dai paesi del parmense e dalle province limitrofe. Dopo un breve comando affidato al quadrunvirato formato da Alcide Aimi, Giovanni Botti, Gino Caramatti e Giuseppe Stefanini, le consegne vengono passate ad Italo Balbo. Il numero degli squadristi venne incrementato notevolmente con sopravvenuti rinforzi, proprio a causa della resistenza opposta dalle formazioni di difesa proletaria, che aumentano la loro capacità di rintuzzare gli attacchi:

“Le trincee sono scavate ed erette con tutta la tecnica della guerra. Sono protette da reticolati e cavalli di frisia. Ora per ora le trincee vengono approfondite e perfezionate.”[6]

I primi scontri a fuoco si registrarono il 4 agosto nel quartiere Naviglio. I fascisti tentarono di avanzare verso via Garibaldi, considerato il lato più debole del perimetro del quartiere, ma furono respinti da un contrattacco degli arditi del popolo che videro cadere tra le loro fila un giovane operaio di nome Giuseppe Mussini.

Gli squadristi tentarono di superare le barricate, devastando, nelle zone centrali della città, meno difendibili e difese, il circolo dei ferrovieri, uffici di numerosi professionisti democratici, le sedi del giornale Il Piccolo, dell'Unione del Lavoro e del Partito Popolare. Balbo infatti annotò:” È stata invasa e devastata la tipografia del Piccolo. Il giornaletto Nittiano non potrà uscire per un pezzo: i suoi impianti sono distrutti”.[7]

A supporto di tale posizione Mario de Micheli nel suo libro Barricate a Parma riporta una lunga lista di nomi di avvocati, direttori di giornali e professori che videro i propri uffici distrutti per mano dei fascisti.

Lo stesso Balbo fu costretto ad emanare un comunicato di condanna per questi fatti, come riportato nel suo diario in data 5 agosto.[8]

Balbo annoterà inoltre che, la mattina del 4 Agosto, si era recato dal prefetto annunciando un ultimatum di 12 ore per procedere alla smilitarizzazione dei quartieri sovversivi. Egli infatti giungerà in prefettura scortato da un centinaio di militi che presiederanno l’edificio a dimostrazione simbolica dell’effettivo controllo fascista sulle autorità cittadine.

Chiurco, nella sua Storia della rivoluzione fascista, riporterà con toni molto telegrafici i contenuti del colloquio:

"Il dott. Balbo comunicava telefonicamente con Mussolini a Roma esponendogli minutamente la situazione, poi egli ordinava momentaneamente ai suoi uomini la temporanea sospensione delle ostilità e veniva affisso un bando per intimare ai commercianti di aprire per le 16 tutti i negozi, minacciando appena passata tale ora l’immediata devastazione dei negozi rimasti chiusi”.[9]

Il giorno stesso le truppe del generale Lodomez entreranno nell’Oltretorrente, non incontrando resistenza, ma una popolazione gioiosa che li accolse fraternamente. La seguente nota del diario di Balbo ci aiuta a comprendere il clima festoso che si era creato ed il perché della mancata resistenza:

"In una piazzetta dell’Oltretorrente è stata scodellata ai soldati una polenta di 15 chili. Non sono mancati le musiche e i balli popolari. Il prefetto Fusco è sceso a patti con gli arditi rossi di Picelli. Ha promesso loro che non appena i reparti dell’Esercito fossero entrati nell’Oltretorrente, tutti i fascisti convenuti a Parma sarebbero partiti".[10]

Targa nel quartiere Oltretorrente sui fatti del 1922.

I comandanti fascisti si recheranno quindi dal prefetto denunciando l’accordo fatto tra quest’ultimo e Picelli, poiché in questo modo i difensori dell’Oltretorrente avrebbero potuto rivendicare di aver messo in rotta le squadre fasciste e di aver obbligato il governo a scendere a patti con loro.

Durante la notte tra il 4 e il 5 agosto le squadre fasciste cominciarono ad operare anche nella provincia di Parma, concentrandosi particolarmente sul paese di Sala Baganza dove era stato ucciso un fascista. Le ostilità continueranno per tutta la giornata del 5 agosto, anche se occorre precisare che una cronologia lineare, ora per ora, dei singoli avvenimenti appare difficile da ricostruire.

Gruppi di fascisti tentarono di attaccare l’Oltretorrente partendo dai bagni pubblici, operando un diversivo per permettere ad alcune squadre di avanzare sulla sinistra del quartiere e giungere alle spalle gli arditi del popolo, passando per i giardini pubblici. Gli arditi del popolo intuirono le intenzioni nemiche, riuscendo a respingere il tentativo di penetrazione. Balbo stesso guiderà un tentativo di attacco ma, passato ponte Verdi, fu fermato da un cordone di truppe regolari che gli intimò di non avanzare. Fu costretto quindi a ripiegare, anche sotto la spinta dell’ordine ricevuto dal segretario del partito fascista Michele Bianchi di evitare ogni tipo di scontro con l’esercito. Le migliaia di fascisti giunti a Parma si trovarono di fronte all'impossibilità di penetrare nei quartieri sovversivi, grazie alla resistenza e ai coraggiosi colpi di mano popolari.

La ritirata fascista

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Il 6 agosto, su consiglio anche dell'ufficiale militare al comando della locale Scuola di Applicazione militare, Lodomez, ma soprattutto essendosi resi conto dell'impossibilità di conquistare la città senza scatenare una vera e propria guerra, che avrebbe provocato una carneficina, i fascisti passarono il controllo dell'ordine pubblico all'esercito, impegnandosi a ritirarsi. [11]

Lo stato d'assedio militare venne istituito dal Governo a partire dalle ore 24 del 5 agosto in tutte le città nelle quali perduravano ancora disordini a seguito dello sciopero generale proclamato a partire dal 1º agosto e conclusosi ufficialmente il 3 agosto. Le città dichiarate in stato d'assedio, oltre a Parma, furono: Ancona, Livorno, Genova e Roma.[12]

Il 6 agosto Lodomez, comandante militare della piazza, assume pieni poteri.

Barricate a Parma.

Questo provvedimento fu letto dalle forze fasciste come un successo, Balbo infatti nel suo diario parla di “vittoria conseguita”.

Più realisticamente invece come riporta Picelli:

"L’autorità militare preoccupata, e temendo che dopo la sconfitta delle camicie nere, il movimento, dalla città potesse estendersi a tutto il Parmense e alle altre provincie, […] proclamò lo stato d’assedio ordinando che per le ore 15 fossero tolte le barricate e disfatte le trincee".[13]

La ritirata fascista dalla città fu organizzata immediatamente:

“Senza neppure preoccuparsi di domandare se i borghi fossero già in via di disarmo oppure no”.[14]

L’ordine di smobilitazione riportava:

"Dalle ore 24 i poteri della città di Parma sono stati assunti dall'autorità militare. È questa una vittoria, perché il governo aderisce finalmente alla nostra richiesta esautorando l’indegna autorità politica complice e responsabile dell’attuale situazione”.[15]

Dopo i primi colpi di cannone i rivoltosi issarono la bandiera bianca e:

"I reggimenti di fanteria mobilitati fraternizzarono infatti con la popolazione, come era avvenuto anche nei giorni precedenti, facendo si che l’occupazione della città avvenisse in modo pacifico. Gli ufficiali, di fronte alla fermezza degli antifascisti, rinunciarono ad eseguire l’ordine ricevuto di imporre ai rivoltosi la consegna delle armi".[16]


I caduti

La resistenza di Parma era costata complessivamente al fronte antifascista sei morti: Ulisse Corazza, Gino Gazzola, Carluccio Mora, Giuseppe Mussini, Mario Tomba e Attilio Zilioli.

Secondo la storiografia ufficiale fascista, gli squadristi ebbero solo due caduti nella provincia di Parma (Ettore Tanzi e Odoardo Amadei entrambi uccisi a Sala Baganza il 4 agosto).[17][18] Secondo le valutazioni di Italo Balbo i morti tra i fascisti durante gli scontri a Parma furono quindici, di cui però non furono resi noti i nomi[19].

Conseguenze dei fatti di Parma

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In seguito al passaggio del potere all'esercito venne anche stipulato un trattato di pacificazione tra le camere del lavoro e i fascisti, siglato il 19 ottobre. Questo documento non vide mai un’attuazione pratica poiché:" La Parma sovversiva dei borghi, quella che la stampa chiamava “la Russia”, lo respinse decisamente con il sostegno delle locali organizzazioni sovversive e di classe”.[20]

Il fascismo parmense in seguito alle giornate di scontri tenutesi in agosto attraversò un forte periodo di crisi. Il 20 settembre, come riporta M.d. Micheli, alcuni fascisti dissidenti occuparono le sedi della federazione provinciale e del fascio di Parma, tanto che fu costretto ad intervenire lo stesso Balbo e:” La sezione di Parma del Partito fascista fu sciolta e ricostruita ex novo con uomini diversi”.[21]

Dimostrazione dello smacco subito dalle forze fasciste a Parma furono i preparativi svolti presso Borgo San Donnino, per un ulteriore attacco contro la città emiliana. Balbo Infatti risiederà nel piccolo abitato dal 9 all’11 ottobre, organizzando un’altra incursione contro Parma.

La notte del 9 ottobre inviò una lettera a Mussolini, riportando alcuni dettagli dell’azione e affermando:


"Alla truppa che eventualmente intervenisse, i fascisti risponderanno come la truppa rispose ai fascisti nell’agosto. Per quello che riguarda la preparazione morale, tutti sono concordi nel chiederti almeno un’abile corrispondenza da Parma da pubblicarsi sul Popolo e da far riprodurre dal Carlino, Giornale d’Italia e Giornale di Roma, corrispondenza che impressioni l’opinione pubblica per quanto si è commesso e si commette contro di noi".[22]


L’organizzazione per l’ulteriore attacco sarà bloccata l’undici ottobre tramite un ordine di Mussolini, che intimava a Balbo di recarsi a Milano il giorno 16 ottobre.

Mussolini probabilmente, ormai prossima la marcia su Roma, non volle mettere ulteriormente a rischio quest’ultima iniziativa con un’azione che, sia per la violenza prevista sia per l’esito incerto, avrebbe potuto recare non pochi danni al fascismo.

Gli Arditi del popolo saranno ufficialmente sciolti nel dicembre 1922 mentre come riporta Marco Rossi:” Picelli e i suoi costituirono Gruppi segreti di azione-Soldati del popolo attivi fino a tutta la prima metà del 1923 e collegati con almeno una struttura a Milano”.[23]

Personaggi correlati

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Italo Balbo
  • Alcide Aimi, sindacalista ed attivista fascista.
  • Italo Balbo, politico, militare ed aviatore italiano, successivamente ministro dell'aeronautica e governatore della Libia.
  • Giovanni Dall'Orto, ex combattente, fondatore del Fascio di Reggio Emilia, a capo della seconda colonna di armati, destinata a congiungersi con quella guidata da Italo Balbo. Svolse anche personalmente attività di ricognizione in Parma[24].
  • Giovanni Botti, segretario del PNF parmense nel periodo considerato.
  • Roberto Farinacci, successivamente segretario del Partito Nazionale Fascista.
  • Davide Fossa, squadrista e fondatore del sindacato fascista a Parma.
  • Remo Ranieri, squadrista, segretario del fascio di Fidenza e successivamente deputato del PNF al parlamento
  • Michele Terzaghi, (Parma, 1896 - 1922), avvocato socialista fino al 1916. Diresse La Difesa, giornale della federazione del PSI che passò poi sotto la direzione di Spartaco Lavagnini, abbandonando il Partito Socialista Italiano a seguito della sua scelta interventista. Aderì al fascismo nel primo dopoguerra con la successiva elezione a deputato del blocco nazionale del 1921.
  • Luigi Lusignani ex sindaco liberale di Parma, in seguito aderì al PNF.
Guido Picelli

Fronte unito Arditi del Popolo, Legione Proletaria Filippo Corridoni

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  • Giuseppe Isola (Parma, 1881- 1957), antifascista e dirigente dei socialisti internazionalisti "terzini" di Parma.
Antonio Cieri
  • Aroldo Lavagetto (Parma, 1896 - 1981), reduce dalla Grande Guerra. Fu fra i rappresentanti di spicco dell'antifascismo liberale e repubblicano, redattore capo presso il giornale il Piccolo Esponente di Parma, fondato da Tullio Masotti. La sede de Il Piccolo fu devastata dagli squadristi durante l'attacco a Parma, anche se i giornalisti tentarono una difesa armata e la redazione venne spostata presso la tipografia della Camera del Lavoro di borgo delle Grazie, in Oltretorrente. A fascismo affermato Lavagetto dovette fuggire a Milano, riuscendo a trovar lavoro al Corriere della Sera. In seguito si spostò ancora all'ufficio stampa delle Terme di Salsomaggiore ed infine, nel 1935, trovò sistemazione in una società petrolifera appartenente a Nando Peretti. Dopo l'8 settembre del 1943 si stabilì a Roma e nel 1965 tornò a Parma.
  • Tullio Masotti, attivista socialista e sindacalista.
  • Gaetano Perillo, comunista e capo degli Arditi del Popolo di Genova, partigiano, storico. Genova gli ha destinato un fondo per lo studio del movimento operaio genovese; alcuni storiografi che si sono occupati del riordino della vicenda degli Arditi del Popolo lo danno presente anche a Parma in quel periodo.
  • Vittorio Picelli (Parma, 1893 - Roma, 1979), fu fra i difensori di Parma assieme al fratello Guido, quale fondatore e capo della Legione Proletaria Filippo Corridoni. Fuoriuscito in Francia dopo l'avvento del fascismo, nel 1936 scrisse a Mussolini chiedendo e ottenendo di partecipare come volontario in camicia nera alla Campagna d'Etiopia. Al suo ritorno dall'Africa divenne funzionario di corporazione sindacale con sede a Roma.
  • Alberto Simonini, dirigente socialista e segretario della Camera Confederale del Lavoro di Parma.

Figure istituzionali

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  • Umberto Beseghi (Parma, 1883 - Bologna, 1958), presidente dell'Associazione nazionale combattenti di Parma, cancelliere giudiziario presso la Pretura di Parma, dopo presso il Tribunale di Ravenna e infine presso la Procura generale di Bologna. Allo scioglimento dell'Associazione nazionale combattenti, Beseghi fu allontanato da Parma con destinazione Orbetello, di lì in poi si occupò esclusivamente alla letteratura. Durante la prima guerra mondiale si occupò subito di giornalismo e fu corrispondente di giornali politici e direttore del quotidiano locale "Il Presente".
  • Guido Maria Conforti, arcivescovo cattolico, difese le scelte del clero parmense per la cura dei combattenti feriti[26].
  • Felice Corini segretario PPI parmense, collabora coi fascisti fino al 1924, poi rompe e partecipa alla protesta aventiniana.
  • Federico Fusco, prefetto di Parma durante i fatti.
  • Enrico Lodomez, generale e comandante della Scuola di applicazione di fanteria di Parma e comandante di piazza a Parma.
  • Tullio Maestri (Albareto, Parma, 1875 - Borgotaro, Parma, 1940), presidente amministrazione provinciale di Parma (1920-1922).
  • Amedeo Passerini (Parma, 1870 - 1932), sindaco di Parma. Si laureò in giovane età affermandosi subito nella vita pubblica con incarichi di alto livello nell'amministrazione. consigliere del Monte di Pietà, ispettore alla Cassa di Risparmio e membro della giunta provinciale amministrativa. Ricoprì anche la carica di prosindaco ed assessore alle Opere Pie nel 1895, nominato presidente della Congregazione municipale di carità, assessore al dazio e alle finanze, presidente degli ospizi civili e dell'Ordine degli avvocati. Gli fu consegnata nel 1924, per la sua capacità di gestione della cosa pubblica la tessera ad honorem del PNF.
  • Roberto Simondetti, comandante del presidio militare di Parma.
  1. ^ R. J. B. Bosworth, The Oxford handbook of fascism, Oxford, Oxford University Press, 2009, p. p.105..
  2. ^ Gustavo Ghidini, Le Barricate di Parma, in Il mondo operaio, n. 6/2017, p. 57.
  3. ^ G. A. Chiurco, Storia della rivoluzione fascista, IV, Firenze, Vallecchi, 1929, p. 192.
  4. ^ Eros Francescangeli, Arditi del popolo, Roma, Odradek, 2003, p. 132.
  5. ^ Mario De Micheli, Barricate a Parma, Roma, Editori riuniti, 1960, p. p.150.
  6. ^ Italo Balbo, Diario 1922, Milano, A. Mondadori, 1932, p. 117.
  7. ^ Balbo, Diario 1922, p.131
  8. ^ Balbo, Diario 1922, p. 131
  9. ^ Chiurco, Storia della rivoluzione fascista, p. 211
  10. ^ Balbo, Diario 1922, p.131
  11. ^ Mimmo Franzinelli, Squadristi, Cles (TN), Oscar Mondadori, 2009, pp. 153-154.
  12. ^ Franco Morini, Rivisitazione di un mito, in Historica nuova, n. 16, Luglio-settembre 2010, pp. 14-15.
  13. ^ Guido Picelli, La rivolta di Parma, in Lo stato operaio, n. 10, 1934, pp. 752-760.
  14. ^ Mario de Micheli, Barricate a Parma, p. 175
  15. ^ Balbo, Diario 1922, p.133
  16. ^ M. Rossi, Arditi non gendarmi-dalle trincee alle barricate: arditismo di guerra e arditi del popolo (1917-1922)., Pisa, BFS, 2011, p. 171.
  17. ^ Elenco grandi scomparsi e caduti della rivoluzione fascista, Roma, Casa editrice Panorami e realizzazioni del fascismo, 1942, pp. 154 e 329.
  18. ^ Morini, Rivisitazione di un mito, p. 14-15
  19. ^ Franzinelli, Squadristi, p. 387
  20. ^ Rossi, Arditi, non gendarmi, p.172
  21. ^ De Micheli, Barricate a Parma, p.179
  22. ^ Balbo, Diario 1922, p.173
  23. ^ Rossi, Arditi, non gendarmi, p.173
  24. ^ Sul suo ruolo nei Fatti di Parma si veda Rolando Cavandoli, Le origini del fascismo a Reggio Emilia, 1919-1923, Editori Riuniti, Roma 1972, pp. 136-37 e soprattutto pp. 233-236 (capitolo: "Dall'Orto in Parma vecchia") e passim.
  25. ^ Pino Cacucci, "Oltretorrente", Feltrinelli editore, Milano,2003, p.128
  26. ^ Cacucci, Oltretorrente, p. 134

AA.VV., Dietro le barricate, Parma 1922, testi immagini e documenti della mostra (30 aprile - 30 maggio 1983), edizione a cura del Comune e della Provincia di Parma e dell'Istituto storico della Resistenza per la Provincia di Parma

AA.VV., Pro Memoria. La città, le barricate, il monumento, scritti in occasione della posa del monumento in ricordo alle barricate del 1922, edizione a cura del Comune di Parma, Parma, 1997

Circolo F. Corridoni di Parma (a cura del) "Per l'Italia - I caduti per la causa nazionale 1919-1932" Ed. Campo di Marte - Parma, 2002.

Comunisti a Parma. Atti del convegno tenutosi a Parma il 7 novembre 1981, a cura di Fiorenzo Sicuri, Parma, Istituto Gramsci Emilia-Romagna e Parma - Biblioteca “Umberto Balestrazzi”, 1986.

Daniele Biacchessi, Orazione civile per la Resistenza, Bologna, Promomusic, 2012.

Elenco grandi scomparsi e caduti della rivoluzione fascista, Roma, Casa editrice Panorami e realizzazioni del fascismo, 1942.

Eros Francescangeli, Arditi del popolo, Roma, Odradek, 2003.

Fiorenzo Sicuri(a cura di), Guido Picelli, a cura di Fiorenzo Sicuri, con un saggio di Dianella Gagliani, Parma, Centro di documentazione “Remo Polizzi”, 1987.

Franco Morini, Rivisitazione di un mito-parte prima, in Historica Nuova, n. 15, Asti, gennaio-marzo 2010, pp. 7-11.

Franco Morini, Rivisitazione di un mito-parte seconda, in Historica nuova, n. 15, Asti, aprile-giugno 2010, pp. 5-8.

Franco Morini, Rivisitazione di un mito-parte terza, in Historica nuova, n. 16, Asti, luglio-settembre 2010, pp. 14-17.

Franco Morini, Parma in camicia nera, Edizioni Zara, Parma 1987.

Franco Morini, Squadrismo fra squadra e compasso - Dalle barricate di Parma alla marcia su Roma,  Ed. La Sfinge, Parma 1991.

G. A. Chiurco, Storia della rivoluzione fascista, Firenze, Vallecchi, 1929.

Giancarlo Bocchi, Il Ribelle Guido Picelli una vita da rivoluzionario, Roma, IMPLIBRI , 2013

Gianni Furlotti, Parma libertaria, Pisa, BFS, 2001.

Giorgio Campanini, Chiesa e movimento cattolico a Parma fra Ottocento e Novecento: studi e ricerche, Parma, Il Borgo, 1995.

Giuseppe Cavalli, Le “Cinque giornate” di Parma e Ulisse Corazza, in Il contributo dei Cattolici alla lotta di Liberazione in Emilia-Romagna. Atti del 2º Convegno di studi tenuto nei giorni 1, 2, 3 maggio 1964 a Parma-Salsomaggiore, Parma, Associazione Partigiani Cristiani, 1995, pp. 243–270.

Graziano Bottioni, La nascita del PCI a Parma 1921-1926, Parma, Biblioteca “Umberto Balestrazzi”, 1981.

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Gustavo Ghidini, Le Barricate di Parma, in Il mondo operaio, n. 6/2017.

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Le Barricate a Parma 1/5 agosto 1922, numero monografico di “PR. Parma Realtà”, n. 15, dicembre 1972.

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Mario Palazzino, Da prefetto Parma a gabinetto ministro interno. Le barricate antifasciste del 1922 viste attraverso i dispacci dell'ordine pubblico, Parma, Archivio di Stato di Parma - Silva Editore, 2002.

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Maurizio Degli Innocenti - Paolo Pombeni- Alessandro Roveri (a cura di), Il Pnf in Emilia-Romagna durante il ventennio fascista, Milano, Angeli, 1988.

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Nanni Balestrini, Parma 1922. Una resistenza antifascista, Radiodramma Rai, 1973.

Pietro Alberghi, Il fascismo in Emilia-Romagna: dalle origini alla marcia su Roma, Modena, Mucchi, 1989.

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Rolando Cavandoli, Le origini del fascismo a Reggio Emilia, 1919-1923, Editori Riuniti, Roma 1972.

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William Gambetta, L'esercito proletario di Guido Picelli (1921-1922), "Storia e documenti", n. 7, 2002, pp. 23–46.

Il ribelle (2011), regia di Giancarlo Bocchi.

Voci correlate

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