Utente:Fabiomp/Sandbox

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Foto del ritratto di Massimo Pellicano, opera di Vincenzo Gemito (Napoli 1921). Collezione privata Pellicano.

Massimo Pellicano (1896-1967)[modifica | modifica wikitesto]

Foto del frontespizio del catalogo della mostra di Massimo Pellicano alla Galleria Stagni di Roma nel 1966.

Massimo Pellicano nasce a Gioiosa Ionica (RC) il 21 Novembre 1896, da Francesco Maria Pellicano (figlio della marchesa Maria Cristina Riario Sforza), della nobile e antica famiglia di Reggio Calabria  - deputato al Parlamento, più volte sindaco di Gioiosa, e dalla scrittrice Clelia Romano Avezzana, nipote del Generale Giuseppe Avezzana, Ministro della Guerra nella Repubblica Romana e di Lady Mary Morrogh Plowden.

Vive durante l'infanzia con la famiglia tra Roma, Castellammare di Stabia e Gioiosa Jonica. Completati gli studi classici presso il liceo romano Ennio Quirino Visconti, si trasferisce a Firenze dove consegue la laurea in Scienze Politiche Economiche e Sociali. Al periodo degli studi, durante il quale abita in una villa nella campagna di Fiesole, risale la sua prima prova letteraria, la raccolta di racconti di ambientazione fiorentina, Tra luci e ombre, con la prefazione dello scrittore Jack La Bolina (Rossini, Firenze 1924). A Napoli, ancora studente, conosce Maria Virginia Mineo Janny, figlia dell'armatore catanese Giovanni, con la quale si sposerà a Napoli il 28 Settembre 1919.

Massimo Pellicano e la moglie Maria Virginia vennero ritratti da Vincenzo Gemito (Napoli, 1852 –1929).

Olio su tela di Massimo Pellicano.

Dal matrimonio nasceranno sette figli: Clelia (1921), Corrado (1923), Anna Maria (1924), Gianfranco (1928), Norberto (1933), Flavia (1935) e Piero (1938). Dopo la seconda guerra mondiale, vive dapprima con la famiglia nel castello di Gioiosa Jonica, che aveva ereditato dalla madre e che rimane a lungo la sua unica residenza fissa, e cambia poi continuamente sede per necessità di lavoro, finché si stabilisce definitivamente a Roma a palazzo Russo, in piazza San Pantaleo.

Giornalista pubblicista, è entrato in contatto con alcuni tra i più importanti intellettuali contemporanei, tra cui Benedetto Croce (di cui frequenta la casa napoletana), Vincenzo Gemito, Corrado Alvaro (che sarà ospite dei Pellicano nella tenuta di Prateria e a Gioiosa), Leonida Repaci, Jack La Bolina etc., avendo intimità con la Repubblica delle Lettere già per il retaggio della madre Clelia Pellicano Romano, animatrice di un colto cenacolo a Roma e a Napoli, amica e collaboratrice di Matilde Serao e di Edoardo Scarfoglio, di Olga Ossani Lodi, di Luigi Capuana, di Trilussa. Il periodo più fecondo della sua attività di narratore coincide con gli anni della piena maturità, a partire dalla raccolta di novelle Vette luminose sotto le stelle (Roma 1946), seguita dai romanzi Amore tra i veli (Roma 1947), La lanterna nella foresta (Roma 1955) tutti per i tipi della Fratelli Palombi editore, e Delitto senza castigo (Roma 1950), dai racconti lunghi Donne e Conigli e Rosetta e Lucio (editi in un unico volume da Gastaldi, Milano 1953), e dal dramma teatrale Il Parroco di Sorianello (Gastaldi, Milano 1953). All’attività di novellista e romanziere, che resta il terreno proprio del suo percorso creativo, affianca più tardi anche quella di pittore. Sin da giovane coltiva la passione per le arti figurative, e studia disegno con Giulio Aristide Sartorio. Stringe in seguito amicizia con alcuni protagonisti dell’ambiente artistico romano, tra cui Novella Parigini, Eva Fischer e il maestro Ivan Fossani, ed è assiduo al caffè Canova e al ristorante Re degli Amici, frequentati in quegli anni da Giorgio De Chirico, Renato Guttuso, Scipione, Mario Mafai, Giorgio Omiccioli e dagli altri esponenti della Scuola Romana, allora in pieno fermento. Studia i rudimenti della tecnica ed esordisce nel 1963 con la prima personale alla galleria della marchesa Stagni, seguita l’anno dopo da una seconda personale alla galleria S. Luca. Si è espresso in un ambito figurativo di accesa forza linguistica, interpretando in modo originale l'attitudine della pittura romana contemporanea, e continuando l’attività espositiva con personali e collettive fino alla morte, ricevendo ampi riconoscimenti. Non mancano nella sua produzione tanto di narratore che di pittore gli echi del suo profondo attaccamento per la regione dove è nato. Ha lasciato inoltre alcune tracce evidenti del suo legame per Gioiosa Jonica: membro onorario di alcune confraternite gioiosane, donò l'11 Marzo 1929 alla parrocchiale dell’Addolorata il grande quadro del XVI secolo, raffigurante S. Michele Arcangelo, oggi conservato nella canonica di quella chiesa, e proveniente dalla Chiesa-Convento dell’Annunziata, di patronato della sua famiglia.

Nel 1955 venne ricevuto nel Sovrano Militare Ordine di Malta, presso il Gran Priorato di Napoli e Sicilia, come i suoi figli Corrado, Clelia, Flavia e Anna Maria.

Massimo Pellicano muore nel 1967, compianto tra l'altro dall'ex re Umberto II con una lettera indirizzata alla vedova.

La tradizione e la passione per l'arte prosegue oggi con il figlio Piero Pellicano e il nipote Fabio Massimo Pellicano.

Nel 2020 la Consulta delle Associazioni, l'Amministrazione di Gioiosa Jonica e la famiglia Pellicano hanno ideato e dedicato alla memoria di Massimo Pellicano un premio di pittura volto a sostenere i giovani artisti.