Utente:Edocapulli/Giuseppe Mancini (monsignore)

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Giuseppe Mancini, meglio conosciuto come Don Giuseppe (Torri in Sabina, 12 dicembre 1925Magliano Sabina, 25 febbraio 2009), è stato un sacerdote italiano.

Nato il 12 dicembre 1925 a Torri in Sabina, paese centrale di un territorio che come pochi altri è stato centro propulsore della romanità e della cristianità che ospita ancora oggi il Santuario della Vergine Maria della Lode di Vescovio. La sua era una famiglia semplice e umile ma rispettata: la mamma Teresa, il padre Pierino, i fratelli Sandra e Antonio.

Gli inizi della vita presbiteriale

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Entrò nel seminario di Magliano Sabina da giovanetto da dove partì per proseguire gli studi teologici presso il cosiddetto Seminario Maggiore di Anagni. Di quegli anni portò tutta la vita un segno nel corpo a causa di un proiettile che gli si conficcò vicino al cuore, mai estratto, dopo aver colpito mortalmente al capo un suo compagno seminarista.

Fu ordinato sacerdote con qualche anticipo rispetto all'età minima richiesta, nel 1948. Ebbe l’imposizione delle mani dal Vescovo Mons. Domenico Fiori nella celebrazione dell’Assunta di quell’anno, nella piccola Chiesa di San Nicola di Bari di Torri in Sabina.

Nel messaggio ai fedeli nel giorno del suo 60 anno di sacerdozio, Don Giuseppe esordì ricordando proprio quei suoi primi anni di uomo consacrato: “Ripercorrendo con la memoria gli anni del mio presbiterato, mi rivedo insegnante in seminario a Magliano ed aiutante, in brevi momenti, di don Guido Trombetta che ringrazio per gli esempi che sempre mi ha dato.”.

Il sacerdozio

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Fu nominato parroco a Collelungo Sabino, frazione di Casaprota, fino ad allora guidato mirabilmente da Don Alessandro Pascazi, dal gennaio 1950 fino a tutto il 1951. Di quel periodo Don Giuseppe ricordò più tardi, nel 2004: “guidato da un saggio e santo mio confratello, il carissimo don Alessandro Pascazi. Ricordo ancora tanta gente in Chiesa ogni sera e tante mie incapacità a sfruttare degnamente quei momenti felici per annunciare il Vangelo ...”.

Nel gennaio 1952 fu trasferito a Cottanello fino al 1964. Agli amici raccontava “di esserci andato malvolentieri” ma anche che “quella permanenza diventò molto piacevole, grazie anche a un bel gruppo di ragazzi - rimasti sempre molto - affezionati -che riempivano le mie giornate”.

Il 26 settembre 1964, dopo tredici anni, per volere del Vescovo Mons. Marco Caliaro raggiunse Poggio Mirteto dove rimase parroco fino al 2003, sostituendo Don Aleandro Valenti.

Fondatore del foglio parrocchiale “L’Eco del Campanone”, tuttora distribuito ogni domenica, del quale curò personalmente i primi 1888 numeri.

Don Enzo Cherchi, altro mirabile esempio di uomo di Fede della Sabina, discepolo di Don Giuseppe dai tempi di Collelungo, ricorda il periodo poggiano con queste parole affettuose:

Con umiltà, equilibrio, saggezza e costanza, don Giuseppe imposta una radicale catechesi di crescita spirituale ancorata al Vangelo, sull’amore alla Vergine della Misericordia, il tutto secondo l’adagio paolino io posso tutto con la grazia di Colui che è la mia forza.

I Centri di Ascolto, la vita trascorsa in mezzo agli amati poggiani, dai bambini agli adulti, dagli alunni agli operai, a tutti ha fatto giungere la sua serenità, la sua speranza, il suo conforto, la sua sicurezza, il suo spiccato senso di equilibrio, di moderazione e di pace.

Ininterrotto il peregrinare dei discepoli, di ieri e di oggi, da ogni parte della Sabina, per ascoltare ed assicurarsi consigli, pareri, indirizzi di un uomo-sacerdote che ha saputo entrare nell’anima della gente sabina per farla crescere spiritualmente, culturalmente, socialmente e cristianamente.

Ite ad Joseph sembra un ritornello non estemporaneo, ma estremamente impellente in questi momenti di crisi d’identità e di smarrimento. ”.

LA PARROCCHIA

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Era solito alzarsi all’alba, poco dopo le 5. Subito si recava in chiesa a pregare e a suonare le campane alle 6 in punto; la colazione che spesso era per lui pane con i pomodori del suo terrazzo, era sempre dopo la Messa. Era schivo, prudente nelle relazioni con le persone, frugale e moderato come pochi. Nella catechesi che le sere teneva nei Gruppi di lettura delle Bibbia a casa dei suoi parrocchiani, ci ricorda Francesco Bonomo nel libretto “Il nostro Don Giuseppe” guai ad offrire qualcosa da mangiare. Diceva: “abbiamo appena cenato”; anche un dolcetto o una bibita erano di troppo ma si poteva interpretare “ci fa perdere tempo”.

Si ritirava sempre molto presto, raramente oltre le 22 e spesso dopo una cena molto frugale: la minestrina con il pomodoro e la pastina era la sua cena più frequente. Non perdeva mai la pazienza e quando accadeva qualcosa di grave la sua esclamazione era: “Oh santa pace!”. Sempre dal libro del suo amico Francesco Bonomo, dal quale sono tratti altri aneddoti qui presentati, ricordiamo che alle 12 chiudeva la chiesa per riaprirla alle 14:30 e che la chiesa stessa era la sua dimora abituale.

Meticoloso e rispettoso nella liturgia e degli spazi sacri, sempre puntuale soprattutto nella Messa. Non aspettava nessuno, neppure gli sposi se l’orario della Messa comunitaria era comunque fissato: “Il Signore è Signore e va trattato da Signore!”. Nessuno riesce a ricordarsi uno spreco, una qualunque lampadina accesa quando e dove non servisse, o anche un comportamento non consono o di disturbo in sua presenza. Accanto a questo, nessuno ricorda neppure un altare sguarnito o anche solo disadorno o una qualunque carenza in quello che nutre la Fede e la Liturgia.

Ebbe la gioia di concelebrare e celebrare la sua adorata Messa niente di meno che a Notre Dame di Parigi e nel Sepolcro di Cristo in Gerusalemme.

IL MERCATINO DEL LEBBROSI

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Era famoso per non sprecare nulla, tutto poteva essere riciclato e usato per scopi migliori, come l’aiuto ai bisognosi e il restauro dei luoghi sacri della Sabina. Così cominciò a raccogliere carta e vestiario, aiutato da amici e volontari. Attorno a lui si mosse un movimento di persone che mantennero per tutti gli anni 80 la raccolta sistematica di tutto ciò che la gente voleva donare, organizzando anche un mercatino annuale. L’iniziativa, animata in particolare dall’amico Francesco Bonomo con la sua associazione “Amici del lebbrosi”, trovò uno sbocco caritatevole nell’aiuto a Suor Chiara Longarini, originaria di Poggio Mirteto e dirigente di un lebbrosario nel Benin: per anni la piazza di Poggio Mirteto ospitò per anni il “Mercatino del Lebbrosi”. L’iniziativa raccolse in circa 15 anni oltre un miliardo di vecchie lire, tutte trasferite in Africa personalmente dalle suore per aprire una miriade di piccole attività agricole e produttive per i più poveri dei poveri.

I VIAGGI IN TERRA SANTA

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Innamorato fortemente della Terra Santa, dove non si stancava mai di tornare. Negli anni vi ha accompagnato in numerosissimi viaggi centinaia di fedeli. I luoghi e gli usi della Palestina, da lui spesso descritti nelle prediche, rendevano più vivo il racconto della vita di Gesù.

LA SABINA, IL TERRITORIO E LE CHIESE

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Era un profondo conoscitore della bassa Sabina, di cui conosceva come pochi le antiche tradizioni. In giro per le colline sabine, sapeva raccontare le storie di casali, di antiche chiese abbandonate e di strade ormai in disuso. Come parroco di Poggio Mirteto ha voluto e saputo difendere e preservare i tesori della storia e della fede del capoluogo sabino che sono la Cattedrale di Santa Maria Assunta, la Chiesa di San Rocco e la pregevole chiesetta duecentesca di San Paolo.

L’ULTIMO PERIODO

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Nell’ultimo periodo della sua permanenza a Poggio Mirteto e della sua vita, fu parroco emerito della Cattedrale di Poggio Mirteto e Vicario Generale del Vescovo della Diocesi Sabina, Don Lino Fumagalli.

Don Giuseppe portava addosso negli ultimi anni di vita i segni di una malattia che lo aveva visto più volte riprendersi dopo un importante intervento chirurgico, numerosi ricoveri sedute di dialisi ogni due giorni. Intimamente coerente con quello spirito di fede e d’accettazione che da sempre predicava, aveva ancora una volta stupito tutti con la sua forza interiore. L'ultimo ricovero, tredici giorni prima di morire, per una broncopolmonite. La resa finale, la mattina del Mercoledì delle Ceneri del 2009, prima del risveglio.

Uomo schivo, di poche e misurate parole, impegnato a vivere il Vangelo che tanto amava e del quale dava splendida testimonianza, sempre con impressionante e semplice umiltà.

Lui che per il carattere prudente e schivo negli anni della maturità appariva un po’ burbero, si è fatto ricordare soprattutto per il suo sorriso vivissimo e arguto. Sorrise sempre anche alla sofferenza, convinto che questa, più di altro, potesse valergli un salvacondotto per la vita eterna.

Era sempre presente laddove vi era bisogno di un aiuto o di un sorriso.

Non chiese mai nulla per sé stesso, arrivando a vivere fino all'estremo l'accettazione del volere di Dio.

Il funerale di Don Giuseppe Mancini si è svolto giovedì 26 febbraio 2005 alle ore 10 per dare a tutti la possibilità di salutarlo.

Il Vescovo Don Lino Fumagalli, celebrando la Messa di commiato, prima di leggerne il testamento spirituale, disse in particolare di Don Giuseppe:

Essenziale ed asciutto nei modi, innamorato del Vangelo e del suo ministero sacerdotale, ha testimoniato a tutti l’Amore di Dio ed il Vangelo delle Beatitudini. Per tutti è stato Padre, fratello ed amico, soprattutto è stato trasparenza del Cristo Buon Pastore e segno tangibile del Suo Amore per tutti. …

Anche a noi Sacerdoti lascia una testimonianza preziosa e ci ricorda in un biglietto che m’inviò il 2 agosto 2001 che l’essenziale per noi è la vita spirituale, la sola che sostiene il nostro ministero:

‘Eccellenza Reverendissima, grazie per le esortazioni riguardanti la vita spirituale di noi presbiteri, me le aspettavo da tempo sempre perché mi pare che il secolarismo prende sempre più piede anche in mezzo a noi. Quale presbitero molto avanti negli anni mi permetto di suggerirLe di non stancarsi mai di esortarci così: ne abbiamo tutti assoluta necessità in quanto ho paura che lo spirito del mondo possa prendere il sopravvento su quelli che debbono essere sempre i nostri ideali: troppo spesso ci si preoccupa della facciata mentre si corre il rischio che l’edificio crolli. Scusi il mio moralismo ma mi pareva doveroso dire così. Mi benedica.’ …

A Dio affidiamo il nostro caro Don Giuseppe perché riceva il premio promesso ai servi fedeli.

A Don Giuseppe affidiamo la nostra Chiesa Sabina perché sia sempre fedele al suo Signore e possa testimoniarLo all’uomo di oggi.

Arrivederci caro Don Giuseppe, prepara un posto anche per noi!”.

IL TESTAMENTO SPIRITUALE

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Senza alcun merito, il Signore mi ha insignito del Sacerdozio:

desidero ringraziarLo ora per continuare a farlo nell’eternità, ormai per me abbastanza prossima.

Ripercorrendo con la memoria gli anni del mio presbiterato, mi rivedo insegnante in SEMINARIO A MAGLIANO ed aiutante, in brevi momenti, di don Guido Trombetta che ringrazio per gli esempi che sempre mi ha dato.

Nel gennaio 1950 sono stato nominato parroco a COLLELUNGO SABINO, fino ad allora guidato da un saggio e santo mio confratello, il carissimo don Alessandro Pascazi. Ricordo ancora tanta gente in Chiesa ogni sera e tante mie incapacità a sfruttare degnamente quei momenti felici per annunciare il Vangelo…

Nel gennaio del ’52 sono stato trasferito a COTTANELLO: devo dire di esserci andato malvolentieri ma quella permanenza diventò molto piacevole, grazie anche a un bel gruppo di ragazzi (rimasti sempre molto affezionati) che riempivano le mie giornate.

Questi tredici anni trascorsi a Cottanello sono passati velocemente e si sono conclusi il 26 settembre 1964 quando raggiunsi, per volere del Vescovo Marco, la nuova sede di Poggio Mirteto.

Non è mancato il da fare, non sono mancati i collaboratori e soprattutto, nel corso degli anni, non è mai mancata gente volenterosa e disponibile che sempre mi ha aiutato a vivere e far vivere il Vangelo: è stata, direi, la mia passione, raccolta da alcune persone che hanno cercato – con alterne vicende com’è naturale – di viverlo nel migliore dei modi.

Ho sempre conosciuto i miei tanti limiti e, non avendo capacità organizzative, mi sono sforzato di vivere meno male possibile il messaggio evangelico.

A quella che è stata la mia fonte vorrei raccomandare di essere costantemente ancorati al Vangelo, viverlo come meglio potete, amate il Signore, la Vergine della Misericordia e… i vostri fratelli.

Combattete i sentimenti di odio, di vendetta, di arrivismo, di parte. Non pensate che il vivere il vangelo è umanamente impossibile. Dovete farcela sempre ricordando la frase che vi ho ripetuto migliaia di volte: io posso tutto con la grazia di Colui che è la mia forza!

Scusatemi se non ho saputo o potuto fare di più: so però di averVi voluto tanto bene e ritengo di volervene di più quando sarò nella Casa del Padre.

Ascoltate i Vostri Sacerdoti dimenticando se si chiamano con un nome o con un altro: li ha mandati qui il Signore per curare le Vostre anime!

Combattete l’egoismo e sappiate donare al Signore qualcuno dei Vostri figli; che prendano il posto di noi che ce ne andiamo.

Amatevi come Gesù ci ha comandato e come tante volte anche io Vi ho raccomandato.

Se qualche volta mi ricorderete nella preghiera, farete per me una cosa preziosissima. Io l’ho sempre fatto per Voi e seguiterò a farlo dal posto che Dio mi assegnerà.

Dio Vi benedica tutti e la Madonna della Misercordia Vi protegga sempre.

Con l’affetto di sempre.

DON GIUSEPPE

LE SUE PAROLE

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Don Giuseppe che in occasione della sua prima predica fece scena muta, divenne nel tempo un fantastico oratore.

Questa sua caratteristica, decisamente evidente a chiunque lo sentisse anche solo una volta, fu una conquista degli anni. Le sue prediche rapivano letteralmente i fedeli e non lasciavano nessuno indifferente. Nelle sue parole ardeva una passione per il Vangelo, contagiosa perché vera. Parlava di quello che amava sopra ogni altra cosa e questo rapiva.

La citazione che forse più di tutte i fedeli hanno udito dalla sua bocca, un’esortazione che faceva spessissimo a sé stesso e ai fedeli era:

IO POSSO TUTTO CON LA GRAZIA DI COLUI CHE È LA MIA FORZA!”.

Altra esortazione che soleva condividere con i suoi fedeli, ispirata alle sue letture su S. Agostino era:

Non vi dico cose nuove perché le conosciate ma cose vecchie perché le facciate”.

Ricordo di Don Giuseppe Mancini “Io posso tutto con la Grazia di colui che è la mia forza” di Don Enzo Cherchi

Il Nostro Don Giuseppe di Francesco Bonomo

… a piccoli passi… di Francesco Bonomo

Dialoghi tra amici, durante un cammino insieme di Francesco Bonomo