Stile littorio

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Il Palazzo degli Uffici a Roma Eur

Lo stile littorio denota un linguaggio architettonico che si è sviluppato in Italia negli anni trenta del Novecento e che caratterizza soprattutto un gran numero di edifici pubblici commissionati dal regime fascista dall'inizio degli anni trenta fino alla sua caduta.

L'emergere dello stile littorio è strettamente legato allo sviluppo di una politica architettonica fascista in cui, attraverso l'influenza diretta e indiretta delle istituzioni fasciste fino allo stesso Mussolini, doveva essere promosso un linguaggio architettonico formalmente esemplare, enfatizzato e dogmatico, in definitiva monumentale, per esprimere la grandezza e la dimensione storica rivendicata dal regime fascista.[1]

Definizione[modifica | modifica wikitesto]

Il Foro Italico

Nella storia dell'architettura italiana, il termine stile littorio sussume l'aspetto di edifici e spazi urbani progettati e costruiti nell'Italia fascista e che furono costruiti in "forme per lo più retoriche e monumentali"[2] Esso si riferisce a un'architettura semplificata, che nel suo perpetuo ricorso all'antico patrimonio edile romano è decisamente classicistico. Questo modo di progettare l'architettura, caratterizzato dalle particolarità della combinazione di astrazione e di un concreto vocabolario storico delle forme, ha preso il suo nome, che si riferisce ai fasci littori simboli del fascismo, già negli anni trenta del Novecento, in modo da denominare e da distinguere una tendenza progettuale in atto e favorita dal regime fascista soprattutto per le opere pubbliche[senza fonte]. Lo stile littorio quindi denomina un'espressione di un'architettura di stato che mirava a omogeneizzare le correnti del linguaggio architettonico virulente in Italia negli anni venti, lo stile littorio fondeva la monumentalità e la classicità con il razionalismo e cercava uno stile unitario, connotativo e riconoscibile a livello nazionale, al servizio di un'immagine dello stato fascista che si connotava come progressista e allo stesso tempo come continuatore di un grande passato, soprattutto per dimostrare il proprio potere attraverso la misura e la semplicità volumetrica enfatizata in un monumentalismo di stato.

Il termine 'stile littorio' fu usato per la prima volta quando Saverio Palozzi presentò i risultati del primo concorso indetto nel 1934 per la sede nazionale del Partito Nazionale Fascista[3], mentre fu coniato già da Marcello Piacentini, in occasione della costruzione del Monumento alla Vittoria di Bolzano del 1926/28, il cosiddetto 'ordine littorio', con riferimento alle colonne della costruzione stilizzate con fasci littori sporgenti[4].

Dopo la caduta del regime, nel secondo dopoguerra questa architettura razionalista è stata a lungo criticata per reazione politica. Con il tempo il giudizio estetico è andato modificandosi e le migliori tra queste architetture sono state rivalutate per i loro pregi estetici.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ vedi Luigi Monzo: Croci e fasci - L'edificio della chiesa italiana al tempo del fascismo, 1919-1945. Karlsruhe 2017 (Tesi di dottorato, Karlsruhe Institute of Technology, 2017), pp. 146-154.
  2. ^ Carmen M. Enss e Luigi Monzo, 'Termini e condizioni' dell'architettura e dell'urbanistica interbellica in Italia: un glossario tentativo, in Enss, Carmen M. e Luigi Monzo (eds.), Townscapes in Transition. Trasformazione e riorganizzazione delle città italiane e della loro architettura nel periodo interbellico, Bielefeld, 2019, p. 270.
  3. ^ vedi F. Saverio Palozzi, Il nuovo stile littorio: I progetti per il Palazzo del Littorio e della Mostra della Rivoluzione Fascista in via dell'Impero, Milano, 1936, p. 189.
  4. ^ Sabrina Michielli, Hannes Obermair, BZ ’18–’45: ein Denkmal, eine Stadt, zwei Diktaturen. Begleitband zur Dokumentations-Ausstellung im Bozener Siegesdenkmal, Folio Verlag, Vienna-Bolzano, 2016, ISBN 978-3-85256-713-6, p. 89.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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