Secondo Polazzo

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Secondo Polazzo

Commissario prefettizio di Padova
Durata mandato9 ottobre 1943 –
24 giugno 1944
PredecessoreGuido Solitro
SuccessoreFederico Formisano

Dati generali
Partito politicoPNF, PFR
Titolo di studioLaurea in ingegneria
ProfessioneIngegnere

Secondo Polazzo (Padova, 8 agosto 1892Padova, 17 febbraio 1954) è stato un funzionario italiano, commissario prefettizio di Padova nel periodo della Repubblica Sociale Italiana.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Squadrista, segretario della sezione padovana del partito dal giugno 1921, apparteneva alla fraglia dissidente del partito, contraria al patto di pacificazione e opposta ai fascisti agrari. Questa linea gli costò l'espulsione dal PNF. Il suo è il tipico caso di "fascista della prima ora" che, dopo un periodo di lontananza, fu richiamato alla vita pubblica con l'ascesa della Repubblica Sociale Italiana[1].

Tuttavia, prima di essere nominato commissario prefettizio, Polazzo era sfollato a Conselve dove aveva conosciuto alcuni membri del CLN locale e ne aveva sposato la causa. Quando i fascisti gli proposero l'incarico era riluttante ad accettare, ma fu convinto proprio dai partigiani che lo consideravano un alleato a pieno titolo. Così, il 9 ottobre 1943, divenne commissario del Comune di Padova e segretario federale del PFR della Provincia[2].

Durante il suo mandato mantenne continui contatti con i partigiani del capoluogo e dei dintorni, agevolandoli per quanto gli fosse possibile. Esemplare la nomina dell'ingegnere Antonio Lenarduzzi a direttore dei lavori di fortificazione che i tedeschi portavano avanti in zona, così che potesse riferirne agli Alleati[2].

Non nascose invece la sua contrarietà ad ogni forma di violenza, fatto che gli procurò attriti con esponenti nazifascisti, fino alle minacce. Fu proprio questo suo atteggiamento a costringerlo alle dimissioni: aveva condannato con un manifesto pubblico l'uccisione dei partigiani Silvio Barbato ed Enrico Zanella, assassinati a Ponte di Brenta l'11 giugno 1944. Convocato a Toscolano Maderno, dove aveva sede il Ministero dell'Interno repubblichino, fu aspramente redarguito e il 24 giugno fu sostituito da Federico Formisano[2].

Dopo gli eventi bellici fu arrestato e processato dalla Corte d'assise straordinaria di Padova per collaborazionismo, ma venne pienamente assolto grazie alle testimonianze degli antifascisti che aveva appoggiato[2].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giuliano Lenci (a cura di), Padova al muro. La storia contemporanea nei manifesti del Comune di Padova 1901-1945, Padova, Il Poligrafo, 1998, p. 162.
  2. ^ a b c d Gabriele Coltro, I crimini di Salò. Venti mesi di delitti della Repubblica Sociale nelle sentenze della Corte d'assise straordinaria di Padova, Firenze, goWare, 2020, ISBN 978-88-3363-434-0.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Tiziano Merlin, Secondo Polazzo, Il fascismo rivoluzionario e la rivincita agraria a Padova (1921-1922), «Venetica», n.s., 10 (1993), pp. 247-318
  • Tiziano Merlin, Secondo Polazzo e la Resistenza nel Conselvano, «Terra d'Este», 19 (2009), 37, pp. 49-78