Ottorino Piccinato

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Ottorino Piccinato

Deputato del Regno d'Italia
Durata mandato11 giugno 1921 –
2 marzo 1939
LegislaturaXXVI, XXVII, XXIX
Gruppo
parlamentare
PNF
CollegioVerona II
Incarichi parlamentari
  • XXVII legislatura
    Giunta permanente per le elezioni (28 maggio 1924-21 gennaio 1929
Sito istituzionale

Consigliere del Regno d'Italia
Durata mandato23 marzo 1939 –
2 agosto 1943
LegislaturaXXX
Gruppo
parlamentare
Corporazione del vetro e della ceramica
Sito istituzionale

Dati generali
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza
ProfessioneAvvocato, dirigente d'azienda

Ottorino Piccinato (Cerea, 30 aprile 1890Milano, 24 maggio 1963) è stato un avvocato, dirigente d'azienda e politico italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Originario di una famiglia contadina, si laurea in giurisprudenza nel 1913 e per alcuni anni esercita la professione di avvocato a Milano. Interventista e nazionalista prende parte alle manifestazioni per l'entrata dell'Italia nella prima guerra mondiale, alla quale prende parte come sottotenente o tenente (a seconda delle fonti) nel 9º reggimento di artiglieria. Nel 1921 aderisce al movimento fascista iscrivendosi alla sezione di Rovigo dei Fasci italiani di combattimento, nella quale si distingue da subito per la durezza dei metodi di lotta politica.

Nelle elezioni del 1921 viene eletto deputato del collegio di Rovigo dopo una campagna elettorale caratterizzata da intimidazioni e violenze. Per indagare sulla generalizzata violenza che caratterizza l'azione del Fascio di Rovigo viene insediato a Padova un comitato inquirente incaricato di indagare sull'accaduto. Per nulla intimorito Piccinato entra a far parte del direttorio nazionale del PNF e scatena una reazione che si concretizza in tre giorni di occupazione di Rovigo da parte di diecimila camicie nere provenienti dalle province limitrofe, che non si limitano a cortei e comizi ma arrivano a distruggere sedi di leghe e partiti e lanciare bombe a mano nelle strade senza impedimenti da parte di polizia e carabinieri.

L'azione viene fermata da Piccinato prima che sfugga al suo controllo ma non impedisce l'annullamento della sua elezione; il 30 giugno la Camera la approva con 177 voti a favore, 39 contrari e 12 astenuti.

Mentre il quotidiano Il Corriere del Polesine, di orientamento filofascista e agrario, accusa Giacomo Matteotti di aver istruito un gran numero di testimoni ascoltati dal comitato inquirente Piccinato, per nulla intimorito dal clima avverso, lancia pesanti minacce nei confronti del prefetto all'indomani dell'arresto di alcuni fascisti. Quest'ultimo, che ha sottovalutato l'azione fascista di maggio, richiede un rinforzo di duecento carabinieri in vista di prevedibili manifestazioni per le iniziative di Mussolini volte a una pacificazione col Partito Socialista. Il 16 agosto 1922 prende infatti parte ad una grande adunata contraria alla pacificazione, esprimendo forti critiche all'operato politico del futuro Duce ed intensificando le azioni squadristiche per esacerbare lo scontro politico e costringere il partito a rinunciare all'idea.

Nel mese di settembre è nominato capo del Fascio di Rovigo con l'incarico di preparare le azioni militari necessarie alla sempre più invocata marcia su Roma, prossima ma non ancora fissata, in collaborazione con Gino Finzi (fratello di Aldo) ed Enzo Casalini. Al comando della legione polesana prende quindi parte, il 28 ottobre, al concentramento dei fascisti di tutta Italia nella capitale.

Il 20 gennaio 1923 è nominato Federale di Padova, carica che mantiene fino al successivo 11 dicembre.

Alle elezioni del 1924 viene nuovamente eletto deputato. Con la crisi seguita al delitto Matteotti abbandona ogni distinguo con Mussolini e difende a spada tratta l'operato del governo, sostenendo che non si tratta di un delitto politico e che sono le opposizioni a fare basse speculazioni sulla morte del deputato socialista. Nello stesso periodo, con altri 45 soci, fonda a Rovigo la "Società anonima essiccazione tabacchi", che ha per scopo l'allestimento di vivai e la vendita di piante ai coltivatori. Dalla SAET esce nel settembre 1925 con una liquidazione di 400.000 lire e pesanti accuse da parte di Finzi circa il suo operato. Le accuse di aver approfittato della società per i suoi scopi personali, assieme a quella di essere il mandante dell'omicidio del socialista Antonio Rossini vanno a perdersi con la sua nomina a presidente di una commissione esecutiva chiamata a reggere le sorti della locale federazione fascista, commissariata da tempo.

Nel 1927 viene nominato podestà di Fiesso Umbertiano, comune dove i suoi illeciti amministrativi e il clientelismo costringono Mussolini a rimuoverlo poco più di un anno dopo sotto la pressione dei cittadini e dei fascisti locali.

Con la partenza per Roma di Casalini, nominato sottosegretario alle finanze (1928) riesce a prendere le redini del fascismo di Rovigo e della sua provincia grazie all'appoggio di Giovanni Marinelli, non senza tensioni per la forte opposizione dei "casaliniani". Nonostante un clima di scontro che perdura negli anni a venire riesce a farsi nominare per la seconda volta federale di Rovigo (1930) promuovendo la costituzione del sindacato fascista Belle arti e la prima mostra d'arte polesana.

Nel 1934 viene rieletto deputato ma con l'abbandono della carica di Federale inizia per Piccinato un periodo di forte isolamento politico, al punto che tenta con scarsi risultati di tornare alla professione di avvocato a Milano. Le sue sorti non migliorano con la nomina a Consigliere della Camera dei Fasci e delle Corporazioni come membro della Corporazione del vetro e della ceramica. Nonostante il possesso di vari beni immobili si rivolge a Mussolini chiedendo un incarico di curatore dei beni sequestrati al nemico; l'ottimo lavoro svolto come curatore del fallimento della Società anonima trattamento acque potabili, con sede a Milano, e l'intervento di Giacomo Acerbo convincono il Duce ad accordargli non meglio specificati incarichi di questo tipo.

Dopo il 25 luglio rimane fedele a Mussolini e aderisce alla Repubblica Sociale Italiana. Negli ultimi mesi prima della definitiva disfatta torna ad amministrare Fiesso Umbertiano. Lasciata la carica deve lasciare la provincia su provvedimento della Questura di Rovigo e si ritira a Milano, dove conduce vita privata fino alla scomparsa.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mimmo Franzinelli, Squadristi: Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Universale Economica Feltrinelli, 2019.
  • Camilla Poesio, PICCINATO, Ottorino, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 83, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2015. URL consultato l'11 settembre 2020. Modifica su Wikidata

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