Oswald Kaduk

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Oswald Kaduk
NascitaChorzów, 26 agosto 1906
MorteLangelsheim, 31 maggio 1997
Dati militari
Paese servitoBandiera della Germania Germania nazista
Forza armata Schutzstaffel
UnitàWaffen-SS
Anni di servizio1933-1945
GradoSS-Unterscharführer
GuerreSeconda guerra mondiale
fonti citate nel corpo del testo
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Oswald Kaduk (Königshütte, 26 agosto 1906Langelsheim, 31 maggio 1997) è stato un militare e criminale di guerra tedesco, membro delle SS, Unterscharführer e Rapportführer nel campo di concentramento di Auschwitz.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Kaduk era figlio di un fabbro. Dopo la scuola elementare, fece l'apprendistato come macellaio e trovò poi lavoro presso il mattatoio comunale (Neues Städtisches Schlachthaus). Dopo un periodo di disoccupazione, nel 1927 cominciò a lavorare come vigile del fuoco a Königshütte.[1]

Rapportführer nel campo di concentramento di Auschwitz[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1939, Kaduk si arruolò come volontario nelle SS. Durante la seconda guerra mondiale venne quindi arruolato nelle Waffen-SS a Berlino. Fu mandato inizialmente sul fronte orientale ma, dopo varie malattie e ricoveri ospedalieri, fu trasferito ad Auschwitz nel luglio 1941. Qui inizialmente fu sentinella sulle torrette di guardia, in seguito divenne Blockführer e infine Rapportführer.

«Alla fine dell'estate del 1944, all'appello serale mancava un prigioniero. Gli altri prigionieri dovettero rimanere fermi in fila fino a quando non venne finalmente ritrovato il prigioniero mancante. Kaduk e un altro Rapportführer percossero il detenuto così duramente che questi cadde a terra diverse volte. […] Alla fine il prigioniero rimase a terra disteso sulla schiena, ancora vivo. Kaduk e l'altro Rapportführer hanno poi preso a calci nel petto il prigioniero con tutta la forza con i tacchi degli stivali finché - secondo il resoconto del tribunale di Francoforte - le costole non si sono incrinate. Kaduk e l'altro si fermarono solo […] quando il prigioniero era morto.[2]»

Dopo lo sgombero di Auschwitz nel gennaio 19 venne inviato al campo di concentramento di Mauthausen.[3]

Dopoguerra[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la fine della guerra Kaduk lavorò sotto falso nome in uno zuccherificio a Löbau. Nel dicembre 1946 fu riconosciuto da un ex prigioniero e arrestato da una pattuglia militare sovietica. Un tribunale militare sovietico lo condannò a 25 anni di lavori forzati il 25 agosto 1947. Nell'aprile 1956 fu graziato e rilasciato dal carcere di Bautzen, dove era detenuto.

Andò a Berlino Ovest e lavorò nell'ospedale Tegel-Nord come infermiere. Qui mostrò una grande gentilezza e umanità verso i pazienti, tanto da meritarsi il soprannome di "Papa Kaduk".[4]

Nel luglio 1959 fu nuovamente arrestato. Durante il processo di Francoforte sui crimini commessi ad Auschwitz, Kaduk fu uno dei principali accusati. Il 20 agosto 1965, la corte lo condannò all'ergastolo per dieci casi accertati di omicidio e due casi di concorso in omicidio plurimo di almeno 1002 persone. A causa di ciò venne anche condannato alla revoca a vita dei suoi diritti civili. Dopo aver trascorso in carcere 24 anni venne rilasciato dalla prigione di Schwalmstadt in Assia nel 1989 perché ritenuto "non idoneo alla carcerazione" per motivi di salute.

Durante il processo, Kaduk ha dichiarato di essere stato "solo un esecutore". E che i veri colpevoli erano ancora liberi. "Quando penso al signor Hans Globke, mi chiedo perché si attuino due pesi e due misure.".[5]

Nel 1997 Oswald Kaduk morì a Lautenthal presso Langelsheim.

Nel documentario “Drei deutsche Mörder. Aufzeichnungen über die Banalität des Bösen (Tre assassini tedeschi. Note sulla banalità del male) (1978/99) di Ebbo Demant vennero intervistati Kaduk, Josef Klehr e Josef Erber su Auschwitz e il loro ruolo come ex membri delle SS.[6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Peter Reichel, Vergangenheitsbewältigung in Deutschland. Die Auseinandersetzung mit der NS-Diktatur von 1945 bis heute., Monaco di Baviera, Beck'sche Reihe 1416, 2001, p. 164, ISBN 3-406-45956-0.
  2. ^ Demant, p. 73.
  3. ^ Museo statale di Auschwitz-Birkenau (a cura di), Rapporti, in Sterbebücher von Auschwitz, vol. 1, 1995, p. 283f.
  4. ^ Ronen Steinke, Mord ist die Summe aller Teile. 50 Jahre nach dem Auschwitz-Prozess in Frankfurt, in Süddeutsche Zeitung, 1º giugno 2013.
  5. ^ Kurt Nelhiebel, Die Entkopplung von Krieg und Vertreibung. Zu Manfred Kittels Deutung der jüngeren europäischen Geschichte, in: Zeitschrift für Geschichtswissenschaft, H. 1, 58. Jg. 2010, S. 54–69, hier S. 56 ISSN 0044-2828 (WC · ACNP) Online Archiviato il 12 novembre 2013 in Internet Archive. bei der Else-Lasker-Schüler-Gesellschaft PDF; 3,6 MB, nach FR del 10 marzo 1964
  6. ^ Demant

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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