Nematonotus

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Nematonotus
Fossile di Nematonotus longispinus
Stato di conservazione
Fossile
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
SubphylumVertebrata
InfraphylumGnathostomata
ClasseOsteichthyes
OrdineAulopiformes
FamigliaAulopidae
GenereNematonotus

Il nematonoto (gen. Nematonotus) è un pesce osseo estinto, appartenente agli aulopiformi. Visse nel Cretaceo superiore (Cenomaniano, circa 99 - 94 milioni di anni fa) e i suoi resti fossili sono stati ritrovati in Libano.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Questo pesce possedeva un corpo compatto e robusto, e le dimensioni solitamente non superavano i 15 centimetri di lunghezza. La caratteristica più saliente di Nematonotus era data dall'estremo allungamento del primo raggio della pinna dorsale, che diventava un vero e proprio filamento nella parte finale. Nematonotus si differenziava da altri pesci aulopiformi a causa della presenza di denti sia nella mascella che nella premascella; questa caratteristica è considerata primitiva all'interno del gruppo.

Classificazione[modifica | modifica wikitesto]

Nematonotus venne descritto per la prima volta nel 1899 da Arthur Smith Woodward, sulla base di fossili ritrovati nei giacimenti del Cenomaniano del Libano. Oltre alla specie tipo (Nematonotus longispinus), è nota anche un'altra specie (N. bottae), sempre del Libano, descritta originariamente come Clupea bottae.

Nematonotus è considerato un rappresentante basale degli Aulopidae, una famiglia di pesci aulopiformi tipici dei mari tropicali e subtropicali, solitamente caratterizzati dalla presenza di denti solo nel premascellare sviluppato all'indietro. Nematonotus era dotato di denti anche nell'osso mascellare.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • A. S. Woodward. 1901. Catalogue of Fossil Fishes in the British Museum (Natural History), Part IV 1-636
  • P. L. Forey, L. Yi, C. Patterson and C. E. Davis. 2003. Fossil fishes from the Cenomanian (Upper Cretaceous) of Namoura, Lebanon. Journal of Systematic Palaeontology 1(4):227-330

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