Luigi Pettinati

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Luigi Pettinati
NascitaCavatore, 7 giugno 1864
MorteCaporetto, 19 giugno 1915
Cause della morteferita da arma da fuoco
Luogo di sepolturacimitero di Cavatore
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
CorpoAlpini
RepartoBattaglione "Pinerolo", 3º Reggimento alpini
Anni di servizio1883-1915
GradoTenente Colonnello
GuerrePrima guerra mondiale
BattagliePrima battaglia dell'Isonzo
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Militare di Modena
dati tratti da I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Labaro[1]
voci di militari presenti su Wikipedia

Luigi Pettinati (Cavatore, 7 giugno 1864Caporetto, 19 giugno 1915) è stato un militare italiano, che con il grado di tenente colonnello degli alpini combatté durante la prima guerra mondiale, dove fu decorato con Medaglia d'oro al valor militare alla memoria per il coraggio dimostrato durante la conquista del Monte Nero.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque il 7 giugno 1864 a Cavatore, provincia di Alessandria, figlio di Domenico e di Teresa Calcagno.[1] Dal dicembre 1881 iniziò a frequentare l'Regia Accademia Militare di Modena[2] da cui uscì con il grado di sottotenente il 28 luglio 1883, entrando in servizio nel 44º Reggimento fanteria[1] della Brigata "Forlì".[3] Diviene tenente nel 1886, e l'anno dopo è assegnato alla specialità alpini, entrando in servizio nel 2º Reggimento.[1] Nel giugno 1887 viene promosso capitano e trasferito al 1º Reggimento, per passare poi al .[4] Promosso maggiore il 1 ottobre 1910, diviene tenente colonnello il 1º luglio 1914.[4]

All'entrata in guerra dell'Italia, il 24 maggio 1915, è comandante del Battaglione alpini "Pinerolo"[3] in forza al 3º Reggimento, con cui varca la frontiera arrivando a conquistare il paese di Caporetto.[4] Pochi giorno dopo assume[2] il comando del Gruppo Alpini "B",[N 1] che con il Gruppo Alpini "A"[N 2] costituisce il IV Corpo d'armata operante in seno alla 2ª Armata del generale Luigi Nava. I due Gruppi[N 3] ricevettero il compito di conquistare il massiccio del Monte Nero.[4] Nella notte del 31 maggio, al comando dei battaglioni "Susa" e "Val Pellice" assaltò il costone Vrata-Vrsic occupandolo rapidamente, ed attestandosi a difesa.[4] Nei giorni successivi occupò quota 2012, sulla cresta tra il Vrata e Monte Nero,[2] e la quota 2076, sul versante orientale del Vrata, aprendo così le vie verso la conquista dello stesso Monte Nero.[3] Poco prima dell'attacco finale, il mattino del 9 giugno, andò ad ispezionare il battaglione "Pinerolo" di ritorno dal Monte Mrzli dove era stato impegnato in duri combattimenti.[4] Mentre scendeva il sentiero che dalla cresta si snoda verso la valle, fu improvvisamente colpito dalla pallottola sparata da un cecchino nemico appostato oltre le linee.[4] Gravemente ferito all’addome si spense[N 4] il 19 giugno presso l'ospedale militare di Caporetto.[2] Gli fu concessa la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria,[1] e il suo corpo è sepolto nel cimitero di Cavatore, vicino all'amata moglie.[3]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Con molta energia, singolare perizia e coraggio mirabile, superando difficoltà ritenute insormontabili, seppe condurre le forze a lui obbedienti alla conquista dell’importantissimo, aspro, impervio contrafforte Potoce-Vrata-Vrsic, rendendo così possibile l’ardua successiva operazione alla conquista del Monte Nero. Gravemente ferito da palla nemica, pochi giorni dopo decedeva. Potoce-Vrata-Za Krain, 31 maggio - 9 giugno 1915.»
— Decreto Luogotenenziale 14 settembre 1915.[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Sostituì il colonnello Ernesto Alliana, e ricoprì tale incarico dal 27 maggio al 10 giugno 1915.
  2. ^ Tale Gruppo era affidato al comando del colonnello Tedeschi.
  3. ^ Al comando del generale Donato Etna.
  4. ^ Lasciava tre figli, Romualdo, Maria Teresa e Amedeo. L'amata moglie Anna Maria si era spenta nel 1914 per una febbre tifoidea.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Bianchi, Cattaneo 2011, p. 93.
  2. ^ a b c d Combattenti Liberazione.
  3. ^ a b c d L'Ancora n.15, 23 aprile 2006, p. 3.
  4. ^ a b c d e f g Bianchi, Cattaneo 2011, p. 94.
  5. ^ Bollettino Ufficiale 1915, disp.69ª, pag.2277.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Andrea Bianchi, Mariolina Cattaneo, I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Labaro, Associazione Nazionale Alpini, 2011, ISBN 978-88-902153-1-5.
  • Andrea Bianchi, I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Medagliere, Associazione Nazionale Alpini, 2012, ISBN 978-88-902153-2-2.
  • Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 1, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
  • Alberto Cavaciocchi, Andrea Ungari, Gli italiani in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore s.r.l., 2014.

Periodici[modifica | modifica wikitesto]

  • Medaglie d'oro alpine, in L'Ancora, n. 15, Aqui Terme, Editrice L'Ancora soc. coop. a.r.l., 23, p. 3.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]