Luigi Bertett

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Luigi Bertett (Bergamo, 4 dicembre 1916Milano, 12 novembre 2001) è stato un partigiano italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Durante la seconda guerra mondiale aveva prestato servizio, come sottufficiale, presso l'Intendenza dell'VIII Armata. Subito dopo l'armistizio, prese parte alla Resistenza, prima come partigiano combattente e poi come Intendente presso il Comando generale del Corpo volontari della libertà. Le capacità organizzative di Luigi Bertett e il suo coraggio gli hanno valso il grado di Intendente Generale dell'Esercito e la Medaglia d'oro al valor militare.

Nel dopoguerra Bertett ha svolto una multiforme attività, non solo in campo assicurativo, automobilistico e sportivo. Egli, infatti - che ha presieduto dal 1945 al 1965 l'Automobile Club di Milano e dal 1965 al 1969 l'Automobile Club d'Italia; che è stato per oltre 40 anni presidente dell'Autodromo nazionale di Monza, del quale promosse un'intensa attività (dalle prove dei Campionati di Formula 1 a quelle di Sport Prototipi, fino a gare per i giovani come la Formula Monza) - si impegnò anche in campi del tutto diversi, come la fondazione, nel 1953, con Orio Vergani, Dino Buzzati ed altri, della Accademia Italiana della Cucina, per la quale fu attivo già quasi ottuagenario. Al nome di Luigi Bertett il Comune di Palermo ha intitolato una via.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Educato ai più alti ideali di libertà e di amore di Patria, fu tra i primi ad iniziare la lotta contro il fascismo. Denunciato, riparò all’estero, incurante della famiglia costretta a disperdersi. Rientrato in Patria organizzava e dirigeva con illimitata audacia vari rami dell’attività partigiana in Alta Italia. Faceva evadere otto suoi collaboratori arrestati dalla polizia; arrestato egli stesso due volte, sottoposto a torture e sevizie che gli causarono gravi lesioni, manteneva il più assoluto silenzio sull’organizzazione e con audacissima gesta riusciva ad evadere. Arrestato ancora tentava una disperata fuga, ma colpito dal fuoco dei suoi inseguitori veniva catturato. Trasportato in ospedale, con l’aiuto di un gruppo di partigiani evadeva ancora e riprendeva impavido la sua attività fino alla liberazione dell’Alta Italia. Fulgido esempio di costanza, spirito di sacrificio e di dedizione alla Patria.»
— Alta Italia, settembre 1943 - giugno 1945.[1].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dettaglio decorato, su quirinale.it. URL consultato il 16 aprile 2015.

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