Livio Marbello

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Livio Marbello
NascitaPontestura, 8 luglio 1916
MorteTorino, 18 luglio 1940
Cause della morteferite riportate in combattimento
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
CorpoAlpini
RepartoBattaglione alpini "Val Dora", del 3º Reggimento alpini
Anni di servizio1937-1940
GradoCaporale
GuerreSeconda guerra mondiale
BattaglieBattaglia delle Alpi Occidentali
Decorazionivedi qui
Notedati tratti da I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Labaro[1]
voci di militari presenti su Wikipedia

Livio Marbello (Pontestura, 8 luglio 1916Torino, 18 luglio 1940) è stato un militare italiano, decorato con la medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della seconda guerra mondiale.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Pontestura, provincia di Alessandria, l'8 luglio 1916, figlio di Giovanni[2] e di Maria Re. In gioventù lavorò come cavatore manovale presso la ditta Italcementi, venendo chiamato a prestare servizio militare nel Regio Esercito nell’ottobre 1937, inquadrato nel Battaglione Alpini "Exilles" del 3º Reggimento Alpini.[3] Congedato nell’agosto 1938, con il precipitare della situazione internazionale il 23 agosto 1939 fu richiamato alle armi, sempre, allo stesso battaglione.[2] Il 1º aprile 1940 fu promosso Caporale, e all'atto dell'entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 10 giugno dello stesso anno, partecipò alle operazioni sul Fronte Occidentale.[3] In forza al Battaglione Alpini "Val Dora", rimase gravemente ferito alla testa, fu ricoverato presso l'ospedale di San Giovanni delle Molinette, affrontando le inutili cure con coraggio, fra grandi sofferenze.[2] Si spense il 18 luglio 1940.[2] Per onorarne il coraggio fu decretata la concessione della Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.[4]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Sempre primo ove maggiore era il rischio, durante un aspro attacco, con generoso impeto e fiero sprezzo del pericolo, si lanciava, di iniziativa, in terreno scoperto per raggiungere la postazione avanzata di un fucile mitragliatore, nel nobile intento di sostituire il tiratore caduto. Per meglio utilizzare l’arma, non esitava a portarsi in luogo più esposto da dove batteva efficacemente le posizioni nemiche suscitando l’ammirazione dei compagni. Gravemente ferito alla testa, conteneva con grande forza d’animo il dolore e pregava l’ufficiale medico di curare per primi gli altri feriti. Medicato chiedeva insistentemente di essere lasciato al suo posto di combattimento: ai superiori, che lo costringevano a partire per un luogo di cura, esprimeva il suo disappunto ed il desiderio vivissimo di tornare, al più presto, alla battaglia per partecipare alla immancabile vittoria. Si spegneva in luogo di cura dopo circa un mese di atroci sofferenze, sopportate con animo virile e mirabile stoicismo. Fulgido esempio di elette virtù militari e di cosciente, sublime eroismo. La Belle Plinier, 21 giugno -18 luglio 1940.[5]»
— Regio Decreto 17 marzo 1941[6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]


Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Bianchi, Cattaneo 2011, p. 220.
  2. ^ a b c d Bianchi, Cattaneo 2011, p. 221.
  3. ^ a b Combattenti Liberazione.
  4. ^ Gruppo Medaglie d'Oro al valor Militare 1965, p. 417.
  5. ^ Livio Marbello, su quirinale.it. URL consultato il 21 giugno 2019.
  6. ^ Registrato alla Corte dei conti addì 5 aprile 1941, registro n.11 guerra, foglio 110.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Andrea Bianchi, Mariolina Cattaneo, I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Labaro, Associazione Nazionale Alpini, 2011, ISBN 978-88-902153-1-5.
  • Andrea Bianchi, I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Medagliere, Associazione Nazionale Alpini, 2012, ISBN 978-88-902153-2-2.
  • Gruppo Medaglie d'Oro al valor Militare, Le Medaglie d'Oro al Valor Militare vol.1, Roma, Tipografia regionale, 1965.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]