Lajos Tóth (aviatore)

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Lajos Tóth
Soprannome"Drumi"
NascitaÚjfehértó, 25 agosto 1922
MorteBudapest, 11 giugno 1951
Cause della morteImpiccagione
Luogo di sepolturaCimitero di Rákoskesztúr, Budapest
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Ungheria Regno d'Ungheria
Forza armataMagyar Királyi Honvéd Légierő
SpecialitàCaccia
Anni di servizio1942-1951
GradoTenente colonnello
GuerreSeconda guerra mondiale
CampagneFronte orientale (1941-1945)
BattaglieOperazione Panzerfaust
Decorazionivedi qui
dati tratti da Tóth Lajos[1]
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Lajos Tóth (Újfehértó, 25 agosto 1922Budapest, 11 giugno 1951) è stato un militare e aviatore ungherese, asso dell'aviazione da caccia nel corso della seconda guerra mondiale abbattendo individualmente 26 aerei nemici nel corso di 181 missioni[2].


Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Un caccia Reggiane Re.2000 Heja della Magyar Királyi Honvéd Légierő.

Nacque il 25 agosto 1922 a Újfehértó.[1] Dopo aver completato gli studi secondari a Pécs entrò come cadetto nella sezione aeronautica della Magyar Királyi Honvéd Ludovika Akadémia, distinguendosi subito per le sue doti durante il volo.[3] Primo del suo corso, fu promosso sottotenente e mandato presso la base dell'aeronautica militare di Kassa nel corso del 1942.[4] Sul fronte orientale, volando sui caccia Reggiane Re.2000 Heja prima e poi sui Messerschmitt Bf 109F, conseguì la sua prima vittoria aerea vicino a Kiev, a spese di un caccia Lavochkin La-5, il 5 settembre 1943.[1] Il 15 dello stesso mese abbatté un caccia Yakovlev Yak-1 e il giorno 28 due cacciabombardieri Ilyushin Il-2 circa 40 km dietro le linee sovietiche.[1]

Dopo essere stato abbattuto in combattimento aereo da un caccia nemico il 3 ottobre 1943 sul territorio dell'Ucraina, nonostante le ferite, attraversò a nuoto il fiume Dnepr dove fu ferito una seconda volta da un mitragliere dell'Armata Rossa di pattuglia prima di riuscire a raggiungere le linee tedesche cinque giorni dopo.[1] Durante il periodo sul fronte orientale abbatté 9 aerei nel corso di 95 (forse 93) sortite e fu decorato con la Croce di Ferro di prima classe.[5][1][6] Dopo essersi ripreso dalle ferite il 27 febbraio colse la sua decima vittoria abbattendo un caccia Bell P-39 Airacobra.[1] Rientrato in Ungheria venne assegnato al 101. Honi Légvédelmi Vadászrepülő Osztály il 1 marzo 1944 come comandante della squadriglia 101/2 "Ratek", conseguendo quattro vittorie contro i velivoli americani anche se fu abbattuto a sua volta due volte.[1] Quando il governo di Miklós Horthy cercò di intavolare un negoziato con gli Alleati per uscire dal conflitto, egli fu duramente impegnato a contrastare le incursioni della sempre più aggressiva aviazione sovietica sul territorio nazionale, durante l'Operazione Panzerfaust.[7] Nel corso del 1945 distrusse 13 aerei e fu promosso primo tenente, conseguendo le sue due ultima vittorie il 14 aprile 1945 sopra l'Austria a spese di due cacciabombardieri Ilyushin Il-2.[8] Alla fine del conflitto aveva conseguito 26 vittorie in 181 missioni.[9]

Consegnatosi alle truppe americane fu fatto prigioniero di guerra nella Germania ovest, immigrando successivamente negli Stati Uniti d'America nel 1946 quando fu chiaro che l'Ungheria sarebbe caduta sotto il controllo dell'Unione Sovietica.[3] Usufruendo dell'amnistia generale emessa dal governo ungherese nel 1948 ritornò in Patria arruolandosi nella nuova forza aerea a Mátyásföld con il grado di tenente.[3] Ricoprì diversi incarichi di rilievo a Kecskemét, e nel 1950 fu promosso capitano. Il 3 marzo 1951 fu arrestato ed imprigionato, insieme ad altri 12 militari, dalla Államvédelmi Hatóság (ÁVH) con la falsa accusa di cospirazione al fine di fomentare una rivolta anticomunista. Processato e condannato a morte, fu impiccato preso il muro della prigione di Gyűjtőfogház l'11 giugno 1951.[2][3] Dopo la caduta dell'Unione Sovietica e la fine del Patto di Varsavia fu pienamente riabilitato e promosso postumo al rango di tenente colonnello.[1] La salma, sepolta in una tomba sotto falso nome presso il Cimitero pubblico di Rákoskeresztúr fu scoperta nel settembre del 2002 e identificata tramite test del DNA nel 2003.[3]

I suoi resti mortali vennero nuovamente sepolti ii 10 settembre 2003, nel terreno 298 dell'Új Köztemető a Rákoskesztúr, con tutti gli onori militari.[3]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine al merito del Regno d'Ungheria con spade e decorazioni di guerra - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia al merito militare in bronzo con spade e decorazioni di guerra (2) - nastrino per uniforme ordinaria
Croce di fuoco di prima classe con spade - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa della liberazione dell'Alta Ungheria - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa della Transilvania - nastrino per uniforme ordinaria

Onorificenze estere[modifica | modifica wikitesto]

Croce di Ferro di I classe (Germania) - nastrino per uniforme ordinaria
Croce di Ferro di II classe (Germania) - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i Ciel de Gloire.
  2. ^ a b Punka 2002, p.63.
  3. ^ a b c d e f Pumaszallas.
  4. ^ Csaba 2006, p.98.
  5. ^ Csaba 2006, p.105.
  6. ^ Punka 2002, p.28.
  7. ^ Punka 2002, p.31.
  8. ^ Punka 2002, p.79.
  9. ^ Csaba 2006, p.110.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (HU) B. Stenge Csaba, Elfelejtett hősök – A Magyar Királyi Honvéd Légierő ászai a II. világháborúban, Peudlo Kiadó, 2006.
  • (HU) Ottó Császár, Élet és Halál a Levegőben – vitéz Szentgyörgyi Dezső életrajzi regénye, Malév Kiadó, 1994.
  • (EN) Hans Werner Neulen, In the skies of Europe: Air Forces Allied to the Luftwaffe 1939–1945, Ramsbury, Marlborough, The Crowood Press, 2000, ISBN 1-86126-799-1.
  • (EN) Gӳorge Punka, Hungarian Aces of World War 2, Oxford, England, Osprey Publishing, 2002, ISBN 978-1-84176-436-8.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • (FR) Toth Lajos, su Ciel de Gloire. URL consultato il 2 giugno 2023.
  • (HU) Lajos Tóth, su Pumaszallas. URL consultato il 2 giugno 2023.