Juliet Mitchell

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Juliet Mitchell (Christchurch, 4 ottobre 1940) è una psicologa britannica.

Primi anni[modifica | modifica wikitesto]

Mitchell è nata a Christchurch, in Nuova Zelanda, nel 1940, per poi trasferirsi in Inghilterra nel 1944, dove rimase con i nonni nelle Midlands. Ha frequentato il St Anne's College di Oxford, dove si è laureata in inglese nel 1962, oltre a svolgere un lavoro post laurea.[1] Ha insegnato letteratura inglese dal 1962 al 1970 presso la Leeds University e la Reading University. Per tutti gli anni '60 è stata attiva nella politica di sinistra ed è stata nel comitato editoriale della rivista New Left Review.[2]

Carriera[modifica | modifica wikitesto]

Women: The Longest Revolution[modifica | modifica wikitesto]

Mitchell ha attirato immediatamente l'attenzione dei media con il suo articolo rivoluzionario Women: The Longest Revolution nel New Left Review (1966), una sintesi originale di Simone de Beauvoir, Frederich Engels, Viola Klein, Betty Friedan e altri analisti sull'oppressione delle donne.[3][4]

Il Cambridge University Center for Gender Studies[modifica | modifica wikitesto]

È professoressa di psicoanalisi al Jesus College, Cambridge e ha fondato il Center for Gender Studies presso l'Università di Cambridge.[5] Nel 2010 è stata nominata direttrice della Expanded Doctoral School in Psychoanalytic Studies presso la Psychoanalysis Unit of University College London (UCL).[6]

Psicoanalisi e femminismo[modifica | modifica wikitesto]

Mitchell è meglio conosciuta per il suo libro Psychoanalysis and Feminism: Freud, Reich, Laing and Women (1974),[7] in cui cercava di conciliare psicoanalisi e femminismo in un momento in cui molti li consideravano incompatibili.[8] Peter Gay lo considerava "il contributo più gratificante e responsabile"[9] al dibattito femminista su Freud, sia riconoscendo che elevandosi oltre lo sciovinismo maschile di Freud nella sua analisi. Mitchell vedeva la visione asimmetrica di Freud della mascolinità e della femminilità come un riflesso delle realtà della cultura patriarcale e cercò di usare la sua critica della femminilità per criticare il patriarcato stesso.[10] Insistendo sull'utilità di Freud (in particolare in una lettura lacaniana) per il femminismo, ha aperto la strada a un ulteriore lavoro critico sulla psicoanalisi e sul genere.[11] Dal 1993 al 1999 è stata professoressa alla Andrew Dickson White alla Cornell University.[12]

Educazione dei figli[modifica | modifica wikitesto]

Una parte sostanziale della tesi di Psychoanalysis and Feminism è che il marxismo fornisce un modello all'interno del quale potrebbero verificarsi strutture non patriarcali per l'educazione dei figli.[13] La mancanza del "romanticismo familiare" rimuoverebbe il complesso di Edipo dallo sviluppo di un bambino, liberando così le donne dalle conseguenze dell'invidia del pene e dalla sensazione di essere castrate che Mitchell sostiene sia la causa principale dell'accettazione delle donne come essere inferiori.[14] Secondo Mitchell, i bambini sono socializzati in ruoli di genere appropriati, quindi le donne crescono ugualmente socializzate fino a diventare le custodi delle loro famiglie.[14]

Sessualità femminile[modifica | modifica wikitesto]

Nella sua introduzione a Jacques Lacan sulla sessualità femminile, Mitchell sottolinea che "nel Freud che Lacan usa, né l'inconscio né la sessualità ... [sono] fatti pre-dati, sono costruzioni, cioè sono oggetti con storie".[15]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Monografie[modifica | modifica wikitesto]

Curatele[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ alanmacfarlane.com, http://www.alanmacfarlane.com/DO/filmshow/mitchell1tx_off.htm.
  2. ^ Robert Benewick e Philip Green, Juliet Mitchell 1940–, in The Routledge dictionary of twentieth-century political thinkers, Psychology Press, 1998, p. 228, ISBN 9780415096232.
  3. ^ Juliet Mitchell, newleftreview.org, https://newleftreview.org/I/40/juliet-mitchell-women-the-longest-revolution.
  4. ^ https://platypus1917.org/wp-content/uploads/2011/08/38-Singh-Mitchell1.pdf
  5. ^ Copia archiviata, su jesus.cam.ac.uk. URL consultato il 25 settembre 2020 (archiviato dall'url originale il 28 settembre 2020).
  6. ^ UCL: Juliet Mitchell Archiviato il 2 novembre 2012 in Internet Archive.
  7. ^ Juliet Mitchell, Psychoanalysis and feminism: Freud, Reich, Laing, and women, New York, Pantheon Books, 1974, ISBN 9780394474724.
  8. ^ Juliet Mitchell Archive at marxists.org
  9. ^ Peter Gay, Freud: a life for our time, London, Dent, 1988, p. 774, ISBN 9780460047616.
  10. ^ Judith Herik, Freud on femininity and faith, Berkeley, University of California Press, 1985, p. 15, ISBN 9780520053335.
  11. ^ Neeru Tandon, Feminism: a paradigm shift, New Delhi, Atlantic Publishers & Distributors, 2008, p. 83, ISBN 9788126908882.
  12. ^ Program for Andrew D. White Professors at Large, http://adwhiteprofessors.cornell.edu/all-professors-at-large-1965-to-june-30-20222/. URL consultato l'8 November 2018.
  13. ^ 2000, ISBN 9780465046089.
    «Under capitalism, the mass of mankind, propertyless and working socially together en masse for the first time in the history of civilization would be unlikely, were it not for the preservation of the family...»
  14. ^ a b 2000, ISBN 9780465046089.
  15. ^ Juliet (editor) Mitchell, Jacques (author) Lacan e Jacqueline (translator and editor) Rose, Feminine sexuality: Jacques Lacan and the école freudienne, New York London, Pantheon Books W.W. Norton, 1985, p. 4, ISBN 9780393302110.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Controllo di autoritàVIAF (EN79151084 · ISNI (EN0000 0001 0919 1753 · SBN RAVV026414 · ORCID (EN0000-0002-4633-8192 · LCCN (ENn50033394 · GND (DE172260728 · BNF (FRcb13518688g (data) · J9U (ENHE987007270699505171 · NDL (ENJA00450207 · WorldCat Identities (ENlccn-n50033394