I martiri d'Italia (film 1927 Laurenti Rosa)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
I martiri d'Italia
Foto di scena
Paese di produzioneItalia
Anno1927
Durata2476 metri (91 min. circa)
Dati tecniciB/N
film muto
Generestorico, drammatico
RegiaSilvio Laurenti Rosa
SoggettoUmberto Paradisi
SceneggiaturaUmberto Paradisi, Silvio Laurenti Rosa
Casa di produzioneItala-film, Bologna
FotografiaGiulio Rufini
Interpreti e personaggi

I martiri d'Italia è un film muto del 1927 diretto da Silvio Laurenti Rosa.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

« È la storia d'Italia, dell'Italia nostra. così bella e così cara, vero giardino d'Europa, che in diversi quadri passa davanti agli occhi degli spettatori. Dapprima sono gli Unni che nel 476 calano dalle selve germaniche nelle fiorite aiuole della Patria nostra: seguono gli Spagnuoli nel Regno delle due Sicilie; vengono poi i primi eroi dell'indipendenza italiana, dapprima localizzati in diversi centri ed in seguito sparsi per tutta la penisola [...]. E la storia culmina cogli avvenimenti del 1858 - 1870. È sempre il barbaro che, calato dalle brume del Nord, passeggia, truce nell'aspetto e fiero nello sguardo, al bel sole del meriggio italiano. Di buon effetto e di facile entusiasmo a rinfocolare l'amor di patria, perché questa sempre più risplenda, fulgida di gloria, "Maestra e Donna al mondo intero"[1]».

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Girato e prodotto quasi alla chetichella, il film, anche se venne presentato per il visto censura con il titolo Il trionfo di Roma, uscì nelle sale con lo stesso titolo e nello stesso periodo del film di Domenico Gaido prodotto dalla Pittaluga, pellicola che costituiva uno degli avvenimenti di maggior spicco della stagione cinematografica[2]. Risultò quindi palese sia la sleale concorrenza che un evidente plagio da parte del Laurenti Rosa. L'episodio scatenò non poche polemiche, la stampa specializzata fece da cassa di risonanza: «[...] non è leale e onesto aspettare che una Casa programmi il proprio lavoro per lanciarne, con premeditazione ed all'ultima ora, un altro dello stesso genere, presumibilmente messo insieme alla meglio e, soprattutto, con lo stesso titolo; lavoro che era stato tenuto segreto fino all'ultimo momento![3]». Alcuni giornali inserirono anche dei flani cinematografici che annunciavano che l'unico vero Martiri d'Italia era il film della Pittaluga e che «bisognava diffidare dalle contraffazioni[2]». Nella polemica intervenne anche Umberto Paradisi, che fece pubblicare su vari giornali una lettera in cui dissociava il suo nome, che figurava nei credits del film, negando di aver partecipato, in qualsiasi veste, alla edizione di «un film eseguito dal signor Silvio Laurenti Rosa e che si intitola I martiri d'Italia, lo stesso titolo che fregia il lavoro del mio amico Domenico Gaido e editato dalla Soc. Pittaluga[2]».

Critica[modifica | modifica wikitesto]

Da Il Popolo d'Italia del 10 aprile 1927:« Accolto con il più schietto entusiasmo, il film italiano I martiri d'Italia amplifica giornalmente il magnifico successo, i cui elementi sono la sostanza dell'anima del nostro popolo, l'orgoglio di ciò che fummo nel lontano passato, la coscienza del nostro risveglio. Da Roma imperiale alla liberazione dal giogo barbarico, dal vaticinio di Dante ai moti carbonari, dalle cinque giornate di Milano alle recenti glorie del Piave, allo splendore e ai fasti dell'Italia compiuta e rinnovata. Tutto in un'armonia di avvincente azione che ha strappato continui applausi. Lo spettacolo, a prezzi popolari, è in repliche ».

G. Pelosi in La vita cinematografica del giugno 1927:« Il trionfo di Roma dell'Italia-film venne visionato nell'occasione dell'anniversario della nostra entrata in guerra. È un film inferiore a I martiri d'Italia editi dalla Pittaluga, per quanto i realizzatori si siano sforzati di renderlo di pari valore. Non nasconde di peccar d'imitazione, per scene di quasi identica fattura de I martiri d'Italia. L'insieme è difettoso, sia per la struttura del soggetto che per l'intercalarsi di quadri allegorici attraverso la sfumatura d'episodi salienti tra il timido e incerto sbocciar d'una trama. Però il complesso è buono, e se fosse stato condotto con più alto intendimento e più reale incarnazione delle grandi figure storiche che passano nelle diverse rievocazioni, non gli sarebbe certo mancato quel successo che non ebbe ».

G. Marchesini, da Bologna, in Il corriere cinematografico del 16 aprile 1927:«[...] Quasi contemporaneamente alle proiezioni del film [I martiri d'Italia] della Pittaluga, la direzione del Cinema Bios [di Bologna] ha programmato il poco decoroso lavoro di Laurenti Rosa. Il pubblico, tratto in un vero e proprio tranello, ha frequentato le proiezioni di questa pellicola che non fa certamente onore alla tecnica italiana e che vorrebbe negare una possibile rinascita cinematografica che ardentemente si vuole e si spera. lo non esito ad affermare e confermare che il lavoro di Laurenti Rosa sia indegno del glorioso soggetto e dello schermo italiano. A parte la subdola mossa di carattere prettamente affaristico, noto che artisticamente questo Martiri d'Italia è colmo di imperfezioni gravi, di anacronismi imperdonabili, che denotano la leggerezza con cui è stato diretto e interpretato. Eccettuate alcune visioni concesse al direttore dalla Cineteca statale, questo lavoro non ha una scena che sia guardabile: nessun personaggio, nemmeno somaticamente, è conforme a ciò che ci tramandano le tradizioni e i documenti: ad esempio, un Alighieri zoppicante che passeggi in un'altura dotata di fili ... telegrafici, mi pare di non averlo mai sentito nominare. Una rivoluzione bolognese nel 1848, attrezzata in una piazza con le rotaie tramviarie, non mi consta! Interni miserrimi, privi del tutto di un semplice arredamento che soddisfi le più elementari richieste dello spettatore; interpreti impacciati, malvestiti, non preparati. Fotografia... primitiva! Sarebbe necessario che questo film fosse senz'altro tolto dal commercio nazionale, perché è antipatriottico lasciare che una simile opera sia indegno araldo delle maestose glorie patrie ».

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Da La rassegna del Cinematografo, 4, aprile 1929, ripresa da V. Martinelli, pp. 313-314
  2. ^ a b c V. Martinelli, pag. 316.
  3. ^ Dall'editoriale del direttore de La vita cinematografica e de Il corriere cinematografico A.A. Cavallaro, Deplorevoli sistemi, ripreso da V. Martinelli, pag. 316

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Vittorio Martinelli, Il cinema muto italiano - I film degli anni Venti / 1923-1931, Edizioni Bianco e Nero, Roma 1981.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  Portale Cinema: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cinema