Graham Martin

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Graham Martin (a sinistra) a colloquio con il presidente Gerald Ford (di spalle). A destra Henry Kissinger

Graham Anderson Martin (Mars Hill, 22 settembre 1912Winston-Salem, 14 marzo 1990) è stato un diplomatico statunitense, ambasciatore degli Stati Uniti d'America in Italia dal 1969 al 1973.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Clarence Douglas Dillon (1955), nominò Martin suo assistente speciale
Profughi sud vietnamiti in fuga dopo la caduta di Saigon (1975)

Nato nel 1912 a Mars Hill, nella Carolina del Nord, diplomatosi nel 1932, fu per un breve periodo corrispondente da Washington per alcuni giornali del sud degli Stati Uniti[1]. Nel 1933, Martin entrò a far parte della National Recovery Administration, un'Agenzia creata proprio in quell'anno nell'ambito del New Deal del presidente Roosevelt, ove collaborò con Averell Harriman, destinato a divenire un diplomatico e politico di rilievo nazionale; nel 1936 fu chiamato nel Consiglio della Social Security Administration, un'Agenzia federale di assistenza[1].

Nel 1941, con l'entrata in guerra degli Stati Uniti, si arruolò come tenente nelle Forze aree, ove raggiunse il grado di colonnello. Al termine del conflitto, nel 1947, impiegato nel Foreign Service, fu inviato a Parigi ove rimase per otto anni, guadagnandosi l'apprezzamento, tra gli altri, di C. Douglas Dillon, futuro sottosegretario di Stato con Eisenhower e poi segretario al Tesoro nelle presidenze di Kennedy e Johnson, che lo nominò suo assistente speciale[1].

Rappresentante degli Stati Uniti d'America presso l'Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra dal 1960 al 1962[2], ambasciatore in Thailandia dal 1963 al 1967, il 26 settembre 1969, succedendo a Hugh Gardner Ackley, fu nominato dal presidente Nixon ambasciatore degli Stati Uniti d'America in Italia e il 30 ottobre successivo presentò le sue credenziali. Mantenne l'incarico sino al 10 febbraio 1973, sostituito da John A. Volpe[2]. Nominato nello stesso anno, ambasciatore nel Vietnam del Sud, esercitò le sue funzioni sino al 29 aprile 1975 quando, con l'entrata a Saigon delle truppe nord vietnamite, l'ambasciata americana fu chiusa e il personale statunitense evacuato[2].

Morì a settantasette anni per una malattia cardiaca nell'ospedale di Winston-Salem, città della Carolina del Nord, ove risiedeva[1]. È sepolto nel cimitero nazionale di Arlington in Virginia[3].

Polemiche e inchieste[modifica | modifica wikitesto]

Fu oggetto di polemiche il modo in cui Martin gestì il rapido e drammatico abbandono dell'ambasciata statunitense di Saigon, lasciando sul luogo migliaia di civili sud vietnamiti che avevano collaborato con il governo americano oltre a numerosi documenti riservati. Critiche che Martin respinse, ricordando la situazione di estrema criticità nella quale l'evacuazione si svolse[1].

Il dipartimento di Giustizia, nel 1978, aprì un'inchiesta su Martin per aver prelevato, poco prima dell'abbandono di Saigon, documenti segreti sul coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto vietnamita nel periodo 1963-1975. In base alla denuncia di un ex agente della CIA, Frank Snepp, Martin intendeva utilizzare i documenti «per avere l'ultima parola nei confronti di Kissinger»[4].

In effetti, nel dualismo della politica estera statunitense della prima amministrazione Nixon, Martin appare uomo di strettissima collaborazione di Kissinger[5], fino al punto di proseguire nel curare lo svolgimento di covert operations in Italia anche dopo la partenza per Saigon[6].

Secondo un articolo del New York Times, ripreso dal quotidiano La Stampa[7], Martin avrebbe collaborato all'invio, nel 1972, mentre era ambasciatore in Italia, di milioni di dollari in aiuti segreti alla Democrazia Cristiana e di aver finanziato con 800 000 dollari il generale Vito Miceli, accusato di complotto per rovesciare il Governo italiano[8].

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Articolo del New York Times, riferimenti e link in Collegamenti esterni.
  2. ^ a b c Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, riferimenti e link in Collegamenti esterni.
  3. ^ (EN) Graham Martin, in Find a Grave. Modifica su Wikidata
  4. ^ L'ex ambasciatore Graham Martin avrebbe sottratto documenti segreti, su archiviolastampa.it, La Stampa, Archivio storico, 15 settembre 1978, p. 20. URL consultato l'11 marzo 2018.
  5. ^ ARCHIVI USA: NIXON CONTRO MORO. DOCUMENTI DESECRETATI. Covert operation. così Nixon tentò di fermare Moro, "Il Riformista", 18 marzo 2004: «per la prima volta è possibile ricostruire nei dettagli i contorni, le motivazioni e i caratteri della politica dell'amministrazione Nixon e in particolare della covert operation che nel nostro paese fu gestita direttamente dall'ambasciatore Martin e che continuò anche dopo il '72, all'insaputa del nuovo ambasciatore Volpe. I documenti sono stati esaminati dagli storici Roberto Gualtieri e Mario Del Pero, nel corso di uno studio sul rapporto tra Stati Uniti e Italia nel dopoguerra. Per quanto riguarda la politica "italiana" dell'amministrazione Nixon e l'impatto della distensione sul nostro paese, nuove acquisizioni sono contenute nel saggio che Gualtieri pubblicherà a breve sul Journal of Modern Italian Studies (...) Nixon e Kissinger decidono dunque di interessare della questione italiana il National security council (...) per l'Italia voleva dire "un interventionist role che blocchi la deriva a sinistra, offrendo covert assistance a organizzazioni e individui che lavorino per la stabilità politica". Un approccio che comprendeva il lancio di una grande covert operation da 12 milioni di dollari gestita personalmente dall'ambasciatore Martin, che d'accordo con Kissinger sottraeva alla Cia la gestione dei fondi. Ovviamente tra le proteste del servizio segreto Usa, che accusava Martin di finanziare elementi come Vito Miceli (il capo del Sid, uno dei principali beneficiari), chiaramente legati ad ambienti "antidemocratici" della destra italiana. Vi è poi un importante documento ritrovato da Del Pero nella Ford library in Michigan, in cui l'ambasciatore Martin rivendica il merito (è il 1974) di avere spostato gli equilibri politici in Italia dal centrosinistra al centrismo del governo Andreotti-Malagodi. Questi documenti non costituiscono solo la prima conferma diretta della covert operation decisa dal Nsc, ma contengono anche alcune indicazioni sull'esistenza di una seconda operazione segreta condotta dagli Stati Uniti nel corso del 73-74, quando la crisi economica resuscitò le fortune del dialogo con i comunisti. Secondo Gualtieri i nuovissimi documenti della Ford Library inducono a ritenere che l'operazione sia continuata anche dopo la partenza (nel 1972) dell'ambasciatore Martin, che avrebbe continuato a seguire la questione italiana dall'ambasciata di Saigon (e in stretto rapporto [con] Kissinger).»
  6. ^ ARCHIVI USA: NIXON CONTRO MORO. DUE STORICI ANALIZZANO LE CARTE DESECRETATE DALLA CASA BIANCA. L'ambasciatore Martin e 12 milioni di dollari non fermarono la Dc di Moro e Zaccagnini, "Il Riformista", 20 marzo 2004: «Saigon, 28 novembre 1973. Un telegramma inviato alla Casa Bianca attraverso il "back channel" (dunque all'insaputa dello stesso Dipartimento di Stato) chiede che "un impegno che sono stato doverosamente autorizzato a prendere, e sulla base del quale grandi e sinceri amici degli Stati Uniti si sono impegnati a loro volta per la fiducia che hanno in noi, sia mantenuto senza ulteriori ritardi". Mittente: Graham Martin, ambasciatore statunitense in Italia fino al 1972 (poi inviato a Saigon). È l'uomo cui Henry Kissinger nel 1970 aveva affidato la gestione diretta dell'"operazione coperta" da 12 milioni di dollari finalizzata a sostenere anche ambienti della destra e a favorire il clima di una pesante offensiva anticomunista in Italia, per indurre la Dc a tornare ad abbandonare l'idea di un dialogo con la sinistra sostenuta da Moro. Il documento è stato ritrovato da Mario Del Pero e dal punto di vista storico è forse la più rilevante novità contenuta nelle carte appena desecretate della Casa Bianca. Il motivo è semplice: quel telegramma indica l'esistenza anche di una seconda covert operation in Italia, cui partecipò - fatto assai irrituale - lo stesso Martin da Saigon, d'accordo con Kissinger e all'insaputa del nuovo ambasciatore in Italia John Volpe (va peraltro ricordato che dei 12 milioni di dollari stanziati per la prima covert operation '70-'72, secondo il "rapporto Pike" ne erano stati spesi soltanto 10). Lo storico Roberto Gualtieri, che con Del Pero sta lavorando alla sistemazione dei documenti in uno studio sui rapporti Usa-Italia e che pubblicherà a breve un saggio sulla distensione nel nostro paese per il Journal of Modern Italian Studies, sottolinea l'importanza del telegramma per comprendere la linea dell'amministrazione americana in quegli anni. Un documento che rende "lecito interrogarsi sui possibili rapporti tra l'impegno di cui parla Martin nel novembre del '73 e il tentato golpe bianco organizzato da Edgardo Sogno nel '74"».
  7. ^ È morto Martin diplomatico USA a Roma e Saigon, su archiviolastampa.it, La Stampa, Archivio storico, 16 marzo 1990, p. 5. URL consultato l'11 marzo 2018.
  8. ^ Il generale Miceli fu assolto con formula piena in sede di giudizio, nel 1978. Sentenza confermata in Appello nel 1984 e in Cassazione l'anno successivo.
  9. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Ambasciatore degli Stati Uniti in Italia Successore
Hugh Gardner Ackley
19681969
1969 - 1973 John A. Volpe
19731977
Controllo di autoritàVIAF (EN100751305 · LCCN (ENno2009139665 · GND (DE1162967609 · WorldCat Identities (ENlccn-no2009139665
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