Giuseppe De André

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Giuseppe De André (Torino, 15 settembre 1912Genova, 19 luglio 1985) è stato un dirigente d'azienda e imprenditore italiano.

Fu amministratore delegato e presidente degli zuccherifici Eridania, nonché consigliere comunale, assessore e vicesindaco di Genova per il Partito Repubblicano Italiano; fu il padre del cantautore Fabrizio De André.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Giuseppe De André nacque nel 1912 a Torino da una famiglia di condizione modesta: suo padre Achille morì nel 1916, quando il piccolo Giuseppe aveva quattro anni. A Torino si laureò in Lettere e Filosofia con Benedetto Croce all'età di 22 anni e poi si trasferì a Genova. In Liguria divenne insegnante in diversi istituti scolastici parastatali, di cui diventò, dal 1938, anche proprietario grazie a un prestito; prima operò presso l'istituto tecnico per geometri "Ligure" a Sampierdarena, noto anche come "Il Palazzi", e successivamente presso il "Pareto".

Diventato noto come uomo di grande cultura e lavoratore dal carattere inflessibile, nel capoluogo ligure si dedicò presto anche all'attività politica. Durante la Resistenza fu ricercato dai fascisti perché aveva cercato di impedire la deportazione degli alunni ebrei dei suoi istituti. Nascose dunque la famiglia nell'astigiano dal 1942, per poi raggiungerla lasciando Genova nel 1944[1].

Tornato a Genova dopo la guerra e la liberazione, venne eletto più volte consigliere comunale per il PRI. Nel periodo 1954-1955, per tale partito, fu sia assessore allo spettacolo ed alla cultura che vicesindaco della città. Nel 1956 non fu rieletto, decidendo di abbandonare le cariche pubbliche e di iscriversi agli studi in Legge, che però non terminò. Nello stesso periodo fu promotore e primo presidente dell'Ente della Fiera del Mare.

Nel 1962 venne chiamato da Attilio Monti ai vertici dell'Eridania: in questa azienda ricoprì, nel corso di due decenni, gli incarichi di direttore generale, amministratore delegato e presidente. Dal 1976 fu anche presidente di Poligrafici Editoriale, editoriale di controllo dei quotidiani Il Resto del Carlino e La Nazione, carica da cui si dimise nel 1982 rompendo il lungo rapporto di collaborazione con Attilio Monti.[2] Un anno prima aveva lasciato anche la presidenza dell'Eridania, acquisita dal Gruppo Ferruzzi, in quanto non condivideva le strategie di Raul Gardini.[3]

Da 1961 al 1963 Giuseppe De André fu socio cofondatore della Karim, la prima casa discografica per cui lavorò il figlio Fabrizio[4], partecipando attivamente al lancio della carriera di Fabrizio e anche di altri artisti, tra cui si ricordano Memo Remigi ed Orietta Berti. Accanto al sostegno all'attività artistica del figlio, Giuseppe offrì a Fabrizio in questo stesso periodo un impiego presso gli uffici amministrativi nel suo istituto "Ligure" e lo sostenne economicamente, fino al momento in cui Fabrizio abbandonò l'università e si dedicò pienamente all'attività artistica.

Scomparso due mesi prima del suo settantatreesimo compleanno, nel 1985, ha ricevuto sepoltura nella cappella di famiglia presso il cimitero di Staglieno, dove furono sepolti anche la moglie ed i figli.

Vita privata[modifica | modifica wikitesto]

Si sposò nel 1935 con Luigia Amerio (1911-1995), detta Luisa, originaria di Pocapaglia (provincia di Cuneo), con la quale ebbe due figli: Mauro (1936-1989), avvocato, e Fabrizio Cristiano (1940-1999), celebre cantautore, con cui Giuseppe ebbe un rapporto ricco di contrasti per poi riconciliarsi definitivamente in punto di morte, strappandogli in tale occasione la promessa di smettere di bere (che il cantautore manterrà). Fabrizio lo rese nonno di Cristiano nel 1962 e di Luisa Vittoria detta Luvi nel 1977.

Nei media[modifica | modifica wikitesto]

Giuseppe De André è stato interpretato dall'attore Ennio Fantastichini nel film del 2018 di Luca Facchini Fabrizio De André - Principe libero, dedicato alla vita del figlio Fabrizio.

Memoria[modifica | modifica wikitesto]

  • A Genova è ricordato da una piazza a lui intitolata, che sorge proprio davanti alla Fiera del Mare da lui istituita.
  • Fabrizio De André fa riferimento a suo padre nella canzone autobiografica Ho visto Nina volare dall'album Anime salve (1996); in essa l'artista si immedesima in sé stesso durante l'infanzia e racconta di dover nascondere al padre l'amore che prova per la piccola Nina, dicendo che se il padre lo scoprisse sarebbe costretto a fuggire lontano.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ DE ANDRÉ, Fabrizio Cristiano in "Dizionario Biografico", su treccani.it. URL consultato il 16 aprile 2018.
  2. ^ È morto a Genova Giuseppe De André, su La Repubblica, 20 luglio 1985. URL consultato il 24 agosto 2020.
  3. ^ Alberto Mazzuca, Gardini il Corsaro, Bologna, Minerva Edizioni, 2013, p. 96-98.
  4. ^ Sulla partecipazione di Giuseppe nell'attività di Fabrizio vedi Vito Vita, La Karim, Storia della prima casa discografica di De André pubblicato in Walter Pistarini, Fabrizio De André canzoni nascoste, storie segrete, Giunti Editore, Firenze, 2013, pp. 155-163.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luigi Viva, Non per un dio ma nemmeno per gioco: vita di Fabrizio De André, Feltrinelli, 2000.
  • Fabrizio Spagna, Un suicidio imperfetto: Raul Gardini: storia di una vita da corsaro e di una morte sospetta, Castelvecchi, 2013.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]