Gioacchino Germanà

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Gioacchino Germanà (Lercara Friddi, 15 marzo 1901Palermo, 23 aprile 1978) è stato un politico italiano.

Gioacchino Germanà

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Il suo pensiero politico si ispirava ad un giustizialismo sociale regionalista di matrice liberale che vedeva nella rivoluzione un pericolo per la società. Caduto il fascismo si era schierato con il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS) di Andrea Finocchiaro Aprile (la cui madre era lercarese). Nel 1946 Germanà fu uno dei commissari - nella terna nominata per la Sicilia occidentale - che, in tutta l'Isola, dovevano rinnovare gli organismi direttivi del movimento. Dal novembre di quell'anno fu vicesegretario del partito. Col nuovo impianto istituzionale repubblicano, che prevedeva le regioni come enti amministrativi, fu fautore del federalismo nel contesto nazionale. Auspicava tra l'altro in Europa la confederazione degli Stati, e la partecipazione della Sicilia ad essa come unità indipendente. Nel 1946/47 fu sindaco di Lercara, roccaforte elettorale del separatismo. Nelle prime elezioni regionali del 1947 si candidò all'Assemblea regionale siciliana nelle liste del MIS e venne eletto. La consultazione elettorale aveva consentito l'azingresso a Palazzo dei Normanni di otto deputati indipendentisti (tra cui Andrea Finocchiaro Aprile). Questo primo mandato ebbe per Germanà due periodi. Nel 1947/48 rimase all'opposizione. Fu allora componente della sottocommissione dell'Assemblea costituente italiana per il coordinamento dello Statuto siciliano con la Costituzione italiana: la lasciò in segno di protesta nel gennaio del 1948 perché auspicava che lo Statuto venisse accolto integralmente nella sua forma originaria senza che subisse modifiche con pretesti di raccordo alla nuova carta costituzionale. Il 31 gennaio l'Assemblea Costituente aveva stabilito la possibilità di modifiche statutarie per mezzo di legge ordinaria entro l'arco di cinque anni: Germanà accusò il Presidente della Regione Giuseppe Alessi di aver reso la questione del coordinamento un problema interno alla Democrazia Cristiana; e lo sollecitò inoltre a costituire un partito isolano dei cattolici (cosa che farà alcuni anni dopo Silvio Milazzo). Intanto un ricorso di Alessi all'Alta Corte per la Regione Siciliana stabilì l'incostituzionalità della suddetta norma.

Nel marzo del 1948 Andrea Finocchiaro Aprile si dimise da deputato regionale perché candidato alle elezioni politiche di quell'anno (18 aprile), che per i separatisti furono un fallimento, con nessun eletto. Germanà lasciò allora il MIS e aderì al Partito liberale italiano. Il presidente della Regione Franco Restivo, che prese il posto nel gennaio del '49 di Alessi, provò a rafforzare la maggioranza integrando alcuni reduci del separatismo. Fu così che Germanà ebbe nel nuovo governo la delega di assessore supplente all'agricoltura (mantenne la carica sino alla fine della legislatura).

Il monumento a Gioacchino Germanà a Lercara Friddi

Nella seguente legislatura regionale (1951/55) ritornò, stavolta con il partito liberale, all'ARS, ed entrò nel governo con l'incarico di assessore effettivo all'agricoltura. Nel 1950 l'ARS aveva approvato una legge di riforma agraria - uniformandosi alle direttive socio-economiche del governo centrale - per l'espropriazione di terreni ai latifondisti da concedere ai contadini indigenti. Germanà si avviò all'applicazione della legge incontrando l'ostilità del ceto fondiario siciliano che mirava a farla rimanere sostanzialmente inattuata. “Il carabiniere della riforma agraria” - come egli stesso si definì - affrontò l'avversione del segretario nazionale del suo partito, Olindo Malagodi, che nel 1954 costrinse i democristiani a sostituire la delega di Germanà (che si ritrovò con quella del lavoro e fu assessore regionale al ramo sino al termine della legislatura). In precedenza Malagodi - leader di una destra liberal-borghese - gli aveva intimato nel 1954 le dimissioni da assessore, che non però c'erano state.

Di quest'epoca si tramandano alcuni aneddoti riguardanti Germanà: si racconta che Lucio Tasca - vecchio esponente della nobiltà latifondista siciliana - lo abbia colpito con uno schiaffo, e che Malagodi gli abbia scagliato un calamaio addosso. Nonostante questa ostilità Germanà si adoperò anche nella ricerca di finanziamenti nazionali al fine di ammodernare il settore agricolo siciliano che alla sua opera dovette numerose nuove infrastrutture e l'effettiva assegnazione di più di 12.000 lotti di terreno ai contadini siciliani. Alle elezioni regionali del 1955, escluso dalla lista dei candidati del PLI, Germanà scelse la via regionalista: quella del Partito Liberale Siciliano, ma non venne rieletto, per 1.485 voti in più presi da un'altra lista. Rimasto sostanzialmente senza partito entrò nella Democrazia cristiana spintovi da un cugino arciprete, e fu vicesindaco di Palermo nel 1956/58. Aspirava alla carica di sindaco, ma la DC gli preferì Salvo Lima, offrendogli in cambio una candidatura al Senato che rifiutò. Lasciò dunque la DC ed aderì al progetto di autonomia politica della Sicilia portato avanti da Silvio Milazzo, candidandosi nel 1959 con l'Unione Siciliana Cristiano Sociale. Fu rieletto deputato all'ARS, e nel secondo e nel terzo governo milazzista fu prima assessore al lavoro e poi all'agricoltura. Il ritorno della DC al governo della Regione all'inizio del 1960 gli precluse gli spazi politici. Restò nel gruppo misto dell'Assemblea regionale sino alla scadenza del mandato, alla conclusione del quale nel 1963 si ritirò dalla vita politica.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Andrea Miccichè, La Sicilia e gli anni Cinquanta: Il decennio dell'autonomia, Milano, Franco Angeli, 2017.

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