Gino Tommasi

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Gino Tommasi nome di battaglia "comandante Annibale" (Ancona, 19 settembre 1895Gusen, 5 maggio 1945) è stato un ingegnere e partigiano italiano.

Gino Tommasi

È stato una delle figure più in vista della Resistenza nelle Marche. Per le sue qualità umane, le sue capacità organizzative e il suo prestigio, gli fu conferita, nel dopoguerra, la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la prima guerra mondiale, alla quale aveva partecipato come ufficiale della Territoriale, Gino Tommasi si era laureato in Ingegneria a Bologna e negli anni '20 aveva intrapreso la professione ad Ancona, dove aveva stabilito la sua residenza.

Conosceva quindi alla perfezione la regione e, avendo proseguito il suo impegno antifascista anche durante il regime (clandestinamente, prima nei gruppi socialisti, poi, dal 1942, nel Partito comunista), conosceva bene l'orientamento della popolazione politico marchigiana.

L'impegno nella Resistenza[modifica | modifica wikitesto]

Stolperstein a Ancona

Già il 9 settembre 1943, all'indomani dell'armistizio, ricevette mandato dalla Concentrazione antifascista di Ancona[1] presieduta dall'esponente azionista Oddo Marinelli[2], visto anche il suo grado di tenente colonnello di Artiglieria, di prendere contatto con le autorità militari locali, per indurle ad organizzare la difesa della città contro i tedeschi, o, quanto meno, a distribuire le armi ai cittadini. Tommasi non riuscì però a vincere le esitazioni dei comandanti militari, che provocarono così il disarmo di molte centinaia di soldati acquartierati ad Ancona (che furono confinati nelle loro caserme) da parte delle truppe tedesche e la loro successiva deportazione in Germania. Nella Relazione sulla Missione militare "Man" al Comando Supremo, Servizio Informazioni, sezione "Calderini", redatta dal Generale di brigata Salvatore Melia, questi riferì quanto comunicatogli a Caldarola da Tommasi, pochi giorni prima del suo arresto: «L'Annibale ha riferito che ogni trattativa da lui intrapresa, per conto del locale comitato, con i generali Santini Gualtiero e Aldo Piazzi per una resistenza ad oltranza contro i tedeschi, o, quanto meno, per la distribuzione delle armi alla popolazione, ebbe esito negativo dopo tergiversazioni che favorirono i nazisti. Quanto sopra viene nel complesso confermato dalla voce pubblica.»[3]

Sempre su mandato dalla Concentrazione Tommasi assunse il controllo dell'edificio del quotidiano anconetano Corriere Adriatico, di cui gli antifascisti anconetani riuscirono a pubblicare cinque numeri prima dell'arrivo dei tedeschi[4].

A questo punto Tommasi, assunto il nome di battaglia di "Annibale", si impegnò a fondo nell'organizzazione clandestina della lotta partigiana.

Comunista, figura carismatica, capace, grazie alle sue doti di esperienza umana e politica, di comporre i dissidi fra le varie componenti dell'antifascismo locale, venne incaricato dal Comitato di Liberazione Nazionale della provincia di Ancona e delle Marche di organizzare la lotta partigiana come responsabile "militare" del movimento di resistenza, inquadrando le varie bande che si erano costituite spontaneamente nel territorio marchigiano nella Guardia Nazionale partigiana[5]. Pertanto, su sua iniziativa, già nell'ottobre del 1943 operava, lungo la costa adriatica e nella Vallesina, la "Guardia Nazionale", da cui, in dicembre, sorse la Brigata d'assalto "Ancona".

Il 14 gennaio 1944 si tenne a Castelferretti di Falconara Marittima una importante riunione del CLN regionale, alla quale partecipano anche due ufficiali inviati in missione dal Governo del sud[6]. Per evitare pericolose confusioni tra l'organizzazione partigiana della "Guardia nazionale" e la nuova struttura della Guardia Nazionale Repubblicana, identificata con la sigla G.N.R., creata l'8 dicembre 1943 dalla Repubblica di Salò[7], la formazione divenne la 5ª Brigata Garibaldi "Ancona" (organizzata in GAP nei vari centri urbani e in bande sulle montagne). Unica eccezione nel panorama della Resistenza italiana, la Brigata Garibaldi delle Marche, pur assumendo la denominazione tipica delle formazioni partigiane comuniste[8], vide la presenza di combattenti di tutte le tendenze politiche e culturali, ex-militari rientrati in Italia dai vari fronti di guerra, ex-internati nei campi di prigionia nel territorio marchigiano (tra cui inglesi, jugoslavi, russi), Regi Carabinieri che andarono in montagna per non aderire alla G.N.R. e prestare giuramento alla Repubblica di Salò, giovani renitenti alla leva della RSI, lavoratori che sfuggivano all'invio forzato in Germania. Ciò in quanto le formazioni partigiane marchigiane erano spesso una diretta espressione dei CLN regionale, provinciali e locali, nei quali erano rappresentate tutte le forze politiche antifasciste.

Nel corso della riunione Gino Tommasi venne confermato comandante della 5ª Brigata Garibaldi "Ancona"; egli nominò vice comandante della brigata l'esponente azionista Amato Tiraboschi ("Primo")[9], decisione che venne ratificata dal CLN regionale, che affidò ad "Annibale" anche il compito di coordinare l'iniziativa militare della Resistenza nelle altre province delle Marche.

Si determinò così un assetto di equilibrio politico nell'organizzazione partigiana marchigiana: si stabilì che l'attività della 5ª Brigata Garibaldi dovesse essere subordinata alla direzione politica del CLN, guidato da Oddo Marinelli del Partito d'Azione, formazione politica che, assieme al PCI, costituiva il partito maggiormente presente fra le file dei patrioti impegnati nella guerra partigiana. Inoltre, per evitare divisioni partitiche fra i resistenti, si decise che nelle formazioni partigiane marchigiane non dovessero essere presenti i "commissari politici", figure tipiche dell'organizzazione comunista delle Brigate Garibaldi.

Il 5 maggio 1945 i carri dell'11ª Divisione corazzata USA entrano nel campo di concentramento di Mauthausen dalla "Porta mongola".

Nella notte dell'8 febbraio 1944, mentre rientrava ad Ancona da una riunione clandestina nel pesarese, l’auto su cui viaggiava Tommasi fu coinvolta in un incidente. Gino Tommasi decise di fermarsi a dormire nella sua abitazione a Borghetto di Ancona dove, a causa di una soffiata, venne sorpreso dai fascisti. Rinchiuso nel carcere di Macerata e poi tradotto a Forlì, "Annibale" resistette alle torture dei suoi aguzzini, finché i fascisti se ne liberarono, consegnandolo ai tedeschi. Deportato a Fossoli e di lì a Mauthausen nel sottocampo di Gusen, Tommasi si spense il 5 maggio 1945, il giorno stesso della liberazione del campo.

Nel 1951 il Consiglio comunale di Ancona decise di intitolare a Gino Tommasi una via cittadina[10].

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Tenente colonnello di artiglieria di complemento, fu tra i primi a partecipare alla lotta partigiana con instancabile attività e sprezzo del pericolo. Organizzò e comandò la Brigata garibaldina marchigiana. La sua forte personalità divenne il centro di attrazione per tutti coloro che sceglievano la via del dovere. Catturato dal nemico che vedeva in lui il simbolo della resistenza partigiana e sottoposto alle più atroci torture, serbava fieramente il silenzio, riuscendo altresì ad avvertire i compagni dell’incombente pericolo. Tra i deportati in Germania manteneva alto con l’esempio il nome d’Italia, finché la sua eroica vita fu troncata dagli inauditi stenti del campo di Mauthausen
— Marche, 1943-1944; Mauthausen, 1944.[11].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Cfr. Ruggero Giacomini, Ribelli e partigiani. La Resistenza nelle Marche 1943-1944, Ancona, Affinità elettive, 2005, pagg.13-14
  2. ^ Oddo Marinelli (Ancona, 24 gennaio 1888 - 15 gennaio 1972), è stato un giornalista, avvocato e politico italiano. Entrato giovanissimo nel movimento repubblicano delle Marche, nel 1905 fondò la testata giovanile La Giovane Italia, che diresse per sette anni. Nel 1908 fu arrestato dalla polizia asburgica a Trieste per aver svolto propaganda repubblicana e filoitaliana, nel 1911 fu tra i sostenitori degli insorti albanesi. Laureatosi ad Urbino nel 1912 e divenuto avvocato, aderì alla Massoneria con il fratello Manlio, di due anni più anziano di lui. Insieme contribuirono a fondare nella città dorica il circolo giovanile repubblicano, per poi continuare l'attività politica attraverso una serie di iniziative che li vide militanti in una città dove gli ideali libertari e democratici godevano tradizionalmente di largo consenso. Amico e compagno di partito di Pietro Nenni, allora repubblicano e direttore de "La Voce" di Jesi e poi del giornale anconetano "Lucifero", Oddo ne condivise le posizioni e la vena antigovernativa. Negli anni tra il 1912 e il 1913, Marinelli promosse ad Ancona la costituzione della Federazione dei portuali. Con Nenni ed Errico Malatesta, fu uno degli organizzatori e oratori del comizio antimilitarista del 7 giugno 1914 alla Villa Rossa di Ancona, al termine del quale si determinarono gli scontri con le forze dell'ordine che diedero l'avvio ai moti rivoluzionari della "Settimana rossa". In conseguenza di ciò, per non venire arrestato espatriò in Svizzera. Sempre nel 1914 fu eletto consigliere comunale e provinciale. Scoppiata la prima guerra mondiale, si arruolò volontario come tenente di Artiglieria. Nel 1919 era a Trieste, redattore capo del quotidiano Era nuova. L'anno successivo era di nuovo ad Ancona a dirigervi il periodico locale repubblicano Lucifero. Nell'agosto del 1922 tentò vanamente di impedire che i fascisti defenestrassero l'amministrazione repubblicana della città, di cui lui stesso faceva parte. Con l'avvento del fascismo, Oddo Marinelli mantenne il suo atteggiamento di contrarietà al regime e, da avvocato, difese antifascisti e, soprattutto, lavoratori licenziati da aziende dell'Anconetano, venendo accusato di sabotaggio del sindacato fascista. Nel gennaio del 1930, in occasione del matrimonio di Umberto II di Savoia, fu incarcerato "a scopo precauzionale" con altri repubblicani e anarchici marchigiani. Pur costantemente attenzionato dalla questura, Marinelli riuscì a continuare la sua professionale di legale. Nel 1942, ad Ancona, partecipò alla nascita del Partito d'Azione e nel 1943, per sfuggire ad una retata dell'OVRA, riparò a Roma. Subito dopo la diffusione della notizia dell'armistizio assunse, a nome della Concentrazione antifascista anconetana, la direzione del quotidiano locale Corriere Adriatico, il cui edificio venne occupato militarmente dai partigiani capitanati da Gino Tommasi, riuscendo ad editare cinque numeri del quotidiano prima dell'arrivo dei tedeschi ad Ancona. Durante la Resistenza fu presidente del CLN regionale. Con la liberazione delle Marche Marinelli fu nominato prefetto di Ancona; fu anche sindaco di Jesi. Membro della Consulta nazionale, per un breve periodo fece parte, per il PRI, dell'Assemblea Costituente. Nell'immediato dopoguerra Pacciardi candidò Marinelli a presidente nazionale dell'INAIL. Dal 1952 al 1965 ricoprì l'incarico di presidente dell'Opera Nazionale Combattenti. Nel 1960 pubblicò "La Resistenza marchigiana e la Consulta nazionale". Notizie tratte dalla scheda dedicata ad Oddo Marinelli nel sito nazionale dell'ANPI
  3. ^ Cfr. Ruggero Giacomini, op. cit., pagg.30-33
  4. ^ Cfr. Ruggero Giacomini, op. cit., pagg.14-16
  5. ^ La "Guardia Nazionale" fu così chiamata con riferimento ai patrioti difensori della Repubblica romana del 1849; infatti, i partigiani identificavano la loro lotta contro gli invasori tedeschi ed i loro accoliti fascisti come un "secondo Risorgimento". cfr. Umberto Carpi, Dal primo al secondo Risorgimento, nel sito dell'ANPI.
  6. ^ Il Generale di brigata Salvatore Melia e il Capitano Arnaldo Angerilli (Alessio). Cfr. Ruggero Giacomini, Ribelli e partigiani. La Resistenza nelle Marche 1943-1944, Ancona, Affinità elettive, 2005, pagg.83-85
  7. ^ Nella G.N.R. confluirono, allo scopo di sopprimere l'autonomia del Corpo dei Reali Carabinieri, ritenuto troppo legato a casa Savoia e responsabile dell'arresto di Mussolini, oltre agli ex-Regi Carabinieri, anche i membri della Milizia e della Polizia dell'Africa Italiana.
  8. ^ Così come le Brigate Matteotti erano patrocinate dai socialisti, le Brigate di Giustizia e Libertà dal Partito d'Azione, le Brigate Fiamme Verdi erano di ispirazione democristiana, i partigiani badogliani di ispirazione monarchica, le Brigate Bruzzi Malatesta di ispirazione anarchica e il gruppo, prevalentemente romano, di Bandiera Rossa era un movimento di sinistra autonomo dal CLN.
  9. ^ Cfr. Roberto Lucioli e Simone Massacesi, Il caso Tiraboschi. Politica e guerra di liberazione nella Resistenza marchigiana, Ancona, Affinità elettive, 2015
  10. ^ Via Gino Tommasi di Ancona, su google.it. URL consultato il 29 ottobre 2014.
  11. ^ Dettaglio decorato, su quirinale.it. URL consultato il 29 ottobre 2014..

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, La Pietra, Milano 1968, Volume T-Z, p. 87;
  • Ruggero Giacomini, Ribelli e partigiani. La Resistenza nelle Marche 1943-1944, Ancona, Affinità elettive, 2005;
  • 'Roberto Lucioli e Simone Massacesi, Il caso Tiraboschi. Politica e guerra di liberazione nella Resistenza marchigiana, Ancona, Affinità elettive, 2015.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Elena Romani