Francesco Bandarin

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Francesco Bandarin

Vicedirettore generale dell'UNESCO per la cultura
Durata mandato31 maggio 2010 –
28 febbraio 2018
PredecessoreFrançoise Rivière
SuccessoreErnesto Ottone

Direttore del Centro del patrimonio mondiale
Durata mandato20 settembre 2000 –
31 maggio 2010
PredecessoreBernd von Droste
SuccessoreKishore Rao

Dati generali
UniversitàIstituto Universitario di Architettura di Venezia
Università della California - Berkeley

Francesco Bandarin (Venezia, 26 dicembre 1950) è un architetto italiano, direttore del Centro del patrimonio mondiale dal 2000 al 2010 e vicedirettore generale dell'UNESCO per la cultura dal 2010 al 2018.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Si è laureato in architettura presso l'Istituto Universitario di Architettura di Venezia e in urbanistica presso l'Università della California - Berkeley.[1] In qualità di direttore del Centro del patrimonio mondiale dell'UNESCO, Francesco Bandarin è stato responsabile della attuazione della Convenzione per la protezione del patrimonio mondiale, culturale e naturale, e ha coordinato le attività istituzionali per l'iscrizione dei siti nella Lista del patrimonio mondiale. In questi anni, il Centro ha avviato dei programmi tematici (su patrimonio forestale, siti di interesse religioso, piccoli stati insulari, siti marini, città storiche) e ha facilitato la creazione di centri di ricerca e di formazione in Sudafrica, in Bahrein, in Brasile, in Cina, in India, in Italia e in Messico.

Francesco Bandarin ha anche sostenuto la conservazione del patrimonio urbano da una prospettiva più ampia. La Raccomandazione sul paesaggio urbano storico, adottata dalla Conferenza generale dell'UNESCO il 10 novembre 2011, ha sancito questo approccio. Secondo questo testo, l'UNESCO ritiene «che, al fine di sostenere la protezione del patrimonio naturale e culturale, si dovrebbe porre l'accento sull'integrazione delle strategie per la conservazione, la gestione e lo sviluppo dei territori urbani storici nei processi di sviluppo locale e urbanistico, e che l'applicazione di un approccio paesaggistico contribuirebbe a preservare l'identità urbana».[2] Sotto la sua guida, in qualità di vicedirettore generale, il settore della cultura dell'UNESCO è stato all'origine di iniziative che hanno contribuito a fare della cultura un elemento portante delle politiche di sviluppo sostenibile. Questo ha condotto alla adozione, il 17 maggio 2013, della Dichiarazione di Hangzhou («Mettere la cultura al centro delle politiche di sviluppo sostenibile»).[3]

Questi orientamenti si ritrovano anche nel primo Rapporto mondiale dell'UNESCO sulla cultura per lo sviluppo sostenibile («Cultura: Futuro Urbano»), presentato il 18 ottobre 2016 alla terza Conferenza delle Nazioni Unite sugli insediamenti umani e lo sviluppo sostenibile (Habitat III).[4] Il 12 dicembre 2017, l'UNESCO e l'Organizzazione mondiale del turismo firmano congiuntamente la Dichiarazione di Muscat sul turismo e la cultura («Favorire lo sviluppo sostenibile»). Il turismo, se ben gestito, può essere un mezzo «per promuovere il dialogo interculturale, creare opportunità di lavoro, frenare la emigrazione rurale e sostenere un sentimento di orgoglio nelle comunità ospitanti».[5] Francesco Bandarin interviene regolarmente sui media, quando i beni culturali sono esposti a minacce.[6][7][8][9][10][11][12][13] Ogni mese presenta un sito del patrimonio mondiale su Il Giornale dell'Arte.[14] Nel 2014, ha presieduto la giuria della Biennale di architettura di Venezia.[15] Nel 2019 e 2020, ha presieduto la giuria mondiale del Prix Versailles.[16][17]

Pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Grande Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Francesco Bandarin sul sito dell'UNESCO
  2. ^ (FR) Recommandation concernant le paysage urbain historique, y compris un glossaire de définitions, su portal.unesco.org, unesco.org, 10 novembre 2011. URL consultato il 19 aprile 2021.
  3. ^ (FR) Congrès international de Hangzhou « La Culture: clé du développement durable », su unesco.org, 17 maggio 2013. URL consultato il 19 aprile 2021.
  4. ^ (FR) La culture pour le développement urbain durable, su unesco.org, 18 ottobre 2016. URL consultato il 19 aprile 2021.
  5. ^ (FR) L'UNESCO et l'OMT signent la Déclaration de Mascate sur le tourisme et la culture: « Favoriser le développement durable », su fr.unesco.org, unesco.org, 12 dicembre 2017. URL consultato il 19 aprile 2021.
  6. ^ (EN) Looting of Libyan treasure highlights illicit antiquities trade, su edition.cnn.com, CNN, 11 novembre 2011. URL consultato il 19 aprile 2021.
  7. ^ (FR) Pompéi, patrimoine en péril ?, su sciencesetavenir.fr, Sciences et Avenir, 1º giugno 2011. URL consultato il 19 aprile 2021.
  8. ^ (FR) Auschwitz-Birkenau : la restauration programmée, su lemonde.fr, Le Monde, 14 febbraio 2011. URL consultato il 19 aprile 2021.
  9. ^ (EN) What Does Unesco Recognition Mean, Exactly?, su nytimes.com, The New York Times, 6 gennaio 2012. URL consultato il 19 aprile 2021.
  10. ^ (FR) Mausolées de Tombouctou : “Ce jugement qualifie le crime contre le patrimoine”, su telerama.fr, Télérama, 1º ottobre 2016. URL consultato il 19 aprile 2021.
  11. ^ (ES) Cuidar nuestro patrimonio arquitectónico, su laprensa.com.ar, La Prensa, 13 settembre 2017. URL consultato il 19 aprile 2021.
  12. ^ (FR) Menaces contre les sites patrimoniaux iraniens: Donald Trump isolé, su ledevoir.com, Le Devoir, 7 gennaio 2020. URL consultato il 19 aprile 2021.
  13. ^ (FR) L’après-COVID-19 : réinventer Venise et son tourisme destructeur, su ici.radio-canada.ca, Radio-Canada, 11 giugno 2020. URL consultato il 19 aprile 2021.
  14. ^ Francesco Bandarin, su ilgiornaledellarte.com.
  15. ^ Sito web della Biennale di Venezia, su labiennale.org.
  16. ^ Sito web del Prix Versailles, su prix-versailles.com.
  17. ^ Sito web del Prix Versailles, su prix-versailles.com.
  18. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato., su quirinale.it. URL consultato il 19 aprile 2021.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN54237765 · ISNI (EN0000 0000 4423 3026 · SBN CFIV097789 · LCCN (ENn93046482 · GND (DE1022355678 · BNE (ESXX1790014 (data) · BNF (FRcb12424730c (data) · J9U (ENHE987007270627805171