Ester Fiorenza Riposi

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Ester Fiorenza Riposi (Villa di Villa, 19 ottobre 1921Belluno, 19 ottobre 2016) è stata una partigiana e attivista italiana.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

La sua famiglia si trasferisce da Villa di Villa, frazione di Mel, a Trichiana quando lei aveva un anno; il padre Giovanni, lasciata l'attività di fornaio, avvia una piccola impresa edile; la madre, Maria Palman, gestisce l'osteria nella casa natale di Trichiana. Nel 1923 nasce la sorella Nella Anna, che a due anni contrae la poliomielite e nel 1927 il fratello Tullio. Ester frequenta la scuola elementare di Trichiana e legge i libri e le riviste che il padre, di solida formazione socialista, aveva acquistato e conservato. È una ragazzina sveglia, aperta e intellettualmente vivace, ma i modesti introiti della famiglia la costringono a cercare le prime occasionali occupazioni presso due famiglie del luogo. Nel maggio del 1937, a 16 anni, si trasferisce a Roma, dove lavora come bambinaia presso una famiglia di origine bellunese, proprietaria di una torrefazione e di una drogheria posta in vicinanza del teatro Adriano e il proprietario ha talvolta l'opportunità di ricevere biglietti d'ingresso che consentono a Ester di frequentare concerti e sale cinematografiche. Incontra amiche di paese che lavorano a Roma e anche le donne di Trichiana che partecipano alle adunate delle Massaie rurali volute dal Regime fascista.

Durante la guerra, nei momenti liberi dalla sua occupazione di cura, si adopera per sostenere i soldati feriti al fronte e ricoverati all'ospedale romano “Principessa di Piemonte”. Nel 1943 ritorna a Trichiana e per un breve periodo lavora a Vittorio Veneto nella taverna gestita da una cugina della madre, il cui marito è il socialista Ferruccio Faggin, divenuto, dopo la Liberazione, dapprima vicesindaco e nel 1956-60 sindaco di Vittorio Veneto[1].

Dopo la guerra e l'esperienza partigiana, riprende gli studi per diventare maestra. Lavora in Prefettura a Belluno e studia, supera da privatista gli esami del primo anno di istituto magistrale, ma con l'avvicendamento dei funzionari in prefettura cessa il suo lavoro lì. A 25 anni emigra a Lucerna, dove rimane oltre un anno e mezzo, impiegata in un negozio di abbigliamento. In questi anni è fidanzata con Orfeo, un ufficiale dell'aviazione che aveva conosciuto a Belluno quando lavorava in prefettura e che l'aveva spronata a studiare. Lasciata la Svizzera, decide di trasferirsi a Roma, e ciò causa la rottura con Orfeo che non capisce lo spirito di indipendenza che la anima, A Roma incontra il bellunese Attilio Tissi, senatore del Partito Socialista dei lavoratori italiani, che l'aiuta a trovare un impiego nella segreteria del partito e poi nella redazione amministrativa del quotidiano La Giustizia. Accede poi alla Camera dei deputati come stenografa a giornata, un lavoro ancora precario e saltuario; in seguito diviene contrattista a Montecitorio e al Parlamento Europeo a Lussemburgo e a Strasburgo. Nel 1968 vince il concorso pubblico per uno dei tre posti di aiutante bibliotecaria alla Camera[2], dove rimane in servizio fino al 1º luglio 1977, rientrando definitivamente a Belluno nel 1989.

Si spegne a Belluno nel giorno del suo 95º compleanno ed è sepolta a Trichiana[3].

Militanza partigiana[modifica | modifica wikitesto]

Lascia Roma il giorno prima del bombardamento di San Lorenzo del 19 luglio 1943 e ritorna a Trichiana. Trova poi impiego presso la cugina della madre a Vittorio Veneto che gestisce una taverna e lì fa le prime esperienze di impegno nella lotta partigiana: vede i cugini privarsi degli abiti per vestire i soldati che fuggivano dalle caserme, preparare pranzi e cene per i tedeschi ma contemporaneamente rifornire di cibo i partigiani rifugiati nei boschi del Cansiglio. Nella primavera del 1944 torna a Trichiana e, seguendo l'esempio del fratello diciassettenne, entra nelle file della Resistenza. Trichiana è un luogo di rilevanza strategica per essere vicino al Passo San Boldo, valico che mette in comunicazione le valli bellunesi con la pianura trevigiana. In zona erano pervenuti molti combattenti partigiani, numerosi anche dall'Emilia Romagna, con lo scopo di liberare il territorio dall'occupazione nazi-fascista. In Cansiglio e nel Bellunese gli Alleati pongono le loro missioni: Com-Simia (Soe-Sim), detta anche missione “BERIWIND”[4] del maggiore dell'esercito britannico Tilman[5][6][7], "Aztec"[8] del maggiore Benucci, "Tacoma"[9] del maggiore Chappel.

Dopo il rastrellamento del Cansiglio[10][11][12], diviene responsabile della sezione collegamenti del Comando Militare Zona Piave, coordinando, dal 1º novembre '44 al 5 maggio '45, l’attività di oltre trenta staffette, con il nome di battaglia “Irina”, per il Comando Zona di Belluno, la cui giurisdizione copre le due divisioni partigiane operanti nel bellunese e nel trevigiano: la Divisione "Belluno", operante nella sinistra Piave, e la Garibaldi "Nino Nannetti", operante nella destra Piave[13]. La brigata “Piave”[14] è una delle formazioni autonome che confluiscono, con le brigate garibaldine[15], nelle divisioni che operano nel nord-est veneto.

Tesse e tiene vivi i rapporti con la popolazione locale: è necessario capirne le necessità, e le paure, ma convincerla ad avere ancora fiducia nella lotta di liberazione, sopportare le perquisizioni, i rastrellamenti, le case bruciate, il dolore per i familiari deportati o impiccati.

Partecipa anche a combattimenti, come quello di Refos di Limana del 26 aprile 1945, dove, per snidare dalla scuola elementare un presidio tedesco che non aveva tenuto fede all'accordo sulla resa, persero la vita i partigiani Antonio Merlin "Bill"[16] e Michele Barp "Tempesta". Ester deve trasportare con un carro un ferito prima a casa a Trichiana e poi all'ospedale di Belluno.

L'incarico nella militanza partigiana le permette di fregiarsi poi del grado di Sottotenente. Ricorda che è l'unica donna partigiana “Ufficiale in congedo” iscritta all'UNUCI e presente alle iniziative e ai convegni organizzati a Belluno[17].

Il diario di Irina[modifica | modifica wikitesto]

Tra novembre '44 e gennaio '45, la staffetta "Irina" tiene un diario, che riporta in matita copiativa le tappe più importanti della sua attività partigiana. È un piccolo block-notes con i fogli a quadretti e sulla copertina il nome IRINA. Il nome di battaglia è insolito e deriva dalla lettura del romanzo di una scrittrice russo-americana, Ayn Rand, trasposto poi in un film dal titolo “Noi vivi”. Irina è il nome di un personaggio secondario, la cui storia l'aveva emozionata. Anche a distanza dagli anni di guerra, talora si è sentita interpellare con questo nome. Annotava poche cose, per la segretezza, ma emerge il coraggio e la paura è mascherata. Sulle Vette Feltrine erano state fatte prigioniere, seviziate e uccise Ancilla Marighetto "Ora" e Clorinda Menguzzato "Veglia". Il diario si interrompe nel gennaio del '45, forse per l'incarico importante che porta a termine in quei giorni: raggiungere il Comando Zona, che avrebbe dovuto ratificare la condanna a morte di una persona socialmente influente che incitava i giovani ad arruolarsi nella Wermacht, condanna che doveva essere eseguita dalla Brigata "Tollot"[18] operante nel Trichianese. Irina fa alcune tappe presso "case di latitanza" prima di raggiungere il Comando, dove il Commissario di zona Giuseppe Landi e gli altri componenti ratificano la sentenza[19].

Tea Palman, di Trichiana[20][21], ricorda come sua cugina Ester riuscì a far scappare Aldo, il fratello di Tea, all'arrivo a Trichiana dei Tedeschi, dopo la notte di San Felice. Aldo, dopo numerose azioni partigiane alla guida spericolata di un camion, che gli valse il soprannome di "Nuvolari", perì[22][23], e Tea fu deportata in un campo di concentramento a Bolzano.

Numerosi sono i ricordi e citazioni che di lei hanno altri partecipanti alla lotta di liberazione. Mario Bernardo scrive: “una giovane piena di entusiasmo e di coraggio proveniente dal mondo cattolico”; Giuseppe Landi le riconosce attaccamento e diligenza nel suo lavoro anche nei momenti più duri[24]. Giovanna Zangrandi, la staffetta “Anna” nella Brigata Calvi, nel suo diario, nel febbraio '45 la ricorda con le staffette "Anita" della Brigata Pisacane, "Betta" e "Celina" della Valcellina e "Lydia". Inoltre annota che è “pacata e distinta, riservatissima”[25]. Tina Merlin, “Joe” nella clandestinità, nel suo libro La casa sulla Marteniga[26], ricorda la sartoria di Nella, sorella di Ester, che era divenuta la sua copertura e dove le staffette si incontravano, sia i collegamenti che Ester teneva con gli organismi militari del CLN provinciali.

Militanza politica[modifica | modifica wikitesto]

All'indomani della liberazione, nel maggio 1945, si iscrive al Partito Socialista a Belluno. La sua tessera è firmata dal Sindaco della Liberazione, Decimo Granzotto, il comandante "Rudy"[27].

Nel gennaio 1947 aderisce al nuovo partito guidato da Giuseppe Saragat, il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, che diverrà poi Partito Socialista Democratico Italiano[28].

Impegno civico[modifica | modifica wikitesto]

In qualità di rappresentante della F.I.A.P. (Federazione Italiana Associazioni Partigiane)[29] e possedendo la qualifica di partigiano combattente, negli anni 1968-1972 fa parte della "Commissione unica nazionale di primo grado per la concessione delle qualifiche dei partigiani e delle decorazioni al valor militare"[30], istituita con legge 28 marzo 1968 n. 341, art. 4, del Ministero della Difesa e con sede a Roma, Cecchignola, Piazzale degli Artiglieri. Negli anni di lavoro alla Commissione, che si riuniva settimanalmente, capisce quanto sia stato sottovalutato il ruolo delle donne nella Resistenza e poche siano le donne decorate con medaglia d'oro[31]. Nel 1972, quando lascia la Commissione, i componenti le regalano una medaglia d'oro con incisi i loro nomi e una riproduzione del Monumento alla Partigiana di Augusto Murer[32].

Il 30 novembre 1969 è tra i promotori e sarà poi dirigente della associazione "Famiglia Piave” tra i bellunesi in Roma[33], e componente del Consiglio direttivo dell’Associazione “Bellunesi nel mondo”[34]. E' nel Comitato di redazione del mensile omonimo e Presidente onorario della “Famiglia dei bellunesi d'Olanda”, fondata ad Arnhem[35], in occasione di un concerto con il coro bellunese CTG[36] e “I Belumat”.

Prima presidente e in seguito presidente onoraria del Comitato di gestione della Biblioteca delle migrazioni “Dino Buzzati”[37]. La sua vita continua con l'impegno che l’ha sempre caratterizzata: iscritta all’ANPI, all’ABM (Associazione Bellunesi nel Mondo)[38], alla Croce Rossa, presente all'Istituto Storico Bellunese della Resistenza e dell’Età Contemporanea e legata a molte altre associazioni.

E' stata presidente della Commissione Provinciale Pari Opportunità, promuovendo e sostenendo due iniziative: la ricerca Madri sole e donne anziane sole[39], e il concorso-borsa di studio, rivolto agli studenti dell'ultimo anno delle scuole superiori della provincia di Belluno, che nell'anno 2002-2003 era dedicato a una riflessione sull'Europa. Molto attiva anche nel celebrare nelle scuole la Giornata della memoria[40].

Volontariato[modifica | modifica wikitesto]

Ha fatto parte per molto tempo, soprattutto negli anni romani, delle Dame barelliere dell'UNITALSI[41].

Al suo ritorno a Belluno, aderisce all'Associazione Volontari Ospedalieri[42], su invito di Nina Barcelloni Corte che l'aveva fondato una decina di anni prima[43].

Donazioni[modifica | modifica wikitesto]

Per molti anni ha sostenuto economicamente l'attività dell’Associazione Internazionale Dino Buzzati, donando una borsa di studio, intitolata a Sandro Pertini, che annualmente premiava ricerche su Buzzati realizzate in Italia e nel mondo[44][45].

Ha donato numerosi libri alle biblioteche del Comune di Trichiana e dell'ISBREC, tra cui la prima edizione della “Storia della seconda guerra mondiale” di Winston Churchill e il Libro bianco sull'Europa di Jacques Delors.

Ha festeggiato l'ottantesimo compleanno donando alla biblioteca civica di Belluno la cinquecentina De gli habiti antichi et moderni di diverse parti del mondo, edito da Giovanni Bernardo Sessa nel 1598, del cadorino Cesare Vecellio, cugino di Tiziano, libro che contiene tutte le 415 xilografie dell'autore dedicate allo studio dei costumi[46]. L'acquisto di questa cinquecentina è stato fatto anche pensando al lavoro di decenni della sorella Nella alla macchina da cucire[47].

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

  • Nel 1978: Croce di Cavaliere, con motu proprio di Sandro Pertini[48].
  • Nel 1994: Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana[49][50].
  • Nel 2001: Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana[51].
  • Nel 2008 ha ricevuto dall’assessore regionale veneto ai flussi migratori, Oscar De Bona, il diploma di merito concesso dalla Regione del Veneto nell’ambito del “Premio internazionale bellunesi che hanno onorato la provincia di Belluno in Italia e nel mondo”[52].

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

  • Nell’estate 2015 ha ricevuto la cittadinanza onoraria del Comune di Trichiana[53].
  • Il 27 ottobre 2016 una sua foto è stata posizionata nella Sala riunioni dell'Associazione Bellunesi nel Mondo, come segno di riconoscenza per quanto ha dato all’Associazione, soprattutto per la Biblioteca delle migrazioni “Dino Buzzati[54].

Nel cinema[modifica | modifica wikitesto]

È una delle staffette nel documentario di Guido Beretta Ragazze in bicicletta. Racconti di donne della resistenza bellunese, presentato a Belluno il 25 aprile del 1992[55].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Vittorio Veneto chiama gli ex sindaci per celebrare l'Unità, su ricerca.gelocal.it. URL consultato il 29 maggio 2023.
  2. ^ Ruolo di anzianità del personale. Camera dei deputati, p. 53 (JPG), su commons.wikimedia.org, Camera dei deputati.
  3. ^ Resistenze - memoria e storie delle donne in veneto, su resistenzeveneto.it. URL consultato il 29 dicembre 2023.
  4. ^ Harold William Tilman, Missione Beriwind in Cansiglio, a cura di Pier Paolo Brescacin, Vittorio Veneto, ISREV - Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea del Vittoriese, 2011.
  5. ^ H.W. Tilman, When men and mountains meet. Cambridge, 1946, London. Uomini e Montagne. Dall’Himalaya alla guerra partigiana sulle Alpi, traduzione di Mary Archer, Prefazione di Ester Angelini, Centro Documentazione Alpina - CDA - Vivalda, 2001, ISBN 9788885504998.
  6. ^ Adriano Maini (a cura di), La missione Beriwind, su http://storiaminuta.altervista.org/la-missione-beriwind/. URL consultato l'8 giugno 2023.
  7. ^ Antonio Melis, Harold William Tilman. Un maggiore inglese tra le Dolomiti (PDF), su https://www.difesa.it/InformazioniDellaDifesa/periodico/IlPeriodico_AnniPrecedenti/Documents/Harold_William_Tilman_-_Un_magg_56Dolomiti.pdf, vol. 5, 2010, pp. 60-63. URL consultato l'8 giugno 2023.
  8. ^ Roberto De Nart, 65 anni fa, il 21 aprile 1945, era in corso un’operazione dei tedeschi per localizzare una stazione radio alleata che si trovava nel bunker di Villa Tattara a Giamosa (Belluno), su http://www.bellunopress.it, 20 aprile 2010. URL consultato l'8 giugno 2023.
  9. ^ Gerald Steinacher - University of Nebraska-Lincoln, L'"eccidio di Gardena" del 1945 e la missione dell'OSS "Tacoma": Un contributo sulle opzioni e la fine della guerra a Gardena, Belluno, Istituto Storico Bellunese della Resistenza e dell’Età Contemporanea, dicembre 1997, p. 21.
  10. ^ Giuseppe Pupillo. Grande rastrellamento compiuto dalle truppe tedesche l'8-10 settembre 1944 sull'Altopiano del Cansiglio. Giuseppe Pupillo, [12-set-2010.pdf 66° aniversario rastrellamento nazi-fasciata 1944] (PDF), su istrevi.it, 12 settembre 2010, p. 7. URL consultato il 30 maggio 2023.
  11. ^ Ettore Gallo, [1992.pdf Commemorazione del rastrellamento del Cansiglio] (PDF), su https://www.istrevi.it/archivio/commemorazioni, 13 settembre 1992, p. 9. URL consultato il 31 maggio 2023.
  12. ^ Adriano Maini, Il comando della Nannetti ordinò la dispersione in squadre di pochi partigiani attraverso la pianura, su storiaminuta.altervista.org, 4 dicembre 2021.
  13. ^ Nazario Sauro Onofri, Divisioni "Nannetti" e "Belluno" Garibaldi, estate 1944 - aprile 1945, su storiaememoriadibologna.it. URL consultato l'8 giugno 2023.
    «Il nome di Nino Nannetti – un bolognese caduto nella guerra civile spagnola – fu dato nell’estate del 1944 ad un gruppo di brigate che operavano tra Belluno, Trento e Treviso. Chiamato Gruppo di brigate Garibaldi Nannetti, assunse il nome di divisione il 2 agosto 1944. Presso la divisione operarono due missioni alleate. Dopo i durissimi combattimenti dell’estate la divisione fu divisa in due: la Belluno alla destra del fiume Piave con le brigate Gramsci, Pisacane, Fortunato Calvi, Fratelli Fenti e alcuni battaglioni autonomi e la Nannetti, sulla sinistra Piave, con le brigate Tollot, Cacciatori delle Alpi, Vittorio Veneto e alcuni battaglioni autonomi.»
  14. ^ Francesco Piazza, Le formazioni autonome: il caso della "Piave" - cap. VI (PDF), agosto 2019, pp. 99-102. URL consultato l'8 giugno 2023.
  15. ^ Brigate Garibaldi, su http://www.1944-repubblichepartigiane.info/brigate-garibaldi, Centro Studi Luciano Raimondi. 1944 - Le Repubbliche Partigiane. URL consultato l'8 giugno 2023.
  16. ^ Numero 270 - Gazzetta Ufficiale, Ministero della Difesa - Ricompense al valor militare per attività partigiana - Medaglie d'argento, su gazzettaufficiale.it, 27 settembre 1978, p. 6959.
  17. ^ Ester e Letiziaː memorie di donne bellunesi, p. 124.
  18. ^ La bandiera della Tollot torna a casa dopo 70 anni, su corrierealpi.gelocal.it, 19 agosto 2013. URL consultato il 12 giugno 2023.
  19. ^ Ester e Letiziaː memorie di donne bellunesi, pp. 63-65.
  20. ^ vedi il Racconto sulla mia deportazione nel campo di concentramento di Bolzano. Tea Palman, Racconto sulla mia deportazione nel campo di concentramento di Bolzano (PDF), p. 3. URL consultato il 9 giugno 2023.
  21. ^ Tullio Bettiol, Diario di Tea, Tarantola Alessandro, 2009.
  22. ^ Scheda di Partigiani impiccati - Chi era Costui, su chieracostui.com. URL consultato il 10 giugno 2023.
  23. ^ Resistere Pedalare Resistere, percorsi di liberazione. Note storiche a corredo della pedalata al ponte S. Felice e S Antonio Tortal (PDF), su bellunoinbici.it, 25 aprile 2012.
  24. ^ Giuseppe Landi, Rapporto sulla resistenza nella zona Piave, a cura di L. Casali, Milano, La Pietra, 1984.
  25. ^ Giovanna Zangrandi, I giorni veri : diario della Resistenza, Milano, Ponte alle Grazie, 2023.
  26. ^ Tina Merlin, La casa sulla Marteniga, Padova, Il Poligrafo, 1993, pp. 144, ISBN 978-88-7115-027-7.
  27. ^ Premio San Martino 1981 | Decimo Granzotto, su myportal-ca757.regione.veneto.it, 8 novembre 2022. URL consultato il 10 giugno 2023.
  28. ^ Ester e Letiziaː memorie di donne bellunesi, pp. 43-44..
  29. ^ F.I.A.P. - Federazione italiana associazioni partigiane, su fiapitalia.it.
  30. ^ Commissione unica nazionale (1968-1994), su partigianiditalia.cultura.gov.it. URL consultato il 9 giugno 2023.
  31. ^ Sono 21 le donne italiane decorate con la Medaglia d’Oro al Valore Militare., su Giano Public History - Associazione di promozione sociale, 21 settembre 2021. URL consultato il 14 agosto 2023.
  32. ^ Ester e Letiziaː memorie di donne bellunesi, pp. 96-97.
  33. ^ 265. La famiglia Piave festeggia i cinquantanni della sua fondazione, su bellunesinelmondo.it, 2019. URL consultato il 30 maggio 2019.
  34. ^ https://www.bellunesinelmondo.it/
  35. ^ Ester e Letiziaː memorie di donne bellunesi, p. 120
  36. ^ https://coroctg.wordpress.com/
  37. ^ https://www.bellunesinelmondo.it/biblioteca/orari/
  38. ^ Ospite al direttivo ABM di ottobre Mons. Mario Carlin, fondatore dell'associazione. Ricordata Ester Riposi., su bellunesinelmondo.it, 3 novembre 2016. URL consultato il 30 maggio 2023.
  39. ^ Diego Cason, Madri sole e donne anziane sole. Un’indagine sul disagio femminile in provincia di Belluno, Belluno, ISBREC, 2002.
  40. ^ Ester Riposi, La vita e l'eroica fine di Odoardo Focherini, su literary.it, 2011. URL consultato il 2 giugno 2023.
  41. ^ Ester e Letiziaː memorie di donne bellunesi, p. 123.
  42. ^ Ester e Letiziaː memorie di donne bellunesi, p. 122.
  43. ^ Nina Barcelloni Corte, La storia dell'A.V.O. di Belluno, in Dieci anni di A.V.O. a Belluno 1992–2002, Belluno, Tipografia Piave, 2002.
    «Nina fu la presidente dell'AVO bellunese per molti anni e più mandati, cimentandosi con problemi amministrativi e organizzativi e di formazione dei volontari. Fu nel consiglio dell'associazione "Casa tua 1" di Belluno. Per dotare il reparto di Pediatria di una stazione multimediale per teledidattica, promosse il progetto “Noi per loro” organizzando una partita di calcio tra la squadra “Atletico Van Goof” di Fabio Fazio e di “Quelli che il calcio” e una squadra di casa formata da medici e personalità cittadine. Fu socia amica fondatrice del Soroptimist International club di Belluno-Feltre, che si costituì il 24 settembre 1982.»
  44. ^ L'Associazione ricorda e ringrazia Ester Riposi, su buzzati.it, 2016. URL consultato il 30 maggio 2023.
  45. ^ Ester e Letiziaː memorie di donne bellunesi, p. 136.
  46. ^ Biblioteca storica, su biblioteca.comune.belluno.it. URL consultato il 19 giugno 2023.
  47. ^ Ester e Letiziaː memorie di donne bellunesi, p. 137
  48. ^ O. 230019. Riposi Ester Fiorenza, 1978 (PDF), su Archivio Storico della Presidenza della Repubblica. Segreteria del Segretario Generale, 1965-1985. URL consultato il 30 maggio 2023.
  49. ^ Riposi Sig.ra Ester Fiorenza, su Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. URL consultato il 30 maggio 2023.
  50. ^ Onorificenze, su quirinale.it. URL consultato il 24 gennaio 2024.
  51. ^ Riposi Sig.ra Ester, su Presidenza della Repubblica. Onorificenze. URL consultato il 30 maggio 2023.
  52. ^ IX Edizione - 2008 Riconoscimento speciale - Ester Riposi, su Associazione Bellunesi nel Mondo. URL consultato il 5 aprile 2024.
  53. ^ Cittadinanza_onoraria_a Ester Riposi, su ilgazzettino.it. URL consultato il 30 maggio 2023.
  54. ^ Ci ha lasciato Ester Riposi, per tanti anni colonna dell'ABM, su ilgazzettino.it. URL consultato il 30 maggio 2023.
  55. ^ Guido Beretta, Ragazze in bicicletta. Racconti di donne della resistenza bellunese, su YouTube, ISBREC, 2022.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • ESTER RIPOSI, su rEsistenze - memoria e storia delle donne in veneto. URL consultato il 22 gennaio 2024.
  • Dolores Negrello, Donne venete dalla grande emigrazione alla Resistenza, Centro Studi Ettore Luccini, Padova 2006, su https://www.alpcub.com/donne_venete.pdf. URL consultato il 29 dicembre 2023.
  • Ester Riposi, Ottanta primavere: memorie e ricordi, in Paola Salomon (a cura di), Ester e Letizia. Memorie di donne bellunesi, Belluno, ISBREC, 2003, p. 29-153.
  • Giuseppe Landi, Rapporto sulla Resistenza nella zona Piave, a cura di L. Casali, Milano, La Pietra, 1984.
  • Ester Riposi, La partecipazione femminile, in “Lettera ai compagni”, mensile della Fiap, aprile 1971, anno III, n. 4, p. 243, su https://www.fiapitalia.it/antologia-di-lettera-ai-compagni
  • H.W. Tilman. Titolo originale When men and mountains meet. Cambridge, 1946 – London. Traduzione di Mary Archer. Prefazione di Ester Angelini. Centro Documentazione Alpina - CDA e Vivalda, dicembre 2001, ISBN 978-8885504998.
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