Elisa Sala

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Elisa Sala, nome di battaglia Anna (Monza, 6 febbraio 1925Sovico, 17 febbraio 1945) è stata una partigiana italiana.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Giovane staffetta partigiana, con il nome di "Anna", aderì alle Brigate Garibaldi e operò nel trasporto e diffusione di materiale di propaganda. Manteneva i contatti con gruppi della Resistenza in Brianza e nel bergamasco, riuscendo più volte a raggiungere da staffetta nuclei partigiani in Valsassina e Val Brembana.

Fu arrestata una prima volta il 13 ottobre 1944, fermata nei pressi del Ponte dei Leoni di Monza con volantini e fogli che riuscì a gettare nel Lambro. Interrogata per tutta la notte, schedata e rilasciata, fuggì sulle montagne del bergamasco, a San Giovanni Bianco, unendosi ai locali gruppi partigiani.

Desiderosa di far visita alla madre e rassicurarla, il 13 febbraio 1945 tornò alla casa di Monza da cui però, pochi giorni dopo, si allontanò nuovamente per riprendere l'attività clandestina. Riconosciuta il giorno 16 febbraio, fu arrestata e condotta per l'interrogatorio alla Villa Reale, dove subì torture e sevizie. Nella notte del 17 febbraio fu portata in un luogo deserto a Sovico, uccisa con tre o quattro colpi di pistola alla testa e il suo corpo fu abbandonato lungo la strada tra Sovico e Macherio.

Il giorno stesso dell'assassinio la GNR fascista perquisì la casa della madre sequestrando le lettere da lei scritte alla famiglia, che non saranno più rinvenute[1] .

È sepolta nel "campo dei partigiani" del Cimitero Urbano di Monza[2] insieme agli altri caduti della Guerra di Liberazione.

Alla sua memoria la città di Monza ha intitolato una scuola Media.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Vittorio D'Amico, Monza nella Resistenza, Monza, Edizione del Comune di Monza, 1960, p. 216. ISBN non esistente. Lettera di Norma Riblodi, madre di Elisa Sala, al prof. Vittorio D'Amico: "Stimatissimo Signore, nella sua pregiata mi si chiede un documento oppure una lettera che attestino un atto della Resistenza monzese. Sarei orgogliosa di mostrare almeno una delle rare lettere pervenutemi clandestinamente da mia figlia. In tali lettere essa esprimeva l'ardente desiderio di amor patrio e di libertà dall'oppressore, libertà per cui ha dato la vita. Purtroppo il giorno in cui cadde torturata ed uccisa in quel di Sovico, la Guardia Repubblicana perquisiva la mia casa e requisiva un album di famiglia in cui custodivo religiosamente queste missive, che erano l'unico e l'ultimo ricordo della mia sventurata figliola. Rispettosamente. Norma Riboldi ved. Sala".
  2. ^ Ricerca defunto, in Comune di Monza. URL consultato il 9 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale il 21 novembre 2017).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Pietro Arienti, La Resistenza in Brianza: 1943-1945, Missaglia, Bellavite, 2006, ISBN 88-7511-062-X.
  • Pietro Arienti, Monza: dall'Armistizio alla Liberazione. 1943-1945, Missaglia, Bellavite, 2015, ISBN 978-88-7511-256-1.
  • Vittorio D'Amico, Monza nella Resistenza, Monza, Edizione del Comune di Monza, 1960. ISBN non esistente

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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