Elio Bettini

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Elio Bettini
NascitaSamolaco, 28 giugno 1895
MorteCorfù, 25 settembre 1943
Cause della mortefucilazione
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
CorpoFanteria
Anni di servizio1915 - 1943
GradoColonnello
GuerrePrima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
Battagliebattaglia del Piave
Battaglia delle Alpi Occidentali
Battaglia di Corfù
Comandante di40º Reggimento fanteria
Divisione "Parma"
Decorazionivedi qui
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Elio Bettini (Samolaco, 28 giugno 1895Corfù, 25 settembre 1943) è stato un militare italiano, veterano della prima guerra mondiale, durante la seconda fu colonnello comandante del 40º Reggimento fanteria della Divisione "Parma". All'atto dell'armistizio dell'8 settembre 1943 oppose strenua resistenza alle forze armate tedesche a Corfù, ed una volta catturato fu fucilato. In sua memoria venne decretata la concessione della medaglia d'oro al valor militare, massima decorazione italiana.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Samolaco nel 1895, figlio di Luciano e Virginia Cantani, discendente di un'aristocratica famiglia originaria di Perugia.[1] Dopo aver compiuto gli studi medi superiori, con l'entrata in guerra dell'Italia, il 24 maggio 1915,[2] divenne Allievo Ufficiale, e successivamente, con il grado di sottotenente di complemento nell'arma di fanteria, partì per la zona di operazioni. Nel corso dell'offensiva austro-ungarica in Trentino, nel maggio-giugno 1916,[3] fu promosso sottotenente in servizio permanente effettivo per meriti di guerra, e in seguito tenente. Nel maggio 1917 fu gravemente ferito[4] tanto da dover essere allontanato dalla zona di guerra. Promosso capitano costituiva la 1735ª Compagnia mitraglieri, di cui assumeva il comando, prendendo parte alla battaglia del Piave[5] dove fu decorato di Medaglia d'argento al valor militare.

Nel 1921 fu assegnato al 70º Reggimento fanteria "Ancona" di stanza ad Arezzo, assumendo il comando della 4ª Compagnia mitraglieri. La sua carriera continuò senza intoppi,[6] tanto che nel 1939 raggiunse il grado di Tenente Colonnello. Nell'agosto del 1939 fu assegnato all'89º Reggimento fanteria "Salerno" schierato sulla frontiera francese. All'entrata in guerra dell'Italia partecipò alla attacco alla Francia, distinguendo tanto da venire decorato con la Croce di guerra al valor militare. Tra la fine del 1940 e il dicembre del 1942 fu comandante del CXV Battaglione autocarrato schierato in difesa della costa ligure. Il 1 gennaio 1943 fu trasferito ad Argirocastro, in Albania, e venne nominato Colonnello[7] comandante del 40º Reggimento fanteria della Divisione "Parma" di presidio a Santi Quaranta.[8] Al momento dell'armistizio dell'8 settembre 1943, decise di resistere ai tedeschi tentando di raggiungere l'Italia alla testa di alcuni reparti[9] che si misero sotto il suo comando. Costituito con le forze a sua disposizione un "Gruppo tattico di manovra" si portò a Corfù[7] mettendosi agli ordini del Colonnello Luigi Lusignani della 33ª Divisione fanteria "Acqui", partecipando alla cattura della guarnigione tedesca dell'isola.

Schierati i suoi soldati a difesa della costa sud-occidentale, che si riteneva meno protetta, fu impegnato in combattimento a partire dal giorno 15. Dopo la resa delle truppe italiane a Cefalonia, i tedeschi, forti della loro superiorità aerea, concentrarono le loro forze contro Corfù, tanto che la guarnigione italiana dovette arrendersi alle ore 15 del 25 settembre. Malgrado la promessa di ricevere lo stesso trattamento dei prigionieri di guerra, e nonostante gli onori militari resi al I Battaglione del 49º Reggimento fanteria "Parma", le truppe italiane furono oggetto di fucilazioni in massa. Prima di arrendersi, alla mattina del 26 settembre fece seppellire la Bandiera del reggimento, perché non cadesse in mano nemica. Fu passato per le armi[7] a Corfù il 30 settembre 1943, e il suo corpo non fu mai ritrovato.[10] In sua memoria fu decretata la concessione della medaglia d'oro al valor militare, e nel 1964 il comune di Arezzo ha intitolato ad Elio Bettini una scuola.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di valore, per non cedere le armi e mantenere integro l’onore della bandiera si rifugiava dall’Albania a Corfù con parte dei suoi reparti e, nell’isola, in unione alle altre forze del presidio, resisteva strenuamente ai continui bombardamenti e agli attacchi tedeschi pur conoscendo che nessuno aiuto poteva essergli inviato. Dopo dodici giorni di strenua impari lotta, sostenuta stoicamente con reparti decimati, veniva catturato dai tedeschi e passato per le armi. Esempio eroico nelle tristi giornate di quanto possa il sentimento del dovere e l’amore verso la Patria. Corfù, 13-25 settembre 1943.[11]»
— Decreto 3 maggio 1948[12]
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di compagnia mitraglieri, con mirabile slancio e sereno sprezzo del pericolo, alla testa del suo reparto respingeva un forte attacco del nemico. Rimasto ferito, dopo una sommaria medicazione ritornava al suo posto di combattimento, rimanendovi fino al giorno dopo, quando, per una fortissima febbre sopraggiuntagli dovette essere trasportato altrove. Montello, 17 giugno 1917
Croce di guerra al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Ufficiale a disposizione del reparto del Rgt. coadiuvava il Com.te prodigandosi durante quattro giorni di duri combattimenti per mantenerlo collegato con i battaglioni dipendenti. In momenti difficili ed in mancanza di comunicazioni telefoniche percorreva lunghi tratti battuti dal fuoco avversario per raccogliere notizie ed assicurarsi dell'esecuzione degli ordini. Sette Camini- I Colletti- Garavan, 22-23-24 giugno 1940

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ La famiglia aveva contribuito con zii, e fratelli del padre, alle guerre risorgimentali. Si trattava precisamente di: Egiziano, che partecipò alla guerra del 1848; Ferdinando, fervente mazziniano, iscritto alla Giovine Italia, che per la sua partecipazione ai moti rivoluzionari fu incarcerato, e Zenobio, combattente nella guerra del 1848-1849, che fu compagno d'esilio di Giuseppe Mazzini a Londra.
  2. ^ Cavaciocchi, Ungari 2014, p. 53.
  3. ^ Cavaciocchi, Ungari 2014, p. 107.
  4. ^ Si trattava della seconda volta.
  5. ^ Cavaciocchi, Ungari 2014, p. 279.
  6. ^ Fu Aiutante Maggiore nel 1º Distretto di Arezzo, e svolse l'incarico di relatore ed insegnante di armi e tiro presso l'87º Reggimento Scuola fanteria "Friuli". Nel 1926 sposò ad Arezzo la signorinna Teresa Bisaccioni da cui ebbe tre figli: Adriano (deceduto nel 1984) Liliana e Graziella.
  7. ^ a b c Il Nastro Azzurro n.6, novembre-dicembre 2013, p. 38.
  8. ^ Schreiber 1990, p. 627.
  9. ^ Si trattava di un reparto motorizzato della Divisione "Brennero", elementi della Guardia di Finanza e della Capitaneria di porto, nonché un gruppo di artiglieri e altri tre battaglioni, per totale di 3.500 uomini.
  10. ^ Secondo le testimonianze di alcuni abitanti dell'isola i corpi degli ufficiali italiani vennero zavorrati e gettati in mare.
  11. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
  12. ^ Registrato alla Corte dei Conti il 5 giugno 1948, registro 12, foglio 362.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Alfonso Bartolini, Per la patria e la libertà! I soldati italiani nella Resistenza all'estero dopo l'8 settembre, Milano, Ugo Mursia Editore, 1986, ISBN 978-88-425-4293-3.
  • Alberto Cavaciocchi, Andrea Ungari, Gli italiani in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore s.r.l., 2014.
  • Giovanni Pampaloni, Resa a Corfù, Firenze, Edizioni Nardini, 1976.
  • (DE) Gerhard Schreiber, Die italienischen Militärinternierten im deutschen Machtbereich (1943-1945), Munchen, R.Oldenbourg Verlag Gmbh, 1990, ISBN 3-486-59560-1.
  • Mario Torsiello, Le Operazioni delle Unità Italiane nel settembre-ottobre 1943, Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito, 1975.

Periodici[modifica | modifica wikitesto]

  • Cronache dalle Federazioni, in Il Nastro Azzurro, n. 2, Roma, Istituto del Nastro Azzurro, marzo-aprile 2011, pp. 38.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]