Dov Yermiya

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Dov Yermiya
NascitaBeit-Gan, Impero ottomano, 24 ottobre 1914
MorteEilon, Israele, 30 gennaio 2016
Dati militari
Paese servitoBandiera del Regno Unito Regno Unito
Bandiera d'Israele Israele
Forza armata Haganah
Esercito Britannico
Forze di Difesa Israeliane
RepartoPalmach
Anni di servizio1929-1958
Gradotenente colonnello
Guerre1936–1939 Rivolta araba in Palestina
Seconda Guerra Mondiale
Rivolta ebraica contro i britannici in Palestina nel 1944-1948
Guerra arabo-israeliana del 1948
Guerra del Libano (1982)
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Dov Yermiya (Beit-Gan, 24 ottobre 1914Eilon, 30 gennaio 2016) è stato un militare e attivista israeliano noto per le sue aspre critiche alle azioni dell'esercito israeliano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Beit Gan, ora parte dell'insediamento israeliano di Yavne'el, in quello che al tempo era territorio dell'Impero ottomano, amico di infanzia di Moshe Dayan, da giovane si arruolò nell'Haganà e combatté nei moti in Palestina del 1929.

Durante la rivolta araba del 1936-1939 in Palestina si unì alle Special Night Squads, un'unità di forze speciali britanniche attiva nella Palestina mandataria, e nel 1938 fu tra i fondatori del kibbutz Eilon, partecipò alla battaglia per il kibbutz Hanita e fu nominato comandante regionale dell'area. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale entrò nell'Esercito britannico e combatté in Italia e in Germania; al termine del conflitto divenne membro della Palmach, la forza di attacco di èlite dell'Haganà.

Carriera militare in Israele[modifica | modifica wikitesto]

Durante la guerra arabo-israeliana del 1948 Yermiya servì l'esercito israeliano come comandante di compagnia nella Galilea orientale ed occidentale e partecipò alla conquista di Nazareth. Fu l'ufficiale che diresse l'assalto che portò alla conquista di Zippori e le sue memorie al riguardo confermano la versione dell'avvenimento che fu fornita dai palestinesi costretti a fuggire. Era vicecomandante della Brigata Carmeli quando questa invase la Galilea superiore e conquistò il Libano meridionale e fu durante tale operazione che fu testimone della strage di Houla, di cui egli denunciò i responsabili.

In particolare Yermiya divenne noto per aver denunciato un ufficiale a lui sottoposto resosi responsabile del massacro, un eccidio di civili disarmati palestinesi avvenuto nel Libano meridionale nel 1949 in cui fu freddamente giustiziato un numero di persone stimato fra le 34 e le 58.[1]

«Ricevetti una relazione secondo cui non c’era stata alcuna resistenza nel villaggio, nessuna attività nemica nell’area, e che un centinaio di persone erano rimaste nel villaggio.
Si erano arrese ed avevano chiesto di restare.
Gli uomini furono rinchiusi in una casa sotto sorveglianza.
Io fui condotto sul posto e vidi circa 35 uomini [Oggi Yermiya non ricorda il numero esatto, ed infatti c’erano circa 50 uomini] di età compresa fra 15 e i 60 anni, incluso un militare libanese in uniforme [che non fu giustiziato] …Quando feci ritorno al villaggio la mattina seguente con l’ordine di far evacuare gli abitanti scoprii che, mentre ero rimasto via, due degli ufficiali avevano ammazzato tutti i prigionieri che erano stati rinchiusi nella casa con un mitra ed avevano poi fatto esplodere l’edificio per seppellirne i corpi. Le donne e i bambini furono mandati ad occidente.
Quando gli chiesi il motivo dell’eccidio, l’ufficiale mi rispose che era stata “una vendetta per l’assassinio dei suoi migliori amici nel massacro della raffineria di petrolio di Haifa" [1]»

Al termine di tale conflitto Dov Yermiya continuò a prestare servizio nell'esercito e raggiunse infine il grado di tenente colonnello.

Vita da civile[modifica | modifica wikitesto]

Dopo il pensionamento dalla carriera militare Yermiya divenne membro del kibbutz Sarid, ove lavorò nell'agricoltura e come insegnante di lingua ebraica per i nuovi immmigrati. Successivamente lasciò Sarid e si stabilì aè Nahariya, ove trascorse la maggior parte della propria vita prima di ritornare a Eilon ove visse gli ultimi anni della sua vita.

Diventò un attivista per il riconoscimento di pari diritti civili per gli arabi israeliani. In particolare egli si oppose all'estensione delle leggi militari sulle aree arabe (che perdurarono fino al 1966), e rifiutò la nomina a Governatore Militare di Nazareth.[2]

Fu uno dei fondatori del Dipartimento Parchi e Natura del Distretto Settentrionale che divenne parte del Dipartimento parchi e Natura di Israele. Rimase in servizio fino al pensionamento nel 1979, quando divenne coordinatore per la sicurezza del Consiglio Regionale di Ga'aton.

Servizio da riservista e nella polizia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1967 il generale David Elazar, comandante del Comando settentrionale delle forze di difesa israeliane, nominò Yermiya comandante della difesa della regione Kiryat Shmona, e da allora in avanti egli prestò servizio come volontario. Nel 1974, il giorno seguente il massacro di Ma'alot, una strage perpetrata da terroristi palestinesi costata la vita a 31 israeliani - fra cui diversi bambini - e ai tre attentatori, Yarmiya creò il corpo della Guardia Civile e ne divenne comandante. Cinque settimane più tardi partecipò all'azione di contro gli infiltrati palestinesi autori dell'attentato a Nahariya.[3] Durante la guerra civile in Libano prestò servizio come ufficiale di addetto alla gestione amministrativa e contabile dell'unità militare governativa per l'assistenza ai civili.

Guerra in Libano del 1982[modifica | modifica wikitesto]

Durante la guerra del Libano del 1982 Yermiya, sessantottenne, si arruolò come volontario, impiegato in un'unità di assistenza ai civili, e rimase sconvolto da ciò di cui fu testimone.[4] Nelle sue memorie descrive la battaglia che portò alla conquista del campo-profughi palestinese di Ain al-Hilweh, presso Sidone - una delle più feroci dell'intero conflitto - e ricorda di come il bombardamento aereo e di artiglieria del campo gli rammentasse quelli a cui aveva assistito nella Seconda Guerra Mondiale.[5][6] Definì la guerra un errore e scrisse

«Siamo diventati una nazione di selvaggi criminali»

Pubblicò il suo diario di guerra su un quotidiano e come conseguenza delle critiche pubbliche che aveva mosso al conflitto fu licenziato dall'esercito; il suo ufficiale comandante scrisse che le sue parole sarebbero potute essere scritte da un militante dell'OLP.[4][7]
Yermiya si licenziò quindi dal suo incarico come coordinatore della sicurezza per il Consiglio Regionale di Ga'aton e l'anno seguente divenne noto in Israele quando il suo diario uscì in forma di libro diffusa in lingua ebraica con il titolo Yoman Hamilchama Sheli (Il mio diario di guerra); l'opera - aspramente critica verso le operazioni belliche di Israele nel conflitto nonostante le leggi sulla censura provocò - secondo l'editore - un esteso dibattito quando iniziò a circolare nel Paese ma fu quasi ignorata dai mass-media occidentali.[8] Solo quando l'opera fu pubblicata in inglese, nel 1984 da South End Press con il titolo My War Diary: Lebanon 5 June - July 1, 1982 (Il Mio Diario Di Guerra - Libano: 5 giugno - 1° luglio 1982), attirò l'attenzione di alcuni intellettuali occidentali, fra i quali Noam Chomsky.[9][10] Nel 1983 l'Associazione per i Diritti Civili attribuì ad Yermiya un riconoscimento per i diritti umani per il suo impegno nell'alleviare le sofferenze patite dalla popolazione civile libanese durante le ostilità.

Ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]

Nel periodo finale della sua vita Yermiya dichiarò apertamente che il sionismo si era rivelato un fallimento e che lo stato di Israele era infine diventato una sventura. Nel luglio del 2009, novantacinquenne, scrisse agli amici manifestando la propria disperazione per la situazione in Israele e Palestina e concluse che

(EN)

«Therefore I, a 95-year-old Sabra, who has plowed its fields, planted trees, built a house and fathered sons, grandsons and great-grandsons, and also shed his blood in the battle for the founding of the State of Israel, Declare herewith that I renounce my belief in the Zionism which has failed, that I shall not be loyal to the Jewish fascist state and its mad visions, that I shall not sing anymore its nationalist anthem, that I shall stand at attention only on the days of mourning for those fallen on both sides in the wars, and that I look with a broken heart at an Israel that is committing suicide and at the three generations of offspring that I have bred and raised in it.[11]»

(IT)

«Pertanto io, un vecchio Sabra[12] di 95 anni che ha arato i suoi campi, piantato alberi, costruito una casa e generato dei figli, dei nipoti e dei pronipoti, ed anche versato il proprio sangue nella battaglia per la fondazione di Israele, dichiaro qui che rinuncio alla mia fede nel sionismo, che è fallito, e che io non sarò più fedele allo Stato fascista di Israele e alla sua folle ideologia, che io non canterò più il suo inno nazionalista, che io scatterò sull’attenti solo nei giorni della commemorazione dei caduti di entrambe le parti nelle guerre, e che io guarderò con cuore spezzato ad un Israele che sta suicidandosi e alle tre generazioni di discendenti che io ho nutrito e allevato sul suo suolo

In un'intervista del 2011 per The Last Zionist, un documentario sulla sua vita, affermò

«Sono vissuto sotto tre regimi in questo Paese:
quattro anni con i Turchi, 30 anni con i britannici ed ora con Israele…
Non vedo futuro per i miei discendenti in questo Paese.
Stiamo andando verso la distruzione e la rovina.
Credo che lo Stato non esisterà più fra 50-100 anni’’[4]»

Dov Yermiya morì il 30 gennaio 2016 nella sua casa nel kibbutz di Eilon.[13]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Lettera di Dov Yermiya al quotidiano Al HaMishmar in Journal of Palestine Studies, volume VII, numero 4 (estate 1978, n. 28, pp. 143-145
  2. ^ Hatim Kanaaneh, 'In Memory of Dov Yermiya,' , Mondoweiss, 13 febbraio 2016.
  3. ^ מעריב⁩ | עמוד 11 | 25 יוני 1974 | אוסף העיתונות | הספרייה הלאומית nli.org.il
  4. ^ a b c Ofer Aderet, Israel's Oldest Silence Breaker, Dov Yirmiya, Dies at 101, in Haaretz, 8 febbraio 2016. URL consultato il 13 ottobre 2017 (archiviato dall'url originale l'11 gennaio 2024).
  5. ^ James Ron,Frontiers and ghettos: state violence in Serbia and Israel, University of California Press, 2003, p.178.
  6. ^ Diane Chebab, 'Echoes of the Past in the Palestinian/Israeli Conflict,' in Social justice: A Journal of Crime, Conflict & World Order, Social Justice, 1990 Vol.17, No.1, p.53.
  7. ^ Asher Kaufman, ‘Forgetting the Lebanese War? On silence, denial, and the selective remembrance of the "First” Lebanese War,' in Efrat Ben-Ze'ev, Ruth Ginio, Jay Winter (eds), Shadows of war: a social history of silence in the twentieth century, Cambridge University Press, 2010 pp.197-215, p.206 n.19.
  8. ^ Noam Chomsky, Pirates and emperors, old and new: international terrorism in the real world, South End Press, 2002 p.189 n.24.
  9. ^ Noam Chomsky, Understanding power: the indispensable Chomsky, New York, The New Press, 2002, p. 311, ISBN 1-56584-703-2.
  10. ^ Il volume fu pubblicato nella traduzione italiana da Cittadella editrice, Assisi, EAN 2560024169049
  11. ^ A Jeremiad, Uri Avnery 1 August 2009
  12. ^ Sabra è un termine usato per indicare una persona ebrea nata in Israele
  13. ^ Ahiya Raved, המג"ד ואיש ההגנה דב ירמיה שהפך לפעיל שמאל בולט נפטר בגיל (Il comandante di reggimento e membro dell’Haganà, Dov Yermiya, che divenne una figura preminente della sinistra, è morto a 101 anni, in Ynet. URL consultato il 31 gennaio 2016.

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